giovedì 5 aprile 2012

AMERIO - IOTA UNUM - LA CHIESA E LA DONNA






Ringrazio l'amico Piero Mainardi per aver riportato, in forma sintetica, importanti passaggi del libro di Romano Amerio, Iota Unum, e di avermi concesso di riportarli nel mio blog.

CAP. IX – LA CHIESA E LA DONNA

1.1 Chiesa e femminismo - 

L’accomodamento della Chiesa al mondo si manifesta anche nel secondare il femminismo. Sul punto della promozione della donna il messaggio del Concilio alle donne dell’8 dicembre ’65 era stato molto riservato. Asseriva “essere venuta l’ora in cui la vocazione della donna si compirà nella pienezza”  ma questa vocazione era delineata nel modo tradizionale come “cura del focolare, amore della vita, senso della culla”.
L’impossibilità del sacerdozio femminile fu, come ogni altro principio della fede e del costume, confermato con forza da Paolo VI, ma la rivendicazione femministica non fu né avversata né contenuta efficacemente.
Al III Congresso mondiale per l’apostolato dei laici a Roma, tra le altre istanze erronee l’Osservatore Romano, constatando il sentimento dei laici formulò il voto perché “un serio studio dottrinale determinasse il posto della donna nell’ordine sacramentale”.
In Francia una Association Jean d’Arc persegue come scopo il sacerdozio femminile, negli USA una Convenzione nazionale delle religiose americane domanda l’ordinazione femminile. In occasione della visita di Giovanni Poalo II, suor Teresa Kane affrontò all’improvviso il pontefice rivendicando alle donne il diritto al sacerdozio e invitando i cristiani a cessare ogni aiuto alla Chiesa fono al riconoscimento di tale diritto.
La presidentessa della gioventù cattolica della Baviera  rinnovò nel 1980 il gesto della americana.
Due tratti del pensiero neoterico si delineano chiaramente nel movimento: primo, adozione di vocaboli propri del femminismo; secondo, la denigrazione della Chiesa storica.
Giovanni Paolo II parlando a un uditorio femminile dichiarò facendo propria la veduta storica del femminismo: “ E’ triste vedere come la donna nel corso dei secoli sia stata tanto umiliata e maltrattata (OR 1 maggio ’79). Poiché queste pagine investono i secoli cristiani si tenta di fare una distinzione difensiva addossando non alla Chiesa ma all’incoerenza  dei cristiani quella asserita ingiustizia  e vessazione contro la donna. Distinzione difficile dato che in quei secoli l’intera civiltà era informata allo spirito e alle leggi della Chiesa e dunque non le si può togliere quella responsabilità come invece si può fare oggi.
La verità storica vieta di denigrare la Chiesa anzi obbliga la sua impugnazione. Il primo grande movimento femminile del ‘900 è l’Azione Cattolica Femminile voluta da Benedetto XV che in udienza disse:” le mutate condizioni dei tempi hanno allargato il campo dell’attività muliebre: un apostolato in mezzo al mondo è succeduto per la donna a quell’azione più intima e ristretta che prima svolgeva tra le pareti domestiche”.
Davanti alle civiltà antiche le quali col dispotismo maschile, la prostituzione sacra, il ripudio quasi ad libitum tenevano al donna nell’abiezione, solo il cristianesimo emancipò la donna da quelle esecrabili servitù, santificando e rendendo inviolabili le nozze, sancendo la parità soprannaturale tra maschio e femmina, elevando verginità e matrimonio e incoronando la specie umana attraverso l’esaltazione della donna madre di Dio.
Il diritto dell’indissolubilità del matrimonio, che proteggeva eminentemente la donna, venne difeso a costi altissimi dalla Chiesa e dai pontefici contro il dispotismo maschile.

