lunedì 29 novembre 2010

Il giudeo-cristianesimo e le radici d'Europa



Inserisco qui sotto un interessante articolo di don Curzio Nitoglia, alias Agobardo, sul "giudeo-cristianesimo" che tratta la questione sulle radici "giudeo-cristiane" d'Europa. E' tratto dal numero 19 del 15 Novembre scorso della rivista SI' SI' NO NO.



Oggi si parla molto (e a sproposito) di origini giudaico-cristiane dell’ Europa. Dal punto di vista teologico e di fede (dacché sine Fide non remanet theologia) tale termine è erroneo e contraddittorio in se stesso (è come parlare di un cerchio-quadrato). Cerchiamo di vedere che cosa ci dice la Rivelazione, la Patristica e il comune insegnamento dei teologi ed esegeti approvati su questo argomento.
Il termine “giudeo-cristiani” alle origini del Cristianesimo si applica in senso stretto ai “cristiani nati ebrei, i quali ritenevano che la Legge cerimoniale dell’Antico Testamento non fosse abrogata e sono entrati così in conflitto non solo con san Paolo ma con il Cristianesimo stesso”[1]. Mentre la parola “giudaizzanti” etimologicamente indica “i pagani convertiti al Cristianesimo che imitavano i costumi ebraici […] e ritenevano obbligatoria per salvarsi l’osservanza, totale o parziale, della Legge [cerimoniale] mosaica; di fatto, però, furono quasi tutti cristiani di sangue ebraico”[2].
Le pretese giudeo-cristiane si fondavano – materialmente ed erroneamente – sulle promesse fatte da Dio ad Abramo e ai Patriarchi, sul fatto che il Messia, nato dalla razza ebraica, avrebbe stabilito sulla terra un regno, il quale era quello di Israele, e che Cristo era venuto per compiere la Legge dell’antico Israele. Il giudeo-cristianesimo (di cui si parla tanto oggi, teologicamente e politicamente, senza definirne il significato) voleva così “ricalcare il Cristianesimo sul giudaismo, chiedendo ai popoli di affiliarsi – tramite la circoncisione [e le altre osservanze della Legge cerimoniale] – alla nazione ebraica[3]. Inoltre i proseliti o convertiti dal paganesimo, secondo i giudeo-cristiani, sarebbero stati cristiani di seconda serie, con un’ inferiorità ontologica nell’ordine della salvezza.
Dio stesso intervenne visibilmente a dirimere la gravissima questione affinché la Chiesa rispondesse immediatamente e fermamente a quest’insidia che minacciava di soffocare l’universalità della Redenzione.

COME IL GIUDEOCRISTIANESIMO FU ESPULSO DALLA CHIESA
a) Il battesimo del centurione romano Cornelio (Atti X-XI)
Un angelo appare in Cesarea al pio centurione Cornelio della coorte Italica perché invii dei messi in Joppe a Simone soprannominato Pietro. Questi, intanto, rapito in estasi, vede calare dal cielo un grande lenzuolo contenente animali di ogni specie, inclusi quelli dichiarati impuri dalla Legge mosaica; una voce gli ordina: “Uccidi e mangia!”, ma Pietro protesta: “Non sia mai, o Signore! Nulla, infatti, ho mai mangiato di profano e d’impuro”. La voce gli replica: “Ciò che Dio ha purificato tu non chiamarlo impuro”. La visione si ripete tre volte, ma resta un mistero per Pietro finché non giungono i messi del centurione Cornelio. Egli li segue e non esita ad entrare nella casa di questo incirconciso dicendo: “Voi sapete come è illecito ad un giudeo l’unirsi o accostarsi a uno straniero, ma Dio mi ha insegnato a non chiamare profano o impuro alcun uomo” e, quando sa dell’angelo apparso a Cornelio, esclama: “In verità, io riconosco che Dio non fa distinzione di persone, ma in ogni nazione chi lo teme e opera la giustizia è accetto a Lui!”. Mentre Pietro annunzia il perdono dei peccati per chiunque crede in Nostro Signore Gesù Cristo, lo Spirito Santo discende sugli incirconcisi che lo ascoltano con grande stupore dei “fedeli della circoncisione”, cioè dei cristiani provenienti dal giudaismo venuti con Pietro e questi domanda loro: “Può alcuno mai negare l’acqua del Battesimo a questi che ricevettero lo Spirito Santo come noi?”.
L’episodio di Cornelio attesta che dei pagani sono entrati, per ordine di Dio, nella Chiesa senza passare per la circoncisione e quindi per la Sinagoga. Si può essere cristiani senza essere ebrei di sangue (giudeo-cristiani) e senza neppur sottomettersi al cerimoniale ebraico (giudaizzanti). L’antica Legge è stata abrogata, il “muro di separazione” (Ef., II, 14) tra ebrei e gentili è caduto, la Chiesa è aperta a tutti, senza distinzione o primati di razza, non ci sono “fratelli maggiori” o minori, ontologicamente parlando.

