Ringrazio l'amico Piero Mainardi per aver riportato, in forma sintetica, importanti passaggi del libro di Romano Amerio, Iota Unum, e di avermi concesso di riportarli nel mio blog.
1.1 L’OLTREPASSAMENTO DEL CONCILIO. LO SPIRITO
DEL CONCILIO –
Gli oltrepassamenti sono particolarmente palesi nell’ordine
liturgico, dove la Messa si trovò mutata in tutt’altra; nell’ordine
istituzionale che fu investito da uno spirito democratico di consultazione
universale e perpetuo referendum; e più ancora nella mentalità
apertasi a comporsi con dottrine aliene dal principio cattolico.
Quest’oltrepassamento avvenne sotto l’insegna di una causa
anfibologica (ambiguità), varia e confusionale, che si denominò spirito
del Concilio.
Spirito del Concilio non è un’idea chiara né distinta
ma una metafora. Si intende il principio ideale che motiva ed avviva le
operazioni del Concilio. Ciò sarebbe quel che giace in fondo ai decreti
conciliari e che è come l’apriori del Concilio, che neppure però è indipendente
dalla lettera del Concilio. In cosa si esprime un corpo deliberante se non sei
suoi deliberati? Ma l’appello allo spirito del Concilio per coloro che
intendono oltrepassare il Concilio è un argomento equivoco e quasi un pretesto
per allogare nel Concilio lo spirito proprio di novazione. Essendo lo spirito
niente più che il principio del Concilio, ammettere in esso una pluralità di
spiriti equivarrebbe a porre una pluralità di Concili. Definita da alcuni una
ricchezza. La supposizione che lo spirito del Concilio sia molteplice può
sorgere soltanto dall’incertezza e dalla confusione che viziano certi documenti
conciliari e occasionano la teoria dell’oltrepassamento del Concilio.
1.2 L’oltrepassamento del Concilio. Carattere
anfibologico dei testi conciliari –
Talvolta è aperto oltrepassamento della
lettera, talaltra estensione e distrazione di termini.
Si tratta di oltrepassamento franco quando i temi sviluppati
nel postconcilio non trovano appoggio nei testi conciliari e di cui i esti non
conoscono nemmeno il termine. Si veda per il termine pluralismo che si trova
solo tre volte e sempre riferito alla società civile. Similmente l’idea di autenticità
come valore morale e religioso di un atteggiamento umano non appare in nessun
documento se non authenticus cioè riferito filologicamente e autenticamente al
Magistero autentico o alle tradizioni autentiche, ma mai riferito a quel
carattere di immediatezza psicologica con cui oggi viene celebrato come indizio
di valore religioso. Democrazia, coi suoi derivati, non si trova in nessun
punto del Concilio, benché si trovi negli indici di edizioni del Concilio
approvate. Eppure l’ammodernamento della Chiesa post-conciliare è in gran parte
un processo di democratizzazione.
Oltrepassamento franco fu l’eliminazione della lingua latina
dai riti latini che secondo l’art. 36 della Costituzione sulla liturgia si
doveva conservare nel Rito romano e che invece fu proscritta dappertutto
celebrandosi ovunque Messe nelle lingue volgari.
Ma all’oltrepassamento franco prevale quello che si opera
appellandosi allo spirito del Concilio, introducendo l’uso di nuovi vocaboli
destinati a portare come messaggio una particolare concezione, giovandosi
in ciò dell’incertezza stessa degli enunciati conciliari. Come per gli altri
Concili anche questo lasciò dietro una Commissione per l’interpretazione
autentica dei documenti: è assai significativo che questa commissione non si
trovi citata mai. COSI’ IL TEMPO CONCILIARE ANZICHE’ DI ESECUZIONE FU TEMPO DI
INTERPRETAZIONE AUTENTICA. I punti in cui tale interpretazione appariva incerta
fu lasciata alle dispute dei teologi con grave pregiudizio dell’unità della
Chiesa. Il carattere anfibologico (ambiguo) dei testi dà fondamento tanto
all’ermeneutica neoterica quanto a quella tradizionale.
1.3 Ermeneutica neoterica del Concilio. Variazioni
semantiche –
La profondità delle variazioni operatesi nella Chiesa del periodo
postconciliare si desume dagli imponenti cambiamenti intervenuti nel
linguaggio. Vi sono vocaboli come inferno e paradiso che non si trattano mai
negli insegnamenti conciliari. Poiché la parola consegue all’idea, al loro
scomparsa arguisce scomparsa o almeno eclissazione di quei concetti.
