lunedì 12 settembre 2011

Mons. Bernard Fellay: Rapporti tra Roma e la Fraternità

 
Conferenza di Mons. Bernard Fellay - Attualità dei rapporti tra Roma e la Fraternità
Saint-Malo, Francia - 15 agosto 2011
 
Don Lorans- Don de Cacqueray ci parlava dell'evoluzione che constatiamo. E lei, che è a capo della Fraternità, che ha dei contatti diretti con Roma, ha avuto l'impressione che l'agenda (i requisiti richiesti prima di ogni riconoscimento canonico della Fraternità San Pio X, NdR) fosse seguita? Ha anche lei, a partire dai documenti emanati da Roma, la sensazione che si sposti lo spartiacque?

Mons. Fellay- Effettivamente accadono molte cose cose interessanti; non accadono come vorremmo ma è normale, perché abbiamo a che fare con degli uomini. La nostra agenda, coi suoi famosi requisiti, era stata consegnata a Roma all'inizio del 2001. In febbraio, la risposta di Roma fu tale che dovetti rispondere che a quelle condizioni noi non potevamo proseguire: “ Se le cose stanno così, sospendiamo ”. Le cose sono cominciate così, nel 2001. Riguardo alla messa, il cardinale Castrillòn Hojos diceva: “ Il papa è d'accordo. Il papa è d'accordo che la messa non sia mai stata abrogata e di conseguenza la possa dire ogni prete. ” E contava sulle dita i cardinali di Roma che erano anch'essi d'accordo. Io gli ho detto: “ in questo caso, dov'è il problema? ”- “Lei capisce, i segretari delle congregazioni, i sotto segretari, loro non sono d'accordo, e dunque non possiamo concedervela. ” Per la messa era così. Quanto alla questione della scomunica, la risposta era: “ Stia tranquillo, sistemeremo tutto quando firmeremo gli accordi ”. Risposi che per andare avanti avevamo bisogno di segni di fiducia da parte di Roma e che, in mancanza, non avevamo altra scelta che la sospensione delle discussioni. Il cardinale ha replicato: “ questa parola non mi piace ”. Poi è arrivato Benedetto XVI, che riprenderà la questione della messa, relativamente presto. Certo, il Motu proprio [ Summorum Pontificum] vale quello che vale, ma contiene degli elementi essenziali, capitali, per noi è come una pietra miliare. Penso che, nella storia della Chiesa, ci si ricorderà di questo testo che riconosce che la messa di san Pio V non è mai stata abrogata. Sa, quando una materia è ripresa in tutta la sua ampiezza, quando il legislatore riprende una legge per modificarla di cima a fondo, si considera che la legge precedente sia abrogata. E' lo stesso per le leggi liturgiche. Dunque che esista questa affermazione, in due parole: “ numquam abrogatam, mai abrogata ”, è di una tale forza! E' difficile concepirlo, ma alla fine il legislatore sa ciò che dice: “ Non è stata mai abrogata ”. Affermare che una legge non è stata mai abrogata, significa che si è mantenuta nello stato in cui era prima. Quindi la legge precedente, la messa di sempre, è la legge universale, è la messa della Chiesa. Quando il papa attuale afferma che la messa non è stata mai abrogata, vuol dire che essa è sempre in vigore, che continua ad essere la messa della Chiesa. Non si tratta più di permessi, di privilegi ecc., è la legge della Chiesa, in altre parole un diritto universale di ogni cattolico, prete o fedele. E' ciò che viene espressamente riconosciuto nel famoso Motu proprio del 2007. E' fondamentale, anche se altre parti del testo sono discutibili, e noi non siamo affatto d'accordo con loro. Ma se si considera il vigore che il Motu proprio conferisce alla messa contro i suoi detrattori, è veramente molto molto forte. Ci si chiede come in futuro si potrà mai demolire questa messa.

Da questo punto di vista, l'avvento di Benedetto XVI è stato come una molla. Checché se ne dica, checché se ne pensi, si è diffusa una nuova atmosfera. Nel Vaticano stesso questo arrivo ha incoraggiato quelli che, chiamiamoli conservatori, fino ad allora rasentavano i muri...D'altronde forse li rasentano ancora oggi! Perché la pressione o l'oppressione dei progressisti esiste sempre, rendendo lo stesso governo quasi impossibile.

L'atmosfera in ogni caso è cambiata. Lo si vede nella nuova generazione che, lei, non è più legata al concilio. Per le nuove generazioni e tutti quelli che oggi hanno 20 anni, il concilio, è il millennio passato, è qualcosa di molto vecchio. Questa generazione non ha conosciuto il concilio, e chi vede la Chiesa in uno stato così pietoso, si pone necessariamente delle domande. S'interroga in un modo totalmente diverso da quelli che hanno vissuto il concilio, da quelli che lo hanno fatto e vi sono visceralmente legati, perché volevano demolire il passato, perché volevano voltare pagina.

