martedì 16 novembre 2010

Quando gli storici fanno i comici



di Marcello Veneziani
L’Italia sarebbe il paradiso terre stre se non ci fos se Berlusconi. E dunque salviamo l’Italia dal suo unico, vero male, il Tiranno, al secolo Berlu sconi. Capisco la politica che dice queste cose, rien tra nella lotta e nella pro paganda. Capisco pure la gente di sinistra che ha bi sogno di trovare un Mo stro su cui scaricare i mali d’Italia e suoi personali, le amarezze e le frustra zioni della vita, menopau sa inclusa. Arrivo a capire con qualche sforzo che lo facciano i giornali perché sono schierati, militanti e poi devono esagerare per vendere.
Ma che pena vedere gli storici sullo stesso piano. Ne cito due, di versanti opposti. Ernesto Galli del l a Loggia scrive un necro logio politico più che un editoriale dedicato al fu Berlusconi; ne parla co me di un’esperienza fini ta con tratti che definisce addirittura agghiaccian ti. Gli sfugge che la solitu dine del premier è in com pagnia di qualche decina di milioni di italiani. Giu sta la critica ai cortigiani e alle mezze calzette, legit tima la sua critica politica al premier; ma si può cele brare un funerale senza aver visto come va a fini re, in una situazione così incerta e con un Paese an cora largamente vicino a Berlusconi? No, lo stori co ha fretta di far lo stori co, e dunque di parlare del presente al passato, quindi sotterra ancora vi va un’esperienza in cor so. Professor Ernesto, la guerra è appena comin ciata, non puoi già decide re tu come va a finire e ce­lebrare il trigesimo di una forza in campo.
Mi sposto al versante oppo sto, lasciando correre il delirio di onnipotenza di Eugenio Scalfari che nel la predica su la Repubbli ca a un certo punto bac chetta Sergio Romano e scrive: La verità è questa. E si affaccia sul Monte Sinai a dettare i Comanda menti. Dio che presunzio ne. Ma lasciamo stare i Teologi di se stessi, parlia mo degli storici. C’è uno storico viola ceo che viene dall’Inghil terra e si è fatto italiano per dire che si vergogna dell’Italia ed esorta a sal vare l’Italia dal Tiranno Berlusconi. Pubblica il suo accorato e coraggio so atto di accusa contro il dittatore con una casa editrice di proprietà del dittatore stesso, Einaudi. E piega la storia d’Italia a un’invettiva sul berlusco nismo. Da quando i comi ci fanno i politici, gli stori ci hanno deciso di fare i comici. Dal suo libretto, che dovrebbe far vergo gnare la categoria degli storici, si apprende che da quando c’è Berlusco ni, si è diffusa la criminali tà e l’illegalità «in alcune parti della Puglia, della Campania e della Cala bria in precedenza relati vamente immuni». Tra duco: col governo Berlusconi sono nate la Camorra e la ’Ndrangheta e l’illegalità si è diffusa in tre re­gioni governate oggi o fino a ieri dalla sinistra.
Mi chiedo se sia possibile scrivere una sciocchezza del genere, ignorare la storia antica della camor ra e della ’ndrangheta, e tace re che mai la criminalità ha avuto così tante mazzate in termini di arresti e confische come negli ul timi due anni. Apprendo poi che Berlusconi è uguale a Mussolini e le prove sono schiaccianti: il linguaggio del corpo e la maestria nella comunicazione (anche Oba ma allora è un duce abbronza­to?). Che Berlusconi, come il fa scismo, ha instaurato un regime clientelare (ma confonde l’era della Dc con l’era fascista, la Pri ma Repubblica con la Seconda?). Lo storico dice poi che rispetto al fascismo Berlusconi usa «poco manganello e niente olio di ricino » (mi sono perso le squadracce berlusconiane che manganella no, ma poco, i loro avversari). Che il fascismo «fu il primo esem pio di una tirannia contempora nea di massa» (ma lo storico sa che prima del ’22 venne il ’17, con la tirannia comunista in Rus sia?). Che il clientelismo nasce per colpa della Chiesa (ma i clien tes, caro storico, esistevano già nell’antica Roma precristiana).
Apprendo poi che la Repubblica italiana è nata nel ’48, e dunque il referendum del 2 giugno del ’46 è una bufala, e il primo presidente della Repubblica, D e Nicola, tra i l ’46 e il ’48 era dunque solo un clandestino, un abusivo napole tano. E che Re Umberto andò in esilio due anni prima che nascesse la Repubblica. Ginsborg dice di studiare la storia d’Italia da 40 anni. Ammazza che risultati. Apprendo persino che Dante è sepolto a Firenze e non, come sanno pure i bambini sin dalle elementari, a Ravenna (ma lo storico non sa la differenza tra tomba e ceno tafio, che ricorda una persona se polta altrove). Poi apprendo che Gioberti era razzista, confonden do il primato morale e civile degli italiani con il primato biologico e zoologico della razza (invece di razza bianca e di selezione darwiniana si parlava nell’Impe r o Britannico, mister Paul). Che il colonialismo italiano ha fatto massacri (mentre quello britanni co distribuiva fiori e tazze di tè e trattava i popoli sottomessi come se fossero ospiti e pari, mica schiavi e animali). Lo storico poi tira il sasso e nasconde la mano quando cita benevolmente la ne cessità di una dittatura benefica in Italia o la necessità della violen za, dell’odio e della vendetta, bar ricandosi dietro citazioni d i Gari baldi e Mazzini.
E si appella alla classe operaia, ai girotondi di cui fu cofondatore, e al popolo viola per salvare l’Italia dal dittatore. A parte la miseria di questo brigati smo storico, faccio una conside razione amara: non si fa in tempo a criticare Berlusconi, come io ho fatto, a dissentire da lui e dal suo stile di vita, che la ferocia, l’arro ganza e l’idiozia confederate an nunciano come salvezza il bara tro e ti costringono a difendere Berlusconi. Berlusconi sarà il m a le, ma voi siete il peggio. Vi meritate un governo monocolore Bocchino.
(Il Giornale 15/11/2010)

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