Anche la trasposizione semantica è un gran veicolo di
novità. Come chiamare operatore pastorale il parroco, cena la Messa, servizio
l’autorità, autenticità la naturalezza anche disonesta, arguisce novità nelle
cose prima significate con quei secondi vocaboli. Il neologismo è destinato a
significare idee nuove, ma spesso nasce dalla cupidità del nuovo come si vede
nel dire presbitero per prete, diaconia per servizio, eucaristia per Messa.
Alcuni vocaboli mai frequentati o relegati in ambiti
circoscritti acquistarono in un baleno una diffusione prodigiosa. Il più
notevole fu dialogo. Il Vaticano II lo adoprò ventotto volte e coniò la formula
che indica l’asse e l’intendimento del Concilio: “dialogo col mondo” e “mutuo
dialogo” tra Chiesa e mondo. Il vocabolo in tal modo divenne un’universale
categorie della realtà, esorbitando dall’ambito della logica e della retorica
in cui prima era circoscritto. Si avanzò sino a configurare una struttura
dialogale dell’essere divino (in quanto uno e non in quanto trino), una
struttura dialogale della Chiesa, della religione, della famiglia ecc.
1.4 Ancora l’ermeneutica neoterica del Concilio.
Circiterismi. Uso della avversativa “ma” –
Circiterismo consiste nel riferirsi
a un termine indistinto e confusionale e da quello ricavare o escludere
l’elemento che si vuole ricavare o escludere. Tale è per esempio il termine
Spirito del Concilio o Concilio. Esiste una certa limitatezza della intentio
intellettiva incapace di contemplare simultaneamente tutti i lati di un oggetto
complesso, per cui il conoscente non può che volgersi successivamente alle
varie parti del complesso. Questa difficoltà intellettive a livello di
cognizione però non devono arrivare a una intenzionale obliquazione (stortura)
e a fare in modo come insegna il Vangelo (Mt. 13,13) che non si veda quello che
pur vede e non riconosca quello che pur conosce.
La nozione di lettura ha soppiantato quella di cognizione
della cosa, sostituendo alla forza obbligante della cognizione univoca, la
pluralità delle letture possibili. Un identico messaggio può essere letto in
chiavi diverse. I testi del Concilio, come tutti gli altri testi hanno
indipendentemente dalla lettura un senso letterale e la perfezione
dell’ermeneutica consiste nel ridurre la seconda lettura alla prima.
Il metodo dei neoterici del postconcilio consiste nel
lumeggiare e oscurare, rubricare e nigricare singole parti di un testo o
di una verità.
L’altra tecnica dell’errore consiste nel nascondere
una verità dietro l’altra per poi procedere come se la verità nascosta non solo
non fosse nascosta, ma semplicemente non fosse. Ad esempio, quando si
parla di Popolo di Dio in cammino si nasconde l’altra verità, che cioè la
Chiesa comprende anche la parte già in termino dei beati (la parte più
importante di essa) essendo quella in cui il fine si è adempiuto,
Un tipico procedimento è l’uso dell’avversativo ma. Per
attaccare lo stile di vita religiosa si scrive: ”il fondamento della vita
religiosa non è in questione, ma il suo stile di realizzazione”. Per eludere il
dogma della verginità della Madonna in partu si dice che son possibili dei
dubbi “ Non sulla credenza stessa di cui nessuno contesta il titolo dogmatico, ma
sul suo oggetto esatto, di cui non sarebbe sicuro che contenga il miracolo
della nascita senza lesioni corporee”. Oppure si attacca la clausura monacale
scrivendo “La clausura deve essere mantenuta, ma deve adattarsi secondo le
condizioni dei tempi e dei luoghi”.
Questa formula del ma si riscontra sovente negli interventi
dei Padri conciliari, i quali pongono nell’asserto principale qualcosa che
viene distrutto nell’asserto secondario, in modo che quest’ultimo diventa il
vero asserto principale. Al Sinodo dei Vescovi di lingua francese del 1980 si
formula:” Il Gruppo aderisce senza riserve alla Humanae vitae, ma bisognerebbe
superare la dicotomia tra la rigidità della legge e la duttilità pastorale”.
Così l’adesione all’Enciclica diviene puramente vocale. Più aperta la
formula che vuole l’ammissione dei divorziati all’eucaristia: “Non si tratta di
rinunciare all’esigenza evangelica, ma di riconoscere la possibilità per tutti
di essere nella comunione ecclesiale”.
