Don Pierre Berrère, Priore del Priorato San Francesco
Regis, Francia, della Fraternità San Pio X.
L'articolo è stato pubblicato sul n° 226, febbraio 2011, del giornale “Sainte Anne” .
(Testo diffuso da La Porte Latine, sito della Fraternità in Francia e tradotto da Unavox)
L'articolo è stato pubblicato sul n° 226, febbraio 2011, del giornale “Sainte Anne” .
(Testo diffuso da La Porte Latine, sito della Fraternità in Francia e tradotto da Unavox)
Gli ultimi avvenimenti sopraggiunti ad iniziativa del Papa Benedetto
XVI, non fanno che confermare ancora oggi la giustezza dei comportamenti
adottati a suo tempo da Mons. Lefebvre di fronte alle autorità ufficiali allora
in carica.
Poiché spesso il magistero oggi non si esercita più in maniera normale e coerente, è impossibile sottomettersi assolutamente alle sue direttive, come se niente fosse.
Poiché spesso il magistero oggi non si esercita più in maniera normale e coerente, è impossibile sottomettersi assolutamente alle sue direttive, come se niente fosse.
Ci troviamo quindi obbligati a seguire il consiglio di San
Paolo: «Non disprezzate le profezie, esaminate ogni cosa, tenete ciò che è
buono. Astenetevi da ogni specie di male.» (I Ts 5, 20-22). Ricordiamoci che
l’obbedienza cieca – quella che non guarda ai motivi per sottomettersi – esiste
nella Chiesa solo molto raramente. Infatti, ci si deve sottomettere senza
condizioni quando l’autorità papale impegna la sua infallibilità, come nelle
definizioni dogmatiche ex cathedra. L’ultima definizione di questo tipo data
del 1950, quando il Papa Pio XII dichiarò ciò che bisogna credere
dell’Assunzione della Santissima Vergine Maria. Da allora non s’è prodotto
niente di simile. È del tutto evidente, però, che questo non significa che si
debbano passare sistematicamente al vaglio del pensiero personale tutti gli
atti del Papa. Il libero esame non è un criterio cattolico per raggiungere la
verità, quindi non si tratta di trarre il buono dal cattivo a proprio
piacimento, facendo riferimento alle proprie intuizioni o alle proprie idee
personali, significherebbe adottare la mentalità protestante. Non è questo che
bisogna fare e non è questo che facciamo.
1 - La più alta autorità, può venir meno?
Se il Papa è infallibile a certe condizioni, sicuramente non è impeccabile in tutti i suoi atti. È possibile quindi che vi siano delle iniziative cattive e molto perniciose dei papi, cosa che è certa ed è facile da dimostrare. Anche resistere all’autorità non è in sé una cosa normale, e tuttavia neanche questa è una cosa inedita. Nella Lettera ai Galati, 2, 11-14, leggiamo che l’Apostolo Paolo ha resistito nei confronti di Pietro, per tre ragioni: «1- perché evidentemente aveva torto… 2- gli altri Giudei lo imitarono… al punto che Barnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia… 3 - non si comportavano rettamente secondo la verità del Vangelo». Eppure Pietro era il capo incontestato tra gli Apostoli, ma grazie al rimprovero pubblico del giovane convertito egli ha riconosciuto umilmente il suo errore ed ha rettificato il suo atteggiamento, cessando di «costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei». Se Paolo avesse taciuto, tutta la Chiesa nascente sarebbe stata gravemente sovvertita dalle ambiguità di Pietro.
Non andiamo oltre.
Riteniamo che la più alta autorità della Chiesa possa assumere delle decisioni molto nocive: si è verificato qualche volta nel lontano passato della Chiesa, ma molto più frequentemente a partire dal 1960.
Gli avvertimenti profetici di Fatima ci hanno predetto che in quegli anni sarebbe sopraggiunta una grande crisi della fede: sta a noi comprendere e saper giudicare l’albero dai suoi frutti.
2 - Che succede al Papa attuale?
Per quanto riguarda il Papa Benedetto XVI, egli ha appena compiuto, uno dopo l’altro, almeno tre atti che hanno già una risonanza importante e nefasta.