1.2 Critica del femminismo. Il femminismo come mascolinismo – 

L’errore di fondo del femminismo moderno consiste nel fatto che non ha preso a rivendicare alla donna quello che, guardando alla natura umana, si trova spettarle in forza della natura umana, ma quello che alla natura umana sembra appartenere guardando alla mascolinità. Risolvendosi il femminismo in un’imitazione della mascolinità.
Il femminismo è un esempio dell’abuso evidente dell’astrazione da cui si genera l’egualitarismo, pretendendo di svestire la natura dei lineamenti che le sono impressi per natura. Il femminismo non è in ultima analisi l’esaltazione del femminile ma del mascolino. E la sua devoluzione ultima è la negazione del matrimonio e della famiglia.
Giovanni Paolo II nella Familiaris consortio (1981) dice doversi sradicare la mentalità nella quale “si stima che l’onore della donna derivi più dal lavoro fatto fuori di casa che da quello domestico” e dichiara che le moglie  le madri ”non si trovino di fatto costrette a lavorare fuori di casa, e che le loro famiglie possano vivere degnamente e prosperare anche quando esse dedicano tutte le loro cure alla propria famiglia” e prosegue:” E’ proprio così! Bisogna che le famiglie del nostro tempo ritornino alle condizioni di prima”. Gli fa eco madre Teresa:” La donna è il cuore della famiglia. E se oggi abbiamo grossi problemi è per il fatto che la donna non è più il cuore della famiglia …”.
Ad esempio quando si parla di emancipazione della donna dall’uomo non si intende di far rispettare la donna dall’uomo obbligando l’uomo alla fedeltà e alla castità coniugale, bensì di portarla al libertinaggio maschile. 
   
1.3 La teologia femminista – 

La perdita dei veri vocaboli delle cose, lo sperdimento dottrinale, il circiterismo storico, la generale cupidità di secondare lo spirito del secolo hanno prodotto anche una teologia femminista. Questa teologia mette nell’oggetto teologato il soggetto teologante e fa della donna il lime sotto cui vedere le cose della donna, che nella teologia autentica è vista sotto il lume della Rivelazione e in relazione a Dio. In un articolo del 1 dicembre ’78 dell’Osservatore Romano dove veniva denigrata storicamente la Chiesa si afferma che il postulato della donna cristiana è configurato come “richiesta di venir considerata quale persona e conseguentemente poter agire come tale …” Che la Chiesa abbia, durante due millenni onorati, canonizzati, sacramentati, fatti soggetti di diritti e anche canonizzati soggetti a cui negava l’essere di persona, è un puro composto di parole.
Anco più temerario il tentativo di una suora in “Seminari e teologia” (aprile ’79) di introdurre il genere femminile nella SS. Monotriade facendo dello Spirito Santo una Spirita Santa.
Gli eretici nominati Osceni facevano femmina la terza persona della Trinità e la adoravano incarnata nella Guglielmina la Boema. E peraltro la Vergine Maria sarebbe obumbrata da un ente di genere femminile col risultato che Gesù nascerebbe da due femmine.
Ci si è spesso appoggiati alla frase di Giovanni Paolo I che, commentando un passo di Isaia aveva detto che Dio è madre, ma quel passo verte sulla misericordia divina perché dice che Dio è come madre, anzi più che madre, perché anche la madre dimenticasse il figlio delle sue viscere, non però il Signore si scorderà di Israele”. Si tratta di una figura poetica bellissima sotto la quale non c’è la femminilità di Dio, ma la smisuratezza  della misericordia divina.

1.4 – La tradizione egualitaria della Chiesa. Subordinazione e sovraordinazione della donna – 

Non mi addentrerò nell’aspetto metafisico della dualità sessuale, che è di due ordinati all’uno. Mi basterà ricordare che ciascuno dei due sessi, essendo coordinato all’altro, metta tra i due un’uguaglianza assoluta. La dottrina del masculus occasionatus, cioè maschio mancato non è cattolica mentre è cattolica la coordinazione di due diseguali. Se è innegabile la subordinazione fisica della donna è innegabile all’inverso quella psicologica, riscontrabile soprattutto nell’ordine dell’attrazione. Non l’uomo ma la donna getta il polline della seduzione e se l’uomo è attivo nel coniugale congressus lo è solo dopo essere soggiaciuto alla sollecitazione nella fase dell’aggressus.
Il papa nella Carta dei diritti della famiglia del 1983 insegnava che il luogo naturale che esplica la persona  della donna è la famiglia nel suo compito di educare i figli, denunciando il lavoro extra casa come un disordine da correggere. A l’insegnamento papale fu contraddetto dal Congresso delle donne cattoliche:” nessuna donna ritiene positivo rinunciare all’esperienza del lavoro extradomestico…”.

