mercoledì 28 marzo 2012

ROMANO AMERIO - IOTA UNUM - IL POST CONCILIO





Ringrazio l'amico Piero Mainardi per aver riportato, in forma sintetica, importanti passaggi del libro di Romano Amerio, Iota Unum, e di avermi concesso di riportarli nel mio blog.

1.1   L’OLTREPASSAMENTO DEL CONCILIO. LO SPIRITO DEL CONCILIO – 
Gli oltrepassamenti sono particolarmente palesi nell’ordine liturgico, dove la Messa si trovò mutata in tutt’altra; nell’ordine istituzionale che fu investito da uno spirito democratico di consultazione universale  e perpetuo referendum;  e più ancora nella mentalità apertasi a comporsi con dottrine aliene dal principio cattolico.
Quest’oltrepassamento avvenne sotto l’insegna di una causa anfibologica (ambiguità), varia  e confusionale, che si denominò spirito del Concilio.
Spirito del Concilio non  è un’idea chiara né distinta ma una metafora. Si intende il principio ideale che motiva ed avviva le operazioni del Concilio. Ciò sarebbe quel che giace in fondo ai decreti conciliari e che è come l’apriori del Concilio, che neppure però è indipendente dalla lettera del Concilio. In cosa si esprime un corpo deliberante se non sei suoi deliberati? Ma l’appello allo spirito del Concilio per coloro che intendono oltrepassare il Concilio è un argomento equivoco e quasi un pretesto per allogare nel Concilio lo spirito proprio di novazione. Essendo lo spirito niente più che il principio del Concilio, ammettere in esso una pluralità di spiriti equivarrebbe a porre una pluralità di Concili. Definita da alcuni una ricchezza. La supposizione che lo spirito del Concilio sia molteplice può sorgere soltanto dall’incertezza e dalla confusione che viziano certi documenti conciliari e occasionano la teoria dell’oltrepassamento del Concilio.

1.2   L’oltrepassamento del Concilio. Carattere anfibologico dei testi conciliari – 
Talvolta è aperto oltrepassamento della lettera, talaltra estensione e distrazione di termini.
Si tratta di oltrepassamento franco quando i temi sviluppati nel postconcilio non trovano appoggio nei testi conciliari e di cui i esti non conoscono nemmeno il termine. Si veda per il termine pluralismo che si trova solo tre volte e sempre riferito alla società civile. Similmente l’idea di autenticità come valore morale e religioso di un atteggiamento umano non appare in nessun documento se non authenticus cioè riferito filologicamente e autenticamente al Magistero autentico o alle tradizioni autentiche, ma mai riferito a quel carattere di immediatezza psicologica con cui oggi viene celebrato come indizio di valore religioso. Democrazia, coi suoi derivati, non si trova in nessun punto del Concilio, benché si trovi negli indici di edizioni del Concilio approvate. Eppure l’ammodernamento della Chiesa post-conciliare è in gran parte un processo di democratizzazione.
Oltrepassamento franco fu l’eliminazione della lingua latina dai riti latini che secondo l’art. 36 della Costituzione sulla liturgia si doveva conservare nel Rito romano e che invece fu proscritta dappertutto celebrandosi ovunque Messe nelle lingue volgari.
Ma all’oltrepassamento franco prevale quello che si opera appellandosi allo spirito del Concilio, introducendo l’uso di nuovi vocaboli destinati a  portare come messaggio una particolare concezione, giovandosi in ciò dell’incertezza stessa degli enunciati conciliari. Come per gli altri Concili anche questo lasciò dietro una Commissione per l’interpretazione autentica dei documenti: è assai significativo che questa commissione non si trovi citata mai. COSI’ IL TEMPO CONCILIARE ANZICHE’ DI ESECUZIONE FU TEMPO DI INTERPRETAZIONE AUTENTICA. I punti in cui tale interpretazione appariva incerta fu lasciata alle dispute dei teologi con grave pregiudizio dell’unità della Chiesa. Il carattere anfibologico (ambiguo) dei testi dà fondamento tanto all’ermeneutica neoterica quanto a quella tradizionale.