Sempre nel Sinodo del 1980 sulla famiglia nei gruppi
neoterici apparve apparve il vocabolo approfondimento. Mentre si ricerca
l’abbandono della dottrina della Humane vitae, le si professa intera adesione,
ma si chiede che la dottrina venga approfondita, cioè non confermata attraverso
nuovi argomenti, ma mutata in altra. E quindi al profondità consisterebbe nel
cercare e ricercare finché non si approda alla tesi opposta.
Il metodo del circiterismo fu adoperato anche negli stessi Documenti
conciliari. E fu intenzionalmente imposto affinché l’ermeneutica conciliare
potesse poi rubricare o cancellare quelle idee che le premevano. Schillebeecks
scrisse: ”Noi ci esprimiamo in modo diplomatico, ma dopo il Concilio tireremo
le conclusioni implicite”. Si tratta di una stilistica diplomatica, secondo la
forza della parola doppia, in cui la lettera viene formata in vista
dell’ermeneutica, rovesciando l’ordine naturale del pensare e dello scrivere.
1.5 Caratteri del postconcilio. L’universalità
del cambiamento –
Questa universalità del cambiamento pone anche la questione
se questa sia una mutazione sostanziale. Fino a domandarsi se non si si stia
attuando un passaggio da una religione a un’altra come del resto chierici e
laici non si peritano a dichiarare. Il secolo del Vaticano II sarebbe un magnus
articulus temporum, ma ci si può anche chiedere se il Secolo del Vaticano II
non darebbe forse la dimostrazione della pura storicità della religione
cattolica. E quindi della non-divinità della religione cattolica?
Delle tre classi di atteggiamenti in cui si compendia la
religione, circa le cose da credere, da sperare e da amare non ve n’è alcuna
che non sia stata toccata e tendenzialmente variata. Nell’ordine
noologico (intellettuale) la nozione di fede da atto dell’intelletto vien
trasposta ad atto della persona e da adesioni a verità rivelate diventa
tensione di vita, trasgredendo così nella sfera della speranza. La speranza
abbassa il suo oggetto, divenendo aspirazione e aspettazione di una liberazione
e trasformazione terrestre. La carità che, come la fede e la speranza ha un
oggetto formalmente soprannaturale, abbassa similmente il proprio termine
volgendosi all’uomo, e già vedemmo nel discorso di chiusura. Del Concilio esser
l’uomo proclamato all’amor di Dio.
Ma non solo queste tre classi di atteggiamenti sono
cambiate, ma anche l’aspetto sensorio: sul paino visivo sono mutate le forme
delle vesti, delle suppellettile sacra, degli altari, delle architetture, delle
lumiere, dei gesti. Al sensorio tattile la novità grande è data dal poter
palpare quello che la riverenza al Sacro rendeva intoccabile. Al sensorio
gustativo è stata concessa la bibizione del calice. A quello olfattivo
precluso o quasi l’incenso che santificava i morti e i vivi. Il sensorio
auditivo ha conosciuto la più profonda ed estesa novità mai operata sulla
terra, avendo la riforma liturgica mutato il linguaggio a mezzo miliardo di
uomini. Ha cambiato le musiche da melodiche a percussive, esiliato il
gregoriano.
Qui si innesta il difficile discorso del rapporto tra
l’essenza e le parti accidentali di una cosa, tra l’essenza della Chiesa e i
suoi accidenti. Non possono forse tutte quelle cose e generi di cose che
abbiamo elencati venir riformate nella Chiesa e la Chiesa rimanere identica?
Occorre osservare tre cose: vi sono anche quelli che gli
scolastici chiamano accidenti assoluti che non si identificano con la sostanza
della cosa, ma senza i quali la cosa non è; secondo: non tutte le accidentalità
possono essere assunte o deposte dalla Chiesa. La Chiesa ha certi accidenti e
non altri e ve ne sono di alcuni incompatibili con Lei e che, se assunti, la
distruggono. Il perpetuo combattimento della Chiesa è stato nel rigettare le
forme accidentali che le si venivano insinuando da dento o da fuori che ne
avrebbero distrutto l’essenza il monofisismo non era un modo accidentale per
intendere la divinità di Cristo? Il luteranesimo per intendere l’azione dello
Spirito Santo.