Questa nuova generazione sente un vuoto, è aperta, cerca, ci guarda con simpatia ma al tempo stesso verso di noi prova diffidenza perché siamo segnati, esclusi...Ciononostante una specie d'effervescenza nella gioventù preoccupa i progressisti a tal punto che oggi si chiedono: “ Il futuro della Chiesa, sarà progressista o conservatore? ”

In alcuni seminari moderni i professori constatano con spavento che la scelta dei seminaristi si rivolge ad opere più serie di quelle loro proposte; questo fenomeno è abbastanza generalizzato. Ho avuto delle ammissioni di vescovi o di professori di seminario. Un professore di seminario mi ha detto letteralmente: “ Non posso più fare lezione come prima, i seminaristi mi costringono ad essere molto più conservatore ”. E' ancora solo una tendenza, ma è molto interessante. Molti testi emanati da Roma chiedono delle riforme negli studi, nei seminari, nelle università. Sono chiaramente delle frenate. Sfortunatamente, si ha l'impressione che restino lettera morta – e credo di non aver torto a pensarlo. Tuttavia si vedono degli sforzi, è già qualcosa, non è più puro modernismo.

Un elemento importantissimo, davvero molto importante, sono i primi attacchi al concilio che non provengono da noi ma da persone riconosciute, titolate, come Mons. Gherardini che non si è accontentato di scrivere un solo libro ma che continua a scrivere, e in modo sempre più ardito. Quando l'ho incontrato, mi ha fatto questo discorso: “ Sono 40 anni che ho queste cose sulla coscienza, non posso presentarmi al Buon Dio senza dirle ”. Infatti è per così dire con noi, ma usa una forma d'espressione molto romana, molto prudente, circostanziata, pur dicendo quello che ha da dire.

In questo stesso contesto, il 22 dicembre 2005, il papa ha pronunciato il suo celebre discorso alla Curia in cui condanna una linea d'interpretazione del concilio, la famosa linea di rottura. Ad una prima lettura, ammetto di aver pensato che riguardasse noi! Ma in seguito mi sono reso conto che parlava dei progressisti. Perché per l'appunto il papa denunciava e condannava quelli che vedono nel concilio una rottura col passato. Certamente, se c'è qualcuno che vede nel concilio una rottura col passato, siamo proprio noi. E per sostenere il nostro discorso, non temiamo di citare i Congar, i Suenens, quelli che hanno detto che era la Rivoluzione del 1789 nella Chiesa, o la Rivoluzione d'ottobre 1917, la rivoluzione russa. Sono parole fortissime. E poi, non siamo solo noi, sono tutti ad aver constatato che questo concilio era stato un gran cambiamento, un vero stravolgimento. Perfino Paolo VI ha riconosciuto che si è scatenata una grande tempesta, mentre si aspettava una brezza leggera...Ebbene, la linea di rottura denunciata, è la condanna di quelli che vedono nel concilio una rottura col passato. Il papa condanna questo atteggiamento che vorrebbe appellarsi allo “ spirito del concilio ” per rivendicare un Vaticano III, una rivoluzione permanente...

Vorrei fare un'osservazione, perché forse ci sbagliamo. Quando si vede condannata l'ermeneutica della rottura, si pensa immediatamente che l'altra sia l'ermeneutica della continuità. Ora il papa non ha parlato dell' “ ermeneutica della continuità ”, ma dell' “ ermeneutica della riforma ”. Non è la stessa cosa! Continuando il testo, si vede bene che è per il concilio, che è favorevole a tutto quello cui noi siamo contrari! In questo concilio, tutto quello che attacchiamo, lui lo difende. Tuttavia si vede benissimo che condanna una linea. E' un inizio, ma evidentemente non è sufficiente; ciò mostra solo come le autorità hanno preso coscienza che qualcosa nella Chiesa non va più.

Proseguiamo. Il 2 luglio 2010, Mons. Pozzo, segretario della Commissione Ecclesia Dei, ha tenuto a Wigratzbad, ai sacerdoti della Fraternità San Pietro, una conferenza su Lumen Gentium che verteva proprio sul problema dell'interpretazione del concilio. Questi problemi d'interpretazione sono qualcosa di molto moderno, bisogna capirlo. Ma vorrei mostravi che c'è del movimento, anche se da parte nostra speriamo che sia solo un inizio e che le cose andranno oltre. Noi, non esitiamo ad attaccare il concilio in quanto tale, mettendo l'accento su quello che non va.

A Roma, la posizione di Mons. Pozzo, e possiamo dire quella del papa, è ancora di totale riverenza riguardo al concilio, ma egli vede che c'è qualcosa che non va. Non dirà ancora “ è colpa del concilio ”, ma “ è colpa del modo in cui è stato inteso il concilio ”. Si tratta appunto dell'interpretazione, o dell'ermeneutica. Se Roma adesso ammette che c'è un modo falso d'interpretare il concilio, ciò evidentemente lascia presupporre che c'è n'è uno giusto. Ma, su molti punti che noi condanniamo a livello della cosa in sé (senza guardarne la causa), constatiamo che alla fine, senza osare troppo dirlo, sono d'accordo.

Nella conclusione delle sue conferenze a Wigratzbad, Mons. Pozzo parlerà di un'ideologia “ conciliare ”, poi di un'ideologia “ para-conciliare ”. Il termine ideologia designa qualcosa di cattivo, un errore, perfino un sistema di errori. Provate a capire cosa vuol dire questa frase: “ un'ideologia para-conciliare si è impadronita fin dall'inizio del concilio sovrapponendosi a lui ”. Ciò vuol dire che secondo lui, il concilio fin dall'inizio non è stato compreso come doveva. Cioè che l'unica maniera che restava oggi per capire il concilio era falsa. E' un modo curioso di voler salvare il concilio, pur riconoscendo che ciò che è stato detto del concilio da quarant'anni è falso! Anche se è solo un principio di ammissione, bisogna prenderne nota. Evidentemente, non ci basta, ma è comunque molto interessante vedere come tentano di uscirne E' equilibrismo...

