Ringrazio l'amico Piero Mainardi per aver riportato, in forma sintetica, importanti passaggi del libro di Romano Amerio, Iota Unum, e di avermi concesso di riportarli nel mio blog.
CAP. XIII – LA CATECHESI
1.1 La dissoluzione della catechesi. Il Sinodo dei vescovi 1977 –
Levata l’autorità del maestro e sciolta la verità in pura euristica (un procedimento che si affida più all’intuito e allo stato delle circostanze che a un metodo chiaro e preciso nella ricerca) la riforma della catechesi non ha potuto trattenersi dal volgere a deviazioni eterodosse che insieme alla variazione del metodo comportano variazione dei contenuti.
Già il convegno di Assisi del 1969 sull’insegnamento religioso preconizzava l’abbandono di ogni contenuto dogmatico e la surrogazione dell’insegnamento della religione cattolica (considerato un ingiusto privilegio in un paese democratico) con quello della storia delle religioni.
Nel Sinodo dei Vescovi del 1977 la catechesi trasgredì in sociologia, nella politica, nella teologia della liberazione. Pochi esempi. Peri vescovo di Saragozza la catechesi “deve promuovere la creatività degli allievi, il dialogo, la partecipazione attiva, senza dimenticare che è azione della Chiesa”. La creatività è un assurdo metafisico e morale e comunque non può realizzare il fine della catechesi, giacché l’uomo non può autorealizzarsi, il fine gli è dato e deve solo volerlo.
Per padre Hardy “la catechesi deve portare all’esperienza del Cristo”, che è proposizione confondente l’ideale col reale, trapassante nel misticismo. La catechesi è per sé cognizione e non esperienza, benché ordinata alla esperienza della vita.
Peri il card. Pironio “la catechesi si sprigiona dall’esperienza profonda di Dio nell’umanità cristiana ed è una più profonda assimilazione dell’amore e della fede”. Vi sono sentori modernisti in tali asserti. La catechesi è la dottrina e non si sprigiona dall’esperienza esistenziale dei credenti.
Essa discende dall’insegnamento divino e non è prodotta, ma produce l’esperienza religiosa.
Un vescovo del Kenia afferma che “la catechesi deve impegnarsi a denunciare le ingiustizie sociali e difendere le iniziative di liberazione sociale dei poveri”. Così si degrada la parola di vita eterna a un intendimento economico e sociale.
1.2 La dissoluzione della catechesi. Padre Arrupe. Card. Benelli –
Oltre l’idea della socialità e della creatività dominò il Sinodo l’idea del pluralismo, padre Arrupe: “Lo Spirito appaga l’intima aspirazione dell’uomo di congiungere le esigenze apparentemente antitetiche di una radicale unità con altrettanto radicale diversità”. Se così fosse sembrerebbe essere la contraddizione il fondo del pensiero umano e non l’identità.
P. Arrupe poi non vuole nella catechesi “definizioni complete, strette, ortodosse, perché potrebbero portare auna forma aristocratica e involutiva”. Come se la verità e l’ortodossia fosse un disvalore e l’autentica catechesi nascesse dalla oclocrazia (predominio della folla, plebe).
Qui si vuole la pluralità dei catechismi perché tutte le opposizioni che fanno lo specifico delle dottrine si risolvono in un’identità di fondo che oltrepassa lo specifico delle dottrine.
Il Card. Benelli parlando a insegnanti di religione, ha preconizzato che la scuola di religione “debba favorire il confronto obiettivo con altre visioni di vita che occorre conoscere, valutare ed eventualmente integrare”. Il cardinale non vede nel mondo mentale e religioso alcun errore, ma solo cose da integrare. Inoltre “l’unica maniera di insegnare la religione cattolica è di fare una proposta di vita”.
I due caratteri della nuova catechesi, essere ricerca anziché dottrina e mirare a produrre risposte esistenziali anziché una persuasione intellettuali si rispecchiano nella soluzione data al problema della pluralità dei catechismi e della memorizzazione. Dove non si dà contenuto dogmatico a cui assentire non occorre avere un unico catechismo universale non essendovi formule di fede cui aderire.
La forma amebea con domanda e risposta rispecchia l’indole didattica e non euristica della catechesi cattolica la quale, essendo proposizione di verità, non interroga supponendo (metodicamente) dubbia la risposta, ma risponde assertoriamente il vero.
Ma memorizzazione venne squalificata e vilipesa dai pedagoghi e invece si accompagna naturalmente al concetto di catechesi come comunicazione di conoscenze.
Un vescovo dell’Equatore affermò che “la catechesi consiste non tanto in quel che si ascolta ma in quel che si vede in chi la fa”. Qui la verità viene fatta minore dell’esperienza vitale e il Vangelo è legato non alla virtù propria di esso ma alla virtù del predicante.