Il primo è costituito dalla pubblicazione del suo libro Luce
del mondo. Si tratta di un’intervista rilasciata al giornalista Peter Seewald.
Le dichiarazioni che Benedetto XVI fa a modo di conversazione, contengono
in effetti molte approssimazioni e falsità, non solo sulla dottrina e la
storia, ma anche sulla morale e su altri argomenti.
Non mi soffermerò su questo, ma questo scritto è molto ingannevole dal punto di vista della forma e del contenuto. Gli errori e le approssimazioni che vi si trovano non sono degne di uno studioso e del capo della cattolicità.
Se San Paolo ha usato nei confronti di Pietro il termine ipocrisia, il libro intitolato Luce del mondo si colloca esattamente sulla stessa linea, poiché è pieno di tenebre e troppo conforme allo spirito del mondo: «Non conformatevi alla mentalità di questo secolo», dice San Paolo (Rm 12, 2).
Adottare uno stile mediaticamente corretto non impegna certo l’infallibilità del magistero, ma unicamente la persona di Ratzinger. Cosa che non impedisce che la maggioranza dei lettori non faccia la differenza e prenda il tutto come l’insegnamento ufficiale della Santa Chiesa.
Non mi soffermerò su questo, ma questo scritto è molto ingannevole dal punto di vista della forma e del contenuto. Gli errori e le approssimazioni che vi si trovano non sono degne di uno studioso e del capo della cattolicità.
Se San Paolo ha usato nei confronti di Pietro il termine ipocrisia, il libro intitolato Luce del mondo si colloca esattamente sulla stessa linea, poiché è pieno di tenebre e troppo conforme allo spirito del mondo: «Non conformatevi alla mentalità di questo secolo», dice San Paolo (Rm 12, 2).
Adottare uno stile mediaticamente corretto non impegna certo l’infallibilità del magistero, ma unicamente la persona di Ratzinger. Cosa che non impedisce che la maggioranza dei lettori non faccia la differenza e prenda il tutto come l’insegnamento ufficiale della Santa Chiesa.
Il secondo è costituito dal suo desiderio di realizzare a
ottobre un’Assisi III, una riunione di tutte le religioni per pregare per la
pace al fine di celebrare il 25° anniversario di quel primo incontro voluto da
Giovanni Paolo II.
Le due prime riunioni di Assisi sono, checché se ne dica, dei peccati molto gravi contro il primo comandamento: Non avrai altri dei di fronte a me (Es 20, 3), e molto scandalose in se stesse, cioè indipendentemente dalle intenzioni generose che animano gli autori.
A questo proposito, ricordiamo due piccole cose.
In occasione di Assisi I (1986), delle chiese furono messe a disposizione delle false religioni, per il loro culto, e un simulacro di Budda venne posto sull’altare di una di esse.
In occasione di Assisi II (2002), per evitare le distorsioni scioccanti del 1986, vennero approntate delle sale per i partigiani delle false religioni, ma preventivamente ci si preoccupò di togliere i crocifissi per non mettere in imbarazzo i non cristiani.
Questi due atti (profanazione delle chiese con i falsi culti e rimozione delle croci), ai quali se ne potrebbero aggiungere molti altri, non sono insignificanti. Potrebbe Dio benedire tali cose? Gesù, che ha scacciato i mercanti dal Tempio, potrebbe gradire che i falsi dei vengano onorati nelle sue chiese e che i loro adoratori vi si installino come i briganti nella caverna? Rimuovere le croci è davvero il modo per richiamare l’apprezzamento di Colui che ha voluto salvarci con la Sua Croce? E allora, si deve pensare che è insensato che la Chiesa ci faccia cantare «O Crux ave, spes unica», «Salve, o Croce, speranza unica»?
Per di più, tali iniziative comportano delle conseguenze insidiose e perverse per l’animo dei battezzati, i quali finiscono per adottare gli stessi principi dei massoni: l’unione degli uomini al di là delle religioni.
Le due prime riunioni di Assisi sono, checché se ne dica, dei peccati molto gravi contro il primo comandamento: Non avrai altri dei di fronte a me (Es 20, 3), e molto scandalose in se stesse, cioè indipendentemente dalle intenzioni generose che animano gli autori.
A questo proposito, ricordiamo due piccole cose.