Si sentono frasi come: “ Il concilio non è applicato, il concilio è inteso male, è per questo che le cose non vanno nella Chiesa ”. Bisogna anche spiegarlo! Perché le cose non vanno bene nella Chiesa? Perché non si è riusciti a spiegare il concilio. Ma allora, che cosa hanno fatto in questi 40 anni? E' quello il grande problema. Chi era responsabile dell'interpretazione del concilio in questi 40 anni? Se non sono le autorità a Roma, vuol dire che hanno dormito per 40 anni, che hanno lasciato fare agli altri, che cosa hanno fatto? Vede, ci sono comunque molti problemi che possiamo introdurre anche dal loro punto di partenza in cui si delinea un principio di ammissione.

 
Il papa parla di spirito del concilio condannandolo quando tutte le riforme sono state fatte nello spirito del concilio. Cosa rimane? E ora, ci dicono che c'è un'ideologia conciliare che si è impadronita del concilio fin dall'inizio!

Possiamo immaginare il concilio in una bolla; si vede la capsula esterna ma non si arriva all'interno. Di modo che vediamo solo questa capsula esterna e non il concilio; non si riesce ad arrivare al concilio. E' molto moderna come idea, come prospettiva. Ci piacerebbe tanto sapere chi è all'origine dell'ideologia para-conciliare, quella che si è impadronita del concilio per fare in modo che non potessimo comprenderlo come avevano voluto i Padri conciliari...Sarebbe interessante saperlo. Altrettante domande che vengono in mente, perché qualcosa comincia a smuoversi. Ci si rende conto che ciò che era un tabù comincia a traballare, allora si cerca di salvare il tabù circondandolo con una bolla. Oggi, avete il diritto di colpire la bolla, ma non quello che c'è dentro. Potete denunciare l'ideologia para-conciliare, ma non toccate il concilio.

In tale contesto, Mons. Gherardini, di cui parlavo prima, si spinge oltre riguardo al concilio. Credo che sia il primo personaggio ufficiale, rinomato, che osi farlo. La sua qualità di decano della facoltà di teologia del Laterano, canonico di san Pietro, direttore della rivista Divinitas lo rende autorevole. A 85 anni, ha parlato a Roma, e delle persone che non erano dalla nostra parte hanno affrontato i problemi del concilio. Mons. Schneider, un vescovo, ha perfino proposto di fare un Sillabo sul concilio, allo scopo di epurare e di condannare tutto ciò che non è chiaro nel Vaticano II, tutte le proposizioni ambigue.

Tutti questi eventi mi fanno pensare ad una pentola d'acqua sul fuoco che comincia a formare le prime bolle. Non è ancora l'ebollizione, ma comincia a scaldarsi. Nel frattempo, restiamo in attesa.

Don Lorans- In occasione di una recente predica al seminario di Winona, lei ha detto che noi non eravamo in rapporto con Roma, ma con “ le Rome ”. Che atmosfera c'è in Vaticano attualmente? Può aiutarci a vederci più chiaro?

Mons. Fellay- Nel Vallese, una montagna, lo Zinalrothorn, culmina a 4000 metri; una delle sue cime si chiama il Rasoio ed è lunga una decina di metri. L'unico mezzo di oltrepassarla è a cavalcioni, oppure di lato, con le mani sulla cresta ed i piedi sul pendio, e da ogni lato 500 o 1000 metri di strapiombo. Ho l'impressione che non solo questo possa applicarsi ai nostri rapporti con Roma, ma ancor più che si tratti francamente di una corda da equilibrista. Per questo uso decisamente il termine “ contraddizioni ”.

Nel giugno 2009, avevo chiesto un appuntamento col cardinale Bertone, segretario di Stato della Santa Sede, per tentare di chiarire queste contraddizioni. Dopo aver molto insistito, è arrivata la seguente risposta: “ la riceverà il cardinale Levada ”. E' la diplomazia romana! Mi piacerebbe darvi alcuni esempi di queste contraddizioni per illustrarvi il clima che regna a Roma, cioè dove o con chi lavoriamo, è molto difficile.

I nostri rapporti con Roma si fanno molto tesi dopo l'uscita del decreto sul ritiro delle scomuniche, il 21 gennaio 2009. Nel mese di marzo, a Sitientes, giorno delle ordinazioni al suddiaconato, i vescovi tedeschi hanno approntato una strategia per cercare di “ mandarci fuori ”. Mons. Zollitsch, presidente della Conferenza episcopale tedesca, ha dichiarato ad un gruppo di deputati: “ Da qui alla fine dell'anno, la Fraternità San Pio X sarà nuovamente fuori dalla Chiesa ”. L'ho saputo da uno dei deputati, è un'informazione diretta. Quindi avevano un piano per contrastare l'argomento del ritiro delle scomuniche che non potevano più utilizzare.
 