Lo spostamento antropocentrico per cui si fa dipendere l’effetto della catechesi più dalla virtù del parlante che dalla virtù della verità è un altro errore in cui si cela la CONFUSIONE DELLE ESSENZE.
1.3 La dissoluzione della catechesi. Le Du. Charlot. Mons. Orchampt. –
Il catechismo olandese, espressione dell’alienazione dall’ortodossia rimbalzò nella Chiesa universale. Stupivano due cose: al temerità delle novazioni che dalla negazione degli angeli, del diavolo, del sacerdozio sacramentale avanzava al rigetto della presenza eucaristica e alla dubitazione dell’unione teandrica; ma anche la fiacca condanna della Santa Sede.
Questa, dopo aver sottoposto il Catechismo a una congregazione straordinaria di cardinali che vi troverò errori ambiguità omissioni ( e le editorie cattoliche se ne contesero in tutti i paesi il privilegio di stampa). Alla divulgazione la Santa Sede appose la sola condizione che si allegasse il decreto che lo aveva condannato.
Ma il Catechismo olandese fu accolto dappertutto come “la migliore presentazione che della fede cattolica si potesse afre all’uomo moderno”. Nonostante il giudizio della Santa Sede i vescovi lo introdussero nelle pubbliche scuole e lo difesero di fronte ai genitori che lo consideravano come un insegnamento corruttore impartito dai preti con l’approvazione del vescovo. Il catechismo fu soppresso soltanto nel 1980 dopo il Sinodo Straordinario dei Vescovi olandesi tenuto a Roma sotto al Presidenza di Giovanni Poalo II.
Gli Uffici della diocesi di Parigi per la catechesi pubblicarono testi che inforsavano il dogma, stravolgevano la Scrittura, corrompevano la morale.
Qui fait la loi? Di Jean Le Du impugnava la storicità della legislazione sinaitica, che sarebbe una “operazione fraudolenta di Mosè per consolidare la sua autorità”, confermando al tesi irreligiosa di Voltaire e togliendo alla Legge la sua origine divina, naturale e rivelata per farne una produzione della diveniente coscienza dell’uomo che si libera del mito.
In Dieu est-il dans l’hostie? Leopold Charlot afferma che c’è un modo differente di tempo in tempo di intendere tale presenza e che il modo proprio del nostro tempo è di intendere tale presenza reale come presenza non reale, ma immaginativa e metaforica. Insegna che l’eucaristia fu istituita non da Cristo nell’Ultima Cena ma dalla comunità cristiana primitiva. Pane e vino restano pane e vino, sono solo segni convenzionali della presenza di Cristo nel popolo dei fedeli.
Lo scandalo consiste nel fatto che un prete portante, per investitura del suo vescovo, la responsabilità della catechesi, neghi in un catechismo ufficiale il dogma eucaristico e lo faccia con animo tranquillo. Ma siccome è legge psicologica e morale che le responsabilità non discendano, ma ascendono, assai maggior disordine è che tale blasfemia sia propagata in un catechismo del vescovo, che è maestro della fede e custode del gregge contro i lupi dell’eresia.
Ma mons. Orchampt, vescovo d’Angers non ritirò l’opera che impugnava il dogma pur ammettendo che tale opera mutilava il dogma affermava che un vescovo “deve invitare a coloro che la utilizzano alla critica e all’approfondimento per il necessario sforzo per il il rinnovamento pastorale”. Per il vescovo l’importate è che la tesi dell’autore (che non rimuove) non la si tenga esclusivamente e non chiede una CONFUTAZIONE ma un APPROFONDIMENTO, VOCABOLO CHE NELL’ERMENEUTICA NEOTERICA SIGNIFICA BATTERE E RIBATTERE IN INFINITO SU UN PUNTO DOGMATICO FINCHE’ ESSO SI SCIOLGA INTERAMENTE NEL SUO CONTRARIO.
1.4 Rinnovamento e inanizione della catechesi in Italia –
La delegazione dell’autorità magisteriale delle Conferenze episcopali a preti della scuola neoterica si palesò anche nella commissione di redigere il catechismo data a intellettuali di opzione marxistica i quali defezionarono poi clamorosamente candidandosi nelle liste del PCI. Nel Catechismo dei giovani (1979) la preoccupazione ecumenica, arbitrariamente interpretata, fa affermare agli autori: ”un combaciamento della ricerca esegetica cattolica con quella protestante” che in realtà non può darsi perché i protestanti non riconoscono sopra il lume privato il lume esegetico del magistero di Pietro.
Anche uno degli articoli principali della dottrina cattolica gli autori lo indeboliscono accostandosi alla dottrina modernista: non il fatto dei prodigi precede la fede, ma la fede fa essere nella persuasione dei credenti il fatto dei prodigi.
