martedì 7 dicembre 2010

Il martirio della Tradizione...

 
Nella recente biografia “Mons. Marcel Lefebvre Nel Nome della Verità” scritta da Cristina Siccardi, a pag. 281 si citano tre benefattrici sarde, le sorelle Monzitta. 

Ma chi erano costoro? La loro storia è simile a tante altre, nelle umiliazioni come nelle sofferenze causate dalla selvaggia e feroce applicazione delle riforme liturgiche. Il repentino passaggio da un rito immemorabile, e anche per questo amato, ad un rito nuovo fin da subito sentito come freddo, estraneo, e rivoluzionario e presentato ed imposto in contrapposizione all’altro scandalizzò e sconvolse l’esistenza anche di queste tre pie donne. Le quali si ritrovarono anch’esse, nella nuova liturgia, come un pesce fuor d’acqua. E se fino al giorno prima levarsi presto per andare a messa era una gioia, divenne subito una tragedia. Esse provavano nella messa nuova una sofferenza mai provata prima, neppure per la morte dei genitori. Riuscirono a “sopravvivere” in queste condizioni per qualche tempo, ma alla fine una scelta si imponeva: andare a messa e tornarne ogni volta sempre più depresse e distrutte, spiritualmente spossate, oppure restarsene a casa. Non avendo la vocazione al martirio queste tre sorelle decisero, con profondo dolore, di non metter più piede in quella chiesa dove erano state battezzate. Continuarono a levarsi presto lo stesso, e a “supplire” la partecipazione alla messa, con il desiderio di esservi e altre pratiche di pietà. Pensavano che una tale pazzia dei preti non poteva durare a lungo. Passarono così mesi ed anni.

Un giorno sentirono al telegiornale che il Papa aveva concesso un indulto per celebrare la messa antica (si tratta della Lettera Quattuor abhinc annos del 1984). Non capirono molto del servizio trasmesso al telegiornale e per cercare di comprendere qualcosa in più acquistarono qualche quotidiano. E capirono che la messa tanto amata poteva essere celebrata nuovamente. Si rivolsero subito al parroco , il quale rispose di non saperne nulla (e quando mai un parroco deve occuparsi di simili notizie!) consigliandole di rivolgersi alla curia diocesana. Queste tre arzille signorine non se lo lasciarono dire due volte e il giorno dopo chiusero la loro piccola bottega, presero l’autobus e si diressero ad Ozieri; andarono in curia e parlarono con un sacerdote che, sulle prime, le ricevette con gentilezza; quando però le sorelle comunicarono il motivo della loro presenza l’atteggiamento di quel sacerdote mutò repentinamente fino a sconfinare nella maleducazione e nell’offesa e tramutandosi in sprezzante arroganza. Non concesse loro neppure di finire di parlare; le rimproverò aspramente per la loro richiesta, dicendo loro che dovevano vergognarsi di aver chiesto una cosa simile!! E dopo averle invitate a confessarsi e a pentirsi, le mandò via in malo modo.

Queste tre sorelle, umiliate e ammutolite, uscirono dagli uffici della curia ed avendo ancora del tempo prima di prendere l’autobus si concessero una mesta passeggiata fermandosi di tanto in tanto davanti a qualche vetrina casa. Fu proprio davanti ad una di queste vetrine che vide il sacerdote che poco prima le aveva letteralmente cacciate dagli uffici della curia, ed evidentemente poco contento di ritrovarsi tra i piedi quelle povere donne le fece oggetto di scherno dicendo loro “ma tornatevene a casa vostra, ché fate meglio”! Le tre sorelle questa volta gli risposero per le rime ricordandogli che erano sulla pubblica via dalla quale lui non aveva né diritto né potere di cacciarle via come invece aveva fatto pocanzi dai locali della curia.

Il viaggio di ritorno a casa fu triste e silenzioso, scandito solo dai Paternostri e dalle Avemarie del rosario sussurrato su un’autobus semivuoto .

Con una tristezza maggiore, dovuta all’improvviso entusiasmo suscitato dalla notizia dell’indulto e all’altrettanto improvvisa negazione di esso da parte della curia diocesana, le tre sorelle continuarono la vita quasi claustrale che conducevano dal 1970, pregando in casa. Passò ancora qualche anno e nel 1988 un’altra notizia appresa al telegiornale le fece sussultare: in quell’anno infatti molto si parlò di Mons. Lefebvre, soprattutto a motivo delle illecite ancorchè valide consacrazioni episcopali. Si attivarono immediatamente per cercare di contattare tale vescovo e dopo un po di tempo riuscirono a comunicare con il priorato italiano della FSSPX , ad Albano, diventando subito benefattrici dell’opera di mons. Lefebvre, felici di aver scoperto un vescovo, fino ad allora sconosciuto, che lottava per la messa di sempre: la loro stessa messa e la loro stessa lotta! 
 
Fu in quella occasione che Mons. Lefebvre decise di andare in Sardegna per ringraziare di persona e più ancora per consolare, quelle tre coraggiose e intrepide sorelle. Ecco quindi che una mattina le tre sorelle sentirono bussare alla porta: era mons.Lefebvre. Lo ospitarono per qualche giorno nella loro casa e allestirono una cappella in una delle stanze dove il vescovo francese celebrò il divin sacrificio in una atmosfera catacombale. La gioia delle tre sorelle per aver nuovamente partecipato alla messa antica fu tale che piansero molto: Dio aveva ascoltato le loro suppliche di non morire senza aver nuovamente partecipato alla Messa di Sempre.

Se l’ostilità diocesana verso queste tre sorelle era notevole prima, si può immaginare quanto aumentò dopo che si diffuse la notizia della visita di mons. Lefebvre.

Per oltre dieci anni, ogni tanto, un sacerdote della FSSPX andava a visitarle, si tratteneva da esse qualche giorno, celebrando il rito antico nella cappellina allestita per mons. Lefebvre e mai disfatta. Poi, con l’età che avanzava si acuirono i problemi di salute che in poco tempo portarono due sorelle a lasciare questa terra. I sacerdoti della FSSPX non furono avvertiti in tempo e i funerali vennero quindi officiati da sacerdoti diocesani ma col rito nuovo, perché la curia, impietosa anche verso i defunti, non volle concedere il rito antico.
 

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