domenica 5 dicembre 2010
Chiesa e profilattico. Il "no" degli intransigenti
Una nota dei vescovi del Kenya e tre "ratzingeriani" autorevoli sostengono che anche il papa è per una condanna senza eccezioni. E chi dice il contrario tradisce il suo pensiero
di Sandro Magister
ROMA, 4 dicembre 2010 – La discussione sulla liceità o no dell'uso del preservativo, non per finalità contraccettive ma di protezione della vita altrui, registra nuovi sviluppi.
Le prime battute della discussione – suscitata da alcune affermazioni di papa Benedetto XVI nel libro "Luce del mondo" – sono quelle riassunte da www.chiesa in questo precedente servizio:
> Fuoco amico su Benedetto XVI. Per colpa di un preservativo
Intanto, però, altre voci sono entrate in campo, tra le quali una conferenza episcopale, quella del Kenya, la prima a pronunciarsi in materia.
In una nota datata 29 novembre, sottoscritta dal cardinale John Njue, arcivescovo di Nairobi, e da altri 24 vescovi, la conferenza episcopale di questo paese africano ha preso posizione in termini restrittivi, affermando che "la posizione della Chiesa cattolica sull'uso del preservativo, sia come mezzo di contraccezione sia come mezzo per affrontare il grave problema dell'HIV/AIDS, non è cambiata, e resta come sempre inaccettabile".
Sostenere il contrario, prosegue la nota, "sarebbe un'offesa all'intelligenza del papa e una gratuita manipolazione delle sue parole".
Citando questo documento, il gesuita Joseph Fessio, editore di "Luce del mondo" negli Stati Uniti, oltre che membro dello Schülerkreis, il circolo degli studiosi che ebbero Joseph Ratzinger come loro professore di teologia, ci ha scritto:
"Vedo che la mia interpretazione delle parole del papa è condivisa almeno da qualcuno della gerarchia, e da quelli che sono più direttamente coinvolti".
Padre Fessio, in effetti, è stato fin dall'inizio della polemica uno dei più decisi assertori dell'illiceità dell'uso del preservativo, sempre e in ogni caso.
A suo giudizio questo è anche il pensiero del papa in materia. Pensiero che sarebbe stato oscurato da interpretazioni sbagliate delle sue parole.
Altri esponenti cattolici intransigenti si sono spinti, però, ad attribuire allo stesso papa una parte di responsabilità nella "confusione".
Nel registrare le loro prese di posizione, www.chiesa ha quindi titolato: "Fuoco amico su Benedetto XVI", sottolineando che le critiche provenivano proprio da alcuni ferventi "ratzingeriani".
Ma questo titolo non è piaciuto ai principali personaggi citati. E tre di questi ci hanno scritto per chiarire il loro pensiero e soprattutto per ribadire che le loro critiche non intendono in alcun modo colpire il papa.
Il papa, dicono, è stato solo capito male. L'errore non è suo ma di chi lo ha frainteso e "tradito".
Qui di seguito sono riportate integralmente le lettere che ci sono pervenute da padre Joseph Fessio, da Christine de Marcellus Vollmer, membro della Pontificia Accademia per la Vita, e da Steven Long, professore di teologia all'Ave Maria University.
Precede le tre lettere la nota dei vescovi del Kenya, anch'essa riprodotta integralmente.
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NOTA CIRCA LE DICHIARAZIONI SUL PRESERVATIVO ATTRIBUITE AL SANTO PADRE
Conferenza Episcopale del Kenya
Abbiamo assistito a recenti lanci su commenti attribuiti al Santo Padre, riportati da media locali e internazionali, che hanno deformato le posizioni di papa Benedetto XVI in materia di moralità sessuale e di contrasto all'HIV e all'AIDS.
Anzitutto vogliamo rasserenare il clima e fare chiarezza ai cattolici e a tutti circa la posizione della Chiesa sull'uso del preservativo, per la pace degli animi e per un orientamento giusto.
1. Ribadiamo e riconfermiamo che la posizione della Chiesa cattolica sull'uso del preservativo, sia come mezzo di contraccezione sia come mezzo per affrontare il grave problema dell'HIV/AIDS, non è cambiata, e resta come sempre inaccettabile.
2. I lanci dei media hanno scorrettamente citato il papa fuori dal contesto e banalizzato le delicatissime questioni mediche, morali e pastorali dell'HIV/AIDS e dell'accompagnamento di coloro che sono infettati o malati, riducendo la discussione sui problemi della morale sessuale a un mero commento sui preservativi.
3. Il libro in questione, "Luce del mondo. Il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi. Una conversazione con Peter Seewald", è il risultato di un'intervista. Non è stato scritto dal papa anche se esprime le sue idee, le sue ansie e le sue sofferenze negli anni, i suoi progetti pastorali e le sue speranze per il futuro.
