sabato 28 gennaio 2012

Omosessualità tra atto esistente in natura e atto conforme alle leggi di natura.




I testi dell'epoca romana o di poco posteriori si dilungano molto sull'argomento dei valori tradizionali e sulla degenerazione dei costumi sessuali, anche a causa del dilagare in Roma della cultura greca. Preziose informazioni in questo senso si ricavano dai testi di Tacito, Seneca, Giovenale (satira VI), Petronio e altri scrittori coevi. Naturalmente non vi è escluso il tema dell'omosessualità, che era allora molto diffusa.


In effetti, per i romani (e per i greci) gli omosessuali non costituivano né avrebbero potuto costituire una categoria di persone a sé stante. Non perché non esistessero gli omosessuali assoluti (coloro, cioè, che erano attratti unicamente da persone del medesimo sesso), ma perché, per gli antichi, non aveva senso classificare le persone in base all'orientamento sessuale. Se oggi questo avviene, lo dobbiamo alla sproporzionata importanza che la sessualità ha assunto nella società moderna, che ha introdotto, per la prima volta nella storia, la classificazione delle persone in base alle loro inclinazioni erotiche. Così esistono non solo gli omosessuali, ma anche i sadici, i masochisti, i feticisti e così via.

La ragione dell'atteggiamento degli antichi è che essi avevano ben presente la differenza non solo tra naturale e innaturale, ma anche tra volontà ed istinto. Poteva esistere, e di fatto esisteva, l'atto omosessuale, non la persona omosessuale. L'omosessualità non era vista, come avviene oggi, come una natura particolare che connota in modo permanente la persona e dalla quale non si può prescindere. Era piuttosto concepita come una inclinazione che, per scelta volontaria, poteva o meno tradursi in pratica, proprio come, mutatis mutandis, la sessualità normale. Volendo semplificare molto, per gli antichi la persona era quello che faceva, quello che pensava, quello che decideva, non quello che provava nei recessi del suo istinto. Ecco perché non si parla mai (e non se ne è parlato fino alla rivoluzione sessuale degli anni 70, quando il sesso è diventato la "forma propria" dell'esistenza umana) degli omosessuali come categoria.

Benché nell'antica Roma e nell'antica Grecia l'omosessualità e altre forme di perversione fossero ampiamente praticate, ma nessuno, neppure Caligola (che nominò senatore un cavallo) o Nerone (che inscenò un matrimonio con un eunuco) ventilò anche solo l'idea che unioni di questo tipo fossero riconosciute a livello ufficiale.

Il passare del tempo o l'evolversi della società non muta l'attitudine delle persone, ma solo il modo in cui essa si manifesta. Non è vero, dunque, che nell'antichità non esistesse l'omosessualità per come la concepiamo oggi. Esisteva, eccome. Solo che le persone che la praticavano non erano considerate una categoria diversa dal resto. E ciò indipendentemente dal giudizio morale, assai variegato, che gli antichi davano sull'atto omosessuale.

Quanto all'equiparazione tra naturale ed esistente in natura, dobbiamo affermare con decisione che essa è semplicemente falsa. In ambito morale, quando si parla di "atto naturale" non si intende "atto esistente in natura", ma "atto conforme alle leggi di natura" ossia ordinato al fine stabilito dalla natura per quell'atto. Se così non fosse, dovremmo dire che l'omicidio, esistendo, è un atto naturale; che l'incesto, esistendo, è un atto naturale; che la pedofilia, esistendo, è un atto naturale. Le peggiori nefandezze diventerebbero naturali. Anzi, ci sarebbe da domandarsi se qualcosa possa essere definito atto innaturale; poiché, in questa prospettiva, per essere innaturale dovrebbe essere pure inesistente. Di conseguenza, l'innaturalità dell'atto omosessuale non sta nella sua non esistenza in natura (il che sarebbe assurdo); non sta neppure nella sua ripugnanza (che è relativa al soggetto e non alla morale, che per definizione dev'essere oggettiva); sta invece nel suo disordine, ossia nella sua estraneità completa al fine che la natura ha assegnato all'atto sessuale: la procreazione. La distinzione tra normale e anormale è capziosa e non ha valore in campo morale. Possono esistere, infatti, atti anormali (cioè praticati da una piccola minoranza) ma leciti, e atti normali (cioè praticati da una grande maggioranza) ma illeciti. Due coniugi che vivono di comune accordo in castità perfetta (come il filosofo Maritain e la moglie Raissa) hanno un comportamento anormale o, per meglio dire, fuori dalla norma, ma non per questo immorale.


(Daniele Di Sorco)

venerdì 27 gennaio 2012

Al Cardinal Bagnasco montiano dell'ultima ora...



Dopo l’elogio del cardinal Bagnasco al governo del Maestro Monti, Governo ritenuto di buona volontà che tra l’altro ha liberalizzato l’apertura domenicale delle attività commerciali, ha per l'ennesima volta-ultimamente piace ripetersi- affermato che l'evasione fiscale è un peccato e che per un soggetto religioso è addirittura uno scandalo, naturalmente il Cardinale ignora alcune cosette quali ad esempio il terzo comandamento “ricordati di santificare le feste”, comandamento calpestato dal Maestro Monti con le sue liberalizzazioni "salva-banche d'Italia", o magari per il suddetto Cardinale-sempre in prima fila quando si parla di soldi!- tale comandamento è superato e pertanto va interpretato di seguito: “ricordati di santificare il supermercato”!
Ritornando al discorso TASSE vorrei ricordare a sua Eminenza che è cosa nota a tutti- tranne che a lei e i bocconiani- che in questi ultimi vent'anni, la crescita della pressione fiscale ha fatto crescere parallelamente anche l'evasione, vista da alcuni come legittima difesa, da altri come un buon pretesto per non pagare nemmeno il dovuto. Non è quindi l'evasione che causa la pressione fiscale, ma semmai il contrario.
E ciò era stato mirabilmente previsto anche da Sua Santità Pio XII il quale affermava che "la garanzia giuridica dei contribuenti rispetto al fisco mira a consolidare i sistemi di salvaguardia, indispensabili non solo al contribuente, ma allo Stato stesso, che rischia, se trascura queste garanzie, di demoralizzare gli individui e di incoraggiarli all'evasione delle imposte e alla frode" (Pio XII, Discorso del 2 ottobre 1956 )
Dunque è importante notare che l'eccessiva pressione fiscale, ben lungi dal favorire lo Stato e l'onesta contribuzione da parte dei cittadini, danneggia il primo e scoraggia la seconda.
Sempre Sua Santità affermava che "l'imposta non può mai diventare, per opera dei poteri pubblici, un comodo metodo per colmare i deficit provocati da un'amministrazione imprevidente". (Pio XII, Discorso del 2 ottobre 1956)
Evidentemente su Eminenza ignora tutto ciò, così come ignora il parere della maggioranza degli studiosi di morale economica che ribadiscono che il prelievo fiscale globale non può superare un tetto massimo valutabile attorno al 30-35% mentre allo stato attuale in Italia si supera il 50%!
Ora se è vero che l'evasione è un peccato contro la collettività, come dovremmo definire l'oppressione fiscale da parte dello Stato nei confronti dei suoi cittadini? E come definire il fatto che le tasse, che hanno un suo fine ben definito (ridistribuzioni in beni e servizi alla collettività) vengono in ampissima parte impiegate a sostenere un sistema di privilegi a categorie note e a pagare dei debiti "sovrani" che il popolo, SOVRANO, non ha contratto ne voluto?
Perchè sua Eminenza ignora tutto ciò?
Lei chi difende i poveri come il Vangelo comanda o i potenti Maestri?

IL GIORNO DELLA MEMORIA.



In memoria degli oltre 100 milioni di cristiani uccisi nell'ultimo secolo a causa della loro fede e ignorati dai mass media perchè non ebrei!

martedì 24 gennaio 2012

Abbia l'intelligenza di informarsi (Socci!)!



Ad Antonio Socci che ha definito coloro che protestano e non la pensano come lui, "poco intelligenti", "scribi e farisei " con un linguaggio non certo consono ad uno che fino a qualche mese fa si scandalizzava delle continue persecuzioni dei cristiani nel mondo, ricordiamo che da che mondo e mondo prima per i cristiani arriva la delegittimazione conseguente all'accusa di fanatismo e poi la persecuzione e offriamo questo filmato come spunto per un ulteriore approfondimento del pensiero di Castellucci, uno dei tanti  - a dire di Socci   -"bellissimi testi suoi che avrebbero fatto capire il suo retroterra" a degli ottusi come noi che continuiamo a credere ai nostri occhi e alle nostre orecchie.



ed ad abundantiam  Rino Cammilleri che si è attendrato in uno di questi bellissimi testi:

I soliti Castellucci in aria, così parlava nel 2002

di Rino Cammilleri

 
Il regista romagnolo Castellucci, quello del volto di Cristo imbrattato di escrementi, deve essere proprio ossessionato dalla religione. Un lettore mi ha indirizzato verso la newsletter di gennaio della TFP (associazione internazionale Tradizione-Famiglia-Proprietà), dove compare la traduzione di un’intervista rilasciata da Castellucci alla rivista australiana Real Time Arts (n. 52, dicembre-gennaio 2002). Infatti, al festival di Melbourne, il regista aveva presentato la sua opera titolata Genesis.