In occasione di Assisi I (1986), delle chiese furono messe a disposizione delle false religioni, per il loro culto, e un simulacro di Budda venne posto sull’altare di una di esse.
In occasione di Assisi II (2002), per evitare le distorsioni scioccanti del 1986, vennero approntate delle sale per i partigiani delle false religioni, ma preventivamente ci si preoccupò di togliere i crocifissi per non mettere in imbarazzo i non cristiani.
Questi due atti (profanazione delle chiese con i falsi culti e rimozione delle croci), ai quali se ne potrebbero aggiungere molti altri, non sono insignificanti. Potrebbe Dio benedire tali cose? Gesù, che ha scacciato i mercanti dal Tempio, potrebbe gradire che i falsi dei vengano onorati nelle sue chiese e che i loro adoratori vi si installino come i briganti nella caverna? Rimuovere le croci è davvero il modo per richiamare l’apprezzamento di Colui che ha voluto salvarci con la Sua Croce? E allora, si deve pensare che è insensato che la Chiesa ci faccia cantare «O Crux ave, spes unica», «Salve, o Croce, speranza unica»?
Per di più, tali iniziative comportano delle conseguenze insidiose e perverse per l’animo dei battezzati, i quali finiscono per adottare gli stessi principi dei massoni: l’unione degli uomini al di là delle religioni.
Il terzo è costituito dalla volontà di beatificare Giovanni
Paolo II, il Papa che ha lasciato scomunicare la Tradizione mentre si
diffondevano dappertutto le peggiori aberrazioni dottrinali e liturgiche. Lo
stesso Giovanni Paolo II che ha baciato il Corano e perpetrato innumerevoli
scandali di cui Assisi è senza dubbio il più penoso e disastroso per le anime
(si veda il libro di Don Leroux, Pietro, mi ami tu? - [disponibile
presso i Priorati della FSSPX]).
3 – Come vedere chiaro quando le tenebre sommergono le guide
religiose e queste diventano, secondo l’espressione del Vangelo: «ciechi che
guidano altri ciechi» (Mt 15, 14).
In modo particolare, due principi devono essere ripresi e devono servirci da faro in momenti come questi: «Ciò che era vero ieri non può essere falso oggi» e «Ciò che è nuovo adesso, per essere legittimo e ricevibile, innanzi tutto non deve opporsi al passato, ma deve assumerlo totalmente perfezionandolo».
Tra le altre cose, è in ragione di questi due principi che noi rifiutiamo Assisi, la nuova Messa e molte delle riforme dell’ultimo Concilio.
Assisi.
La Chiesa si è sempre opposta alle altre religioni (cristiane o non cristiane) perché sono false. Essa le ha sempre combattute con la parola, con gli scritti, con ogni sorta di coercizioni (scomunica degli eretici) e con l’esempio dei Santi (i martiri d’Inghilterra del XVI secolo, uccisi solo per la loro fedeltà a Roma). Talvolta, quando non c’erano altri mezzi per proteggersi, le ha perfino combattute con le armi dei soldati cristiani. Questa è la verità di ieri.
Una riunione interreligiosa contraddice l’agire costante della Chiesa. Essa può solo generare confusione negli spiriti, facendo credere che possa esserci un’unione buona e costruttiva per mezzo e al di là delle confessioni religiose.
Qui si tratta del fatto, lo ribadiamo, che si sono introdotti nella Chiesa i tipici principi massonici: libertà religiosa, uguaglianza dei culti e fraternità, non nel battesimo e nella fede, ma unicamente nella nostra comune umanità.
Quanto a noi, sappiamo che costruire la pace senza Cristo e la Sua Chiesa significa voler edificare una torre fino al cielo senza l’intervento di Dio. Le conseguenze sono note: si realizzerà l’inverso: la dispersione invece dell’unione, la confusione e la guerra invece dell’intesa e della pace.
La nuova Messa.
Che importa che la nuova Messa sia valida quando si sa che essa «rappresenta, sia nel suo insieme come nei particolari, un impressionante allontanamento dalla teologia cattolica della Santa Messa, quale fu formulata nella Sessione XXII del Concilio Tridentino» (Breve esame critico del Novus Ordo Missae, presentato a Paolo VI dai cardinali Ottaviani e Bacci nel 1969).