4. Ridurre "l'intera intervista a una frase rimossa dal suo contesto e dall'insieme del pensiero di papa Benedetto XVI sarebbe un'offesa all'intelligenza del papa e una gratuita manipolazione delle sue parole".
5. Il papa non ha parlato specificamente della moralità dell'uso del preservativo, ma più in generale "delle grandi questioni che sfidano la teologia moderna, dei vari eventi politici che hanno sempre marcato le relazioni tra gli stati e infine dei temi che spesso occupano una larga parte del pubblico dibattito".
6. È importante spiegare che la moralità delle azioni umane dipende sempre dalle intenzioni delle persone. È il modo con cui usiamo le cose che rendono buona o cattiva un'azione. L'uso dei preservativi è inaccettabile poiché è spesso una manifestazione esterna della cattiva intenzione dell'azione e una visione distorta della sessualità.
7. La Chiesa e il Santo Padre riaffermano che "naturalmente la Chiesa non considera i preservativi come la 'autentica soluzione morale' del problema dell'AIDS". È piuttosto un vero cambiamento del cuore, o conversione, che darà alla sessualità il suo valore umano e anche soprannaturale. Abbiamo bisogno di apprezzare meglio il dono della sessualità, che ci umanizza e, quando giustamete apprezzato, rimane aperto al piano di Dio.
8. Il quadro riprodotto dai media, che citano un'intervista fatta al papa da un giornalista tedesco, coinvolge il giudizio del papa sul percorso morale soggettivo di soggetti che son già coinvolti in atti gravemente immorali in se stessi, in particolare in atti di omosessualità e di prostituzione maschile, fortunatamente del tutto estranei alla nostra società kenyana. Egli non parla della moralità dell'uso dei preservativi, ma di qualcosa che può essere vero per lo stato psicologico di coloro che ne fanno uso. Se questi individui fanno uso del preservativo per evitare di infettare altri, alla fine possono rendersi conto che gli atti sessuali tra membri dello stesso sesso sono intrinsecamente nocivi poiché non sono in accordo con la natura umana. Ciò non condona in alcun modo l'uso del preservativo in quanto tale.
9. Il Santo Padre fissa un punto importante, che anche coloro che trovano se stessi profondamente immersi in una vita immorale, possono gradualmente camminare verso una conversione e un'accettazione delle leggi di Dio. Questo cammino può avere gradini che in se stessi possono non includere ancora una piena sottomissione alla legge di Dio, ma piuttosto avvicinano ad accettarla. In ogni caso, tali atti restano ancora peccaminosi.
10. La Chiesa si concentra sempre su coloro che si distaccano da atti immorali verso l'amore di Gesù, la virtù, la santità. Possiamo dire che il Santo Padre chiaramente non ha voluto focalizzarsi sui preservativi, ma vuole parlare della crescita in senso morale, che dev'essere una crescita verso Gesù. Ciò vale anche per coloro che ancora vivono stili di vita decisamente immorali; noi dovremmo impegnarci sempre di più a capire la moralità delle azioni umane, e a giudicare anzitutto l'azione delle persone, non l'oggetto usato per un'azione immorale.
11. La Chiesa spinge coloro che sono coinvolti nella prostituzione e in altri atti o stili di vita gravemente immorali alla conversione. Pur comprendendo le molte sfortunate ragioni che spesso conducono a questi stili di vita, essa non li assolve e li guarda come moralmente cattivi.
12. La Chiesa è profondamente preoccupata della vita, della salute e della condizione generale di coloro che si trovano in questa difficile e dolorosa situazione dell'infezione HIV/AIDS. In realtà la somma degli sforzi e delle risorse impegnate dalla Chiesa cattolica, sia in partnership con altri sia da sola, sarà sempre finalizzata a cercare soluzioni umane e liberanti a questa pandemia.
13. Il problema è davvero più grande del solo dibattito sul preservativo. È soprattutto una guarigione interiore, che dia speranza alla gente e la aiuti a riscoprire la semplicità e il radicalismo del Vangelo e del cristianesimo nell'aiutare a ridare speranza a chi è infetto e a chi è malato.
La Chiesa riconferma il suo impegno a continuare a spingere l'intero popolo a combattere per vivere vite moralmente buone, cosa che sempre comporta grandi sacrifici, per il "regno di Dio". La Chiesa riconferma la sua solidarietà con tutti coloro che soffrono di HIV/AIDS. Vi sono molte vie per fronteggiare questa situazione. Soprattutto la Chiesa ha fiducia nel potere della Grazia e nella forza che Dio dà, per rispondere positivamente alle sfide che questa nuova situazione presenta, e con speranza cammina assieme a tutta la famiglia di Dio verso la nostra patria celeste.