Si vede benissimo che i progressisti hanno cercato di usare due piste. La prima è quella del concilio. Affinché la Fraternità San Pio X possa pretendere un riconoscimento canonico, deve riconoscere il concilio e accettarne tutte le riforme, così come il magistero di tutti i papi dopo il concilio. E' molto forte, perché sapevano benissimo che non accetteremo mai di avviarci su questa strada. Significa rendere di fatto impossibile il riconoscimento canonico. Dopo è facile condannarci di essere contro il concilio, prova che siamo scismatici, ecc.

La seconda è una linea più disciplinare, quella dell'obbedienza. Tuttavia è curioso che proprio dopo il ritiro delle scomuniche da parte di Roma, il vescovo di Ratisbona, nella cui diocesi è situato il nostro seminario di Zaitkofen, vieti ai nostri vescovi le ordinazioni dei nostri stessi seminaristi! Ma lo ha fatto. Sono 30 anni che il nostro seminario si trova sul suo territorio senza che sia mai intervenuto! Sceglie proprio il momento del ritiro delle scomuniche per prendere questa decisione...La Conferenza dei vescovi tedeschi si è affrettata a rincarare la dose per bocca di Mons. Zollich che ha dichiarato: “ Se quei vescovi fanno quelle ordinazioni, il papa deve scomunicarli ”. E' sceso a Roma per fare pressione sul papa e sul cardinale Bertone. E dieci giorni prima delle ordinazioni, ricevo una telefonata del cardinale Castrillòn che mi dice: “ Mi dispiace farle una richiesta che le sembrerà un po' curiosa, ma il papa non ha solo amici, i vescovi tedeschi fanno pressione, lei farebbe un favore al papa non facendo queste ordinazioni in Germania ”. Dopo aver conferito con i miei Assistenti e con gli altri vescovi, è stato deciso di fare un gesto, senza che fosse una capitolazione. A Sitientes, non ci saranno dunque ordinazioni a Zaitkofen, ma i seminaristi quel giorno diventeranno suddiaconi...a Ecône. E poi è ben chiaro che è un gesto che si farà una volta sola; dunque le ordinazioni di giugno vengono mantenute. Volevamo che a Roma fosse intesa non come una capitolazione, ma come un gesto. Questo non gli è piaciuto e mi ha procurato una nuova lettera...

Due giorni prima di Sitientes, nuova telefonata del cardinale Castrillòn, la terza in una settimana, è proprio una bella pressione! Stavolta, l'ordine è netto: “ Disobbedite formalmente, ricadrete nelle vostre censure. Non bisogna fare queste ordinazioni. Bisogna chiedere il permesso al papa ma le assicuro - parlava in italiano – quasi immediatamente, riceverete il permesso.” Ha aggiunto: “ Da qui a Pasqua la Fraternità verrà riconosciuta ”.” Non capisco, ho risposto, è appena uscito un testo ufficiale (una nota della Segreteria di Stato) che stipula che la Fraternità non verrà riconosciuta finché non riconoscerà il concilio, lei sa perfettamente come la pensiamo, come può parlare così?! ” Risposta del cardinale: “ quel testo non è firmato; si tratta di testi amministrativi, di testi politici; e poi non è quello che pensa il papa ”.

Allora adesso a chi devo credere? Credere al cardinale per telefono (è orale, non c'è nessuna traccia), oppure al testo ufficiale?

Al punto in cui stavano le cose, ho scritto al papa per informarlo semplicemente di cosa accadeva. Gli ho chiesto di non vedere in quelle ordinazioni un atto di ribellione ma un atto di sopravvivenza compiuto in circostanze complesse e difficili. E la cosa è passata.

D'altronde, non vedo come sarebbero riusciti a condannarci per aver ordinato dei suddiaconi, dato che da loro i suddiaconi non esistono! Essere puniti per qualcosa che non esiste, è davvero difficile.

E dopo sono seguite le ordinazioni al diaconato e al sacerdozio, e sono passate. Ma i vescovi tedeschi hanno cercato di impedirle. E' comunque una piccola vittoria! Realizzate che siamo una piccolissima congregazione, una piccola congregazione che si batte contro una conferenza episcopale, e non una qualunque, e vinciamo. Abbiamo vinto. E' incredibile...Ma non si tratta di noi...I conflitti sono di tanti tipi, ma prima di tutto dottrinali.

Papa Benedetto XVI ha osato riconoscere [nell'udienza del 25 agosto 2005, a Castelgandolfo, NdR]: “ Forse esiste, forse potremmo dire che esiste uno stato di necessità in Francia, in Germania ”. Notate che in uno stato di necessità, gli organismi necessari al buon funzionamento di un corpo sociale non funzionano più, è una specie di si salvi chi può; ciascuno innanzitutto si salva, poi collabora ad aiutare gli altri come può. E' una situazione inverosimile. Vede la contraddizione: da un lato vi si dice che la Fraternità non può essere riconosciuta, ma dall'altro vi si dice che essa è riconosciuta perché il papa vi riconosce. Allora quid?

Vi citerò altri esempi di contraddizione che ci dimostrano che a Roma ci sono varie correnti, tra cui alcune molto potenti. Cercare di sapere in quale si trovi il papa? Non è facile.

