Disponiamo di un altro testo (Fonte: Una Vox) che approfondisce la
nostra riflessione sul recente dibattito scaturito dalle
affermazioni Mons. Fernando Ocáriz Braña, strettamente collegate al
Preambolo dottrinale sottoposto alla FSSPX; ma di fatto riguardanti la
Chiesa tutta e i gradi dell'assenso interno dovuto agli atti
Magisteriali, basato sulla virtù dell'obbedienza. Il dibattito si
arricchisce e si approfondisce. Siamo grati per il grande dono di poter
aver accesso a questi testi che nutrono la nostra consapevolezza e la
nostra fede e danno le ali alla nostra ulteriore riflessione e sintesi.
Arnaldo Vidigal Xavier Da Silveira, è stato stretto collaboratore di Sua Eccellenza mons. Antonio de Castro Mayer Vescovo di Campos ed è Direttore della rivista teologica mensile “Catolicismo” di San Paolo del Brasile. Sono numerosi i suoi scritti sui problemi di coscienza, posti dal Vaticano II e dalle riforme che ne sono scaturite, ad ogni cattolico fedele alla verità e all’autorità. Egli è anche l’autore assieme a mons. De Castro Mayer di numerosi saggi teologici sul Novus Ordo Missae di Paolo VI pubblicati in francese in un libro divenuto celeberrimo sotto il titolo “La Nouvelle Messe de Paul VI: qu’en penser?”, Chiré, 1975.
Arnaldo Vidigal Xavier Da Silveira, è stato stretto collaboratore di Sua Eccellenza mons. Antonio de Castro Mayer Vescovo di Campos ed è Direttore della rivista teologica mensile “Catolicismo” di San Paolo del Brasile. Sono numerosi i suoi scritti sui problemi di coscienza, posti dal Vaticano II e dalle riforme che ne sono scaturite, ad ogni cattolico fedele alla verità e all’autorità. Egli è anche l’autore assieme a mons. De Castro Mayer di numerosi saggi teologici sul Novus Ordo Missae di Paolo VI pubblicati in francese in un libro divenuto celeberrimo sotto il titolo “La Nouvelle Messe de Paul VI: qu’en penser?”, Chiré, 1975.
Grave lapsus teologico di Mons. Ocáriz
1 - L’Osservatore Romano del 2 dicembre scorso, col titolo Sull’adesione al Concilio Vaticano II, ha pubblicato un importante articolo [ne abbiamo parlato qui - qui - qui - qui - qui] di Mons. Fernando Ocáriz Braña, Vicario Generale dell’Opus Dei, uno dei periti della Santa Sede nei colloqui teologici con la Fraternità Sacerdotale San Pio X.
L’articolo esprime in maniera esauriente la posizione dominante di
quegli ambienti che accettano il Vaticano II anche in quei passi
riconosciuti come contrari alla Tradizione, invocando questa o quella
infallibilità del Magistero Ordinario, o l’obbligo di un “assenso
interno” poggiante sulla virtù dell’obbedienza.
Dell’assenso interno secondo Mons. Ocáriz
2 - L’illustre prelato scrive: «Il concilio Vaticano II non definì
alcun dogma, nel senso che non propose mediante atto definitivo alcuna
dottrina. Tuttavia il fatto che un atto del magistero della Chiesa non
sia esercitato mediante il carisma dell’infallibilità non significa che
esso possa essere considerato “fallibile” nel senso che trasmetta una
“dottrina provvisoria” oppure “autorevoli opinioni”. Ogni espressione
di magistero autentico va recepita come è veramente: un insegnamento
dato da Pastori che, nella successione apostolica, parlano con il
“carisma della verità” (…), “rivestiti dell’autorità di Cristo” (…),
“alla luce dello Spirito Santo”. Questo carisma, questa autorità e
questa luce furono certamente presenti nel concilio Vaticano II; negare
ciò all’intero episcopato cum Petro e sub Petro, radunato per insegnare
alla Chiesa universale, sarebbe negare qualcosa dell’essenza stessa
della Chiesa (…).