Terzo. Gli accidenti non si devono riguardare come
indifferenti. E bisogna ricordare che la sostanza della Chiesa non sussiste che
negli accidenti, cioè senza accidenti è una sostanza nulla.
Eppure il destino morale o la salvezza dipende proprio da
quegli accidenti. E d’altronde si pensi questo :che resta della persona umana
quando tutto il suo rivestimento accidentale e storico viene meno?
1.6 Ancora nel postconcilio. L’uomo nuovo. GS
30. Profondità del cambiamento –
Non più il nuovo nelle istituzioni, ma nuove
istituzioni. Vi sono precedenti di tali conati, nelle escatologie terrestri
ereticali della terza età dello Spirito Santo, nel pensiero del Lamennais
secondo cui si profila un nuovo stato della chiesa e un’era nuova di cui
Dio stesso con una nuova manifestazione getterebbe il fondamento.
Gs 30 è uno dei testi straordinari a questo proposito.
L’officio morale che deve primeggiare nell’uomo di oggi è la solidarietà
sociale coltivata con l’esercizio e la diffusione delle virtù. Il vocabolo
novus si trova 212 volte nel Vaticano II nel senso di : Nuovo Testamento, nuovi
mezzi di comunicazione, nuovi impedimenti alla pratica della fede, nuove
situazioni, nuovi problemi e così via. Ma nel testo citato e in GsI “nova
exurgit humanitatis condicio”.
Paolo VI ha ripetutamente proclamato la novità del pensiero
conciliare:” le parole importanti del Concilio sono novità e aggiornamenti … La
parola novità ci è data come un ordine, un programma”-
Ma la teologia cattolica conosce solo tre tipi di
novità radicali capaci di innovare l’umanità e quasi di transnaturarla. La
prima è difettiva: dallo stato di integrità e soprannaturalità da cui l’uomo è
caduto per la colpa primordiale; la seconda è restaurativa e perfettiva per cui
la grazia del Cristo ripara lo stato originario e lo solleva oltre la sua
costituzione originaria; la terza è quella completiva dell’ordine intero per
cui alla fine dei tempi l’uomo graziato viene anche beatificato e glorificato
in una assimilazione della creatura a Creatore. Non è dunque possibile restando
nel presente ordine del mondo figurare una umanità nuova che oltrepassi
l’umanità nell’ordine di Cristo (se non nell’ordine della speranza).
La Scrittura adopera per la grazia il verbo creare in modo
veramente proprio perché l’uomo riceve una potenza o una qualità nuova. Come la
creazione è il passo dal non essere all’essere naturale, così la grazia è il
passo dal non essere soprannaturale all’essere soprannaturale.
Per cui si deve concludere che i novi homines del Concilio
sono da intendere non nel senso di un cambiamento di essenza, ma nel senso
debole di una grande restaurazione di vita nel corpo della Chiesa e
dell’umanità. La formula è stata sovente intesa in senso stretto inammissibile,
facendo alitare sul postconcilio un’aura di anfibologia e utopia.
1.7 Impossibilità di variazione radicale nella Chiesa –
Sembra che la crisi della Chiesa più che capacità di conservarsi sia una crisi
di sofferenza che genera un altro essere. Per mons. Matagrin, vescovo di
Grenoble si tratta di una ”rivoluzione copernicana” dove la Chiesa “si è
decentrata da sé stessa, dalle sue istituzioni per centrarsi su Dio e sugli
uomini”. Centrarsi su due centri può essere una formula verbale, ma non un
concetto, essendo questo assurdo. Per prima ragione perché la Chiesa che esce
da se stessa significa apostasia; in secondo luogo perché non può
essere posto altro fondamento che in Gesù; terzo perché non è possibile
rifiutare la Chiesa nel suo essere storico, che nella sua continuità fu
apostolica, costantiniana, gregoriana, tridentina, e saltare programmaticamente
i secoli come vorrebbe p. Congar che sogna di “saltare cinque secoli”; Quarto
perché non si può scambiare l’uscita della Chiesa missionaria dal mondo con
l’uscita della Chiesa da sé stessa. Ed è incongruo caratterizzare la Chiesa
contemporanea come missionaria poiché non converte più nessuno, per negarla a
quella che in tempi più vicini ha convertito Papini, Gemelli, Psicari, Claudel,
Péguy ecc. per tacere delle fiorenti missioni di Propaganda fide.
Congar ribatte che la Chiesa di Pio XI e Pio XII è finita, come se fosse
un parlare cattolico parlare della Chiesa di questo o quel Pontefice o della
Chiesa del Vaticano II.