Nel settembre dell'anno scorso, quindi è cosa molto recente, si è unito a noi un prete americano di una Congregazione (mi sembra che fossero Agostiniani). Nel mese di settembre 2010, riceve una lettera del suo Provinciale cui è allegata una lettera della Congregazione dei religiosi confermante la decisione del Provinciale, che dice: “ Lei non è più membro della Congregazione degli Agostiniani perché si è unito alla Fraternità ”. La lettera della Congregazione dei religiosi dice molto precisamente questo: “ Padre Tal dei Tali (non ne faccio il nome) non appartiene più alla vostra Congregazione, è scomunicato perché ha perduto la fede unendosi formalmente allo scisma di Mons. Lefebvre.” Ha la data del mese di settembre dell'anno scorso! Di conseguenza per Roma, unirsi alla Fraternità significa unirsi ad uno scisma e perdere la fede, e ci si ritrova scomunicati. Ovviamente sono andato a Roma con quel foglio!

Quando ho cominciato a leggere questo passo a Mons. Pozzo - segretario di Ecclesia Dei; ne è presidente il cardinale Levada che è al contempo prefetto della Congregazione della Fede – mi ha interrotto a metà frase dicendomi: “ So già tutto, ce ne siamo occupati due settimane fa. Abbiamo detto alla Congregazione dei religiosi che non sono competenti per dire così e che devono rivedere il loro giudizio ”. Ha continuato dicendo: “ Ecco come bisogna trattare questa lettera...Così ”. E ha fatto il gesto espressivo di strapparla. Così, ecco come un'istanza romana mi dice di trattare un documento ufficiale di un'altra istanza romana, nel modo più radicale che si possa immaginare mettendola nel cestino, strappandola...E' comunque una cosa un po' forte! In fondo, significa che a Roma certe istanze delle congregazioni, dei dicasteri ci dichiarano scismatici, eretici, aventi perduto la fede, mentre altre ci considerano cattolici, quasi normali, non aventi più nessuna pena, nessuna censura. Che confusione!

Come vede si può davvero parlare di contraddizioni; alcune persone al governo di Roma hanno delle prospettive su di noi diametralmente opposte! Così, mentre si svolgono i famosi colloqui teologici, i nostri sacerdoti alloggiano a Santa Marta – è l'edificio in cui alloggiano i cardinali quando ci sono dei concistori, dei conclavi, e che abitualmente serve ad accogliere i vescovi – e dicono messa a San Pietro. Allora mentre da una parte si discute di dottrina, dall'altra i nostri sacerdoti sono eretici o scismatici? La cosa non sta in piedi.

Un altro esempio ancora più recente. Stavolta nell'ordine dell'interpretazione; si tratta dell'ultimo testo sulla messa, Universae Ecclesiae. Tre anni dopo il Motu proprio Summorum Pontificum, è uscito un nuovo testo concernente l'applicazione del testo precedente. Questo testo è interessantissimo. Un'analisi dei provvedimenti presi mostra due movimenti che possiamo considerare radicalmente opposti, dimodoché consideriamo il risultato con aria interrogativa. La prima linea, che è manifesta, è una linea d'apertura, si sente una volontà di dare, di mettere a disposizione dei cattolici del mondo intero non soltanto la messa, ma tutta la liturgia della Chiesa di sempre in tutti i suoi aspetti.

Al suo inizio, il documento romano afferma che il Motu proprio è una legge universale. Non è un privilegio – una legge riservata ad un piccolo gruppo – ma una legge universale, cioè valida per tutti. Esso precisa che è sua volontà permettere l'accesso alla messa tradizionale ai fedeli del mondo intero. Non si può essere più espliciti!

In seguito ci sono altri provvedimenti che si spingono molto oltre, dato che si citano tutti i libri liturgici per essere messi a disposizione. Tutti. E' inverosimile. Questo non si può fare se non c'è una volontà, se non c'è proprio un'intenzione di riaprire, di ridare vita a tutto quel tesoro, altrimenti non ha senso. Per esempio si parla del Rituale. E' molto interessante, il Rituale, cosa vi troviamo? Vi troviamo innanzitutto tutti i sacramenti, quelli dati dal sacerdote, e poi anche gli esorcismi. Dire che il Rituale è a disposizione, significa che tutte le benedizioni, tutto quel mondo liturgico di un tempo è veramente rimesso a disposizione. Ciò non si può fare se non c'è l'intenzione di far rivivere tutto quel tesoro. Non avrebbe alcun senso metterlo a disposizione se al tempo stesso si volesse chiudergli la porta in faccia! Lo stesso valga per il Cerimoniale dei vescovi o per il Pontificale...Si insiste nel dire che i vescovi possono usare il Pontificale. Quanto al Breviario, i sacerdoti sono liberi di usare il vecchio Breviario, pur precisando che se prendono il vecchio Breviario, devono rispettarne tutte le rubriche. Perché? Perché con il nuovo Breviario, si può scegliere ad libitum tra le piccole ore, mentre con il vecchio Breviario, si deve dire tutto. E' un po' strano. Tutto ciò supera di molto quello che avevamo chiesto all'inizio nella nostra famosa premessa, cioè la messa per tutti. Ora, non è solo la messa, ma tutta la liturgia e sotto tutti gli aspetti. E' una delle linee manifeste.