3 - Poco dopo, Mons. Ocáriz aggiunge: «Le affermazioni del concilio
Vaticano II che ricordano verità di fede richiedono ovviamente
l’adesione di fede teologale, non perché siano state insegnate da questo
Concilio, ma perché già erano state insegnate infallibilmente come tali
dalla Chiesa, sia con giudizio solenne sia con magistero ordinario e
universale. (…) Gli altri insegnamenti dottrinali del Concilio
richiedono dai fedeli il grado di adesione denominato “ossequio
religioso della volontà e dell’intelletto”. Un assenso “religioso”,
quindi non fondato su motivazioni puramente razionali. Tale adesione non
si configura come un atto di fede, quanto piuttosto di obbedienza, non
semplicemente disciplinare, bensì radicata nella fiducia nell’assistenza
divina al magistero, e perciò “nella logica e sotto la spinta
dell’obbedienza della fede»” (…). Le parole di Cristo “chi ascolta voi
ascolta me” (…) sono indirizzate anche ai successori degli apostoli».
4 - Verso la fine, Mons. Ocáriz afferma: «Comunque, rimangono
legittimi spazi di libertà teologica per spiegare in un modo o in un
altro la non contraddizione con la tradizione di alcune formulazioni
presenti nei testi conciliari e, perciò, di spiegare il significato
stesso di alcune espressioni contenute in quei passi».
Le vie di Dio non sono le nostre
5 - Naturalmente, Gesù Cristo potrebbe aver dato a San Pietro e ai suoi
successori il carisma dell’infallibilità assoluta. Questa infallibilità,
in teoria, potrebbe coprire qualsiasi pronunciamento dottrinale dei
Papi e dei concilii, oltre che le decisioni canoniche, liturgiche, ecc. E
potrebbe anche coprire le decisioni pastorali e amministrative. Ma il
problema non consiste nel sapere se l’assistenza dello Spirito Santo
sarebbe possibile in linea di principio in presenza di tale potere
assoluto e generale. È chiaro che lo sarebbe. Fatto sta, però, che
Nostro Signore non ha voluto conferire a San Pietro, al collegio dei
vescovi col Papa, in definitiva alla Chiesa, un’assistenza in termini
così assoluti. Le vie di Dio non sempre sono le nostre. La barca di
Pietro è soggetta alle tempeste. In sintesi: la teologia tradizionale
afferma che risulta dalla Rivelazione che l’assistenza dello Spirito
Santo non fu promessa, e quindi non fu assicurata, in forma così
illimitata, in tutti i casi e le circostanze.
6 - Questa assistenza garantita da Nostro Signore copre in modo assoluto
le definizioni straordinarie, tanto papali quanto conciliari. Ma le
grandi opere teologiche, specialmente dell’età d’argento della
scolastica, insegnano che nei pronunciamenti papali e conciliari non
garantiti dall’infallibilità, possono esserci errori e perfino eresie.
La dottrina è più complessa di quanto pretenda Mons. Ocáriz
7 - L’articolo afferma, come assoluto e incondizionato, il principio che
anche gli insegnamenti non infallibili del Magistero papale o
conciliare esigono necessariamente l’assenso interno del fedele. Ora, i
grandi autori della neo-scolastica pongono importanti riserve a questa
tesi, dimostrando
che non si può assumerla, in modo semplicistico, come una regola che non
ammette eccezioni.
8 - Infatti:
- Diekamp dichiara che l’obbligo di aderire agli insegnamenti papali non infallibili “può incominciare a venir meno” nel caso rarissimo in cui un esperto, dopo un diligente esame, “arriva alla convinzione che nella decisione si sia introdotto un errore” (Th. Dog. Man., I, 72).