Così viene presentata detta pièce sulla Genesi dalla rivista: «Meno nota, invece, è la versione mistica giudaico-cristiana che troviamo nello Gnosticismo, nella Cabala e nella filosofia Rosacroce. È questa la versione che Castellucci ci presenta (…). Castellucci attinge alle stesse tradizioni che hanno ispirato artisti come Baudelaire, Antonin Artaud (…). In questa versione più tenebrosa della Genesi, l'atto creativo non è frutto dell'amore, ma di un terribile errore (…). Non è l'Amore che regna nell'universo, ma la Crudeltà. Non è l'uomo ad aver peccato, ma Dio. Tutta l'arte e il teatro di Castellucci costituiscono una storia che racconta questo atto iniziale di violenza primordiale». Artaud, tra parentesi, è il fondatore della scuola detta Teatro della Crudeltà.

L’intervista, a cura di Jonathan Marshall, si intitola «L’Angelo dell’arte è Lucifero». Così esordisce l’intervistatore: «Lei ha detto che "la Genesi mi spaventa più dell'Apocalisse" perché rappresenta "il terrore delle possibilità senza fine". Questo sembra essere ispirato agli scritti di Antonin Artaud e di Herbert Blau, nonché alle dottrine gnostiche e cabalistiche che ispiravano Artaud. Lei è d'accordo con le idee di solito associate a questa cosmologia? Per esempio, Artaud sosteneva che prima della creazione regnava un caos terrificante, che è poi rimasto per sempre presente, latente o immanente all'interno dell'esistenza quotidiana. Egli ha sostenuto che questo caos è il vero senso del teatro. L'obiettivo più alto, la virtù più eminente del teatro sarebbe quindi di poter rappresentare — o almeno avvicinarsi a rappresentare — il caos attraverso una performance dal vivo?». La risposta è in perfetto stile artistico, cioè piuttosto fumosa (chi conosce il modo di esprimersi degli artisti contemporanei non si stupirà), però emerge una frase indicativa: «Ciò che io e i miei colleghi abbiamo cercato di fare nel corso degli anni è di portare lo scandalo scenico al parossismo e di mantenerlo sempre vibrante».

Altra domanda (l’intervistatore sembra avere le idee più chiare): «Lei è d'accordo che ogni atto creativo sia un atto di violenza? O per lo meno una violazione del tabù contro la Creazione? Ho in mente qui la sua dichiarazione che Lucifero, l'angelo caduto, sarebbe il primo artista con cui l'umanità si debba identificare». Segue un commento che potrebbe essere anche condivisibile nella sua ambiguità, ma neanche Castellucci sa resistere a presentare se stesso come il genio artistico a cui si perdona la sconclusionatezza, un linguaggio in cui era maestro lo scomparso Carmelo Bene: «Che senso ha ripetere oggi queste parole che costituiscono l'incipit del Genesi? Queste parole del Genesi sono le stesse che hanno causato l'esistenza del mondo e, quindi, anche l'esistenza del palcoscenico. L'unica persona che ha potuto reggere il peso di queste parole creative, e che per prima ha parlato in "doppia forma", il primo che ha assunto le vesti di un altro, è Lucifero. In tutta la storia dell'umanità, Lucifero si è sempre mostrato in travestimenti e costumi, adottando le parole di qualcun altro. Ha fatto questo sin dal Principio, quando ha rivestito la pelle del serpente e la lingua del serpente. Per la prima volta egli ha parlato per bocca di qualcun altro, facendo al serpente dire: "Ma è proprio vero ciò che Dio ha detto?", e creando così una forma di mimetismo, una forma di duplicazione del linguaggio. Lucifero è il primo ad aver esplorato la sovrabbondanza del linguaggio, avvalendosi del teatro come fonte di energia, dando così origine all'arte stessa».

Qualunque cosa ciò voglia dire. Infatti: «Il mio spettacolo Genesis non è solo il libro biblico della Genesi, ma è anche una genesi che reca al mondo, usando il palcoscenico, le mie proprie pretensioni di creare un mondo. Lo spettacolo mette in scena gli aspetti più volgari del mio essere, cioè l'artista che vuole rubare a Dio l'ultimo e più importante Sefirot. Questa è la maggiore gioia dell'artista: rubare a Dio. (…) In sintesi, la Genesi mi spaventa molto di più dell'Apocalisse. (…) L'Angelo dell'Arte è Lucifero. È Lui il primo che assume le sembianze e le fattezze di un altro. È Lui il primo ad aver sdoppiato il linguaggio, salvo poi tradurlo. È Lui il primo, e l'unico, ad aver dominato l'arte della trasformazione. Egli proviene dalla zona del non-essere. L'unica possibilità per lui di tornare alla zona dell'Essere è farlo con la voce, il corpo, il nome di un altro. A questo serve il teatro. Questa zona del non-essere è la zona genitale di ogni atto creativo».

Ai lettori il giudicare. Suggeriamo una chiave: lo scandalo, l’ambiguità espressiva, l’insistenza sui simboli di una religione che, a differenza di altre, porge l’altra guancia sono mezzi utilissimi, anche se frusti, per portare la gente in teatro e pagare gli stipendi a chi non si rassegna a guadagnarsi il pane senza rompere le scatole al prossimo.
 
Fonte: Una Fides

Dalla Milano dei Padri della Chiesa e del Card Schuster alla Milano di Castellucci



Se qualcuno mettesse, al posto dell’amabile Volto di Gesù Cristo Nostro Signore, la fotografia di Romeo Castellucci oppure quella della direttrice artistica del teatro Parenti di Milano, Andrée Ruth Shammah, scatterebbero le denunce. Nell'esecrabile spettacolo di Castellucci ad emergere sono soltanto la bruttura e il fetore, in tutti i sensi, che bene evidenziano, però, l’abisso nel quale è giunta la cultura di quell’Occidente nato dal Cristianesimo cattolico e dalla sua insuperata capacità di sublimare le grandezze classiche (filosofia greca e diritto romano). 
L’ “opera” arriva in Italia e precisamente a Milano, la città di sant’Ambrogio (339/340-397), di sant’Agostino (354-430), di san Carlo Borromeo (1538-1584), del Cardinale Schuster (1880-1954)… la città che contribuì, con le sue maestose chiese, con la sua Fede, con i suoi Padri della Chiesa a convertire il geniale John Henry Newman (1801-1890). Il Cardinale, beatificato da Benedetto XVI nel 2010, scrisse nell’autunno del 1846:
«Nella città di sant’Ambrogio uno comprende la Chiesa di Dio più che non nella maggior parte degli altri luoghi, ed è indotto a pensare a tutti quelli che sono sue membra. E inoltre non si tratta di una pura immaginazione, come potrebbe essere trovandosi in una città di ruderi o in un luogo desolato, dove una volta dimoravano i Santi – c’è invece qui una ventina di chiese aperte a chi vi passi davanti, e in ciascuna di esse si trovano le loro reliquie, e il SS. Sacramento preparato per l’adoratore, anche prima che vi entri. Non v’è nulla che mi abbia mostrato in maniera così forte l’unità della Chiesa come la Presenza del suo Divin Fondatore e della sua Vita dovunque io vada – tutti i posti sono, per così dire, un unico posto. […]. Io non sono mai stato in una città che mi abbia così incantato: stare davanti alle tombe di grandi santi come san’Ambrogio e san Carlo e vedere i luoghi dove sant’Ambrogio ha respinto gli ariani, dove santa Monica montò la guardia per una notte con la “pia plebs”, come la chiama sant’Agostino, e dove lo stesso sant’Agostino venne battezzato. Le nostre vecchie chiese in Inghilterra non sono nulla quanto ad antichità rispetto a quelle di qui, e a quel tempo le ceneri dei santi sono state gettate ai quattro venti. È cosa così grande essere dove i “primordia”, la culla, per così dire, del cristianesimo…» (1).
Ci sono tanti cattolici che sono ancora «adoratori», come li definisce il Beato Newman, adoratori del Santissimo Sacramento, adoratori, anche, del Santo Volto. Due milioni di persone sono andate in pellegrinaggio a Torino nell’ultima Ostensione della Santa Sindone. Domani, 24 gennaio, in Italia, culla di Milano, culla di Roma, culla dei «primordia», inizierà l’oltraggio; ma in risposta ci saranno Sante Messe di riparazione, suppliche, Rosari, funzioni religiose… per lenire il dolore e consolare i Sacri Cuori di Gesù e di Maria Immacolata. «Gesù mio, perdonate le nostre colpe, preservateci dal fuoco dell’Inferno e portate in Cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della Vostra misericordia» così, per la recita del Santo Rosario, insegnò Nostra Signora di Fatima.