Accanto, c'è la linea veramente contraria, con due restrizioni maggiori. La prima riguardo alle ordinazioni: “ Le ordinazioni secondo il vecchio Pontificale, possono essere conferite solo ai gruppi che sono sotto l'autorità di Ecclesia Dei ”. Perché non gli altri? Perché i vescovi non ne vogliono nelle loro diocesi e Roma vuole evitare troppi problemi con i vescovi lasciando la possibilità di scelta ai seminaristi. Perché mettere da un lato tutto a disposizione, e poi per una cosa tanto importante, tanto capitale, le ordinazioni, lì bloccare tutto?

La seconda restrizione maggiore concerne la qualità dei fedeli che possono godere delle disposizioni del Motu proprio...

Qualche numero più in basso, s'insiste per dire che il Pontificale è messo liberalmente a disposizione. Certo, non ci sono solo le ordinazioni nel Pontificale, per esempio vi rientra il rituale delle cresime. Ora si precisa che le cresime possono essere conferite secondo il vecchio rito. E' proprio uno strano miscuglio. Non è possibile che si possano trovare due intenzioni tanto contrarie in un medesimo testo. Come è possibile? La spiegazione che vedo io, è che effettivamente a Roma ci sono due forze contrarie, ognuna delle quali cerca di mettere la propria firma. Alla fine, si arriva a delle specie di compromessi ingestibili e indigesti.

Tornando a Mons. Pozzo ed al suo consiglio di strappare il famoso testo della Congregazione dei religiosi. In quel momento – e quel che ho appena detto ve lo può in parte illustrare – ha aggiunto questo: “ Occorre, dovete dire ai vostri sacerdoti ed ai vostri fedeli, che non tutto ciò che viene da Roma viene dal papa ”. Gli ho risposto: “ Ma è impossibile, come vuole che dei sacerdoti, dei fedeli che ricevono un testo di Roma possano pensare una cosa simile? La reazione sarebbe semplice: un testo mi piace, viene dal papa, non mi piace, non viene dal papa. Tale atteggiamento d'altronde è condannato da san Pio X.

Il Vaticano, è la mano del papa. Ma queste parole di Mons. Pozzo contengono un messaggio gravissimo: il papa non ha il controllo di casa sua. Ciò vuol dire che quando ci arrivano delle cose da Roma effettivamente, purtroppo, si pensa immediatamente all'autorità suprema, al Sommo Pontefice, al papa. Ebbene no! Non viene dal papa. E' questa la situazione della Chiesa. E' quella che definisco una situazione contraddittoria, a seconda dei casi più o meno significativi, stavolta tuttavia lo è di meno. E' una situazione davvero dura, difficile. Come navigare con questi venti contrari?

Don Lorans- Monsignore, visto che sappiamo che va a Roma il prossimo 14 settembre ad incontrare il cardinale Levada, con quali disposizioni ci va? Con quale stato d'animo?

Mons. Fellay- Mi riferisco un po' a quello che è accaduto in precedenza col ritiro delle scomuniche...Non so si ricorda ma quell'estate, nel 2008, fu molto calda; ci fu quello che è stato chiamato l'ultimatum. Ricordo un piccolo fatto...Mi consegnano un testo che in sostanza dice così: “ Se Mons. Fellay non accetta le condizioni molto chiare che gli imporremo, sarà gravissimo ”. Il cardinale Castrillòn Hojos dichiarava perfino: “ Finora dicevo che non eravate scismatici; se continuate, non potrò più ”.

Era molto teso. Io gli ho risposto: “ Lei dice che occorre che io rispetti le condizioni, ma quali? ”. Tacciono. Silenzio. Ho chiesto nuovamente: “ Lei dice che ci sono delle condizioni, ma cosa si aspetta da me? ” In quel momento, il cardinale con voce molto grave – era davvero molto solenne – ha pronunciato quasi a mezza voce e lentamente :” Se veramente in coscienza pensa di poter dire queste cose ai fedeli, ebbene! Le dica ”. Potete immaginare quanta emozione ci fosse!

Dissi a Don Nély che mi accompagnava di essere frustrato; mi affermò che si trattava davvero di un ultimatum. Su mia richiesta, è tornato l'indomani alla Commissione Ecclesia Dei per ottenere dei chiarimenti sulle famose condizioni. C'è voluta una mezz'ora perché redigessero in cinque punti delle condizioni che dicevano tutto e niente. Io dovevo promettere di praticare la carità ecclesiale. Che vuol dire? Alla fine, ho scritto due parole al papa, e l'ultimatum non era più all'ordine del giorno. Ma non si può dire che andasse tutto bene...Nel mese di dicembre seguente, le relazioni erano più distese, ho scritto una lettera al cardinale per riprendere contatti.

Nel frattempo, c'era stata Lourdes. Era così epica, ecco un breve aneddoto: abbiamo potuto utilizzare la basilica per il nostro pellegrinaggio, ma il vescovo locale aveva proibito ai vescovi di celebrare la messa. Tre giorni prima del pellegrinaggio, ho parlato al telefono col cardinale Castrillòn cui ho promesso di scrivere una lettera; nel corso della conversazione ha affrontato la questione del pellegrinaggio: “ Ho saputo che fate un pellegrinaggio, sarà magnifico, ci sarà tanta gente ”. Gli ho risposto: “ E' bello, infatti, ma c'è una nota stonata ”. -“ Ah sì? ”- “ Sì, i vescovi non possono celebrare ”. - “ Dei vescovi censurati, fuori dalla Chiesa, è normale, non si può dar loro il permesso di celebrare la messa ”. - “ E gli anglicani, non sono scomunicati? ” - “ Che vuol dire? ” - “ Che gli anglicani, loro, hanno potuto celebrare nella basilica di Lourdes ”. - “ E' vero? ” Ha dei documenti? Ce ne occuperemo ”. Stavamo partendo per Lourdes, ho subito raccolto informazioni su Internet per mandargliele.