Per chi ha compreso questo diventa impossibile assistervi, perché nessuno può costringerci a cambiare la nostra fede o anche solo a diminuirla. Ora, quand’anche la nuova Messa non cambiasse la fede (certe «messe» festive e fantasiose lo fanno: come le messe clown o le messe danzanti), quanto meno sminuisce l’espressione della Presenza Reale, del Santo Sacrificio e soprattutto della propiziazione, anche quando è ben celebrata da un prete pio e serio.
I cambiamenti della nuova Messa non assumono il passato della Chiesa, non v’è una perfezione del rito antico, ma una regressione nell’espressione della fede: dunque diventa perfettamente legittimo resistervi.
4 – Non tutti i cambiamenti sono malvagi.
Abbondano gli esempi delle novità introdotte nella Chiesa, che sono legittime perché perfezionano la dottrina o affinano la liturgia o la morale. I termini usati dalla Chiesa, quali Consustanziale, Transustanziazione, Immacolata Concezione, sono certo dei cambiamenti molto importanti rispetto a ciò che li ha preceduti, ma essi rendono la dottrina di sempre più intellegibile, così che i cristiani sono protetti contro gli errori subdoli e il genio nefasto dell’eresia. Ecco perché non si possono rifiutare questi tipi di cambiamento. Questi termini nuovi sono dei puri prodotti che vengono dalla Tradizione, non si può più escluderli senza diminuire l’espressione della fede: essi fanno ormai parte del vocabolario cattolico.
Sopprimere o diminuire l’espressione della fede con delle espressioni nuove è cosa non permessa nella Chiesa e nessuna autorità può costringere chicchessia ad adottare tali cambiamenti. La forza giuridica è stata data ai capi, non per distruggere, ma per edificare.
Il criterio della Tradizione è dunque determinante quando si introducono delle novità nella Chiesa. Quando il «magistero» attuale enuncia delle cose che offendono le orecchie cattoliche, come ha fatto Benedetto XVI permettendo in certi casi l’uso del preservativo (Luce del mondo, pp. 170-171 dell'edizione italiana), non si può pensare con facilità che in questo caso Dio ci parla per bocca del successore di Pietro. Soprattutto quando altri papi si sono espressi sull’argomento in linea con la Tradizione e in maniera molto chiara e definitiva: «Niente può trasformare un’azione intrinsecamente immorale in un atto lecito», Pio XII.
5 – Attitudine pratica da adottare di fronte agli errori e
alle ambiguità dei capi religiosi.
Di fronte agli orientamenti aberranti sempre più ripetuti della Gerarchia, che in questo si ispira sempre all’ultimo Concilio, Mons. Lefebvre ha dato a suo tempo alcune regole di condotta per i fedeli, al fine di non farli incappare in una obbedienza mal compresa.
Prima regola: Laddove diventa evidente che vi è una
rottura con la Tradizione, non bisogna seguirla, anche se la più alta autorità
nella Chiesa sembra volerci obbligare.
Il tempo ha finito sempre col dar ragione a coloro che hanno adottano questa regola. È il caso della Messa.
Il papa Paolo VI ha insistito con forza e a più riprese perché la sua nuova Messa rimpiazzasse l’antica. Quest’ultima doveva sparire assolutamente. Dei sacerdoti sono stati cacciati dalle loro parrocchie perché, in coscienza, non potevano celebrare il nuovo rito imposto, senza peccare. Anche dei religiosi e delle religiose hanno dovuto lasciare i loro conventi per non assistere a questa Messa, che faceva loro perdere lo spirito dei loro statuti. In effetti, la volontà di Paolo VI era ben reale e forte, senza riguardo per i recalcitranti, ma era anche una volontà capricciosa, essenzialmente basata sull’ecumenismo e sull’unione con i protestanti. Perché l’ordine fosse ricevibile e si potesse dire: «Roma ha parlato, la causa è finita», sarebbe stato necessario un fondamento dottrinale e giuridico solido, in coerenza col passato. Ma non fu così.
Ecco perché Benedetto XVI, nel 2007, ha potuto dire quasi il contrario di Paolo VI: la Messa di San Pio V non è mai stata abrogata (in tutta legittimità): ogni sacerdote può continuare a celebrarla senza permesso speciale del suo vescovo (Motu Proprio del 7.7.2007).
