Saint-Malo, Francia - 15 agosto 2011
Don Lorans- Don de Cacqueray ci
parlava dell'evoluzione che constatiamo. E lei, che è a capo della
Fraternità, che ha dei contatti diretti con Roma, ha avuto
l'impressione che l'agenda (i requisiti richiesti prima di ogni riconoscimento canonico della Fraternità San Pio X, NdR) fosse seguita? Ha anche lei, a partire dai documenti emanati da Roma, la sensazione che si sposti lo spartiacque?
Mons. Fellay- Effettivamente
accadono molte cose cose interessanti; non accadono come vorremmo ma è
normale, perché abbiamo a che fare con degli uomini. La nostra agenda,
coi suoi famosi requisiti, era stata consegnata a Roma all'inizio del
2001. In febbraio, la risposta di Roma fu tale che dovetti rispondere
che a quelle condizioni noi non potevamo proseguire: “ Se le cose
stanno così, sospendiamo ”. Le cose sono cominciate così, nel 2001.
Riguardo alla messa, il cardinale Castrillòn Hojos diceva: “ Il
papa è d'accordo. Il papa è d'accordo che la messa non sia mai stata
abrogata e di conseguenza la possa dire ogni prete. ” E contava sulle
dita i cardinali di Roma che erano anch'essi d'accordo. Io gli ho detto:
“ in questo caso, dov'è il problema? ”- “Lei capisce, i segretari
delle congregazioni, i sotto segretari, loro non sono d'accordo, e
dunque non possiamo concedervela. ” Per la messa era così. Quanto alla
questione della scomunica, la risposta era: “ Stia tranquillo,
sistemeremo tutto quando firmeremo gli accordi ”. Risposi che per
andare avanti avevamo bisogno di segni di fiducia da parte di Roma e
che, in mancanza, non avevamo altra scelta che la sospensione delle
discussioni. Il cardinale ha replicato: “ questa parola non mi piace ”.
Poi è arrivato Benedetto XVI, che riprenderà la questione della messa, relativamente presto. Certo, il Motu proprio [ Summorum Pontificum]
vale quello che vale, ma contiene degli elementi essenziali, capitali,
per noi è come una pietra miliare. Penso che, nella storia della
Chiesa, ci si ricorderà di questo testo che riconosce che la messa di
san Pio V non è mai stata abrogata. Sa, quando una materia è ripresa in
tutta la sua ampiezza, quando il legislatore riprende una legge per
modificarla di cima a fondo, si considera che la legge precedente sia
abrogata. E' lo stesso per le leggi liturgiche. Dunque che esista
questa affermazione, in due parole: “ numquam abrogatam, mai
abrogata ”, è di una tale forza! E' difficile concepirlo, ma alla fine
il legislatore sa ciò che dice: “ Non è stata mai abrogata ”. Affermare
che una legge non è stata mai abrogata, significa che si è mantenuta
nello stato in cui era prima. Quindi la legge precedente, la messa di
sempre, è la legge universale, è la messa della Chiesa. Quando il papa
attuale afferma che la messa non è stata mai abrogata, vuol dire che
essa è sempre in vigore, che continua ad essere la messa della Chiesa.
Non si tratta più di permessi, di privilegi ecc., è la legge della
Chiesa, in altre parole un diritto universale di ogni cattolico, prete o
fedele. E' ciò che viene espressamente riconosciuto nel famoso Motu proprio del
2007. E' fondamentale, anche se altre parti del testo sono
discutibili, e noi non siamo affatto d'accordo con loro. Ma se si
considera il vigore che il Motu proprio conferisce alla messa
contro i suoi detrattori, è veramente molto molto forte. Ci si chiede
come in futuro si potrà mai demolire questa messa.
Da questo punto di vista, l'avvento di
Benedetto XVI è stato come una molla. Checché se ne dica, checché se
ne pensi, si è diffusa una nuova atmosfera. Nel Vaticano stesso questo
arrivo ha incoraggiato quelli che, chiamiamoli conservatori, fino ad
allora rasentavano i muri...D'altronde forse li rasentano ancora oggi!
Perché la pressione o l'oppressione dei progressisti esiste sempre,
rendendo lo stesso governo quasi impossibile.