Anche nel Catechismo dei fanciulli (1976) pubblicato dalla CEI l’ecumenismo viene guardato come riconoscimento, più o meno appariscente, di valori identicamente contenuti in ogni credenza religiosa. Perciò non si mai vero passaggio dall’una all’altra ma soltanto approfondimento della propria verità nell’altrui verità in un mutuo arricchimento.
I catecumeni nell’età puerile sono distolti dallo specifico della religione cattolica. La catechesi è detto “deve aiutare i fanciulli a collaborare con tutti gli uomini perché vi sia libertà, giustizia e pace, senza tuttavia cessare di riconoscere nella fede e nei sacramenti la sorgente di forze spirituali”. Questo “tuttavia” è significativo perché serve a mantenere la fede e i sacramenti davanti all’epocazione (cioè alla messa tra parentesi) dello specifico del cattolicesimo. Si tace del peccato, dell’errore, del Vae, della redenzione, del giudizio, del fine trascendente. Il cristianesimo è ridotto a qualcosa di appendicolare, di sussidiario e di cooperante.
1.5 Il convegno dei catechisti romani attorno al Papa (1981) –
Il Papa Giovanni Paolo II distingue la catechesi, opera diretta della Chiesa, dall’insegnamento religioso nelle scuole pubbliche, che incombe allo Stato come parte organica della formazione dell’alunno. Egli afferma il dovere da parte dello Stato di “rendere tale servizio agli alunni cattolici che costituiscono la quasi totalità degli studenti” e alle loro famiglie che “logicamente si presumono volere un’educazione inspirata ai propri principii religiosi”. Ma nonostante tali dichiarazioni al Convegno vi furono molte proposte e opinioni che si risolvono nella reiezione dell’insegnamento cattolico. Parecchi relatori risolsero la religione cattolica in religiosità cristiana sincretistica, altri in religiosità naturale, altri in espressione di libertà, tutti toccano la crisi di identità del sacerdote. All’insegnamento religioso non fu trovato altro motivo che quello dell’esigenza culturale, per cui la cognizione del mondo ebraico e cristiano non serve ai giovani che per intendere i valori costitutivi della civiltà moderna. Non fu trovato altro fine alla catechesi che quello di render noto ai giovani il ventaglio delle ideologie “per renderli capaci poi di effettuare scelte libere”.
Non essendo essa la sola portatrice di valori religiosi nella scuola italiana “non dovrebbe essa sola entrare nella scuola per fare lezione di religione”. Conviene quindi abrogare in Concordato che privilegia la religione cattolica.
Non fu trovata ragione peculiare alla verità cattolica e si affermò che “i catechisti non sono pagati per fare catechesi e per insegnare una fede, ma sono al servizio della persona umana”. Si tratta dicono, di un lavoro di precatechesi, si preevangelizzazione.
Lo svuotamento della catechesi è manifesto dalle proposte del documento finale: che si celebri Messa per gli studenti in procinto di affrontare gli esami, che si celebri a Roma una giornata per la Scuola, che il Papa riceva in udienza i catechisti romani, che il Papa compia una visita a “una quinta ginnasio di una scuola pubblica”.
Cose buone ma del tutto estranee alla questioni dibattute. Viene fatto di credere che tale esito sia stato un espediente per non rispecchiare nel documento conclusivo la singolarità delle opinioni espresse poche consentanee con la filosofia e la prassi tradizionale della Chiesa.
1.6 Antitesi della nuova catechesi alle direttive di Giovanni Paolo II. –
La mentalità del clero al Convegno è notabile perché appare in aperta contrapposizione al Pontefice. La nuova catechesi è di stampo esistenziale e promuove un’esperienza di fede, e il Papa invece afferma il carattere intellettuale della catechesi e vuole che i catecumeni siano penetrati di certezze semplici ma ferme. La nuova catechesi vuole invece l’adattamento della catechesi alle singole storiche culture, e il Papa invece ribadisce che è necessario possedere durevolmente, cioè nella MEMORIA, le parole di Cristo, i principali testi biblici, i testi liturgici. La nuova catechesi invece procede con un dialogo paritario, euristico, fondato sulla specificità de vero, e il Papa rifiuta come pericoloso quel dialogo.
La nuova catechesi si propone di guidare il catecumeno a un’esperienza del divino e del Cristo, e il Papa invece definisce la catechesi come “instutio doctrinae christianae”, istruzione che mira sempre meglio a far conoscere e sempre più fermamente assentire alla verità divina e non già a sviluppare e affermare la personalità del catecumeno.
Nella crisi della catechesi è riflesso il presente smarrimento della Chiesa, del deprezzamento dell’ordine teoretico, l’incertezza non solo dottrinale ma anche dogmatica, l’allargamento dello spirito soggettivo, il dissenso tra i vescovi, e tra i vescovi e la Santa Sede, la repulsa per gli atteggiamenti fondamentali della pedagogia cattolica, la prospettiva temporale e l’antropocentrismo.