1.5 Elevazione della donna nel cattolicesimo – 

Se la donna è secondaria all’uomo nella linea della creazione, cioè temporale, non lo è rispetto al fine perché la donna non è il fine dell’uomo. Quanto al fine entrambi sono egualissimamente subordinati a Dio.  Tralasciando le figure della Madonna e della Maddalena. Menzionerò il ruolo che ebbero nell’evoluzione del mondo cristiano donne virtuose sul soglio imperiale come Elena e Teodora II, ma anche Teodolinda, Clotilde, Redegonda. Durante il periodo carolingia una donna, Duoda scrisse il primo trattato di pedagogia: Eloisa, Ildegarda di Bingen, Rosvita furono tutte donne di grande cultura  e grande spiritualità. Speciale attenzione merita la partecipazione della donna nelle assemblee medievali dove ebbero un ruolo nel promuovere l’addolcimento delle ostilità guerresche e singolare che vi fossero monasteri gemini di uomini e donne spesso retti da donne.  
L’avvilimento della condizione femminile causato dall’avvento dell’economia utilitaristica e industriale  e dal concomitante sreligionamento delle masse, che portò con sé la riduzione della partecipazione politica della donna.
L’elevazione più grande a cui porta la donna la si ebbe ne Medioevo con la poesia cortese, che riflette un complesso di sentimenti e di costumi che si fondano sopra la delicatezza dei pensieri, il rispetto e la fedeltà. L’amor cortese si traviò poi in forme di dilezione disincarnata o all’opposta passione erotica, ma rimane insieme nell’insieme una prova degli alti sensi che genera negli nella civiltà medievale la contemplazione del femminino.
Vette più alte toccò il motivo poetico della donna angelicata nella poesia siciliana. La divina Commedia esaltava il femminino con Maria e Beatrice. Certamente la separazione dell’amore dalla relazione sponsale, determinata dall’esaltazione del femminino in sé, inclinava alla deviazione neoplatonica incompatibile col realismo cristiano, ma il fenomeno attesta che il cattolicesimo si serbò fedele alla duplice realtà contraffatta dal moderno femminismo: la donna è assiologicamente uguale all’uomo e al tempo stesso assiologicamente diseguale dovendo vivere quell’uguaglianza secondo la propria diversità.