Noi esprimiano la nostra cura e solidarietà con questi nostri fratelli e sorelle e li benediciamo.
Nairobi, 29 novembre 2010
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JOSEPH FESSIO: "IL SANTO PADRE NON LO CRITICO, LO DIFENDO"
Caro Sandro,
lei sa quanto apprezzo il suo pensiero e i suoi scritti. Non mi attendo nessun trattamento speciale per questo. Ma mi dispiace molto che lei mi abbia messo assieme a quelli che criticano il Santo Padre. Ciò che accade è il contrario. Io il Santo Padre lo difendo. Non solo perché sono un gesuita e questo è ciò che ci si aspetta dai gesuiti, ma perché sono convinto che il Santo Padre dice il giusto. Io critico proprio coloro che hanno male interpretato o frainteso ciò che Benedetto XVI ha detto. Compreso lei.
Sotto il titolo di "Fuoco amico su Benedetto XVI", il mio nome è il primo citato nel sommario in testa all'articolo. Sandro, vorrei che lei pubblichi una rettifica.
Mi si consenta di spiegare un poco. Io non penso che ciò che il papa ha effettivamente scritto, ciò che egli ha approvato nella nota di Lombardi di domenica, o anche ciò che egli ha detto personalmente a Lombardi, siano di sostegno alle posizioni di Rhonheimer. Ovviamente un equivoco sta già nel fatto che Rhonheimer e, a quanto pare, lei, pensino che tutto ciò sostenga le loro posizioni. Ciò non significa che quando io critico le vostre posizioni io critichi il papa. Lei fa riferimento, nel sommario del titolo, alle "aperture del papa all'uso del profilattico", ma questa è la sua – discutibile – interpretazione. Il papa ha chiaramente definito l'uso del preservativo immorale. Dire che un atto malvagio possa essere accompagnato, in parte, da una buona intenzione, non significa una "apertura" all'atto malvagio. Ma ciò che mi preme qui dire è che io "non" critico ciò che il papa ha detto, né l'autorizzata nota di Lombardi; io non critico le "aperture del papa all'uso del profilattico". Eppure questo è ciò che lei dice nel sommario del titolo, ed è falso ed ingiusto. Quindi la prego di rettificare.
Più avanti c'è anche un altro errore serio. Lei parla di due inesattezze nella traduzione ("una prostituta" e "giustificati"), poi dice che "va notato, però, che né la prima né la seconda inesattezza della versione italiana del libro è stata ritenuta dall'autore, cioè da Benedetto XVI, lesiva del suo ragionamento". Questo non è vero. È solo sulla prima inesattezza che il papa si è espresso. Il ragionamento del papa rimane lo stesso anche con prostitute femmine. Comunque, "giustificati" nel suo primo significato qui vuol dire qualcosa di "moralmente" giustifcato. Ma il papa ha detto che tale comportamento "non è una... soluzione morale".
Un altro errore riguarda ciò che ho detto sopra. Lei giustifica le sue posizioni circa quei sacerdoti che "ammettono pacificamente l'uso del preservativo" dicendo che è la "stessa cosa" che appare nella nota di padre Lombardi di domenica. Ma così non è. La nota di Lombardi si riferisce a ciò che Benedetto XVI ha scritto. La sua osservazione riguarda invece una "interpretazione" – a mio giudizio sbagliata – di ciò che ha scritto il papa. Mai il papa "ha ammesso l'uso del preservativo", sia in ciò che ha scritto lui sia in ciò che ha scritto padre Lombardi. Il papa ha solo detto che l'uso immorale (che cioè mai può essere ammesso o consentito) può essere accompagnato da una buona intenzione. (Qui io assumo "ammettere" non nel senso banale di riconoscimento di qualcosa che capita, ma come approvazione).
Lascio da parte altri importanti punti di discussione, in particolare che "... la liceità dell'uso del preservativo, in casi come questo, è pacificamente insegnata da anni...".
Sandro, lei è sempre il mio vaticanista preferito. Ma anche Omero sonnecchia.
Con stima,
Padre Joseph Fessio, S.J.
1 dicembre 2010
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CHRISTINE VOLLMER: "L'ERRORE NON È DEL PAPA, MA DI CHI LO HA TRADITO"
Stimato Sig. Magister,
come lettrice che la apprezza molto, mi è dispiaciuto vedere che, tra tanti commenti seri che lei ha pubblicato circa la confusione che ha suscitato la precipitosa presentazione del libro del papa, lei abbia citato una mia frase molto casuale e informale.
Sì, mi sembra che sia un peccato che il tema delle aberrazioni sessuali (contro le quali e altre colpe e crimini lottano la Chiesa e il Santo Padre come suo capo supremo, da tutti i secoli) arrivi al giorno d'oggi a dominare le notizie.
