venerdì 23 marzo 2012

Romano Amerio. IOTA UNUM. La Crisi






Ringrazio l'amico Piero Mainardi per aver riportato, in forma sintetica, importanti passaggi del libro di Romano Amerio, Iota Unum, e di avermi concesso di riportarli nel mio blog.


ROMANO AMERIO - 1 - LA CRISI O VARIAZIONE NELLA CHIESA


Sarebbe più opportuno parlare di variazione piuttosto che di crisi perché crisi è un fatto puntuale, mentre il fenomeno preso in oggetto è diacronico; e inoltre perché crisi è un passaggio da un'essenza a un'altra (da vita a morte, da innocenza a peccato). Mentre non è crisi la variazione accidentale che avviene entro la medesima cosa. Dunque è crisi in senso stretto se vi è un moto storico assodato atto a partotire un cambiamento di fondo e di essenza nella vita umana.

Tuttavia assecondando il lessico comune Amerio parlerà di crisi.


1.1 NEGAZIONE DELLA CRISI - C'è chi nega tale crisi adducendola alla dualità Chiesa/mondo, Regno di Dio/regno dell'uomo dunque inerente alla natura mondo e della Chiesa. Negazione difettosa perché l'opposizione essenziale non è tra Vangelo e mondo (inteso come totalità delle creature che Cristo viene a salvare), ma tra Vangelo e mondo in quanto maligno positus (Gv 5,19), intaccato dal peccato e orientato al peccato, per il quale Cristo non prega (Gv 17,9). Opposizione che può ridursi o dilatarsi secondo che il mondo come totalità convenga o meno col mondo del maligno. Ma non si deve mai perdere la distinzione nè credere essenziale una tale opposizione, che è soltanto accidentale.


1.2 ERRORE DEL CRISTIANESIMO SECONDARIO - E' relativa all'opinione di coloro che negano esserci stati tempi in cui la Chiesa abbia penetrato meglio di altri il mondo e in cui il Cristianesimo sia meglio riuscito come nella Cristianità medievale. Chi nega che esistano tali secoli privilegiati si appoggia principalmente sul persistere, come allora, dell'oppressione dei poveri, della fame e dell'ignoranza, tenute per incompatibili con la religione di cui proverebbero l'inefficacia. Queste colpe furono e sono nel genere umano che dunque non è nè redento nè redimibile dal Cristianesimo.

Tale opinione cade nell'errore detto CRISTIANESIMO SECONDARIO: si giudica la religione per i suoi effetti secondari e subordinati in ordine alla civiltà, facendoli primeggiare e sovraordinandoli a quelli ultramondani che le sono propri.

1.3 LA CRISI COME INADATTAMENTO -

E' più comune l'opinione secondo cui la crisi della Chiesa è crisi di dinadattamento alla progrediente civiltà moderna e il superamento della crisi è da ricercare in una apertura, o aggiornamento dello spirito della religione rispetto allo spirito del secolo.
E' da notare che la penetrazione del mondo da parte della Chiesa è congenita alla Chiesa che è levame (lievito) del mondo (Lc 13,21). Storicamente la Chiesa si è occupata di tutti gli ordini della vita temporale (dal calendario al cibo) fino a tal punto che la si è accusata di aver usurpato sul temporale reclamandone una sua purgazione e separazione. "L'accomodamento" al mondo è essenziale alla Chiesa, è una legge della storia, che vede la Chiesa necessariamente appigliarsi alle cose del mondo, ma questo accomodamneto che è a lei essenziale non consiste nel conformarsi al mondo ma NEL CONFORMARE LA PROPRIA CONTRARIETA' AL MONDO SECONDO LE VARIE ATTINENZE STORICHE E NEL VARIARE, NON NEL DEPORRE, QUELL'ESSENZIALE CONTRARIETA'.

Dunque l'antagonismo del cattolicesimo al mondo è invariabile, variano solo le modalità di esso. La Chiesa proclama la povertà al mondo quando questo si prosterna alla ricchezza, la mortificazione quando segue le tre concupiscenze, la ragione quando volge all'illogismo e al sentimentalismo, la fede quando imbaldanzisce nella scienza.

1.4 ACCOMODAZIONE DELLA CONTRARIETA' DELLA CHIESA AL MONDO -

Di fronte ai barbari non assunse la barbarie ma si rivestì di civiltà; nel XIII secolo di fronte allo spirito di violenza e di cupidigia assunse lo spirito di mansuetudine e di povertà; non assunse l'aristoleimso rinascente rigettando l'eternità del mondo, la mortalità dell'anima ecc. Al soggettivismo luterano non si accomodò soggettivando Scrittura e religione, ma riformando il suo principio di autorità. Nella temperie razionalistica e scientistica dell'Ottocento non si attardò a ridursi o a ridurre il dato di fede ma condannò il principio dell'indipendenza della ragione. L'impulso soggettivistico rinascente nel Modernismo lo condannò.

Dunque l'antagonismo del cattolicesimo al mondo è invariabile, variano solo le modalità di esso. La Chiesa proclama la povertà al mondo quando questo si prosterna alla ricchezza, al mortificazione quando segue le tre concupiscenze, la ragione quando volge all'illogismo e al sentimentalismo, la fede quando imbaldanzisce nella scienza.