1.3 Ermeneutica neoterica del Concilio. Variazioni semantiche – 
La profondità delle variazioni operatesi nella Chiesa del periodo postconciliare si desume dagli imponenti cambiamenti intervenuti nel linguaggio. Vi sono vocaboli come inferno e paradiso che non si trattano mai negli insegnamenti conciliari. Poiché la parola consegue all’idea, al loro scomparsa arguisce scomparsa o almeno eclissazione di quei concetti.
Anche la trasposizione semantica è un gran veicolo di novità. Come chiamare operatore pastorale il parroco, cena la Messa, servizio l’autorità, autenticità la naturalezza anche disonesta, arguisce novità nelle cose prima significate con quei secondi vocaboli. Il neologismo è destinato a significare idee nuove, ma spesso nasce dalla cupidità del nuovo come si vede nel dire presbitero per prete, diaconia per servizio, eucaristia per Messa.
Alcuni vocaboli mai frequentati o relegati in ambiti circoscritti acquistarono in un baleno una diffusione prodigiosa. Il più notevole fu dialogo. Il Vaticano II lo adoprò ventotto volte e coniò la formula che indica l’asse e l’intendimento del Concilio: “dialogo col mondo” e “mutuo dialogo” tra Chiesa e mondo. Il vocabolo in tal modo divenne un’universale categorie della realtà, esorbitando dall’ambito della logica e della retorica in cui prima era circoscritto. Si avanzò sino a configurare una struttura dialogale dell’essere divino (in quanto uno  e non in quanto trino), una struttura dialogale della Chiesa, della religione, della famiglia ecc.

1.4   Ancora l’ermeneutica neoterica del Concilio. Circiterismi. Uso della avversativa “ma” – 
Circiterismo consiste nel riferirsi a un termine indistinto e confusionale e da quello ricavare o escludere l’elemento che si vuole ricavare o escludere. Tale è per esempio il termine Spirito del Concilio o Concilio. Esiste una certa limitatezza della intentio intellettiva incapace di contemplare simultaneamente tutti i lati di un oggetto complesso, per cui il conoscente non può che volgersi successivamente alle varie parti del complesso. Questa difficoltà intellettive a livello di cognizione però non devono arrivare a una intenzionale obliquazione (stortura) e a fare in modo come insegna il Vangelo (Mt. 13,13) che non si veda quello che pur vede e non riconosca quello che pur conosce.
La nozione di lettura ha soppiantato quella di cognizione della cosa, sostituendo alla forza obbligante della cognizione univoca, la pluralità delle letture possibili. Un identico messaggio può essere letto in chiavi diverse. I testi del Concilio, come tutti gli altri testi hanno indipendentemente dalla lettura un senso letterale e la perfezione dell’ermeneutica consiste nel ridurre la seconda lettura alla prima.
Il metodo dei neoterici del postconcilio consiste nel lumeggiare e oscurare, rubricare  e nigricare singole parti di un testo o di una verità.
L’altra tecnica dell’errore  consiste nel nascondere una verità dietro l’altra per poi procedere come se la verità nascosta non solo non fosse nascosta, ma semplicemente non  fosse. Ad esempio, quando si parla di Popolo di Dio in cammino si nasconde l’altra verità, che cioè la Chiesa comprende anche la parte già in termino dei beati (la parte più importante di essa) essendo quella in cui il fine si è adempiuto,
Un tipico procedimento è l’uso dell’avversativo ma. Per attaccare lo stile di vita religiosa si scrive: ”il fondamento della vita religiosa non è in questione, ma il suo stile di realizzazione”. Per eludere il dogma della verginità della Madonna in partu si dice che son possibili dei dubbi “ Non sulla credenza stessa di cui nessuno contesta il titolo dogmatico, ma sul suo oggetto esatto, di cui non sarebbe sicuro che contenga il miracolo della nascita senza lesioni corporee”. Oppure si attacca la clausura monacale scrivendo “La clausura deve essere mantenuta, ma deve adattarsi secondo le condizioni dei tempi e dei luoghi”.
Questa formula del ma si riscontra sovente negli interventi dei Padri conciliari, i quali pongono nell’asserto principale qualcosa che viene distrutto nell’asserto secondario, in modo che quest’ultimo diventa il vero asserto principale. Al Sinodo dei Vescovi di lingua francese del 1980 si formula:” Il Gruppo aderisce senza riserve alla Humanae vitae, ma bisognerebbe superare la dicotomia tra la rigidità della legge e la duttilità pastorale”. Così l’adesione all’Enciclica diviene puramente vocale. Più aperta la  formula che vuole l’ammissione dei divorziati all’eucaristia: “Non si tratta di rinunciare all’esigenza evangelica, ma di riconoscere la possibilità per tutti di essere nella comunione ecclesiale”.
Sempre nel Sinodo del 1980 sulla famiglia nei gruppi neoterici apparve apparve il vocabolo approfondimento. Mentre si ricerca l’abbandono della dottrina della Humane vitae, le si professa intera adesione, ma si chiede che la dottrina venga approfondita, cioè non confermata attraverso nuovi argomenti, ma mutata in altra. E quindi al profondità consisterebbe nel cercare e ricercare finché non si approda alla tesi opposta.
Il metodo del circiterismo fu adoperato anche negli stessi Documenti conciliari. E fu intenzionalmente imposto affinché l’ermeneutica conciliare potesse poi rubricare o cancellare quelle idee che le premevano. Schillebeecks scrisse: ”Noi ci esprimiamo in modo diplomatico, ma dopo il Concilio tireremo le conclusioni implicite”. Si tratta di una stilistica diplomatica, secondo la forza della parola doppia, in cui la lettera viene formata in vista dell’ermeneutica, rovesciando l’ordine naturale del pensare e dello scrivere.

