lunedì 27 dicembre 2010

Una risposta ad Andrea Tornielli (Messainlatino)

 
 
Messainlatino risponde alle critiche mosse da Andrea Tornielli nei confronti del mondo tradizionalista giudicandolo addirittura protestante!
Di seguito il testo che condividiamo riga x riga:
 
Andrea Tornielli ha scritto sul suo blog un post assai polemico contro il ‘protestantesimo tradizionalista’, ossia contro i tradizionalisti rei di essere critici verso Roma e il Papa, questo Papa che ha moltiplicato i gesti di apprezzamento e di apertura verso la Tradizione. Sinceramente ci è spiaciuto questo intervento di Tornielli, giornalista che stimiamo. Ma cercheremo comunque di accogliere alcuni suoi appunti come una correzione fraterna, senza rispedirli altezzosamente al mittente, ma non senza chiarire le nostre ragioni.

Due, apparentemente, le cause prossime della sua intemerata: la prima, una valutazione critica (e a nostro avviso parzialmente errata nei presupposti di fatto) del volume di de Mattei sul Concilio; la seconda, una reazione al commento (nostro e dei lettori) all'intervista fatta da Tornielli al cardinal Canizares, il quale ci è parso arrendevole in merito alla tanto attesa riforma della riforma; della quale lo stesso Tornielli riferiva nelle domande (molto ben poste, per inciso) che è diventata argomento ‘impronunciabile’ in Vaticano

Quel che più spiace nell’articolo in questione è che, nell’impeto critico, si sia fatto di tutt’un’erba un fascio. Chi legge è portato impercettibilmente a pensare che siti dichiaratamente e passionalmente ratzingheriani come questo (o perfino il papa Ratzinger blog: figuratevi!) siano covi di ingrati sedevacantisti sempre insoddisfatti e critici. O che altrettale possa essere un de Mattei. Intendiamoci: non che Tornielli lo pensi; ma quella è l’impressione che lascia la lettura del suo articolo.

E allora, chiariamolo una volta per tutte. Nonostante i lettori estremisti che trovano spazio in ogni blog che abbia una policy liberale in fatto di commenti (e quello di Tornielli è tra questi, quindi egli può capirci molto bene), la gran parte dei tradizionalisti, e quelli italiani in particolare, sono legati visceralmente alla Chiesa ed al Papa; e a questo Papa specialmente, al quale noi pure abbiamo cercato di mostrare tutto l’affetto e la stima – non disgiunti dalla riconoscenza, accresciuta dalle tempeste che per amor della Tradizione egli ha dovuto affrontare – fino ad arrivare a scrivere di non dubitare che egli sarà a buon diritto nominato Dottore della Chiesa. Si veda, tra l'altro, la ricerca di PierLuigi Zoccatelli sui tradizionalisti: oltre il 90% ha detto di avere fiducia nella Chiesa. Siamo o non siamo, dunque, fedeli al S. Padre, almeno secondo questa rilevazione?

Forse ci vorrebbe un po’ più di comprensione verso quel mondo che chiamiamo tradizionalista (termine che rivendichiamo, anche perché d’uso universale fuori d’Italia per chi è legato alla liturgia di sempre, e soprattutto utilizzato da S. Pio X nella Notre charge apostolique). In fondo, le battaglie e i problemi segnalati da decenni da questo settore del cattolicesimo, pur con tutti i suoi limiti e alcuni eccessi, si sono rivelati sempre più fondati, come dimostra l'azione di questo Papa e, prima ancora, le sue parole da cardinale (una selezione delle quali, talora nettissime, trovate a questa pagina). Colpisce invece nelle parole di Tornielli una visione troppo semplicistica: da una parte il Papa, i suoi collaboratori e i pii vescovi che fanno di tutto efficacemente per eliminare abusi liturgici ecc.; dall'altra parte un gruppo sbracato di tradizionalisti perennemente insoddisfatti e acidamente critici. Ci sono anche questi ultimi, per carità: accettiamo l’appunto, e doverosamente lo riferiamo anche a noi stessi: tutti possiamo debordare. Tuttavia, la realtà sul campo appare piuttosto quest'altra: il Papa e la Curia (anzi, solo una parte di questa), pur con le migliori intenzioni, non riescono a far passare il ‘messaggio’, e i fedeli e i giovani preti che su quel messaggio contano restano dispersi e bastonati, perché la stragrande maggioranza del clero, specie quello in posizioni di responsabilità, appartiene alla generazione conciliare ed è ancora immersa nella mentalità degli anni Sessanta, Settanta e se va bene Ottanta. Si continuano a divellere altar maggiori e balaustre (sembra quasi ci sia un’accelerazione, ora che c’è il rischio che tornino ad essere usati); a ciurlar nel manico coi dogmi della fede; a costruire chiese-garage; e se anche fosse vero che di abusi ce ne son meno (magari!), il problema non sono tanto quelli, ma la sciatteria liturgica elevata a regola: minimalismo, liturgia eucaristica schiacciata dalla verbosità, preghiere dei fedeli lunghe, inutili e burocratiche, ecc. Pochi abusi eclatanti, forse, ma graduale perdita di senso e d’importanza per quello che dovrebbe essere il centro e l’alimento della vita cristiana, e che è invece divenuto sciapo sostentamento che fatica a trasmettere la fede: perché val più a ‘somatizzare’ la fede l’inginocchiarsi alla comunione, che cento omelie.