Il nostro Santo Padre possiede una ricchezza inesauribile di forme di espressione della buona novella del Vangelo, e la manifesta quotidianamente. Dispiace che l'unica cosa che finisce sulla generalità della stampa sia ciò che ha a che vedere con il sesso aberrante.
In questa occasione, è stata un tradimento del nostro grande papa – è così ho detto a chi mi ha interpellato – la presentazione prematura, senza preparazione né spiegazione, alla stampa internazionale, di quelle poche frasi di "Luce del mondo" circa il preservativo. Che questi paragrafi siano stati inoltre diffusi in una traduzione sbagliata e ingannevole, rafforza questo tradimento.
Il mondo cattolico sta sulle spine, tanto per la confusione creata quanto per la evidente slealtà al magistero di cui ha dato prova questa forma imprecisa e ambigua di trattare un tema così minato da pericoli per la interpretazione corretta degli insegnamenti di "Veritatis splendor", "Casti connubii", "Humanae vitae" e altre encicliche.
In errore evidentemente non è il papa, che ha scritto con grande precisione e finezza, ma i direttori de "L'Osservatore Romano" e della sala stampa i quali, come lei ha ben riferito a suo tempo, [sono gli stessi che] crearono la disinformazione circa la liceità di abortire nel caso di Recife dell'anno passato.
Se fosse possibile rettificare l'impressione che ha dato della mia posizione, le sarò grata.
Con stima,
Christine de Marcellus Vollmer
Presidente di Alianza para la Familia
Caracas, Venezuela
Membro della Pontificia Accademia per la Vita
1 dicembre 2010
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STEVEN LONG: "LE PAROLE AUTENTICHE DEL PAPA VALGONO PIÙ DI QUELLE DI UN PROFESSORE"
Gentile Sig. Magister,
seguo i suoi scritti con attenzione, li apprezzo e spesso ne sono istruito. Mentre resto critico su come lei ha trattato la recente questione circa l'uso del preservativo, mi preme dire che ho considerato il mio intervento non come un attacco ai commenti del Santo Padre ma come una spiegazione e una difesa delle sue parole.
È vero che ho espresso riserve riguardo alla prudenza del suo tentativo di comunicare una materia così difficile attraverso un'intervista giornalistica, come anche riguardo alla chiarezza delle sue parole a una platea mondiale non pienamente attrezzata – così mi è parso – a raccogliere le sue parole. Ma, per quanto possa essere improprio nelle mie affermazioni, quello che ho pensato di fare è almeno di difendere gli "ipsissima verba" dell'insegnamento che il Santo Padre ha espresso in quella intervista. Quindi, mi addolora essere considerato come uno che attacca il Santo Padre, che non è ciò che voglio fare, tanto più in quanto considero il commento che ho dato come la provvista di una fedele difesa del suo insegnamento, quale espresso nell'intervista. Posso quindi sbagliarmi nella comprensione, ma ho avuto per lo meno l'intento di spiegare e difendere le considerazioni del papa.
Poiché lei è un giornalista che so molto attento a riportare lo cose con esattezza, volevo comunicarle questo. Certo, il mio intento non era di scoraggiare la gente dal leggere i suoi articoli, o renderla diffidente nei suoi confronti, ma è piuttosto la mia differenza di giudizio morale riguardo alla natura dell'analisi di padre Rhonheimer che mi ha spinto a criticare il suo modo di trattare il caso dei coniugi colpiti da AIDS e l'uso del preservativo. È un caso complesso, e padre Rhonheimer l'ha analizzato a fondo, così come hanno fatto i suoi critici, tra i quali io penso di essere annoverato sebbene sia entrato nella discussione inizialmente con grande riluttanza. Ma non credo che sia realmente corretto sostenere che è insegnamento ordinario della Chiesa che dei coniugi colpiti da AIDS possano usare il preservativo. Non c'è alcun insegnamento magisteriale su questo, e l'approvazione di un singolo professore non ci autorizza a dedurre questo, specialmente quando è chiaro che ciò che si cerca è un cambiamento della comprensione di "diretto" e "indiretto" prevalente in teologia morale.
Certo, questa è una materia enorme e complessa, con una sua storia, e sono sicuro che lei opererà al meglio nel cercare di delinearne le dimensioni e gli sviluppi nei suoi scritti, che come sempre seguirò con grande interesse.
Scusandomi per essermi aggiunto a quella che dev'essere una delle più trafficate caselle postali del mondo e-mail, la ringrazio e le porgo i migliori saluti e auguri.
Sinceramente suo,
Prof. Steven Long
Department of Theology, Ave Maria University
Florida, U.S.A.
2 dicembre 2010
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