1.7 La catechesi senza la catechesi –
La catechesi neoterica è segnata da due momenti intrinsecamente legati: quello metodico che è l’abbandono della metodologia cattolica della trascendenza del vero all’intelletto che lo apprende, e un momento dogmatico che è l’abbandono della certezza di fede sostituita dall’esame e dall’opzione soggettivi.
L’episcopato francese promulgò un proprio catechismo nel 1982, Pierres vivantes, che non ottenne l’approvazione della Santa Sede ed era accompagnato dalla proibizione di utilizzare qualsiasi altro catechismo. Il Card. Ratzinger andò nel 1983 a Lione a tenere una conferenza sulle attuali condizioni della catechesi, parlando di “miseria della nuova catechesi”.
Il cardinale riprova la nuova catechesi perché invece di avanzare verità, a cui si presta l’assenso di fede, propone i testi biblici lumeggiati secondo il metodo storico-critico e rimette all’esame del catecumeno di dare o ritenere l’assenso. La verità di fede, che la Chiesa annuncia, vengono staccate dalla Chiesa, che ne è l’organismo vivente e poste immediatamente al credente chiamato a divenirne interprete e giudice. La Bibbia così staccata diviene un puro documento soggetto alla critica storica, con la chiesa abbassata alla critica soggettiva.
La deviazione consiste essenzialmente nel “dire la fede direttamente dalla Bibbia senza farla partire dal Dogma”, che è l’errore luterano che nega il Magistero e la Tradizione alterando la Bibbia stessa, “staccata dall’organismo vivente della Chiesa”. L’adesione alla verità religiosa prende la forma di un atto individuale fuori della comunità voluta da Cristo.
Ratzinger toccò chiaramente gli errori dogmatici che viziano la catechesi neoterica: la creazione non è professata chiaramente né costituisce il discorso iniziala dell’istruzione, peraltro identificata con la creazione che Dio fa del suo popolo liberandolo dalla Schiavitù. La nascita verginale di Cristo non ha in questo catechismo alcuna connotazione dogmatica: si tace dell’Immacolata, del parto verginale, della Madre di Dio. La Risurrezione di Pasqua è un evento pneumatico avente realtà nella fede della comunità primitiva e anche la resurrezione dai morti è cosa soltanto creduta.
L’Ascensione è pura metafora dell’indiamento morale del Cristo, “salire al Cielo è una immagine per dire che è nella gioia del suo Padre”. Si insegna che “al quarantesimo giorno dopo Pasqua i CRISTIANI CREDONO è salito sopra tutto”. L’Eucaristia è ridotta alla memoria che la comunità cristiana celebra della cena del Signore.
1.8 Restaurazione della catechesi –
Per Ratzinger la catechesi cattolica è una didattica, cioè una comunicazione di verità, e il suo contenuto è il dogma della Chiesa, cioè NON GIA’ LA PAROLA DELLA BIBBIA, storicamente e filologicamente astratta, bensì la parola della Bibbia conservata e comunicata agli uomini dalla Chiesa. Non si può, come pretende il catechismo francese, differire all’età dell’adolescenza l’insegnamento dei dogmi e intanto accostare il fanciullo alla Bibbia con un senso storicistico applicato alla Rivelazione che consuona con la dottrina modernistica del divino come noumeno inconoscibile che lo spirito dell’uomo riveste in mille fogge.
A tale storicismo Ratzinger contrappone il carattere intellettuale che mira alla trasmissione di conoscenze e non all’esperienza esistenziale. Certo si insegnano le verità di fede affinché diventino pratica evita, ma l’oggetto proprio della catechesi è al conoscenza e non già direttamente l’eresia. Il cardinale vuole che la materia sia ordinata secondo o schema del catechismo dello schema tridentino. Bisogna insegnare ai fanciulli che cosa il cristiano deve credere, con l’esposizione del Credo; che cosa deve desiderare e pregare da Dio, ed è la spiegazione del Padre Nostro; infine che cosa si deve fare, ed è la lezione del Decalogo.
A questi tre parti del catechismo viene a integrarsi la trattazione dei sacramenti, perché solo con l’ausilio della grazie, che si comunica nei sacramenti, l’uomo divien capace di adempiere la legge morale confermata e sopraelevata dalla legge evangelica. E Ratzinger richiama anche la necessità dell’uso della memoria e del metodo amebeo (domanda – risposta).
La grave censura mossa dal Cardinale Ratzinger al catechismo francese ha ancora tutto il suo valore teoretico dottrinale anche se il Cardinale, che l’aveva esposta in un discorso stampato in venti pagine, la ritrattò in una dichiarazione di venti righe in comune accordo con l’episcopato francese.
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