Per quel che riguarda Canizares, ci permettiamo di rivendicare libertà di giudizio anche nei confronti di chi più stimiamo, e proprio perché lo stimiamo. Sarà un limite nostro, ma non abbiamo ancora capito quali sono le linee di questo atteso movimento liturgico di cui il cardinale spagnolo ha parlato (e per ora solo parlato…). Il movimento liturgico all’inizio del ‘900 aveva proposto linee di riforma precise (concelebrazione, lingue nazionali ecc), ma da Canizares non abbiamo afferrato quali possano essere le modifiche attuabili dell’attuale liturgia (curioso il fatto che essa sia posta in discussione dopo 40 anni dalla promulgazione, ma non divaghiamo…). Facciamo così: entriamo nel merito e poniamo qualche domanda semplice semplice: è meglio il nuovo o l'antico offertorio? E’ proficuo celebrare rivolti al popolo? le preghiere dei fedeli sono momenti di elevazione spirituale? è bene aver eliminato le preghiere ai piedi dell'altare? è giusto aver soppresso l'ultimo Vangelo, considerato la guglia più alta della Scrittura? E' utile aver introdotto il segno della pace? E’ stato opportuno togliere di fatto la possibilità di una Messa cantata, o sostituir la chitarra all’organo? Perché il confiteor, pur previsto come opzione dal messale, è praticamente sparito? ecc. ecc. E se le risposte son quelle che pensiamo, passiamo alla fase due: e allora, che si deve fare?

La chiamiamo Messa di sempre. Qualche motivo c'è: da un lato un venerabile rito antico di 1500 anni, costruito sulla santità di Padri della Chiesa e Dottori della Chiesa; dall’altro una liturgia che così com’è non viene difesa più da nessuno, Papa in testa.

Sul libro di de Mattei. Si ha l’impressione che questo libro venga letto (o dato per letto: ma questo inciso non vale certo per Tornielli) con il pregiudizio che deriva dalla interpretazione assai parziale di Introvigne, che lo ha dipinto come contrario all’ermeneutica della continuità. Ora, questa esegesi ‘di rottura’ del libro di de Mattei è già in insanabile contraddizione con la chiusa del libro che invoca un chiarimento magisteriale: se davvero si ritenesse il Concilio incompatibile con la dottrina della Chiesa, che senso avrebbe chiedere al Papa (non di ‘condannare’ tout court il Concilio ma) di sciogliere i problemi interpretativi? E soprattutto, leggiamo il libro: non si troverà alcuna espressione di attacco a questo o a quel pontefice o al loro magistero, bensì la semplice narrazione di fatti, come è compito dello storico; se poi dai fatti traspaiono errori di valutazione dei papi, dovranno forse esser nascosti sotto il tappeto? O il mero fatto di inserirli in un libro storico è delitto di tentato protestantesimo? Tanto più che le osservazioni di de Mattei rientrano indubbiamente nel campo delle 'libere interpretazioni' lecite; disputabili fin che si vuole, ma lecite. Nessun delitto, quindi, di lesa maestà o di ....leso Magistero.

La questione da porsi è dunque: le cose scritte da de Mattei sono vere oppure no? Il problema del Concilio Vaticano II è molto complesso e non lo si può liquidare semplicisticamente accusando di protestantesimo chi quel problema si pone. Vedere tutta la storia della Chiesa con gli occhiali rosa ci sembra segno di un deleterio clericalismo, per cui ogni scelta di ogni papa o concilio, anche la più umana e contingente, è sempre la migliore possibile. Ecco: questo clericalismo è davvero un aspetto preconciliare da rigettare, come peraltro abbiamo fatto noi tradizionalisti post-conciliari.

E concludiamo con una considerazione di maggior respiro. Gli ottomani sono alle porte di Costantinopoli, e noi discutiamo di sesso degli angeli (continuità o no; Lefebvre ribelle oppure vero obbediente, come fu l'Athanasius contra mundum condannato da tutta la Chiesa arianeggiante). Il vero problema è il neomodernismo che segna nuovi punti (certo non nel Magistero, che pochi però seguono o leggono: sul terreno); è la fede che si spegne come un lumicino (parole di Benedetto XVI); è l’apostasia dell’Europa (dixit Giovanni Paolo II), e non solo di quella. La Tradizione è l’arma più forte contro questi problemi, è il bastione e il baluardo dell’ortodossia. Questo non vuol dire gettare semplicemente a mare il Concilio e quel che ne è seguito; significa invece riappropriarsi di uno strumento il cui oblio temporaneo ci ha gettato nel caos in cui ci troviamo. Visto che sia noi tradizionalisti, sia i ‘conservatori’ (passateci il termine) come Tornielli ed Introvigne, condividiamo l’obbiettivo di sostenere e fortificare la Chiesa, non sarebbe più proficuo rispettarsi, intendersi, e combattere insieme? 
 

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