 Il Santuario del Santo Volto in Bassano Romano (VT) e il Monastero del Santo Volto in Giulianova (TE) sono retti dai monaci Benedettini Silvestrini. Una bellissima icona del Santo Volto, che ricorda perfettamente il Volto della Santa Sindone, è venerata nella chiesa di Santo Stefano Protomartire degli stessi Padri Benedettini Silvestrini a Roma. Proprio al Santo Volto è legata la vicenda di due religiosi: la beata Madre Pierina De Micheli (1890-1945), che nel silenzio e nell’umiltà più profonda, fu martire d’amore per riparare le offese recate al Signore Gesù e il servo di Dio Ildebrando Gregori (1894-1985), monaco benedettino silvestrino, che fu per un ventennio abate generale della sua congregazione e fondò le Suore Benedettine Riparatrici del Santo Volto di Nostro Signore Gesù Cristo. Nella notte del 31 maggio 1938, Madre Pierina De Micheli, suora delle Figlie dell’Immacolata Concezione di Buenos Aires, si trovava nella cappella della sua congregazione nell’Istituto di Milano, in via Elba 18. Mentre era immersa, in profonda adorazione dinanzi al Tabernacolo, le apparve in una luce sfolgorante, una Signora di celestiale bellezza. Teneva in mano, come un dono, una medaglia, da una parte era impressa l’immagine del Santo Volto di Gesù, con questa dicitura: «Illumina, Domine, vultum tuum super nos» («Fa’ splendere su di noi, Signore, la luce del tuo volto») e nell’altra era impressa un’Ostia con l’invocazione «Mane nobiscum, Domine» («Resta con noi Signore»).

 La Madonna si rivolse a Madre Pierina con queste parole: «Ascolta bene e riferisci al padre confessore che questa medaglia è un'ARMA di difesa, uno SCUDO di fortezza e un PEGNO di misericordia che Gesù vuol dare al mondo in questi tempi di sensualità e di odio contro Dio e la Chiesa. Si tendono reti diaboliche per strappare la fede dai cuori, il male dilaga. I veri apostoli sono pochi: è necessario un rimedio divino, e questo rimedio è il Volto Santo di Gesù. Tutti quelli che porteranno questa medaglia e faranno, potendo, ogni martedì una visita al Santissimo Sacramento per riparare gli oltraggi che ricevette il Volto del mio Figlio Gesù durante la Passione e che riceve ogni giorno nel Sacramento dell’Eucaristia:
  • saranno fortificati nella Fede;
  • saranno pronti a difenderla;
  • avranno le grazie per superare le difficoltà spirituali interne ed esterne;
  • saranno aiutati nei pericoli dell'anima e del corpo;
  • avranno una morte serena sotto lo sguardo sorridente del mio Divin Figlio».
 Il 21 maggio 1932 Gesù aveva detto alla beata: «Contemplando il mio Volto, le anime parteciperanno alle mie sofferenze, sentiranno il bisogno di amare e di riparare. Non è forse questa la vera devozione al mio Cuore?». Il primo martedì del 1937 Gesù le aveva ancora dichiarato che il culto del Suo Volto completava e aumentava la devozione al Suo Cuore.
Il culto della medaglia del Santo Volto ottenne l’approvazione ecclesiastica il 9 agosto 1940 con la benedizione, proprio a Milano, del Beato Cardinale Ildefonso Schuster, monaco benedettino, devotissimo del Santo Volto di Gesù, allora Arcivescovo della diocesi ambrosiana. Grande apostolo della medaglia del Santo Volto di Gesù fu anche l’Abate Ildebrando Gregori, dal 1940 padre spirituale di Madre Pierina De Micheli, il quale fece conoscere la medaglia in Italia, in America, in Asia e in Australia.

 Al regale splendore del Santo Volto si rivolse, con versi di straordinaria bellezza, il Cardinale Newman, che preannunciò, con angoscia e tremore, quella «trappola mortale» dentro la quale stiamo vivendo, ovvero nel liberalismo e nel relativismo totalizzanti, così nemici della Verità rivelata da Nostro Signore da apparire in tutta la loro blasfemia. Ecco l’orante poeta Newman:

 «Il volto del Dio incarnato ti colpirà con dolore tagliente e sottile […]
 La vista di Lui ti accenderà nel cuore
 pensieri di tenerezza, di riconoscenza, di riverenza.
 Sarai malato d’amore, e ti struggerai per Lui,
 per Lui dolce a tal punto nella sua perenne
 abnegazione da restare vilmente
 ferito da un vile come te.
 C’è una supplica nei suoi occhi tristi
 che ti toccherà nel vivo, e ti turberà.
 E odierai e detesterai te stesso: se pure
 senza peccato ora, tu sentirai d’aver peccato,
 come mai prima avevi sentito;
 e desidererai scivolare via,
 e nasconderti alla Sua vista
 e tuttavia avrai un’ardente brama di rimanere
 dinnanzi alla bellezza del Suo volto.
 E queste due pene, così in contrasto e così forti
 - l’ardere per Lui, quando Lo vedi,
 la vergogna di te al pensiero di vederLo -
 saranno il tuo più vero, più aspro purgatorio» (2).

Ha affermato il Vescovo Monsignor Luigi Negri, che si è pronunciato contro l’immondo spettacolo: «Ormai l’ideologia dominante è quella anticristiana, quella che tende all’abolizione sistematica della presenza e dell’annunzio cristiano, sentito come una anomalia che mette in crisi questa omologazione universale operata dalla mentalità laicista, consumista, istintivista […]. Sono stato molto lieto nell’apprendere che – in situazione analoga – la Chiesa francese e in particolare il capo della Conferenza episcopale francese, il cardinale di Parigi, ha proposto un gesto rigorosamente penitenziale in ordine a questa blasfemia implicando la struttura fondamentale della Chiesa. […]

Certo che […] se la Chiesa non reagisce adeguatamente in modo certamente non rancoroso, non livido, assumendo in senso uguale e contrario l’atteggiamento demenziale di questi parauomini di cultura; se non reagisce la Chiesa, allora necessariamente possono intervenire in maniera protagonistica gente o gruppi che nella Chiesa non hanno a cuore soltanto la difesa della Chiesa, ma hanno a cuore l’espressione legittima delle loro convinzioni. Allora poi non si dica che la protesta è dei tradizionalisti; la protesta è dei tradizionalisti perché la Chiesa come tale non prende una posizione, che a me sembrerebbe assolutamente necessaria». [Vedi: Corrispondenza romana ]

Spontanea sgorga implorante la supplica del salmista:
 «Rialzaci, Dio degli eserciti, 
 fa’ risplendere il tuo volto e noi saremo salvi» (3).

 Cristina Siccardi

FINE DEL LIBERISMO ED ELOGIO DELLA FRUGALITÀ

È uscito recentemente un interessante libro - non condivisibile in tutto - dell’economista Serge Latouche (Per un’abbondanza frugale, Milano, Bollati & Boringhieri, 2012) il quale prende atto che la Società liberal/liberista e consumistica, sta finendo sotto i colpi sempre più duri della crisi economico/finanziaria mondiale.
Egli propone come rimedio possibile a tanto sfacelo l’unica via che si deve e si può – con un bel po’ di buona volontà – ancora percorrere: la Frugalità.

Il Liberalismo nasce dall’illusione prometeica e luciferina del “Progresso e sviluppo all’infinito”. Pio IX nella sua Enciclica Quanta cura e nel Syllabus (entrambi dell’8 dicembre 1864) aveva condannato sia l’illusione social/comunista che quella liberal/liberista, e particolarmente la loro conclusione del “Progresso all’infinito” o del “Sol dell’Avvenire”.

L’ultima ed 80ma proposizione del Syllabus condanna la proposizione secondo cui “il Papa può e deve venire a patti col Liberalismo, col Progresso e colla Modernità”, ove per “Progresso” s’intende il Progresso costante, incessante e tendente all’infinito, e, per Modernità la filosofia moderna (da Cartesio ad Hegel), che è soggettivista e relativista e distrugge la conoscenza oggettiva della realtà da parte dell’uomo (Cartesio) e il valore immutabile ed assoluto dei primi princìpi filosofici (Hegel), sociali/politici (Rousseau) e dei dogmi religiosi (Lutero). Latouche paragona il Progressismo e il Consumismo alla malattia chiamata “bulimia”. Certamente non bisogna cadere nel difetto opposto, verso la quale tende l’Autore, che è l’anoressia o “l’insano archeologismo” (come lo chiamava Pio XII), ovvero il “tribalismo” dello ‘Strutturalismo francese’ (Lévy-Strauss, Sartre, Lacan, Ricoeur), che riprende il tema del “buon selvaggio” di Jean Jacques Rousseau e lo porta alle estreme conseguenze del “Pensiero selvaggio” e dell’uomo non più “animale razionale e sociale” (Aristotele e S. Tommaso), ma “bestia istintiva e asociale” (Lévy-Strauss).

Secondo il buon senso (economia come ‘Virtù della Prudenza applicata al focolare domestico’, Aristotele/S. Tommaso) e Latouche per essere nell’abbondanza basta avere solo pochi, essenziali bisogni, che possono essere soddisfatti normalmente e da tutti. L’economista francese ammette che la vita dell’uomo (e di sua moglie) non può e non deve essere assorbita al 60% dal lavoro. Essi debbono essere presenti in se stessi, tra loro e con i figli nella famiglia, nella Società civile e nella Società religiosa, poiché l’uomo ha un’anima spirituale e deve nutrire pure e soprattutto anch’essa.