1.5   Caratteri del postconcilio. L’universalità del cambiamento – 
Questa universalità del cambiamento pone anche la questione se questa sia una mutazione sostanziale. Fino a domandarsi se non si si stia attuando un passaggio da una religione a un’altra come del resto chierici e laici non si peritano a dichiarare. Il secolo del Vaticano II sarebbe un magnus articulus temporum, ma ci si può anche chiedere se il Secolo del Vaticano II non darebbe forse la dimostrazione della pura storicità della religione cattolica. E quindi della non-divinità della religione cattolica?
Delle tre classi di atteggiamenti in cui si compendia la religione, circa le cose da credere, da sperare e da amare non ve n’è alcuna che non sia stata toccata e  tendenzialmente variata. Nell’ordine noologico (intellettuale)  la nozione di fede da atto dell’intelletto vien trasposta ad atto della persona e da adesioni a verità rivelate diventa tensione di vita, trasgredendo così nella sfera della speranza. La speranza abbassa il suo oggetto, divenendo aspirazione e aspettazione di una liberazione e trasformazione terrestre. La carità che, come la fede e la speranza ha un oggetto formalmente soprannaturale, abbassa similmente il proprio termine volgendosi all’uomo, e già vedemmo nel discorso di chiusura. Del Concilio esser l’uomo proclamato all’amor di Dio.
Ma non solo queste tre classi di atteggiamenti sono cambiate, ma anche l’aspetto sensorio: sul paino visivo sono mutate le forme delle vesti, delle suppellettile sacra, degli altari, delle architetture, delle lumiere, dei gesti. Al sensorio tattile la novità grande è data  dal poter palpare quello che  la riverenza al Sacro rendeva intoccabile. Al sensorio gustativo è stata concessa la bibizione del calice. A quello  olfattivo precluso o quasi l’incenso che santificava i morti e i vivi. Il sensorio auditivo ha conosciuto la più profonda ed estesa novità mai operata sulla terra, avendo la riforma liturgica mutato il linguaggio a mezzo miliardo di uomini. Ha cambiato le musiche da melodiche a percussive, esiliato il gregoriano.
Qui si innesta il difficile discorso del rapporto tra l’essenza e le parti accidentali di una cosa, tra l’essenza della Chiesa e i suoi accidenti. Non possono forse tutte quelle cose e generi di cose che abbiamo elencati venir riformate nella Chiesa e la Chiesa rimanere identica?
Occorre osservare tre cose: vi sono anche quelli che gli scolastici chiamano accidenti assoluti che non si identificano con la sostanza della cosa, ma senza i quali la cosa non è; secondo: non tutte le accidentalità possono essere assunte o deposte dalla Chiesa. La Chiesa ha certi accidenti e non altri e ve ne sono di alcuni incompatibili con Lei e che, se assunti, la distruggono. Il perpetuo combattimento della Chiesa è stato nel rigettare le forme accidentali che le si venivano insinuando da dento o da fuori che ne avrebbero distrutto l’essenza il monofisismo non era un modo accidentale per intendere la divinità di Cristo? Il luteranesimo per intendere l’azione dello Spirito Santo.  
Terzo. Gli accidenti non si devono riguardare come indifferenti. E bisogna ricordare che la sostanza della Chiesa non sussiste che negli accidenti, cioè senza accidenti è una sostanza nulla.
Eppure il destino morale o la salvezza dipende proprio da quegli accidenti. E d’altronde si pensi questo :che resta della persona umana quando tutto il suo rivestimento accidentale e storico viene meno?