Mons. Pogge, arcivescovo di Avignone nel ’76 diceva nelle
sue Lettere che la chiesa del Vaticano II è nuova e che lo Spirito Santo non
cessa di trarla dalla staticità e che la novità essenziale starebbe: ”nell’aver
ricominciato ad amare il mondo, ad aprirsi ad esso, a farsi dialogo”.
Questa persuasione di novità che va dalle idee, alle cose,
ai nomi diviene palese nel riferimento continuo che si fa alla fede del
Concilio Vaticano II abbandonando quello alla fede una e cattolica che è la
fede di tutti i Concili. Diviene non meno palese il richiamo di Paolo VI
all’obbedienza dovuta a lui e al Concilio, anziché a quella dovuta ai
suoi predecessori e a tutta la Chiesa. Vero che la fede di un Concilio
posteriore è la fede di tutti precedenti e li assomma tutti, ma non si deve
staccare e isolare quel che è congiunto, né dimenticare che la Chiesa è una
nello spazio , ma ancor più nel tempo. Possiamo dire di trovarsi all’inverso
della situazione del Concilio di Costanza: allora si avevano più papi ma una
sola Chiesa; oggi un solo Papa e più Chiese.
1.8 Ancora l’impossibilità della novità radicale
–
Disconosciuta la continuità del divenire ecclesiale fondata su un fondamento
non diveniente, al vita della Chiesa appare per forza come un’incessante
creazione ex-nihilo. Al Convegno Ecclesiale del ’76 Giuseppe Franceschi,
arcivescovo di Ferrara diceva: ”il problema vero è inventare il presente e
trovare in esso le vie di sviluppo di un futuro che sia dell’uomo”. Ma
“inventare il presente” è un composto di parole che non ha senso. E tra l’altro
se si inventa il presente che bisogno c’è di trovarvi le vie dello sviluppo del
futuro? Si inventi subito anche il futuro!
Non si danno, dopo la rinascita del battesimo altre
rinascite se non quella escatologica. Che non vi siano nella Chiesa mutazioni
della base ma soltanto sulla base. Tutte le riforme della Chiesa furono attuate
sul fondamento antico e non tentarono un fondamento nuovo.
Persone esterne alla Chiesa, tra cui Abbagnano, consuonano
che la Chiesa “abbia selezionato nella sua tradizione gli aspetti da porre in
prima fila e quelli da modificare radicalmente componendosi col mondo moderno”.
Questa composizione esige una dislocazione che il Vaticano II avrebbe avviata,
certo non volutamente, verso l’immanenza, con l’abolizione tendenziale della
legge in favore dell’amore, del logico in favore dello pneumatico,
dell’individuale in favore del collettivo, dell’autorità in favore
dell’indipendenza, del Concilio stesso in favore dello spirito del Concilio.
1.9 La denigrazione della Chiesa storica –
Il
fenomeno presente della denigrazione del passato della Chiesa ad opera di clero
e laici fa da contrapposto con l’atteggiamento di fortezza e di fierezza che il
cattolicesimo ebbe nei secoli passati di fronte ai suoi avversari. Si
riconosceva infatti esistere degli avversari e persino dei nemici della Chiesa
e i cattolici esercitavano insieme la guerra all’errore e la carità verso il
nemico. E dove la verità impediva di difendere umani mancamenti la riverenza domandava
di coprire le vergogne.
Rispetto e riverenza si originano dal sentimento di una
dipendenza verso chi è in qualche modo principio a noi o dell’essere, come
genitori e patria, o di un qualche beneficio nell’essere, come gli educatori.
Se la Chiesa ha da morire a sé stessa e rompere con suo passato sorgendo in una
nuova creatura, è manifesto che il passato non solo non ha da rivivere, ma anzi
ha da staccarsi e ripudiarlo. Le medesime parole di rispetto e riverenza
includono in sé l’idea di guardare indietro che non ha luogo per una Chiesa
proiettata nel futuro e per la quale è la distruzione del suo passato la
condizione per rinascere. Una certa pusillanimità nel difendere il passato
della Chiesa, vizio opposto alla constantia pagana e alla fortezza cristiana,
aveva già dato sintomi nel Concilio, ma la sindrome si sviluppò celermente.
Tralascio quanto appare su Lutero, sulle Crociate, sull’Inquisizione, su san
Francesco. I grandi Santi del cattolicesimo sono tirati ad essere precursori
della novità o nulla.