Il Consumismo liberista vive e si regge sull’insoddisfazione dell’uomo borghese o “ricco”, proprio come il Social/Comunismo che si fondava sul proletario o povero. Senza povero, che odia il ricco, e senza borghese, che si sente insoddisfatto e cerca di ingozzarsi di beni consumistici del tutto superflui, scomparirebbero il Social/Comunismo e il Liberal/Liberismo.

La “Pubblicità” è un’arma di ossessione mentale che crea bisogni inesistenti nella mente del borghese, come la “Propaganda” bolscevica creava l’odio di classe nella mente del povero. Sia il borghese liberale che il proletario socialista si sentono scontenti di ciò che sono ed hanno e desiderano essere ciò che non sono e possedere ciò che non è necessario. Essi sono perennemente frustrati. In più, non avendo la Fede, poiché sia il liberalismo che il socialismo sono materialisti e atei o agnostici, non hanno la Speranza soprannaturale che li aiuterebbe ad affrontare serenamente le difficoltà intrinseche alla vita umana.

Conclusione: bisogna liberarsi della schiavitù della legge del “mercato” di destra (Liberismo) e anche di sinistra (Socialismo), per poter tornare ad essere veramente uomo, ossia “animale razionale” che conosce e ama, e “animale sociale”, che dona, riceve e ricambia. Chi lo desidera può studiare la “Dottrina sociale della Chiesa” e specialmente l’Enciclica di Leone XIII Rerum novarum cupiditas (1891) e quella di Pio XI Quadragesimo anno (1931).
 d. CURZIO NITOGLIA
 23 gennaio 2012
 

domenica 22 gennaio 2012

La CANTONATA di Socci!

Tu sei il mio Pastore!

La cantonata di Socci
 
Ecco una oggettiva risposta a Antonio Socci che su "Libero" di ieri si è messo a difendere Castellucci (stra)parlando di uno spettacolo che in realtà è una preghiera e di una polemica paradossale in quanto "nessuno ha visto la pièce teatrale contestata: si rischia di gettar via – come squallido sberleffo anticristiano – un’opera che invece si interroga ansiosamente sul mistero del dolore e su Gesù e mette in scena un grido al Salvatore molto vicino alla bestemmia (come lo sono certi passi della Bibbia del resto), ma anche alla preghiera".
Ma come?! Nessuno ha visto la pièce?! Non è una prima assoluta, caro Socci: si informi! Come può pensare che ci si mobiliti senza motivazioni: non siamo degli sprovveduti! Comunque l'argomento, se fosse vero e non lo è, vale anche al contrario: se nessuno ha mai visto tale messinscena, su che base si può parlare del rischio di affossare "un’opera che invece si interroga ansiosamente sul mistero del dolore e su Gesù e mette in scena un grido al Salvatore "? Insomma per Socci i cattolici che protestano sono dei buzzurri tarantolati pieni di pregiudizi, mentre il Castellucci è un'anima candida fatta oggetto di critiche immeritate: caro Socci, "Tu non sei il mio pastore" è una vera bestemmia e una chiara di dichiarazione di apostasia. Altro che preghiera: Nostro Signore ci ha insegnato a pregare in un modo ben diverso ... ricorda? ... Padre nostro ...


Romeo Castellucci

secondo il Catechismo

di Fabrizio Cannone

Secondo il Catechismo della Chiesa cattolica, “La bestemmia si oppone direttamente al secondo comandamento [Non nominare il nome di Dio invano]. Consiste nel proferire contro Dio interiormente o esteriormente – parole di odio, di rimprovero, di sfida, nel parlare male di Dio, nel mancare di rispetto verso di lui, nell’abusare del nome di Dio […]. La proibizione della bestemmia si estende alle parole contro la Chiesa di Cristo, i santi, le cose sacre […]. La bestemmia è contraria al rispetto dovuto a Dio e al suo santo nome. Per sua natura è un peccato grave” (n. 2148).
Evidentemente il Catechismo non intende escludere altre forme di bestemmia che non siano quella vocale, perciò si dice, più genericamente, che bestemmiare è “mancare di rispetto” verso Dio, cosa che può avvenire nei più vari modi che l’empietà umana riesce a moltiplicare all’infinito.
Se il peccato mortale volontario merita l’inferno (cf. Catechismo, n. 1037), basterebbe questo squallido spettacolo per meritare l’eterna separazione da Dio, a coloro che l’hanno ideato, progettato, realizzato, promosso, pubblicizzato, e infine a coloro che l’hanno difeso contro il sano risentimento popolare e cristiano.
“Lo scandalo, sempre secondo il Catechismo, è l’atteggiamento o il comportamento che induce gli altri a compiere il male. Chi scandalizza si fa tentatore del suo prossimo. Attenta alla virtù e alla rettitudine; può trascinare il proprio fratello alla morte spirituale. Lo scandalo costituisce una colpa grave se chi lo provoca con azione o omissione induce deliberatamente altri in una grave mancanza” (n. 2284).
Evidentemente un’opera “teatrale” come quella di Romeo Castellucci che ha per tema predominante quello dell’incontinenza di un anziano padre, il quale sul palcoscenico espleterà platealmente i suoi bisogni fisiologici, è un’offesa singolare alla decenza, alla virtù, alla prudenza, al decoro, al buon senso, e uno scandalo vero e proprio (a prescindere dall’offesa vile al Sacro Volto). Il male infatti può essere rappresentato solo per essere moralmente condannato, e in nessun caso deve parere suadente, coinvolgente o allettante.
Qui il “male” della vecchiaia e della malattia in effetti è reso fin troppo ripugnante… ma soltanto per dar la colpa a Dio e allontanare da Lui le anime degli spettatori. Ciò che si vuole creare nel pubblico è uno stato di eccitazione morbosa per veicolarla, attraverso il maleodore presente sul palco e il senso di disgusto creato ad arte, contro la causa (presunta) di tutti i mali, incontinenza senile inclusa, ovvero la Causa Prima! Castellucci si è dichiarato più volte “cristiano” dopo che in Francia migliaia di cattolici hanno protestato davanti alle sue sozze bestemmie pseudo-artistiche.
Ma proprio questa dichiarazione aggrava la colpa del regista, e non l’attenua punto. E’ più grave infatti il peccato nel cristiano che nel pagano, specie se il peccato è di offesa a quel Dio che il pagano giustamente può dire di non conoscere appieno. D’altra parte si capisce bene dove si vuole andare a parare con queste dichiarazioni sibilline: con la scusa del “cristiano”, si vuole sedurre il credente meno accorto e trascinarlo, come dice il Catechismo, “alla morte spirituale”.
Certo, “è inevitabile che avvengano degli scandali, ma guai a coloro per cui avvengono” (Lc 17,1).
La pornografia non abbisogna di teologiche definizioni, ma ciò che importa sapere è che il Catechismo ne ricorda la gravità e ne chiede espressamente la censura: “E’ una colpa grave. Le autorità civili devono impedire la produzione e la diffusione di materiali pornografici” (n. 2354). Lo “spettacolo” di Castellucci potrebbe sembrare del tutto alieno dalla dimensione pornografica, ma in verità l’essenza della pornografia, anche secondo l’etimo, è l’oscenità in quanto tale, più che la sessualità libertina e sfacciata.
La pornografia infatti è la “descrizione e rappresentazione in opere letterarie, artistiche, cinematografiche e simili [tipo teatrali] di cose oscene” (Nicola Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana, 1994, p. 1380). Osceno poi, secondo l’autorevole dizionario, è ciò che “offende il pudore” e anche ciò che è “ripugnante per la sua bruttezza” (ibid., p. 1225).
L’opera “artistica” e “teatrale” di Castellucci è oscena e ripugnante? Lo si valuti a partire da quanto visto finora. E’ un’opera che ha al centro escrementi ed è concepita in modo scatologico dalla A alla Z: tutto in essa, a partire dall’idea ispiratrice, ha a che fare con il WC. E’ una parodia satura di violenza, ambiguità, morbosità, immoralità, irreligiosità e indecenza: è infondo un’opera d’arte al contrario, cioè concepita per promuovere il brutto, il laido, l’impuro, il profano, l’arte contemporanea, l’ateismo, il nudismo, la società laica e commerciale, e il profitto (immenso per il suo autore) che da tutto ciò se ne può trarre.
Fin da ora diciamo il nostro GRAZIE a quei cattolici che a Parigi e a Milano, a Roma manifestano, pregano, offrono SS. Messe di riparazione contro uno scempio sacrilego di immane bassezza.
Lode dunque a tutti i buoni cattolici, a partire da mons. Negri e il cardinal Martino. Onta a quei “cattolici senza Cristo”, che in un modo o nell’altro, hanno difeso la bestemmia in compagnia dell’armata laica: Repubblica (sempre in prima linea), Il Corriere (con Battista), La Stampa, L’Unità, etc.
Se i nostri figli si abitueranno al male, alla violenza, alla droga, all’immoralità, agli spettacoli di Castellucci, la società degenererà rapidamente e la crisi culturale sociale ed economica diverrà mortale. Se al contrario i nostri figli sapranno reagire e lottare contro chi vuole gustare l’ebbrezza infernale già qui prima del tempo stabilito, allora la speranza dell’alba resterà intatta e il futuro sarà un futuro di pace per tutti.