- Pesch ammette il detto assenso “in quanto non appaia positivamente chiaro che nel decreto della Curia Romana o del Papa vi sia un errore” (Pr. Dogm., I, 314/315).
- Merkelbach insegna che la dottrina proposta in forma non
infallibile, accidentalmente e in circostanze rarissime, può ammettere
la sospensione dell’assenso interno (S. Th. Mor., I, 601).
- Hunter afferma che di fronte alle decisioni non infallibili può essere lecito “temere un errore, assentire condizionatamente o anche sospendere l’assenso” (Th. Dogm., I. 492).
- Cartechini sostiene che l’assenso interno alle decisioni non infallibili può essere negato nel caso in cui il fedele “avendo l’evidenza che la cosa ordinata sia illecita, può sospendere l’assenso… senza timore e senza peccato” (Dall’Op. al Dom., 153-154).
- Dom Paul Nau spiega che l’assenso può essere sospeso o negato se vi è “una precisa contraddizione tra un testo dell’enciclica e altre testimonianze della tradizione” (Une source doct., 84).
Assolutizzazione impropria della nozione di assistenza divina
9 - Qui sta l’errore grave, gravido di conseguenze ancora più gravi e
perfino gravissime, nel quale incorre l’illustre e venerabile Vicario
Generale dell’Opus Dei. Egli sostiene che il Magistero, assistito dallo
Spirito Santo, sarebbe in ogni caso e necessariamente immune da ogni
deviazione dottrinale.
Ora, come il Magistero ordinario di ogni tempo, benché assistito dallo
Spirito Santo, non sempre è coperto dall’infallibilità, così il
Magistero odierno, pur contando sull’assistenza divina, non per questo
presenta la garanzia assoluta dell’essere esente da errore. In tal modo,
alcuni insegnamenti del Magistero ordinario possono divergere dalla
Tradizione, anche gravemente. Questo è quanto si deduce logicamente
dalla Lettera Apostolica Tuas libenter, nella quale Pio IX espone
le diverse condizioni necessarie perché il Magistero ordinario goda
dell’infallibilità, condizioni che chiaramente il Vaticano I non ha
rimosso nel sintetizzare questa dottrina nell’espressione “Magistero ordinario universale” (questa questione richiederebbe uno studio molto ampio, che ho intenzione di elaborare a breve).
10 - Le nuove dottrine del Vaticano II indicate come divergenti dalla
Tradizione – come la libertà religiosa, la collegialità, l’ecumenismo,
ecc. – possono costituire un insegnamento diverso (si quis aliter docet
– I Tim., 6, 3) senza che con questo si possa dire che l’assistenza
divina dello Spirito Santo abbia fallito, né che sia stata vulnerata
l’indefettibilità della Chiesa.
Tutti i giorni, fino alla fine del mondo
11 - Pertanto, non si può affermare, senza ulteriori precisazioni,
l’infallibilità assoluta dei pronunciamenti papali e conciliari: né in
nome di una infallibilità magisteriale, né in nome dell’obbedienza
dovuta dai fedeli a Pietro, né in nome di una pretesa sicurezza
nell’accettazione di tutto quanto dichiara il Magistero autentico non
infallibile, né tampoco in nome di qualche altra dottrina teologica o
para-teologica che si possa escogitare; la verità è che nella
Rivelazione niente assicura che i pronunciamenti non infallibili
possano, in questa o in quella forma, essere infallibili. Qui ripeto che
le tesi dell’eminente Mons. Ocáriz si discostano dalla retta via.