1.6   Ancora nel postconcilio. L’uomo nuovo. GS 30. Profondità del cambiamento – 
Non più il nuovo nelle istituzioni, ma nuove istituzioni. Vi sono precedenti di tali conati, nelle escatologie terrestri ereticali della terza età dello Spirito Santo, nel pensiero del Lamennais secondo cui si profila un nuovo stato della chiesa  e un’era nuova di cui Dio stesso con una nuova manifestazione getterebbe il fondamento.
Gs 30 è uno dei testi straordinari a questo proposito. L’officio morale che deve primeggiare nell’uomo di oggi è la solidarietà sociale coltivata con l’esercizio e la diffusione delle virtù. Il vocabolo novus si trova 212 volte nel Vaticano II nel senso di : Nuovo Testamento, nuovi mezzi di comunicazione, nuovi impedimenti alla pratica della fede, nuove situazioni, nuovi problemi e così via. Ma nel testo citato e in GsI “nova exurgit humanitatis condicio”.
Paolo VI ha ripetutamente proclamato la novità del pensiero conciliare:” le parole importanti del Concilio sono novità e aggiornamenti … La parola novità ci è data come un ordine, un programma”-
Ma la teologia cattolica conosce solo  tre tipi di novità radicali capaci di innovare l’umanità e quasi di transnaturarla. La prima è difettiva: dallo stato di integrità e soprannaturalità da cui l’uomo è caduto per la colpa primordiale; la seconda è restaurativa e perfettiva per cui la grazia del Cristo ripara lo stato originario e lo solleva oltre la sua costituzione originaria; la terza è quella completiva dell’ordine intero per cui alla fine dei tempi l’uomo graziato viene  anche beatificato e glorificato in una assimilazione della creatura a Creatore. Non è dunque possibile restando nel presente ordine del mondo figurare una umanità nuova che oltrepassi l’umanità nell’ordine di Cristo (se non nell’ordine della speranza).
La Scrittura adopera per la grazia il verbo creare in modo veramente proprio perché l’uomo riceve una potenza o una qualità nuova. Come la creazione è il passo dal non essere all’essere naturale, così la grazia è il passo dal non essere soprannaturale all’essere soprannaturale.
Per cui si deve concludere che i novi homines del Concilio sono da intendere non nel senso di un cambiamento di essenza, ma nel senso debole di una grande restaurazione di vita nel corpo della Chiesa e dell’umanità. La formula è stata sovente intesa in senso stretto inammissibile, facendo alitare sul postconcilio un’aura di anfibologia e utopia.

1.7 Impossibilità di variazione radicale nella Chiesa – 
Sembra che la crisi della Chiesa più che capacità di conservarsi sia una crisi di sofferenza che genera un altro essere. Per mons. Matagrin, vescovo di Grenoble si tratta di una  ”rivoluzione copernicana” dove la Chiesa “si è decentrata da sé stessa, dalle sue istituzioni per centrarsi su Dio e sugli uomini”. Centrarsi su due centri può essere una formula verbale, ma non un concetto, essendo questo assurdo. Per prima ragione perché la Chiesa che esce da se stessa  significa apostasia;  in secondo luogo perché non può essere posto altro fondamento che in Gesù; terzo perché non è possibile rifiutare la Chiesa nel suo essere storico, che nella sua continuità fu apostolica, costantiniana, gregoriana, tridentina, e saltare programmaticamente i secoli come vorrebbe p. Congar che sogna di “saltare cinque secoli”; Quarto perché non si può scambiare l’uscita della Chiesa missionaria dal mondo con l’uscita della Chiesa da sé stessa. Ed è incongruo caratterizzare la Chiesa contemporanea come missionaria poiché non converte più nessuno, per negarla a quella che in tempi più vicini ha convertito Papini, Gemelli, Psicari, Claudel, Péguy  ecc. per tacere delle fiorenti missioni di Propaganda fide.  Congar ribatte che la Chiesa di Pio XI e Pio XII è finita, come se fosse un parlare cattolico parlare della Chiesa di questo o quel Pontefice o della Chiesa del Vaticano II.
Mons. Pogge, arcivescovo di Avignone nel ’76 diceva nelle sue Lettere che la chiesa del Vaticano II è nuova e che lo Spirito Santo non cessa di trarla dalla staticità e che la novità essenziale starebbe: ”nell’aver ricominciato ad amare il mondo, ad aprirsi ad esso, a farsi dialogo”.
Questa persuasione di novità che va dalle idee, alle cose, ai nomi diviene palese nel riferimento continuo che si fa alla fede del Concilio Vaticano II abbandonando quello alla fede una e cattolica che è la fede di tutti i Concili. Diviene non meno palese il richiamo di Paolo VI all’obbedienza dovuta  a lui e al Concilio, anziché a quella dovuta ai suoi predecessori e a tutta la Chiesa. Vero che la fede di un Concilio posteriore è la fede di tutti precedenti e li assomma tutti, ma non si deve staccare e isolare quel che è congiunto, né dimenticare che la Chiesa è una nello spazio , ma ancor più nel tempo. Possiamo dire di trovarsi all’inverso della situazione del Concilio di Costanza: allora si avevano più papi ma una sola Chiesa; oggi un solo Papa e più Chiese.