Il tempo ha finito sempre col dar ragione a coloro che hanno adottano questa regola. È il caso della Messa.
Il papa Paolo VI ha insistito con forza e a più riprese perché la sua nuova Messa rimpiazzasse l’antica. Quest’ultima doveva sparire assolutamente. Dei sacerdoti sono stati cacciati dalle loro parrocchie perché, in coscienza, non potevano celebrare il nuovo rito imposto, senza peccare. Anche dei religiosi e delle religiose hanno dovuto lasciare i loro conventi per non assistere a questa Messa, che faceva loro perdere lo spirito dei loro statuti. In effetti, la volontà di Paolo VI era ben reale e forte, senza riguardo per i recalcitranti, ma era anche una volontà capricciosa, essenzialmente basata sull’ecumenismo e sull’unione con i protestanti. Perché l’ordine fosse ricevibile e si potesse dire: «Roma ha parlato, la causa è finita», sarebbe stato necessario un fondamento dottrinale e giuridico solido, in coerenza col passato. Ma non fu così.
Ecco perché Benedetto XVI, nel 2007, ha potuto dire quasi il contrario di Paolo VI: la Messa di San Pio V non è mai stata abrogata (in tutta legittimità): ogni sacerdote può continuare a celebrarla senza permesso speciale del suo vescovo (Motu Proprio del 7.7.2007).
Seconda regola: Laddove vi fosse ambiguità occorre
interpretare nel senso della Tradizione e combattere il senso contrario, cioè
il senso che favorisce la novità modernista.
Terza regola: Laddove vi è continuità con la Tradizione
occorre semplicemente sottomettersi.
L’espressione «Roma ha parlato, la causa è finita» è valida solo se Roma parla chiaramente, con autorità, in conformità con la Tradizione e lo spirito di santità della Chiesa, e non per imporre degli orientamenti totalmente nuovi, come delle riunioni interreligiose o una liturgia ecumenica.
L’espressione «Roma ha parlato, la causa è finita» è valida solo se Roma parla chiaramente, con autorità, in conformità con la Tradizione e lo spirito di santità della Chiesa, e non per imporre degli orientamenti totalmente nuovi, come delle riunioni interreligiose o una liturgia ecumenica.
6 – Il segno della fedeltà alla Chiesa
San Pio X ha detto: «i veri amici del popolo non sono né rivoluzionari né novatori, ma tradizionalisti». Questa piccola frase che conclude la condanna del Sillon (movimento del cattolico liberale Marc Sangnier) esprime anche tutto lo spirito che deve animarci nella lotta contro il modernismo e lo spirito uscito del Concilio.
Nella Chiesa conciliare, il vero e il falso, il bene e il male, l’utile e il pericoloso, sono talmente mescolati che non bisogna esitare ad allontanarne tutti i cattolici ancora dotati di un po’ di buon senso. Certo, bisogna farlo con intelligenza e con tutto il tempo necessario per mostrar loro i principi pericolosi che si nascondono sotto apparenze ingannevoli; occorre farlo con bontà, delicatezza, e non per ostentare superiorità o per il perfido piacere di aver ragione contro gli altri. Ma per chi conosce bene la Chiesa e il suo spirito, l’obiettivo è chiaro: è necessario allontanare le anime da ogni influenza nefasta che indebolisce insensibilmente la fede e fa compiere atti contrari allo spirito della fede.
Se San Pio X oppose i tradizionalisti ai rivoluzionari e novatori, è perché tra i nemici della religione ve ne sono di quelli più estremisti degli altri. I rivoluzionari, di per sé, sono peggiori dei novatori, ma i novatori si accordano con i rivoluzionari per opporsi ai tradizionalisti. È una cosa riscontrabile. Diciamo che tra loro vi è una differenza di passo, ma si muovo entrambi verso la realizzazione dello stesso scopo.