Nei documenti ufficiali di Lourdes, il programma era tutto ben specificato; per tutta una settimana, erano sette i ' vescovi ' a concelebrare, sette ' messe ' alla presenza del cardinale Kasper, tutti i ministri erano anglicani, l'omelia fatta da un anglicano, non dico un vescovo perché gli anglicani sono tutti laici, non sono veri preti, ancor meno veri vescovi.

Questo per mostrarvi il clima: da un lato si cerca di annientarci e dall'altro ci si occupa di noi al punto da disturbare il papa un pomeriggio per questa storia di Lourdes. Ho approfittato della lettera che ho infine scritto al cardinale Castrillòn, a dicembre, per riferirgli i discorsi del vescovo di Tarbes per il quale, se avessimo smesso di dirci cattolici, allora avremmo potuto celebrare la messa. Gli spiegavo: “ Così dunque volete che usciamo dalla Chiesa per potere avere delle chiese, non sta in piedi! ” Ero un po' duro.

Il 17 dicembre, avevo saputo che a Roma c'era una riunione il cui scopo era riflettere se non occorresse dichiarare lo scisma della Fraternità, o eventualmente scomunicare Mons. Fellay perché favoriva un atteggiamento scismatico nella Fraternità. Ho spedito la mia lettera...Un mese dopo, non c'erano più scomuniche!

Certamente, c'era la nostra crociata del Rosario. Ma dopo la lettera che avevo mandato loro, non pensavo che sarebbe avvenuto così presto. Infatti, il cardinale Castrillòn mi ha informato che c'erano state due riunioni di cardinali: una prima, in cui hanno discusso di scomuniche, che si concluse negativamente ; poi una seconda, che concluse che si poteva benissimo riconoscere la Fraternità. Questo mi è stato rivelato molti mesi dopo...

Don Lorans – Monsignore, lei ci mostra come gli spartiacque si spostino un poco. Questa università estiva è dedicata all'apologetica, forse anche l'atteggiamento dei fedeli e dei sacerdoti legati alla tradizione secondo lei dovrebbe cambiare? E' un periodo in cui dobbiamo tener conto esattamente della realtà in cui viviamo, e delle situazioni dateci dalla Provvidenza?

Mons. Fellay- Credo che si debba essere estremamente prudenti. Tale situazione di contraddizione susciterà per forza ogni tipo di voci, di dicerie in tutti i sensi, ecco perché bisogna veramente, se posso esprimermi così, contare fino a dieci prima di parlare, e aggiungerei anche: prima di credere qualcosa. Bisogna guardare i fatti, e non dar retta alle voci se non si vuole diventare matti!

Il cardinale Levada mi ha invitato il 14 settembre insieme con i miei Assistenti generali. E' un qualcosa di nuovo. Si dice che abbiamo affrontato tutti i temi dottrinali, che ora è necessaria una riunione per valutare queste discussioni teologiche e parlare di futuro. Si dice che ci sarà una proposta di accordo pratico, non ne so nulla. Se ne parla ovunque: don Aulagnier dice che faranno così e che la Fraternità rifiuterà. Io non ne so nulla. Anche Mons. Williamson ne ha parlato, non so da chi abbia avuto le sue informazioni, sembra da un portavoce di Ecclesia Dei...Chi è questo portavoce? Voci persistenti, ci sarà forse qualcosa di nuovo? Sono molti a parlare; Roma non smentisce ma io non ho ricevuto ancora nulla. Si resta in aspettativa.

Se il loro obiettivo rimane sempre l'accettazione del concilio da parte della Fraternità, le discussioni sono state abbastanza chiare nel mostrare che non avevamo intenzione d'impegnarci su quella via. Già nel 2005, dopo cinque ore di discussioni in cui avevo esaminato e passato in rassegna tutte le nostre obiezioni contro gli errori, la situazione della Chiesa oggi, il Diritto canonico, posso garantirle che gli scambi erano tesi. Il cardinale Castrillòn aveva concluso: “ Non posso dire di essere d'accordo su tutto quello che avete detto, ma i suoi discorsi dimostrano che non siete fuori dalla Chiesa. Scriva al papa per chiedergli di togliere le scomuniche ”.

Allora ho capito che Roma era pronta a fare un gesto, altrimenti questa richiesta non aveva alcun senso. La mia risposta non è stata immediata, perché infatti, per noi, non ci sono mai state delle scomuniche. Perciò la lettera che ho scritto al papa non chiedeva il ritiro ma l'annullamento o il ritiro del decreto, perché quello, esiste. A coloro che dicono che ho chiesto il ritiro delle scomuniche, rispondo che è falso. Il cardinale Castrillòn mi ha perfino scritto: “ Lei chiede che si ritiri il decreto, vi si toglierà la scomunica ”. E' chiarissimo, sanno quello che dicono.