1.8   Ancora l’impossibilità della novità radicale – 
Disconosciuta la continuità del divenire ecclesiale fondata su un fondamento non diveniente, al vita della Chiesa appare per forza come un’incessante creazione ex-nihilo. Al Convegno Ecclesiale del ’76 Giuseppe Franceschi, arcivescovo di Ferrara diceva: ”il problema vero è inventare il presente e trovare in esso le vie di sviluppo di un futuro che sia dell’uomo”. Ma “inventare il presente” è un composto di parole che non ha senso. E tra l’altro se si inventa il presente che bisogno c’è di trovarvi le vie dello sviluppo del futuro?  Si inventi subito anche il futuro!
Non si danno, dopo la rinascita del battesimo altre rinascite se non quella escatologica. Che non vi siano nella Chiesa mutazioni della base ma soltanto sulla base. Tutte le riforme della Chiesa furono attuate sul fondamento antico e non tentarono un fondamento nuovo.
Persone esterne alla Chiesa, tra cui Abbagnano, consuonano che la Chiesa “abbia selezionato nella sua tradizione gli aspetti da porre in prima fila e quelli da modificare radicalmente componendosi col mondo moderno”. Questa composizione esige una dislocazione che il Vaticano II avrebbe avviata, certo non volutamente, verso l’immanenza, con l’abolizione tendenziale della legge in favore dell’amore, del logico in favore dello pneumatico, dell’individuale in favore del collettivo, dell’autorità in favore dell’indipendenza, del Concilio stesso in favore dello spirito del Concilio.