La denigrazione della Chiesa è un luogo comune nei discorsi
del clero postconciliare. Per circiterismo mentale combinato con le
accomodazioni del secolo.
Il vescovo mons. Ancel addossa alle deficienze della Chiesa
gli errori del mondo moderno sostenendo che ai problemi reali “noi abbiamo
fornito risposte insufficienti. Intanto, noi chi? Noi cattolici? Noi preti? Noi
pastori? In secondo luogo è falso, nel sistema cattolico, che gli errori
nascano per difetti di soluzioni soddisfacenti, perché essi coesistono sempre e
ai problemi e alle soluzioni vere le quali, nelle cose essenziali al destino
dell’uomo la Chiesa insegna perpetuamente.
E’ strano che proprio quelli che dicono che l’errore sia
necessario per la ricerca della verità, dicano poi bustrofedicamente
(contraddittoriamente) che la ricerca della verità sia impedita dall’errore.
Pierre Pierrard ripudia tutta la polemica sostenuta dai
cattolici del XIX secolo affermando che quel passato della Chiesa era una
negazione del Vangelo.
Nazzareno Fabretti (Gazzetta del popolo, 23 gennaio 1970)
parlando del celibato ecclesiastico, grava di un’accusa criminale tutta la
storia della Chiesa, scrivendo che verginità, celibato e sacrificio della carne
“come sono stati imposti per secoli solo d’autorità senza altrettanta
persuasione e possibilità oggettiva di scelta a milioni di seminaristi e di
sacerdoti rappresentano uno dei maggiori plagi che la storia ricordi”. Mons.
Martignoli, vescovo di Lugano, ritiene la religione responsabile del marxismo e
che se i cattolici avessero operato altrimenti, il socialismo ateo non sarebbe
venuto.
Il card. Garrone su L’Osservatore Romano (12 luglio 1979)
afferma che: “se il mondo moderno è scristianizzato Cristo, non è perché
rifiuti Cristo, ma perché non glielo abbiamo dato”.
Per il card. Lèger, arcivescovo di Montreal, affermava che
in passato non c’era nel popolo cristiano fede vera.
1.10 Critica della denigrazione della Chiesa –
Questa tesi accusatoria subentrata all’apologetica è superficiale perché
suppone che la causa dell’errore di un uomo si trovi determinantemente ed
efficientemente nell’errore di altri uomini negando così libertà e
responsabilità personali. Applicando questo criterio accusatorio si viene ad
addossare a Cristo stesso la responsabilità del rifiuto oppostogli dagli
uomini, incolpandolo di non aver interamente dissipato il dubbio circa la sua
divinità, di non aver adempiuto il suo dovere di salvatore del mondo.
La tesi accusatoria risente della superficialità accusatoria
dei neoterici i quali epocato il dogma della predestinazione [in senso
cattolico] non possono più cogliere né la profondità della libertà umana, fatta
dipendere contraddittoriamente dalla altrui libertà, né dal mistero di
redenzione.
Giovanni Paolo II ha ben mostrato la profondità di questo mistero.
Il mistero cristiano è certo la nascita dell’uomo-Dio venuto nel mondo, ma
identico mistero è che il mondo, sin dalla natività del Salvatore, non lo ha
accolto, e continua a non accoglierlo. Il mistero della non-accoglienza del
Verbo è il mistero profondo della religione ed è aridità religiosa quella che
va a cercarne la causa nelle colpe della Chiesa. La predicazione miracolizzante
del Cristo lasciò moltissimi nell’incredulità, molti nel peccato, tutti nella
propensione al peccato. Forse che la redenzione fu monca per questo?
1.11 Falsa retrospettiva –
Un effetto paradosso
della denigrazione storica della Chiesa è l’esaltazione sconsiderata della
Chiesa primitiva (alla quale si pretende di attingere spirito e modi)
presentata come comunità di perfetti, ispirata alla carità e praticante ad
amussim (esattamente) i precetti evangelici.
E’ vero il contrario che la Chiesa fu in ogni tempo, una
massa mista, di buoni e di malvagi. Le testimonianza cominciano da san Paolo:
basta ricordare gli abusi dell’agape, le fazioni tra i fedeli, le defezioni
morali, le apostasie nella persecuzione. L’esaltazione retrospettiva del
cristianesimo precostantiniano, sulla quale poggiano le prospettive di
rinnovamento della Chiesa, è storicamente infondata.
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