tratto da: http://www.corrispondenzaromana.it/romeo-castellucci-secondo-il-catechismo/

sabato 21 gennaio 2012

Protestare non significa rischiare di fare pubblicità



Sempre più numerose sono le persone disposte a partecipare alle manifestazioni pubbliche di protesta e di riparazione a Milano, per reagire contro lo spettacolo blasfemo di Castellucci. Da alcuni cattolici, però, questa reazione è vista con una certa diffidenza e capita di sentire l'obiezione: "Ma non si rischia così di fare pubblicità allo spettacolo? Non è proprio quello che vuole Castellucci?"
In realtà, è abbastanza chiaro che per il singolo cattolico, o per la singola associazione, quest'obiezione non dovrebbe avere ormai nessun peso quanto alla decisione pratica da assumere, cioè quanto a decidere se appoggiare o partecipare alle manifestazioni pubbliche previste davanti al teatro: infatti, ormai "il dado è tratto", lo spettacolo e il suo autore sono, purtroppo, già di fama internazionale e il Teatro Franco Parenti ha già venduto tutti i biglietti. Ma, a parte questo, l'obiezione fa soprattutto pena dal punto di vista dei principi e deriva dall'aver sottovalutato l'oggettiva gravità della rappresentazione in questione. Siamo purtroppo abituati a sentire parlare di azioni blasfeme e sacrileghe e questo ci potrebbe rendere abbastanza indifferenti davanti all'ennesima provocazione. Al limite ci ispirano un po' di disgusto i responsabili di queste azioni ma, in fin dei conti ci ispirerebbe molto più orrore un omicidio o qualcosa del genere. Ebbene, se questo è il caso, per un cattolico, c'è qualcosa che non va. Non dobbiamo reagire sulla base di sentimenti, ma sulla base dell'intelligenza illuminata dalla Fede.


Ragioniamo quindi secondo la morale cattolica, come Cristo stesso ragionerebbe: un'offesa è tanto più grave quanto più eccellente sia la persona che si offende. Perciò la bestemmia che offende direttamente Dio, Sommo Bene, è il male più grande. Soprattutto se l'offesa è pubblica. Soprattutto se si offende Dio con quello che di più basso c'è nell'uomo: le sue feci. Tutti i teologi e santi dottori della Chiesa sono d'accordo su questo fatto: che la bestemmia, facendo parte di quei peccati che riguardano Dio direttamente, è oggettivamente più grave di tutti gli altri. Più grave anche, ad esempio, dell'omicidio. Certo, spesso non si ha la piena consapevolezza di quel che si fa quando si proferisce una bestemmia, e si tratterà allora di un peccato soggettivamente meno grave di quello dell'omicida, che di solito ha una consapevolezza maggiore, ma la gravità oggettiva resta. Inoltre, si può presumere che nel caso di specie anche la consapevolezza soggettiva ci sia nel drammaturgo Romeo Castellucci: chi sostiene che "l'angelo dell'arte è Lucifero" e che "lo spettacolo mette in scena gli aspetti più volgari del mio essere, cioè l'artista che vuole rubare a Dio l'ultimo e più importante Sefirot. Questa è la maggiore gioia dell'artista: rubare a Dio"  (da un'intervista rilasciata da Romeo Castellucci alla rivista di arte australiana Real Time Arts, n. 52, 2002) sa perfettamente contro chi si scaglia con la sua arte oscena. In ogni caso la bestemmia pubblica è proprio l'atto diametralmente opposto alla professione pubblica della Fede: perciò la manifestazione pubblica di protesta, di preghiera e di riparazione è l'atto che più perfettamente si proporziona all'offesa.  
Si organizzano manifestazioni pubbliche contro azioni violente, scandali vari, ecc., fatti, insomma, meno gravi di una pubblica bestemmia. Così facendo si fa un po' di pubblicità a chi ha commesso questi fatti ma... cosa importa? Nel caso che ci occupa la manifestazione pubblica di protesta o di riparazione è proprio l'azione proporzionata e necessaria, "giusta" insomma, in risposta alla rappresentazione blasfema: una professione pubblica di Fede contro una pubblica offesa a Dio. Questa risposta spetta in primo luogo ai Pastori della Chiesa, quelli che "ex officio" devono cercare la gloria di Dio, ma è anche dovere dei fedeli, secondo le possibilità di ciascuno, perché tutti i battezzati in Cristo, e ancor di più i cresimati in Lui, hanno il dovere di difendere l'onore del loro Salvatore e Maestro. 
Così facendo si assicurano dei benefici (fama, soldi...) agli autori dell'opera? Evidentemente, prima di intraprendere ogni azione morale di rilievo si impone anche un bilanciamento degli effetti positivi e negativi dell'atto (qui: le manifestazioni pubbliche) ma appunto, sono proprio gli effetti positivi, insieme all'intrinseca bontà e giustizia dell'atto, a far pendere la bilancia nettamente a favore della reazione pubblica. Certo: sempre per chi ha Fede ed ha a cuore gli interessi della Chiesa. Castellucci avrà un pò più di fama e forse qualche soldo in più, ma tutti gli atti di virtù di tanti cattolici disposti a venire anche da lontano per difendere l'onore di Cristo? Tutte quelle Messe di riparazione che rendono a Dio la più grande gloria? Tutto quel movimento, anche sulla rete, che obbliga i cattolici a unirsi nella battaglia comune e sveglia molti dal sonno dell'indifferenza? Tutti quelle preghiere pubbliche che sono la più bella manifestazione di Fede e di "vita ecclesiale", nonché il più utile antidoto contro la bestemmia pubblica? Sono beni che trascendono i vantaggi temporali di qualche discusso personaggio. Il male ha solo paura della reazione ferma e decisa dei buoni. Il male non chiede altro che l'indifferenza, perché è un male sia l'indifferenza di fronte al bene sia l'indifferenza di fronte al male. Manifestiamo allora pubblicamente per difendere l'onore di Cristo. Lui stesso ci suggerisce la condotta pratica da seguire: "Chi dunque mi avrà confessato davanti agli uomini, anch'io lo confesserò davanti al Padre mio, che è nei cieli"  (Matteo X, 32).

Comitato "San Carlo Borromeo"

martedì 17 gennaio 2012

LA SICILIA INSORGE: NON LASCIAMOLA SOLA !



In pochi parlano del blocco che in queste ore sta interessando la Sicilia. L'isola è completamente paralizzata da un moto di protesta. L'hanno chiamata la "rivolta dei forconi", ma mi pare riduttivo. Innanzitutto, non sono scesi in piazza soltanto gli agricoltori, come il nomignolo vorrebbe far intendere; al loro fianco, infatti, sfilano anche gli autotrasportatori, uniti nella protesta contro i continui aumenti del carburante,che rendono sempre meno remunerativa la loro attività. In secondo luogo, credo si possa dire di essere arrivati finalmente ad un punto di rottura. I siciliani non sono più disposti a soffrire il cinquantennale disinteresse mostrato dallo Stato nei confronti del settore primario e, ora, anche verso quello dei trasporti. Non vogliono pagare con il sudore della fronte e di tasca propria un debito non loro; non intendono subire le conseguenze di una crisi creata ad arte per sottrarre denaro ai mercati, in modo tale da farlo confluire in forzieri privati. Chiedono misure urgenti: defiscalizzazione dei carburanti e dell’energia elettrica, uso dei fondi europei per arginare la crisi dell’agricoltura, il congelamento delle procedure regionali di riscossione dei tributi, un taglio all'infinita lunghezza della filiera. Ma chiedono anche sostegno e partecipazione: vogliono chiamare a raccolta "Agricoltori, Commercianti, Artigiani, Operai, Autotrasportatori, Braccianti agricoli  e quanti vogliono decidere le sorti di questa terra e dei loro figli", (così si legge sul loro manifesto). Tutti sono invitati alla mobilitazione "contro  questa classe dirigente che vuole farci pagare il conto. Vogliamo scrivere una pagina di storia e la scriveremo. Siamo siciliani veri ed invendibili".
Speriamo che lo siano sul serio, che vadano in fondo con la protesta e che non si fermino fino a quando non avranno ottenuto concretamente ciò che chiedono. Fatti, dunque, non parole. Il tempo delle vane promesse è finito. La gente ha fame; i lavoratori, (quelli veri, non i soliti frequentatori dei salottini buoni del Paese), pure ed iniziano ad alzare la voce. Chiedono semplicemente di poter lavorare in maniera concorrenziale e remunerativa. Mi sembrano richieste più che ragionevoli, specie se si considera che stiamo parlando principalmente del settore primario: un settore che con tutte le eccellenze agro-alimentari che possiamo vantare in Italia, se ben supportato dalla politica, potrebbe dare una quantità infinita di occupazione e generare una ricchezza incalcolabile ma che, ciò malgrado, viene continuamente abbandonato a se stesso.
Allora, sosteniamo questa gente. Non lasciamola sola. Non ignoriamola come stanno facendo tutti i media nazionali, (forse per timore che dalla Sicilia possa accendersi il fuoco della rivolta contro la stretta mortale degli usurai). Facciamo sentire la nostra vicinanza e il nostro appoggio, dando visibilità alla loro disperata iniziativa. Se ci rimane un minimo di coraggio e di orgoglio poi, cerchiamo di unirci al loro moto di protesta. Prendiamo anche noi i forconi e scendiamo sul campo di battaglia. L'Italia ha davvero bisogno di noi. In piedi!