1.9   La denigrazione della Chiesa storica – 
Il fenomeno presente della denigrazione del passato della Chiesa ad opera di clero e laici fa da contrapposto con l’atteggiamento di fortezza e di fierezza che il cattolicesimo ebbe nei secoli passati di fronte ai suoi avversari. Si riconosceva infatti esistere degli avversari e persino dei nemici della Chiesa e i cattolici esercitavano insieme la guerra all’errore e la carità verso il nemico. E dove la verità impediva di difendere umani mancamenti la riverenza domandava di coprire le vergogne.
Rispetto e riverenza si originano dal sentimento di una dipendenza verso chi è in qualche modo principio a noi o dell’essere, come genitori e patria, o di un qualche beneficio nell’essere, come gli educatori. Se la Chiesa ha da morire a sé stessa e rompere con suo passato sorgendo in una nuova creatura, è manifesto che il passato non solo non ha da rivivere, ma anzi ha da staccarsi e ripudiarlo. Le medesime parole di rispetto e riverenza includono in sé l’idea di guardare indietro che non ha luogo per una Chiesa proiettata nel futuro e per la quale è la distruzione del suo passato la condizione per rinascere. Una certa pusillanimità nel difendere il passato della Chiesa, vizio opposto alla constantia pagana e alla fortezza cristiana, aveva già dato sintomi nel Concilio, ma la sindrome si sviluppò celermente. Tralascio quanto appare su Lutero, sulle Crociate, sull’Inquisizione, su san Francesco. I grandi Santi del cattolicesimo sono tirati ad essere precursori della novità o nulla.
La denigrazione della Chiesa è un luogo comune nei discorsi del clero postconciliare. Per circiterismo mentale combinato  con le accomodazioni del secolo.
Il vescovo mons. Ancel addossa alle deficienze della Chiesa gli errori del mondo moderno sostenendo che ai problemi reali “noi abbiamo fornito risposte insufficienti. Intanto, noi chi? Noi cattolici? Noi preti? Noi pastori? In secondo luogo è falso, nel sistema cattolico, che gli errori nascano per difetti di soluzioni soddisfacenti, perché essi coesistono sempre e ai problemi e alle soluzioni vere le quali, nelle cose essenziali al destino dell’uomo la Chiesa insegna perpetuamente.
E’ strano che proprio quelli che dicono che l’errore sia necessario per la ricerca della verità, dicano poi bustrofedicamente (contraddittoriamente) che la ricerca della verità sia impedita dall’errore.
Pierre Pierrard ripudia tutta la polemica sostenuta dai cattolici del XIX secolo affermando che quel passato della Chiesa era una negazione del Vangelo.
Nazzareno Fabretti (Gazzetta del popolo, 23 gennaio 1970) parlando del celibato ecclesiastico, grava di un’accusa criminale tutta la storia della Chiesa, scrivendo che verginità, celibato e sacrificio della carne “come sono stati imposti per secoli solo d’autorità senza altrettanta persuasione e possibilità oggettiva di scelta a milioni di seminaristi e di sacerdoti rappresentano uno dei maggiori plagi che la storia ricordi”. Mons. Martignoli, vescovo di Lugano, ritiene la religione responsabile del marxismo e che se i cattolici avessero operato altrimenti, il socialismo ateo non sarebbe venuto.
Il card. Garrone su L’Osservatore Romano (12 luglio 1979) afferma che: “se il mondo moderno è scristianizzato Cristo, non è perché rifiuti Cristo, ma perché non glielo abbiamo dato”.
Per il card. Lèger, arcivescovo di Montreal, affermava che in passato non c’era nel popolo cristiano fede vera.

1.10   Critica della denigrazione della Chiesa – 
Questa tesi accusatoria subentrata all’apologetica è superficiale perché suppone che la causa dell’errore di un uomo si trovi determinantemente ed efficientemente nell’errore di altri uomini negando così libertà e responsabilità personali. Applicando questo criterio accusatorio si viene ad addossare a Cristo stesso la responsabilità del rifiuto oppostogli dagli uomini, incolpandolo di non aver interamente dissipato il dubbio circa la sua divinità, di non aver adempiuto il suo dovere di salvatore del mondo.
La tesi accusatoria risente della superficialità accusatoria dei neoterici i quali epocato il dogma della predestinazione [in senso cattolico] non possono più cogliere né la profondità della libertà umana, fatta dipendere contraddittoriamente dalla altrui libertà, né dal mistero di redenzione.
Giovanni Paolo II ha ben mostrato la profondità di questo mistero. Il mistero cristiano è certo la nascita dell’uomo-Dio venuto nel mondo, ma identico mistero è che il mondo, sin dalla natività del Salvatore, non lo ha accolto, e continua a non accoglierlo. Il mistero della non-accoglienza del Verbo è il mistero profondo della religione ed è aridità religiosa quella che va a cercarne la causa nelle colpe della Chiesa. La predicazione miracolizzante del Cristo lasciò moltissimi nell’incredulità, molti nel peccato, tutti nella propensione al peccato. Forse che la redenzione fu monca per questo?  

1.11   Falsa retrospettiva – 
Un effetto paradosso della denigrazione storica della Chiesa è l’esaltazione sconsiderata della Chiesa primitiva (alla quale si pretende di attingere spirito e modi) presentata come comunità di perfetti, ispirata alla carità e praticante ad amussim (esattamente) i precetti evangelici.
E’ vero il contrario che la Chiesa fu in ogni tempo, una massa mista, di buoni e di malvagi. Le testimonianza cominciano da san Paolo: basta ricordare gli abusi dell’agape, le fazioni tra i fedeli, le defezioni morali, le apostasie nella persecuzione. L’esaltazione retrospettiva del cristianesimo precostantiniano, sulla quale poggiano le prospettive di rinnovamento della Chiesa, è storicamente infondata.  

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