b) Il Concilio di Gerusalemme (Atti, XV; Gal. II, 1-10)
«Quando Pietro fu risalito a Gerusalemme, i [cristiani] venuti dalla circoncisione si misero a litigare con lui dicendo:“Sei entrato da uomini incirconcisi e hai mangiato con loro”». Udito, però, da Pietro l’ intervento divino “si calmarono e glorificarono Dio dicendo: “Dunque anche ai Gentili Dio ha concesso il ravvedimento e la vita”. Quando, però, Barbara e Paolo compiono nuove e numerose conquiste tra i pagani, il fermento si riaccende più vivo: «alcuni, venuti dalla Giudea, presero a insegnare ai fratelli: “Se non venite circoncisi secondo il rito di Mosè, non potete salvarvi”». Ne nasce “non piccolo contrasto” con Paolo e Barnaba, i quali salgono a Gerusalemme affinché gli Apostoli definiscano tale questione. Ha luogo così il primo concilio nella storia della Chiesa, il quale, fondandosi sul battesimo di Cornelio e della sua famiglia (“Dio… ha sentenziato a loro favore dando loro lo Spirito Santo siccome a noi, e non ha fatto differenza alcuna fra noi e loro purificando con la fede i loro cuori”) riconobbe ai gentili la libertà di entrare nella Chiesa, senza passare per il giudaismo; essi non sarebbero neppure stati dei “fratelli minori”, né minorati, ossia non avrebbero avuto un rango secondario nella Chiesa.

c) L’incidente di Antiochia (Gal. II, 11-21)
Pietro, venuto in Antiochia mangia con i cristiani provenienti dal paganesimo. Ma poi, giunti alcuni giudeo-cristiani da Gerusalemme, se ne astiene “per timore dei circoncisi” e attira nella “sua simulazione” anche Barnaba ed altri Giudei, quasi che essi si credessero ancora obbligati dalle osservanze legali mosaiche. Paolo, mosso da zelo apostolico, in pubblica adunanza rimprovera a Pietro l’incoerenza della sua condotta. Noi – egli dice in sostanza – benché Giudei di origine, sapendo che per la salvezza a nulla giovano le osservanze della Legge mosaica, ma è necessaria la fede, abbiamo creduto in Gesù Cristo lasciando le osservanze legali. Come possiamo, dunque, obbligare i Gentili alle osservanze che noi abbiamo con ragione lasciate? Se noi ritornassimo alla Legge, dicendo che essa è necessaria alla salvezza, noi riedificheremmo ciò che prima abbiamo demolito, e con ciò stesso ci riconosceremmo colpevoli di trasgressione. No – conclude l’Apostolo – io non voglio render vana la grazia che Dio ci ha fatta in Gesù Cristo, perché se tornassi alla Legge mosaica come se essa potesse salvarmi, Gesù Nostro Signore sarebbe morto invano.
I cristiani, provenienti dal paganesimo, dunque, si salvano senza obbligo di sottomettersi alla Legge cerimoniale mosaica; basta la fede in Gesù Cristo e la carità (le buone opere). Anche i cristiani, provenienti dal giudaismo, si salvano per la medesima via, né il sangue conferisce loro una dignità ontologica maggiore. San Paolo insegna che “la circoncisione è nulla” (Gal. VI, 15) e che ciò che salva è “la fede che agisce mediante la carità” (Gal. V, 6).
Così il giudeo-cristianesimo fu espulso dalla Chiesa, mentre oggi si cerca di farvelo rientrare con la teoria dei “fratelli maggiori”, dell’Antica Alleanza “mai revocata”, delle radici “giudaico-cristiane” dell’Europa e facendo celebrare ai poveri fedeli sprovveduti la Pasqua giudaica in diverse parrocchie cattoliche. Occorre fare attenzione perché il vecchio errore non si riproduca. La “catastrofe” (in ebraico shoah) più grande sarebbe proprio il ritorno del “giudeo-cristianesimo” o la “nuova giudaizzazione”della Chiesa. Non bisogna perciò dimenticare la dottrina apostolica e occorre mantenere alta la guardia e riprovare ogni forma di discriminazione di stampo giudaico-cristianista, che sarebbe, in quanto particolarismo razzista, un vero peccato contro l’umanità intera a favore di una nazione o di un popolo. San Paolo nell’epistola ai Romani insegna che “il ruolo d’ Israele è oramai finito. Dio, irritato dalla sua condotta, l’ha abbandonato. Verrà un tempo in cui un resto d’Israele si salverà. Ora le promesse divine passano ai gentili”[4].