Roberto Marzola.

Fonte: Ritorno alla Tradizione

Questione di stile.....

(tratto da Una Fides)

trova la differenza....

 

COMUNICATO STAMPA DELLA

FRATERNITA’ SACERDOTALE SAN PIO X

La Fraternità San Pio X esprime pubblicamente profonda indignazione per lo spettacolo di Romeo Castellucci, “Sul concetto di Volto nel Figlio di Dio”, in programma nei prossimi giorni presso il Teatro Parenti di Milano. In tale spettacolo, già rappresentato in Francia, un’ immagine di Gesù Cristo è profanata da escrementi. Nell’augurarsi che la gerarchia ecclesiastica sappia reagire adeguatamente a tale bestemmia pubblica, la Fraternità San Pio X aderisce a tutte le iniziative religiose volte a difendere l’onore di Nostro Signore, invita i fedeli alla penitenza e farà celebrare ogni giorno una S. Messa riparatrice per tutta la durata dell’oltraggio blasfemo che offende Dio, la Religione, la Chiesa e che violenta irrimediabilmente l’identità cattolica
 
COMUNICATO STAMPA DELLA CURIA MILANESE
 
"Raccogliendo le parole della regista e direttrice del teatro Parenti di Milano Andrée Ruth Shammah, apparse ieri su un quotidiano, a nostra volta domandiamo che sia riconosciuta e rispettata la sensibilità di quanti cittadini milanesi, e non sono certo pochi, vedono nel Volto di Cristo l’Incarnazione di Dio, la pienezza dell’umano e la ragione della propria esistenza.
Proprio perché Milano è una “città che ha sempre rappresentato il pensiero illuminato, la religiosità alta, il dialogo e l`apertura”, invitiamo a considerare che la libertà di espressione, come ogni libertà, possiede sempre, oltre a quella personale, una imprescindibile valenza sociale. Questa deve essere tenuta particolarmente in conto da parte di chi dirige istituzioni di rilevanza pubblica, per evitare che un’esaltazione unilaterale della dimensione individuale della libertà di espressione conduca ad “tutti contro tutti” ideologico che divenga poi difficilmente governabile. Di questa dimensione sociale della libertà di espressione avrebbe pertanto potuto farsi carico più attentamente al momento della programmazione la direzione del Teatro.
La preghiera per manifestare il proprio dissenso non può accompagnarsi a eccessi di qualunque tipo, anche solo verbali."

sabato 14 gennaio 2012

Dieu premier servi ! mobilitazione contro lo spettacolo blasfemo

Invitiamo alla lettura anche di questi articoli: una macina da asino al collo 

la libertà di opinione non è un diritto all’insulto

 c'è un Vescovo in Lombardia!

 c'è un Vescovo in Lombardia!

 Padre Serafino Lanzetta scrive all'Arcivescovo di Milano

UN VESCOVO ITALIANO PARLA DELLO SPETTACOLO BLASFEMO: POSITIVAMENTE E IN UN'OMELIA

 DIETROFRONT: MONSIGNOR SANNA CONDANNA LO SPETTACOLO BLASFEMO E (FORSE) MI QUERELA! PER COSA?

 PAOLO VI E L'ARTE BLASFEMA: I VESCOVI DI OGGI HANNO SOLO DA IMPARARE

da Una Fides

All'assalto il nemico è debole!









DOPO
LA FRANCIA CATTOLICA

ANCHE
L'ITALIA CATTOLICA

SI MOBILITA CONTRO
LO SPETTACOLO BLASFEMO DI CASTELLUCCI
CHE ANDRA' IN SCENA A MILANO CON LA PRIMA
IL 24 GENNAIO 2012
Ci associamo all'iniziativa del Comitato San Carlo Borromeo,
che vi invitiamo a seguire,
per partecipare alla manifestazione fissata per


MARTEDI' 24 GENNAIO 2012
ALLE ORE 20,00
(scarica il volantino in formato pdf)

davanti al Teatro Franco Parenti
via Pier Lombardo, 14 Milano



contro la rappresentazione dello spettacolo blasfemo messo in scena da un tale Romeo Castellucci che, per fare soldi e conquistare un po' di fama moderna, ha pensato bene di usare il Volto di Cristo per imbrattarlo nel modo più volgare e schifoso possibile.



Quanti guai sta passando l'Italia, già culla del cattolicesimo!

Ci mancava solo un italiano a fare da agente del demonio contro la Chiesa e la Fede.
Crede forse costui che il suo ispiratore, il demonio, gli concederà chissà quali favori in quell'angolo dell'Inferno che gli ha promesso e riservato?

Povero illuso! L'unica cosa che otterrà è la misera e degradante fama in questo mondo che ha perso il ben dell'intelletto e corre sempre più velocemente verso la sua definitiva rovina.

Molti amici si sono mibilitati per esprimere pubblicamente la loro indignazione contro questa continua campagna di offese e di odio condotta dall'intero mondo laico contro Dio, contro Gesù Cristo, contro la Chiesa, contro i cattolici, contro ogni ordine e ogni giustizia e ogni ragionevolezza.


Il regno di Satana incombe, e percorre sempre più passi e sempre più speditamente!

Chi dice che tanto clamore alla fin fine non fa altro che amplificare l'attenzione per queste blasfemie che sempre più numerose vengono buttate in faccia al mondo cattolico, rispondiamo che il vero scopo di questi untori del male è di continuare indisturbati la loro opera di infezione morale e spirituale, al servizio delle mire del demonio.

Non si dimemtichi che il grande trucco del demonio è quello di cercare di far credere che non esista.
Il silenzio nei confronti di tanto fango montante contro Cristo e la Fede finisce col servire le mire del demonio, che si aggira famelico per divorare le nostre anime!

Occorre reagire
occorre ricordare a tutti che ci siamo anche noi cattolicie che non intendiamo subire ancora in silenzio.

Dopo i cattolici francesi, ora tocca a noi!



Si ascolti la perorazione diffusa via internet dal Prof. Roberto de Mattei
http://www.corrispondenzaromana.it/roberto-de-mattei-contro-le-blasfemie-di-castellucci/

oppure

http://www.youtube.com/watch?v=CCZ35miAX24&feature=related

Si acceda ai diversi siti internet dell'area tradizionale e si comunichi la propria adesione alla manifestazione
http://www.unavox.it/link.htm#italiani

in particolare al sito del Comitato San Carlo Borromeo di Milano




ESPRIMIAMO LA NOSTRA INDIGNAZIONE AL MONDO LAICO


Teatro Parenti: Segreteria di Direzione, via Vasari, 15, 20135 Milano
tel.: 02.59995220 - martinamoretti@teatrofrancoparenti.it

Sindaco di Milano
: tel.: centralino unico 02.02.02- sindaco.pisapia@comune.milano.it

Ufficio Stampa del Comune di MIlano
. tel.: 02.88450150 - fax 02.88450568
posta elettronica: comunicazione.ufficiostampa@comune.milano.it


Dott. Roberto Formigoni, Presidente della Regione Lombardia: http://www.formigoni.it/

Consiglio Regionale della Lombardia
- Via Fabio Filzi, 22 - 20124 Milano - Tel. 02.67482.1



IMPORTANTE SOLLECITARE LA REAZIONE UFFICIALE
DEGLI ORGANI ISTITUZIONALI DELLA CHIESA CATTOLICA


DIOCESI DI MILANO (S. Em. Rev.ma Sig. Card. Angelo SCola)(Piazza Fontana, 2 -
Centralino: 02.85571 - posta elettronica: webmaster@chiesadimilano.it
Cancelleria: Tel.: 02/8556314-221 - Fax: 02/861396 - posta elettronica: Cancelleria@diocesi.milano.it)

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA,
Circonvallazione Aurelia, 50 - 00165 Roma - Tel. 06.663981
Card. Angelo Bagnasco: presidente@chiesacattolica.it
Ufficio nazionale per il tempo libero: Via Aurelia, 468, 00165 Roma, tel.. 06.66398457 - fax.: 06.66398406
unts@chiesacattolica.it
Servizio nazionale per il progetto culturale: Circonvallazione Aurelia, 50 - 00165 Roma
Tel.: 06. 66.398.288 - Fax: 06.66.398.272
web@progettoculturale.it

SEGRETERIA DI STATO

(Palazzo Apostolico Vaticano, Citta del Vaticano 00120 - Tel.: 06.69.88.39.13 - Fax: 06.69.88.52.55)


PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA CULTURA
(00120 Città del Vaticano - Tel.: +39-06.698.93811 - Fax: +39-06.698.87368, 87165 - posta elettronica: cultura@cultura.va)
PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE(00193 Roma, Via della Conciliazione, 5 - Tel.: 06.69.86.95.00 - Fax: 06.69.86.95.21) 

           

Dio benedica l'Ungheria


Corona di Santo Stefano d'Ungheria

Una nazione fatta si e' data un nuovo governo e una nuova costituzione: non vuole essere succube dei banchieri. L'Ungheria e' uno degli stati a cui l'Italia e l'Europa intera dovrebbe guardare e seguire l'esempio. Eppure qualche fariseo si straccia le vesti....Ecco in che cosa consiste il preambolo della suddetta Costituzione entrata in vigore a partire dal 1 gennaio 2012: leggiamo e gustiamo. 