1.6 Pudore. Vergogna della persona. Reich – 

Il pudore è un fenomeno che tocca la base metafisica dell’uomo. Ed è una specie del genere vergogna, in relazione alle cose della venere. La vergogna è un sentimento che accompagna la percezione di un difetto. La natura si vergogna di non poter corrispondere alla propria idea. Si obietterà che non è l’individuo ad essere difettoso m ala natura: e in effetti è la natura a vergognarsi del suo essere difettoso nell’individuo difettoso.
Ma più profondo del pudore della natura è il pudore della persona che è la vergogna per il difetto morale di cui la persona è causa. La sua forma morale non è più puro sentimento ma un atto libero di cognizione del proprio difetto e di detestazione del volontario difetto, cioè della colpa.
Il fenomeno del pudore appare ancor più profondo se lo si riguarda teologicamente. La libido è la più estesa disobbedienza che si operi nell’uomo disarmonizzato dalla disobbedienza originale. Fu certo esagerazione fare del peccato carnale il peccato essenziale. Eppure è certo che la concupiscenza, pur non coincidendo col peccato, è il sintono massimo del presente stato dell’uomo, cioè peccatore per natura. L’assoggettamento della parte razionale e vedente alla parte cieca ed istintiva dell’uomo è massima nella consumazione carnale. La vergogna del sesso, riguardata sotto il lume della religione, è nella sfera profonda dell’umana realtà e si nega tutto il drammatico dell’amore e il senso del combattimento morale se si frivolizza il pudore riducendolo alla sfera meramente psicologia o sociologica. E’ invece il segno della scissura causata dal peccato nella natura umana. Per tale scissione la volontà di signoreggiare viene  signore viene signoreggiata e le tocca un perpetuo combattimento per preservare la signoria morale.
Nella famosa opera di Reich La rivoluzione sessuale sono proclamate queste massime: che il piacere della venere forma la felicità dell’uomo e che perciò ogni impedimento alla libido debba rimuoversi come impedimento alla felicità. Essendo poi il divieto morale il divieto supremo. Giacché resiste e risorge imperioso ad ogni violazione, L’EMANCIPAZIONE DAL PUDORE SI IMMEDESIMA CON LA FELICITA’. Di qui in linea teorica la negazione di ogni finalismo e di ogni legge nell’attività sessuale e in linea pratica l’abolizione del matrimonio, il coito pubblico, le unioni contronatura, l’abolizione delle vesti.

1.7 Documenti episcopali sulla sessualità. Card. Colombo. Vescovi tedeschi – 

Molti documenti episcopali sulla sessualità sono senza profondità religiosa. L’impudicizia non è condannata in forza della prevaricazione morale ma come impedimento dello sviluppo della personalità. Non vi appaiono ragioni teologiche né nesso con la colpa di origine, non si adoperano più i termini castità e pudicizia.
Il card. Giovanni Colombo nel sermone per la Pentecoste del ’71 sull’amore come principio unico dell’unione dei sessi non fa motto né del fine generativo né della legge morale, non conosce altra motivazione della continenza che la maturazione della persona.
Anche la lettera pastorale dei vescovi della Germania muove da un’antropologia non cattolica che afferma “la sessualità informa tutta la nostra vita e, per il fatto che il corpo e l’anima sono un’unità, la nostra sessualità determina anche la sua sensibilità e fantasia, il nostro pensiero e le nostre conclusioni”. Ma l’antropologia qui soggiacente è lontana da quella cattolica per la quale “sexus non est in anima” (S. Tommaso). Infatti non è la sessualità la forma di tutta la vita, ma la razionalità, secondo quanto insegna il Concilio Laterano IV:”l’anima razionale è la forma sostanziale del corpo”, cioè il principio primo che dà l’essere a tutto l’individuo umano. Dire che la sessualità determina il pensiero dell’uomo è un asserto avverso alla spiritualità dell’uomo. Se la sessualità determina la decisione, la decisione non può essere libera.
Vi è poi un passo del documento in cui , circa le relazioni prematrimoniali, si rovescia l’etica della pudicizia e la cautela, circa le occasioni prossime di peccato, quasi che mettersi in tentazione fosse sintomo di maturità morale:” Anche se sussiste il pericolo che questi incontri sfocino in rapporti sessuali e potino a un rapporto prematuro, non è giusto respingere o cercare di evitare questo necessario gradino nella maturazione della capacità d’amore per gli uomini”. Sono elusi due principi morali della Chiesa: Il primo teologico, cioè che la natura, perduta l’integrità per il guasto originale (e quindi la parte egemonica dell’uomo, quella razionale, avendo perduto la signoria) la labilità alla sopraffazione sessuale è la condizione stessa dell’uomo.
Il secondo punto è propriamente morale: l’approssimarsi al peccato senza cadervi, pur non commettendo quel peccato, è comunque peccato per riguardo alla superbia e alla presunzione di non cadervi, implicita nella condotta di chi si arroga una forza morale capace di contrappesare ogni impulso contrario alla legge. La massima salus mea in fuga ha sempre presieduto all’ascetica cattolica. Ma qui è posposta alla maturità personale e all’educazione all’amore.

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