IL GIUDEO-CRISTIANESIMO NELLA DIVINA RIVELAZIONE
La dottrina sul pericolo del giudeo-cristianesimo è esposta specialmente nelle Epistole di san Paolo. Questi nel suo secondo viaggio apostolico (nel 50 circa) arrivò nella Galazia del nord (con capitale Ankara). Ritornandovi tre anni dopo, si accorse che coloro che aveva evangelizzato nel primo incontro, si “erano lasciati abbindolare dai fanatici giudeo-cristiani, abbracciando le pratiche del giudaismo (circoncisione, ecc.) quasi necessarie alla salvezza”[5]. Dunque, da Efeso (nel 54 circa) s. Paolo – divinamente ispirato - scrive loro confutando gli errori del giudeo-cristianesimo e dei giudaizzanti.
Nell’Epistola ai Galati insegna: “Mi meraviglio che così presto vi siete allontanati da Colui che vi ha chiamato nella grazia di Cristo, passando ad un vangelo diverso…, vi sono alcuni che gettano lo scompiglio in mezzo a voi e si propongono di stravolgere il Vangelo di Cristo. Ora se anche un Angelo vi annunziasse un vangelo diverso da quello che noi stessi vi abbiamo annunciato, sia anatema!” (I, 6-8).
I Padri, i Dottori e gli esegeti approvati nella Chiesa spiegano in tal senso il passaggio paolino: i giudaizzanti disertano e abbandonano il Vangelo di Cristo, predicato dai suoi Apostoli, per aderire ad un altro vangelo contrapposto a quello cristiano. Il giudeo-cristianesimo vuole disertare o abbandonare Dio, che chiama gli uomini nella grazia ottenutaci da Cristo con la sua Passione e morte, e rimpiazzarlo con l’osservanza delle cerimonie legali antiche. La salvezza, invece, si ottiene solo grazie alla fede in Cristo (vivificata dalla carità). I giudaizzanti sono bestemmiatori e votati alla dannazione; tal è, infatti, il significato dell’anatema (v. 8) equivalente all’herem ebraico, che designava gli scomunicati come votati alla perdizione per motivi religiosi. Neppure un Apostolo e s. Paolo stesso potrebbe sfuggire alla dannazione, se predicasse il contro-vangelo giudeo-cristiano[6].
Nel capitolo II ai versi 3-4, l’Apostolo ricorda che nel 50 circa era salito al concilio apostolico di Gerusalemme assieme a Tito, il quale, essendo greco, non era circonciso. I giudaizzanti gridarono allo scandalo, poiché la presenza di un incirconciso a Gerusalemme e ad un concilio era ritenuta da loro intollerabile e quindi chiesero che fosse circonciso. Ma Paolo vi si oppose recisamente perché Nostro Signore Gesù Cristo ci ha liberati dalla schiavitù della Legge mosaica: “Ad essi noi non cedemmo neppure un istante affinché si conservasse intatta la verità del Vangelo”.
L’Apostolo qualifica i giudaizzanti come “falsi fratelli intrusi” (v. 4), [non maggiori], “che si erano infiltrati per attentare alla libertà nostra, che abbiamo in Gesù Cristo, e renderci schiavi” (v. 4). Il loro scopo, cioè, era d’imporre la Legge giudaica come necessaria alla salvezza, negando così valore alla grazia che rende liberi dal peccato in Gesù Cristo. I cristiani giudaizzanti più che a Cristo credevano al vecchio cerimoniale mosaico, ma l’antico cerimoniale è oramai – con l’avvento di Gesù – incapace di santificare; esso è stato rimpiazzato dalla grazia di Cristo in virtù dei Suoi meriti: “Se la giustificazione vien dalla Legge cerimoniale [mosaica], certamente Gesù è morto invano o senza scopo” (v. 21). Il giudeo- cristianesimo è l’annullamento radicale e totale del Sacrificio di Gesù e della grazia cristiana che ne deriva; in breve è l’apostasia e la distruzione del Cristianesimo apostolico: “Se vi lasciate circoncidere, Cristo non vi gioverà a nulla” (V, 2).
* * *
È evidente che, propriamente parlando, l’Europa non ha “radici giudeo-cristiane”, ma ha radici cristiane semplicemente. Né ha solo “radici”, perché l’albero del Cristianesimo, sempre in piedi e vitale, continua a produrre foglie, fiori e frutti per le anime di buona volontà, malgrado l’apostasia degli Stati e delle istituzioni pubbliche e malgrado che questa apostasia abbia finito con l’investire ai nostri giorni anche parte del mondo cattolico.
È altresì evidente che il Cristianesimo è per sua natura universale e, pur avendo difeso questa sua universalità dall’insidia del giudeo-cristianesimo, resta nondimeno aperto a tutti, inclusi gli ebrei che credono in Cristo e attendono la loro salvezza dai Suoi meriti, e non dalla razza e dalle pratiche giudaiche.



[1] F. Vernet, voce Juifs et Chrétiens in Dictionnaire Apologétique de la Foi Catholique, vo. II, col. 1654, Parigi, Beauchesne, 1911.
[2] Ibidem.
[3] Ivi, col .1655.
[4] D.A.F.C., art. cit., col. 1656.
[5] F. Spadafora, San Paolo: le Lettere, Genova, Quadrivium, 1990, p. 30.
[6] I testi dei Padri possono essere consultati in Cornelius A Lapide, Commentarii in Sacram Scripturam. Epistolas sancti Pauli Apostoli, Amsterdam, 1681; come pure in san Tommaso d’aquino, Super Epistolas Sancti Pauli Lectura, 2 voll., Torino, Marietti, 1951.


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