Dio benedica l’Ungheria!
Noi, membri della Nazione ungherese, all’inizio del nuovo millennio, nella nostra responsabilità davanti a tutti gli Ungheresi, dichiariamo quanto segue:
Siamo fieri che il nostro re Stefano il Santo mille anni fa abbia fondato lo Stato ungherese su solide fondamenta e abbia reso la nostra patria parte dell’Europa cristiana.
Siamo fieri dei nostri antenati, che combatterono per la salvaguardia, la libertà e l’indipendenza della nostra patria.
Siamo fieri delle straordinarie opere spirituali degli uomini e delle donne ungheresi.
Siamo fieri che il nostro popolo abbia difeso per secoli l’Europa, combattendo per i suoi valori e accrescendoli con la propria dedizione e il proprio zelo.
Riconosciamo il Cristianesimo come forza che tiene insieme la nazione. Rispettiamo le diverse tradizioni religiose del nostro Paese.
Giuriamo di conservare l’unità spirituale e culturale della nostra nazione, più volte lacerata nelle tempeste del secolo appena concluso. (..)


Ed ecco due interessanti articoli di commento


Altro che Ungheria! In pericolo è la NOSTRA libertà !!!


Non mi piace (e mi preoccupa) l’andazzo del governo di Victor Orban, in Ungheria: penso che il Partito popolare europeo (di cui Orban è vicepresidente) dovrebbe discuterne subito.
Ma vedendo che Corriere della sera e Repubblica già lanciano la crociata contro il governo di Budapest, eletto da una maggioranza di due terzi, mi chiedo: siamo sicuri che noi italiani possiamo permetterci il lusso di dare lezioni all’Ungheria?
COMPAGNO NAPOLITANO
Temo che gli ungheresi possano dirci: cari signori italiani che volete insegnarci il liberalismo, voi avete eletto presidente della Repubblica, dunque simbolo morale di tutta la vostra nazione, e tutti i giorni incensate sui giornali (a cominciare da Corriere, Repubblica e Stampa), un uomo politico che fu dirigente del Partito comunista di Togliatti e di Stalin.
L’on. Napolitano, nel 1956, quando i carri armati sovietici schiacciarono nel sangue il nostro popolo che chiedeva libertà, si pronunciò così: “L’intervento sovietico ha non solo contribuito a impedire che l’Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione ma alla pace nel mondo”.
Quell’invasione (“per la pace”) massacrò 2700 ungheresi, oltre alla libertà e all’indipendenza di quel Paese. Congelando un’evoluzione che poteva iniziare allora e non nell’89.
Noi replicheremo che Napolitano ha poi riconosciuto l’errore.
Ci mancherebbe! Volete che quarant’anni dopo, a comunismo crollato – ci diranno gli ungheresi – esaltasse ancora l’invasione?
Ma il passato conta e non può essere cancellato. Specie se uno non si ritira in pensione, ma diventa presidente della Repubblica. E specie se volete dar lezioni di libertà a noi.
D’altra parte, bisogna ammettere che se si legge l’ “autobiografia politica” di Napolitano intitolata “Dal Pci al socialismo europeo” (Laterza), uscita nel 2005, alla vigilia della sua elezione al Quirinale, la “revisione” sui fatti ungheresi sembra ancora il dibattito interno al Pci: dà ragione ad Antonio Giolitti e a Di Vittorio, riconosce che avevano ragione i dirigenti comunisti ungheresi che si opposero ai carri armati e furono spazzati via, ma non dà ragione agli anticomunisti.
Ed evita di fare i conti con tutta la verità storica.
RIVELAZIONI SU TOGLIATTI
Per esempio. Si era sempre scritto che il Pci avesse “solo” (sic!) applaudito sull’Unità i cingolati del tiranno e condannato gli operai che chiedevano pane e libertà come “controrivoluzionari”, “teppisti” e “spregevoli provocatori”.
Ma Togliatti non fece solo questo.  Lo si è scoperto alla fine del 1992, quando il presidente russo Eltsin consegnò al presidente ungherese i documenti riguardanti l’invasione dell’Ungheria che erano custoditi negli archivi segreti dell’ex Urss.
Da quella documentazione si è scoperto che il 30 ottobre 1956 il presidium del comitato centrale sovietico – in linea con la destalinizzazione di Kruscev – aveva deciso all’unanimità di evitare l’intervento armato in Ungheria. Invece il giorno dopo capovolse tutto e decise di “restaurare l’ordine in Ungheria”.
A cosa fu dovuta questa retromarcia?
Si è ipotizzato che a modificare la prima decisione sovietica – scrivono Zaslavskj ed Aga-Rossi – “contribuirono le prese di posizione di alcuni rappresentanti del blocco comunista a favore di un intervento. A questo proposito rimane da approfondire il ruolo avuto dal telegramma di Togliatti” dove costui “definì gli avvenimenti ungheresi ‘la rivolta controrivoluzionaria’ e sollecitò il governo sovietico a prendere una posizione chiara, per evitare che assumessero una ‘direzione reazionaria’ ”.
Questa è appunto la scoperta: una lettera (dura con gli ungheresi) di Togliatti spedita urgentemente, per telegramma, a Mosca proprio quel 30 ottobre tramite l’ambasciata sovietica.
Togliatti – essendo stato così vicino a Stalin – aveva allora un grosso peso nel mondo comunista internazionale, infatti “all’interno dell’Unione Sovietica la sua lettera fu utilizzata dall’apparato di propaganda per giustificare l’intervento” (Zaslavskj).
Dunque oggi si può dire che il ruolo del leader del Pci non fu solo quello di lodare i carri armati che invasero l’Ungheria per “sbarrare la strada al terrore bianco e schiacciare il fascismo nell’uovo”.
Di tutto questo Victor Zaslavskj ha scritto in due volumi del 1997 e del 2004, ma Napolitano nel suo libro del 2005 non ne fa alcuna menzione. E continua a sostenere che l’errore del Pci fu solo “la giustificazione del sanguinoso intervento”.  
E’ ANCORA COMUNISTA?
Del resto tutta la revisione di Napolitano appare indulgente e “continuista”. Mai una vera rottura.
Pur essendo approdato, come dice il titolo del libro, al “socialismo europeo”, da nessuna parte egli scrive che avevano ragione gli anticomunisti (come il cardinale Mindszenty o come Luigi Gedda e Pio XII).
Non mi pare che scriva che fosse immorale e ingiustificabile sostenere le disumane tirannie comuniste e propagarne le stomachevoli menzogne.  
Anzi. Si legge talora una sorprendete apologia del Pci degli anni Quaranta, proprio il periodo di Stalin. Ci si aspettava che almeno nel 2005 Napolitano riconoscesse l’enorme merito storico della Dc, di avere letteralmente salvato la libertà e l’indipendenza dell’Italia dalla minaccia (anche militare) comunista.
E invece scrive testualmente che “dopo le elezioni del 18 aprile 1948, la Democrazia cristiana (…) intraprese coi suoi alleati di governo una politica che risultò oscurantista e perfino liberticida rispetto ai valori della laicità dello Stato, ai diritti costituzionali dell’opposizione, alle espressioni culturali e artistiche non gradite”.
Poi sottolinea quanto fosse “persuasiva la strategia di opposizione del Pci” elogiando “il successo di una vigorosa e ben motivata azione politica del Pci, che lo qualificò come partito difensore della Costituzione repubblicana e della libertà della cultura, e che fu certamente benefica per il paese, per la democrazia italiana” (pagg. 16-17).
Dunque il Pci di Togliatti e di Stalin fu il salvatore della democrazia e della libertà, mentre la Dc di De Gasperi fu “liberticida” e “oscurantista”. Scritto nel 2005, alla vigilia dell’elezione al Colle.
Vogliamo oggi dar lezioni all’Ungheria?
NOI NON SIAMO PIU’ LIBERI
Bisognerebbe essere stati sempre liberaldemocratici e anticomunisti, come pure antifascisti (teniamo conto che questo Orban fu un oppositore del regime comunista ungherese). Ma in Italia pochi lo sono stati.
Fa bene il “Corriere” ad attaccare Orban  perché “la nuova Carta rende retroattivamente ‘responsabili dei crimini comunisti’ commessi fino al 1989 i dirigenti dell’attuale partito socialista (ex comunista)”, ma noi siamo stati sempre netti nella condanna del comunismo, senza amnesie e reticenze?
E’ sacrosanto criticare le decisioni del governo ungherese se limitano la libertà di stampa o altre libertà o i diritti delle minoranze. Ma perché condannare il riferimento a Dio nella Costituzione (“Dio benedica gli ungheresi”), un motto uguale a quello delle istituzioni americane o inglesi?