I rivoluzionari vogliono sconvolgere tutto radicalmente e subito: capovolgere la costituzione divina della Chiesa per farne una specie di democrazia in cui il potere supremo non è più quello del solo papa, ma di un gruppo (la collegialità); abolire il celibato ecclesiastico; dare la comunione ai divorziati risposati; permettere l’aborto e la contraccezione; legittimare l’omosessualità; affermare l’uguaglianza delle religioni e la salvezza tramite tutte le confessioni; esaltare l’assoluta necessità della laicità dello Stato; ecc.
I novatori non saranno così oltranzisti nelle loro rivendicazioni, conserveranno una coloritura e una pietà più conformi allo spirito della Chiesa, tali che senza essere dei feroci partigiani dello sconvolgimento si mostreranno molto aperti a tutto ciò che è nuovo. Vedranno il celibato ecclesiastico, diciamo così, come una sorta di via ideale riservata ad un piccolo numero, ma senza considerarlo un ostacolo al matrimonio di quei preti che lo desiderano. Diranno che le donne non possono (ancora) accedere al sacerdozio, ma potranno fare le letture, distribuire la comunione, mentre le ragazze potranno fare le chierichette. Saranno contro la contraccezione, certo, ma in casi estremi questa può essere una via verso una maggiore moralizzazione. La comunione dei divorziati risposati normalmente non è possibile, ma talvolta occorrerà giudicare caso per caso e autorizzarla senza clamore, discretamente. Quanto allo Stato, non è ragionevole che esso favorisca una religione piuttosto che un’altra, occorre dunque una laicità positiva che equilibri tutto dando la libertà a tutti. A passi felpati, questi novatori metteranno sottosopra tutta la Tradizione al pari dei rivoluzionari, ma con un decorso più lungo e meglio ammantato di un rivestimento che conservi un’apparenza tradizionale presentabile.
«Se cerco di piacere al mondo, non sono più un servitore di Cristo» diceva San Paolo. Questo avvertimento è severo e valido per tutti coloro che hanno una missione per l’edificazione nella Chiesa.
7 – Vi saranno, al di fuori della Fraternità San Pio X,
degli imitatori di San Paolo per resistere di fronte a Pietro a proposito di
Assisi?
È poco probabile.
Oggi i vescovi, non cercano più, come ha fatto San Paolo, di discernere se un atto del Papa è conforme o meno al Vangelo. Essi sono diventati per lo più degli esecutori preoccupati unicamente di rispettare le regole del governo, che sono fondate sui falsi principi della libertà religiosa, dell’ecumenismo o della collegialità, e non guardano al di là.
Se una qualche categoria di cattolici (i tradizionalisti) non rientra negli schemi attuali della legalità, i vescovi, senza esaminare ciò che dicono, come dei funzionari senz’anima, si dimostreranno intrattabili nei suoi confronti. Questi buoni amministratori che hanno in continuazione il dialogo sulle labbra, in questo caso diventano sordi agli argomenti di coloro che sono legati alla fede. Hanno un solo principio da far valere: non siete nella struttura legale della Chiesa conciliare. A quel punto la loro coscienza è perfettamente tranquilla e i loro atti più inumani non li turbano più. Essi fanno ciò che comanda loro la disciplina in vigore e non si sentono responsabili davanti a Dio delle più evidenti ingiustizie. Domani cambieranno, forse.
Non assomigliano pressappoco a quei medici che praticano l’aborto a tutta forza con la coscienza del tutto tranquilla? Se questi ultimi uccidono senza scrupolo è perché la legge del momento lo permette e perfino l’incoraggia: quindi non può essere un male. Ma quando la legge dirà loro: «fermatevi, è male!», si fermeranno e forse si porranno il problema. Che ricordino, i vescovi: come vi è nella società civile un legalismo che si oppone alla legge naturale e che cerca di distruggerla, così vi è nella società religiosa uscita dal Concilio un legalismo che si oppone alla legge del Vangelo e che con le sue novità principali distrugge insidiosamente la fede naturale dei fedeli.
Per coloro che hanno capito questo, vi è una sola attitudine coerente: non fidarsi di questa legalità illegittima e difendere coraggiosamente la fede.
In tal modo, conservare una posizione «canonicamente
corretta» che restringe la confessione di fede significa fare più o meno del
modernismo.
Non si può nascondere o negare che talvolta vi è un grave
dovere di opposizione contro gli scandali perpetrati della Gerarchia.
Fonte: FSSPX
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.