LA CHIESA CONTEMPORANEA VICEVERSA VA CERCANDO "alcuni punti di convergenza tra il pensiero della Chiesa e la mentalità caratteristica del nostro tempo" "cit. Oss. Romano)

1.5 IL PAPA RICONOSCE LO SMARRIMENTO - Sebbene in molti casi Paolo VI si sia espresso secondo il "loquimini nobis placentia" scolpì il declino della religione nel suo discorso del 7 dicembre 1968:"La Chiesa si trova in un'ora inquieta, di autocritica, si direbbe meglio di autodemolizione. E' come un rivolgimento acuto e complesso che nessuno si sarebbe atteso dopo il Concilio. La Chiesa quasi quasi viene a colpire sé stessa" il 30 giugno 1972 disse di avere la sensazione che :"da qualche parte sia entrato il fumo di satana nel Tempio di Dio". "Anche nella Chiesa regna questo stato di incertezza. si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole ...è venuta una giornata di nuvole di tempesta di buio". Il papa ravvisava la causa di questo male nell'azione del diavolo, nella sua realtà pesonale. Mentre nella eziologia del male storico nel discorso del 18 luglio 1975 mostrava di capire che ben più che dall'assalto esterno la Chiesa era percossa DALLA DISSOLUZIONE INTERIORE. Tale smarrimento è attestato anche da Giovanni Paolo II che il 7 febbraio 1981 descrisse così la situazione della Chiesa:" Bisogna ammettere realisticamente ..che oggi i cristiani, in gran parte, si sentono smarriti, confusi, perplessi e perfino delusi; si sono sparse apiene mani idee contrastanti con la Verità rivelata e da sempre insegnata; si sono propalate vere e proprie eresie, in campo dogmatico e morale, creando dubbi, , confusioni e ribellioni; si è manomessa la Liturgia; immersi nel "relativismo" intellettuale e morale, e perciò permissivismo, i cristiani sono tentati dall'ateismo, dall'agnosticismo, dall'illuminismo vagamente moralistico, da un CRISTIANESIMO SOCIOLOGICO, senza dogmi definiti e senza morale oggettiva".

1.6 PSEUDOPOSITIVITA' DELLA CRISI. FALSA TEODICEA -
Attingendo alla biologia o alla letteratura si parla metaforicamente di fermenti o di crisi di crescenza. Sono circiterismi (cioé discorsi confusi, pressapochistici) inutilizzabili in un discorso logico e in una analisi storica. Sui fermenti occorrerebbe distinguere quelli che sono produttivi di vita e quelli produttivi di morte. Anche a putrefazione cadaverica è un pullulare potente di vita ma implica il disfacimento di una sostanza superiore. Le stesse crisi di crescenza, le febbri, vengono combattute come patologiche giacchè il naturale aumento di un organismo non conosce tali crisi nel regno animale e vegetale. Chi abusa di quelle analogie biologiche gira in un circolo vizioso perchè non potrà provare che alla crisi consegua la crescita (che si rivelerà in futuro) e non la corruzione.
L'OS. ROM. del 23 luglio '72 parla dei gemiti della Chiesa non come agonia, ma come parto, quello di una NUOVA CHIESA. Ma può nascere una nuova Chiesa? qui oltre la metafora si cela l'idea, impossibile nel sistema cattolico, che il divenire storico della Chiesa possa essere un divenire di fondo, una mutazione sostanziale, contro l'idea delle mutazione accidentali e delle congiunture storiche serbandosi la sostanza della religione. La sola novazione ecclesiologica possibile è quella escatologica, di nuovo cielo e nuova terra.

Il tentativo di spingere il Cristianesimo oltre sé stesso sino a "una forma sconosciuta di di religione inimmaginabile e descrivibile fino ad oggi" (Theilard de Chardin) è un paralogismo e un errore religioso. Paralogismo perché perché se la religione ha da mutarsi in tutt'altro da sé diviene impossibile dare alle proposizioni del discorso l'identico soggetto e perisce la continuità tra la presente Chiesa e la futura. E' un errore religioso il regno che non si origina da questo mondo conosce mutazioni accidentali nel tempo ma non nella sostanza, della quale "iota unum non praeteribit".
Ancora un riconoscimento della crisi da parte di Paolo VI che vede intaccata l'unità dell'organismo Chiesa il 30 agosto '73 ammettendo che "l'apertura al mondo fu un vera invasione del pensiero mondano nella Chiesa", rispetto a cui ammette: "Noi siamo stati forse troppo deboli e imprudenti". Si chiede Amerio: noi o Noi?.


1.7 INTERPRETAZIONE POSITIVA DELLA FEDE. FALSA TEODICEA -

L'ottimismo spurio, con cui si guarda al declino della fede, all'apostasia sociale, alla diserzione dal culto e alla depravazione morale nasce da una falsa teodicea. Si dice che la crisi è un bene perché obbliga la Chiesa a una presa di coscienza e ricercare una soluzione. Se è vero che i mali occasionano i beni, essi però restano dei mali e NON CAUSANO COME TALI ALCUN BENE. La filosofia cattolica non ha mai fatto tali confusioni, Tommaso insegna che:"L'evento successivo non rende cattivo l'attto che era buono, nè buono l'atto che era cattivo" (ST I,II, q. 20, a.5). Soltanto per l'abito mentale del circiterismo proprio del nostro secolo si può stimare positiva la crisi, badando agli eventi buoni che potrebbero conseguirne. Le cause di eventuali conseguenze buone della crisi NON STANNO NELLA LINEA CAUSALE DELLA CRISI, CHE E' SOLTANTO CRISI, MA IN UN'ALTRA LINEA DI CAUSALITA',CHE SEMMAI ATTIENE ALL'ORDINE PROVVIDENZIALE. Infatti bene e male restano ciascuno con la sua intrinseca essenza (essere e non esssere, efficienza e deficienza).

L'ottimismo spurio pecca perché assegna al male una fecondità che è propria solo del bene. Come la penitenza è condizionata dal peccato, la misericordia dalla miseria, il perdono dalla colpa. Questo tuttavia non fa che peccato, miseria e colpa siano buoni come buona è la virtù che essi condizionano.

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