Allora per conoscere la situazione esatta ...Da parte mia, posso dirvi che non so cosa accadrà domani. Si può andare dalla dichiarazione di scisma fino al riconoscimento della Fraternità. Non voglio speculare. Cerco di prevenire le situazioni, di riflettere a ciò che occorre fare in questo o quel caso.

Da un lato, preconizzo una prudenza estrema, non dare ascolto alle voci, attenersi ai fatti, alla realtà. La mia impressione è che Roma si burli di quello che viene detto, le parole echeggiano in tutti i sensi ma non hanno affatto valore. Non vi spaventate. E' un po' come Nostro-Signore, vi si dirà è qui, è lì, non ci andate, rimanete. D'altro lato, delle discussioni dottrinali ricordo che in sé nell'immediato non apportano un gran bene, perché è l'incontro di due mentalità che si urtano. Ne conservo l'immagine di un torneo in cui due cavalieri incrociano le spade, si slanciano, ma passano uno a fianco dell'altro.

In ogni caso non possono dire che siamo d'accordo. Se siamo d'accordo su un punto, vuol dire che non lo siamo su nessun altro! Evidentemente, se si parla della Santissima Trinità siamo d'accordo...Ma il problema non è lì: quando si parla del concilio, si parla di certi problemi nuovi, che noi definiamo errori.

C'è la diceria secondo cui ci farebbero delle proposte. Ma a quali condizioni? Ci saranno delle condizioni? Dal mio punto di vista, sarebbe inverosimile che non ce ne fossero. Alcuni dicono che non è possibile, che finora hanno sempre tentato di farci mandar giù il concilio. Io non lo so. L'unica cosa che dico, è: “ si continua ”. Noi abbiamo i nostri principi, e il primo di essi, è la Fede. A cosa servirebbe ricevere un qualunque vantaggio quaggiù se si dovesse mettere in gioco la Fede? È impossibile. E senza la Fede è impossibile piacere a Dio, dunque la nostra scelta è fatta. Prima di tutto la Fede, ad ogni costo, essa passa anche prima di un riconoscimento da parte della Chiesa. Dobbiamo avere questa forza.

Vorrei dire un'ultima cosa: qualcosa si muove, ed in questo qualcosa che si muove, ci sono delle anime assetate, provengono dallo stato disastroso della Chiesa di oggi, non vengono come anime perfette, ma bisogna occuparsene. Finora abbiamo avuto un atteggiamento difensivo. Tuttavia non dobbiamo aver paura d'introdurre un elemento d'attacco, un elemento più positivo: andare verso gli altri per cercare di conquistarli pur dimostrando la più grande prudenza, perché l'ostilità non è finita. Immaginate che Roma ci riconosca di colpo, mi è difficile crederlo, ma che succederebbe allora? Credete che i progressisti cambieranno idea nei nostri confronti? Ma niente affatto! Da una parte continueranno a respingerci come hanno sempre fatto, o tenteranno di farci ingoiare il loro veleno; noi rifiuteremo ed il conflitto ricomincerà peggio di prima, non fatevi illusioni. Se Roma ci riconosce, sarà ancora più dura di adesso. Adesso, beneficiamo di una certa libertà. Bisognerà pure che un giorno la Chiesa ci riconosca come cattolici, ma non sarà facile.

Da parte di Roma, ci manca la luce; vorremmo che Roma diventasse nuovamente il faro della verità, ma per ora ne siamo ben lontani, è più che vago...Da parte nostra, fondamentalmente non cambiamo niente, continuiamo a imperniarci sulla Fede, pur essendo pronti ad aiutare le anime che vogliono essere aiutate, anche se hanno dei comportamenti che all'inizio lasciano a desiderare. Ci vuole molta pazienza, misericordia, pur restando saldi, il che non è facile! Stiamo attenti a non respingere per ragioni superficiali delle anime meritevoli che venissero a noi; non vogliamo chiunque, soprattutto non dobbiamo indebolirci, ma dobbiamo essere buoni con tutti. E' un obbligo anche per noi crescere nella virtù.

Bisogna restare in un ambito soprannaturale. L'apologetica consiste nella difesa della Fede, ma soprattutto a livello della ragione, per tentare di convincere. Ma non è sufficiente. Per convincere, occorre che passi la grazia, e la grazia è soprannaturale. Per convincere ci vuole un atto del Buon Dio, bisogno quindi adoperare mezzi soprannaturali. Per noi, vuol dire condurre una vita cristiana profonda, intensa. E' molto più importante del combattimento semplicemente apologetico, ma ciò non vuol dire trascurare il primo, sono necessari entrambi, ma è una questione di ordine.

E' per questa ragione che mi permetto d'insistere sulla nostra crociata. Le vittorie che otteniamo sulla Roma modernista, non dobbiamo attribuirle a noi, ma senza alcun dubbio alla Santa Vergine e alle nostre crociate. E' alla fine di ciascuna crociata che abbiamo ottenuto sia la messa, sia il ritiro delle scomuniche, ogni volta dopo esserci rivolti alla Santa Vergine, e in situazioni considerate impossibili. Non dobbiamo soltanto contare sulla Santa Vergine ma anche mettersi sotto la sua insegna, seguirla. E' il suo tempo.

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