giovedì 8 marzo 2012

Commento alle XXIV Tesi del tomismo (Parte I)




Introduzione

●La Chiesa - come abbiamo visto - ha voluto che si raccogliessero in una specie di ‘Sillabo’ le Tesi genuine della filosofia tomistica. ‘Le XXIV Tesi del Tomismo’ composte da p. Guido Mattiussi e approvate dal Magistero ecclesiastico (S. Pio X e Benedetto XV) contengono l’essenza della dottrina tomistica genuina.

●Per aiutare soprattutto i giovani, che vengono disorientati dal relativismo filosofico insegnato nelle scuole, mi accingo a commentare brevemente le XXIV Tesi, una alla volta. Rinvio ai commenti classici di p. G. Mattiussi, Roma, Gregoriana, 1917 e di p. E. Hugon (in francese), Parigi, Tequi, 1922 coloro che volessero approfondire quanto scritto in questo “sillabario”. Chi volesse approfondire maggiormente lo studio del tomismo può acquistare la ‘Somma Teologica’ delle Edizioni Studio Domenicano di Bologna, ve ne sono 2 tipi: il 1° consiste nella sola traduzione in italiano con note in 6 volumi, che può essere integrata dalla Summa Theologiae in latino delle Edizioni Paoline in un solo grande volume; il 2° è una ricca e magistrale raccolta in 36 volumi con testo latino e italiano a fronte, arricchita da introduzioni specifiche e da varie note a cura dei Domenicani italiani, sotto la direzione di p. Tito Sante Centi (+ 18 maggio 2011).

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I Tesi: la potenza e l’atto
«La potenza e l’atto compongono l’ente di modo che ogni ente o è Atto puro o è composto di potenza e atto».

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L’esperienza e il buon senso o la sana ragione ci attestano che vi sono enti i quali esistono già in atto ed altri i quali possono essere, ma non esistono ancora in atto. Ora ciò che può essere (capacità di essere) è la potenza, mentre ciò che già esiste è l’atto.

Per esempio il neonato è uomo in potenza non lo è ancora in atto, lo sarà quando avrà circa 18/20 anni. Il marmo può diventare una statua, non lo è in atto ma solo in potenza.

Potenza ed atto sono correlativi, ossia si definiscono l’uno per rapporto all’altro. Potenza dice capacità di ricevere l’atto o di diventare un ente esistente in atto. Atto dice la perfezione, che compie la capacità della potenza e la fa giungere all’atto.

La potenza può essere attiva: capacità di dare (per esempio l’occhio ha la capacità di vedere, se lo apro) oppure passiva: capacità di ricevere o di perdere (il legno ha la capacità di ricevere la forma di statua o di diventare segatura).

L’atto dice perfezione e la potenza imperfezione.

Quindi Dio è solo Atto o per di più ‘Atto puro’ da ogni potenza o imperfezione.

Mentre ogni creatura è composta di potenza e atto o ‘atto misto a potenza’, anche l’Angelo, che ha un’essenza, la quale è distinta dall’essere o lo riceve per partecipazione dall’Essere per essenza che è Dio.

Quindi in Dio non vi è divenire o fieri, ma Egli è il Motore immobile, Actus irreceptus et irreceptivus, Atto che non è ricevuto in nessun altro (come invece, per esempio, l’anima è ricevuta nel corpo) e che non riceve nulla (come al contrario l’essenza dell’Angelo riceve l’essere da Dio), che sia fuori da Sé.

Dio è l’Esse ipsum subsistens o Aseitas cioè Essere a se ipso e non ab alio.

Egli è illimitato e infinito. Potenza dice ciò che riceve o ciò che è mosso/perfezionato, mentre atto dice ciò che dà, perfeziona e muove.

Ora il movimento è un fatto reale, che costatiamo tutti i momenti: il bambino che cresce e diventa uomo, l’uomo che invecchia e muore, così il chicco di grano, l’erba, l’embrione, il sole, l’acqua dei fiumi… La distinzione reale tra potenza e atto non è una teoria inventata a tavolino da un intellettualoide, ma è qualcosa di reale, costatato per primo da Aristotele e perfezionato da S. Tommaso con l’analogia tra potenza/atto, essenza/essere.

Se non ci fossero l’atto e la potenza non ci sarebbe il movimento o passaggio dalla potenza all’atto.

Ora il movimento esiste e cade sotto i nostri sensi (“sensu constat”), quindi l’ente è realmente composto di atto e di potenza[1].



d. CURZIO NITOGLIA



30 dicembre 2011

http://www.doncurzionitoglia.com/sillabo_tomista_commento_xxiv_te.htm





[1] Cfr. S. Tommaso, S. Th., I, q. 77, a. 1; ivi, q. 25, a. 1; Metaph., Lib., VII, lect. 1 e 9.

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