12 - Guardiamo a questa questione con la dovuta attenzione. Non v’è
dubbio che vi sono dei documenti della Sede Apostolica e della teologia
tradizionale che affermano, senza maggiori distinzioni, che tutti gli
insegnamenti dottrinali dei papi e dei concilii devono essere accolti
dai fedeli, anche se non sono infallibili e quindi anche se non sono
dotati del carisma dell’infallibilità. Ma qui si introducono delle
sfumature dell’ermeneutica in generale e della sacra esegesi in
particolare: come non si può assumere in modo monolitico il “non uccidere”
del Decalogo, perché esso comporta delle eccezioni, per esempio quella
della legittima difesa, così non si può considerare assoluto il
principio che si devono sempre, in ogni caso, accettare gli insegnamenti
non dotati del carisma dell’infallibilità. Il prestito a interesse fu
vietato, poi ammesso, passando per mille vicissitudini. I riti cinesi
conobbero le stesse esitazioni.
L’altra faccia della medaglia: il papa eretico e il papa scismatico.
13 - Questa medaglia ha due facce. Se da un lato la dottrina
tradizionale ammette la possibilità di errore nell’insegnamento non
infallibile del Magistero supremo, come in effetti è ammesso
inequivocabilmente, dall’altra ammette anche parallelamente, senza
alcuna valenza sedevacantista, le ipotesi di un papa eretico e di un
papa scismatico.
14 - Circa il papa eretico:
San Roberto Bellarmino, San Francesco di Sales, Suarez, Domenico Soto,
Buix, Coronata e tanti altri tra i maggiori maestri della scolastica,
ammettono la tesi che un papa possa cadere nell’eresia.
Pietro Ballerini, il cui lavoro fu importante per la definizione
dell’infallibilità nel Vaticano I, vede nell’ipotesi di un papa eretico “un pericolo imminente per la fede e tra gli altri il più grave di tutti”, di fronte al quale qualsiasi fedele può “resistergli, rifiutarlo e, se necessario, interpellarlo ed esortarlo a pentirsi”, “perché tutti possano essere messi in guardia nei suoi confronti” (De Pot. Eccl., 104/105).
15 - Circa il papa scismatico: è incontestabile che l’età d’argento
della scolastica e la neo-scolastica hanno chiarito che, in periodi di
crisi profonda, è possibile in linea di principio che un papa, senza
perdere immediatamente il suo incarico, si separi dalla Chiesa cadendo
nello scisma. E questo accade quando il Sommo Pontefice “sovverta tutte le cerimonie ecclesiastiche”, “disobbedisca alla legge di Cristo”, “ordini qualcosa contraria al diritto naturale o divino”, “non
osservi ciò che è stato ordinato universalmente dai concilii universali
e dalla autorità della Sede Apostolica, soprattutto in relazione al
culto divino”, “non osservi il rito universale del culto ecclesiastico”, “smetta di rispettare, ostinatamente, quanto stabilito dall’ordine comune della Chiesa”, rendendo così possibile ed eventualmente obbligatorio in coscienza “resistergli”. A tal punto che in questi casi il card. Caietano dice, sempre senza alcuna valenza sedevacantista, che “né la Chiesa sarebbe in lui, né lui nella Chiesa” (II - II, q. 39, a. 1, n. VI).
* * *
Sottopongo rispettosamente le presenti considerazioni al reverendissimo
Vicario Generale dell’Opus Dei e, relativamente a quanto stabilisce la
Chiesa, alla Sede di Pietro, colonna e fondamento della Verità, oggetto
di tutto il mio amore e della mia devozione fin dal giorno in cui,
congregato mariano, ho appreso a venerare la sacrosanta dottrina della
Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana; mentre le sottopongo ugualmente ai
teologi tradizionali dei nostri giorni.
Per le chiare ragioni che molti di essi hanno presentato, e per queste
mie stesse considerazioni, ritengo che niente, in teologia dogmatica e
morale, obblighi ad assentire alle nuove dottrine del Vaticano II, le
quali, come dice lo stesso Mons. Ocáriz, «sono state e sono ancora
oggetto di controversie circa la loro continuità con il magistero
precedente, ovvero sulla loro compatibilità con la tradizione».
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Fonte Una Vox, gennaio 2012 tramite Chiesa e post concilio
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