Il Corriere pone fra i capi di imputazione il fatto che la nuova Costituzione “stabilisce che l’embrione è un essere umano sin dall’inizio”.
E’ forse un crimine? Li condanniamo dall’alto di milioni di aborti legalizzati in Europa? Magari mentre digeriamo senza proteste la legge sugli aborti forzati in Cina che fa milioni di vittime?
Repubblica imputa a Orban di aver varato “una legge che toglie autonomia alla banca centrale, sfidando Bce e Fmi”. Ma la sovranità spetta ai popoli o a Bce e Fmi?
Siamo più liberi e liberali noi italiani che abbiamo consegnato la nostra sovranità a un ente privato come la Bce o alla Bundesbank, facendoci dettare da loro il programma di governo e il nuovo governo?
Siamo più liberi noi, ormai costretti a lavorare gratis per lo stato fino ad agosto e a consegnare alle banche i nostri stipendi, senza più neanche il diritto di prelevare liberamente i nostri soldi dovendo giustificare prima allo stato come intendiamo spenderli? Sarebbe questa la libertà che vogliamo insegnare all’Ungheria?
Antonio Socci
Da “Libero”, 5 gennaio 2012
Dittatura Europea. In Ungheria sono iniziate le manovre per eliminare un governo voluto dal popolo
(di Paolo Deotto su Riscossa Cristiana del 05/01/2012) Se qualche anima bella non ha ancora ben chiaro cosa succede in Europa, e cosa è appena successo in casa nostra, dove la burocrazia bancaria e massonica della UE è al comando, tramite il governo killer di Monti, andiamo a guardare cosa sta accadendo in questi giorni in Ungheria.
È bene premettere che in Ungheria nel 2010 è accaduto un fatto terribile: ci sono state le elezioni politiche e ha vinto, ampiamente, il partito Fidesz, guidato da Viktor Orban, che è così divenuto, per la seconda volta, Primo Ministro.
Il 18 aprile dello scorso anno il Parlamento ungherese, dove la maggioranza detiene i 2/3 dei seggi, ha approvato il testo della nuova Costituzione dell’Ungheria.
Fin qui, potremmo dire, che c’è di strano? Uno Stato sovrano – l’Ungheria – porta al Governo, con libere elezioni, chi più gli aggrada. Finché vogliamo continuare a parlare di democrazia, dobbiamo accettare che il popolo possa liberamente decidere il proprio destino.
Già, ma parlavamo di fatto terribile non a caso. Perché questa fantastica Unione Europea (proprio in questi giorni “celebriamo” il decennale dell’euro, che ci ha premesso di vivere tutti molto peggio di prima…) non si limita ad essere una potente organizzazione bancaria e finanziaria, ma si è anche autonominata custode delle coscienze e insindacabile giudice del Vero e del Falso, del Bene e del Male.
La UE insorse già nello scorso aprile, perché la nuova Costituzione ungherese diceva cose terribili e spaventose. A questo proposito pubblicammo un articolo dal titolo “Orrore, orrore. La nuova costituzione ungherese parla di Dio”. In questo articolo (che potete rileggere cliccando sul titolo) facevamo un’elementare previsione: “Non dubitiamo che le forze sane, laiche e democratiche, scenderanno al più presto in lotta. Però, per ora, sono annichilite dall’orrore, vetrificate dallo sdegno”.
Le novità introdotte in Ungheria dalla nuova Costituzione non rappresentano che il ritorno a una razionalità elementare, nonché il riconoscimento che la Nazione ungherese è una nazione cristiana, e altri particolari che potrete leggere nel comunicato stampa di Nino Sala, segretario del Partito Tradizional Popolare, pubblicato oggi anche su Riscossa Cristiana.
In particolare vorremmo sottolineare che in Ungheria viene introdotto (o meglio, ripristinato) il controllo statale sull’attività della Banca Centrale. Attenzione, signor Orban, in questo modo Lei rischia la pelle, perché tocca interessi enormi!
Ebbene, le forze sane laiche democratiche eccetera hanno iniziato a scendere in campo con manifestazioni di piazza, e col viatico eccellente della signora Clinton, segretario di Stato del Paese guidato dal bombarolo Obama. I commissari europei hanno gridato forte e alto il loro sdegno, e l’Ungheria ora rischia di subire sanzioni.
Salvo errore, non si è ancora pronunciato il vecchio comunista Napolitano (forse causa le festività natalizie), che in genere rilascia dichiarazioni su tutto per otto giorni alla settimana. Attendiamo, anche perché lui è un esperto su come rimettere in riga gli ungheresi che vogliano essere liberi e indipendenti.
Dunque la piazza ungherese è in agitazione. Vedremo il seguito. Vedremo se il signor Orban, che non ha ancora cinquant’anni, verrà a breve accusato di scandalosa vita (pro memoria: attualmente in Europa si parla di scandalo se a un uomo piacciono le donne. Se siete omosessuali, transessuali, chissacosasessuali andate tranquilli, non rischiate nulla). Non sappiamo se Viktor Orban sia ricco o povero, se abbia conflitti di interesse, o che altro. Ma sono dettagli. Le accuse si trovano sempre, basta inventarle. Possiamo solo augurarci, per il bene e la libertà dell’Ungheria, che in quel Paese ci sia una magistratura seria.
La piazza si agita, e anche un bambino scemo sa che le piazze si agitano quando sono ben organizzate e orchestrate. Nella fattispecie la “solidarietà” americana e UE è così smaccata da rendere superfluo ogni commento.
In casa nostra i mezzi di informazione (fatte sempre le solite debite, ma purtroppo scarse, eccezioni) si accodano disciplinatamente.
Il Corrierone ci informa che in piazza sono scesi ben 70.000 ungheresi, e forse si fa prendere un po’ la mano, visto che un altro foglio di regime, il “Fatto” parla di trentamila (ed evoca anche, chissà perché, lo spettro dell’antisemitismo…). Ma ecco che un altro giornale allineato, L’Unità, ci informa di un fatto terribile, agghiacciante, degno di una cooperativa tra Dario Argento ed Edgar Allan Poe: Viktor Orban è amico di Berlusconi!
Morale della favola: gli ungheresi si sono dati il Governo che hanno voluto, le elezioni politiche si sono tenute regolarmente, nessuno a suo tempo ha parlato di brogli elettorali, o simili faccende. A questo punto accade che la maggioranza nata dalle elezioni faccia il suo mestiere, ossia pretenda di governare il Paese.
Ma c’è un particolare: la democrazia in Europa è ormai in fase terminale. La volontà popolare non ha alcun peso. Se un Governo regolarmente eletto adotta una politica che non è ossequiente verso quel mix diabolico di banche, poteri forti, interessi finanziari, in buona parte tra loro legati dal comune grembiulino, quel governo è destinato a morire. Se poi, nel caso specifico dell’Ungheria, quel governo pretende al contempo di ricordare le radici cristiane del Paese e di limitare lo strapotere della grande finanza, riportando sotto il controllo statale l’attività della Banca Centrale, la catastrofe è totale.
Sono, purtroppo, prevedibili giorni molto duri per l’Ungheria. Il fuoco di artiglieria mediatico è già iniziato. Gli ungheresi, quella gran maggioranza che ha portato Orban al Governo, non i 30 o 70.000 che ora vengono inquadrati in piazza a urlare, saranno attaccati impietosamente, né sappiamo se potranno continuare ad avere il Governo che, lo ripetiamo, hanno liberamente scelto.
Ma le libere scelte dei popoli, i fatti lo dimostrano, non valgono nulla per il megapotere europeo.
QUESTO NUOVO SCHIFO DOVREBBE FARCI RIFLETTERE SU UN FATTO ELEMENTARE: E’ URGENTE USCIRE DA QUESTA CAMERA A GAS CHE SI CHIAMA “UE”. OGNI GIORNO E’ SEMPRE PIU’ CHIARO CHE SI MARCIA SULLA STRADA DEL “SUPERSTATO”, SULLA CANCELLAZIONE DELLE IDENTITA’ NAZIONALI, SULLA CREAZIONE DI UNA EUROPA FATTA DI DISCIPLINATI CONSUMATORI CHE, ZITTI ZITTI, DOVRANNO OBBEDIRE A UNA CASTA DI BUROCRATI CHE NON RAPPRESENTANO ALTRO CHE SE’ STESSI E GLI INTERESSI DEI GRUPPI PER CUI LAVORANO. IL GRANDE STATO EUROPEO: PRIMA TAPPA PER REALIZZARE IL GRANDE STATO MONDIALE VAGHEGGIATO DALLA MASSONERIA.
Dio aiuti l’Ungheria. E anche l’Italia
Fonte: Una Fides