L'atmosfera in ogni caso è cambiata.
Lo si vede nella nuova generazione che, lei, non è più legata al
concilio. Per le nuove generazioni e tutti quelli che oggi hanno 20
anni, il concilio, è il millennio passato, è qualcosa di molto vecchio.
Questa generazione non ha conosciuto il concilio, e chi vede la Chiesa
in uno stato così pietoso, si pone necessariamente delle domande.
S'interroga in un modo totalmente diverso da quelli che hanno vissuto
il concilio, da quelli che lo hanno fatto e vi sono visceralmente
legati, perché volevano demolire il passato, perché volevano voltare
pagina.
Questa nuova generazione sente un
vuoto, è aperta, cerca, ci guarda con simpatia ma al tempo stesso verso
di noi prova diffidenza perché siamo segnati, esclusi...Ciononostante
una specie d'effervescenza nella gioventù preoccupa i progressisti a
tal punto che oggi si chiedono: “ Il futuro della Chiesa, sarà
progressista o conservatore? ”
In alcuni seminari moderni i
professori constatano con spavento che la scelta dei seminaristi si
rivolge ad opere più serie di quelle loro proposte; questo fenomeno è
abbastanza generalizzato. Ho avuto delle ammissioni di vescovi o di
professori di seminario. Un professore di seminario mi ha detto
letteralmente: “ Non posso più fare lezione come prima, i seminaristi
mi costringono ad essere molto più conservatore ”. E' ancora solo una
tendenza, ma è molto interessante. Molti testi emanati da Roma chiedono
delle riforme negli studi, nei seminari, nelle università. Sono
chiaramente delle frenate. Sfortunatamente, si ha l'impressione che
restino lettera morta – e credo di non aver torto a pensarlo. Tuttavia
si vedono degli sforzi, è già qualcosa, non è più puro modernismo.
Un elemento importantissimo, davvero
molto importante, sono i primi attacchi al concilio che non provengono
da noi ma da persone riconosciute, titolate, come Mons. Gherardini che
non si è accontentato di scrivere un solo libro ma che continua a
scrivere, e in modo sempre più ardito. Quando l'ho incontrato, mi ha
fatto questo discorso: “ Sono 40 anni che ho queste cose sulla
coscienza, non posso presentarmi al Buon Dio senza dirle ”. Infatti è
per così dire con noi, ma usa una forma d'espressione molto romana,
molto prudente, circostanziata, pur dicendo quello che ha da dire.
In questo stesso contesto, il 22
dicembre 2005, il papa ha pronunciato il suo celebre discorso alla
Curia in cui condanna una linea d'interpretazione del concilio, la
famosa linea di rottura. Ad una prima lettura, ammetto di aver pensato
che riguardasse noi! Ma in seguito mi sono reso conto che parlava dei
progressisti. Perché per l'appunto il papa denunciava e condannava
quelli che vedono nel concilio una rottura col passato. Certamente, se
c'è qualcuno che vede nel concilio una rottura col passato, siamo
proprio noi. E per sostenere il nostro discorso, non temiamo di citare i
Congar, i Suenens, quelli che hanno detto che era la
Rivoluzione del 1789 nella Chiesa, o la Rivoluzione d'ottobre 1917, la
rivoluzione russa. Sono parole fortissime. E poi, non siamo solo noi,
sono tutti ad aver constatato che questo concilio era stato un gran
cambiamento, un vero stravolgimento. Perfino Paolo VI ha
riconosciuto che si è scatenata una grande tempesta, mentre si
aspettava una brezza leggera...Ebbene, la linea di rottura denunciata, è
la condanna di quelli che vedono nel concilio una rottura col passato.
Il papa condanna questo atteggiamento che vorrebbe appellarsi allo “
spirito del concilio ” per rivendicare un Vaticano III, una rivoluzione
permanente...
Vorrei fare un'osservazione, perché
forse ci sbagliamo. Quando si vede condannata l'ermeneutica della
rottura, si pensa immediatamente che l'altra sia l'ermeneutica della
continuità. Ora il papa non ha parlato dell' “ ermeneutica della
continuità ”, ma dell' “ ermeneutica della riforma ”. Non è la
stessa cosa! Continuando il testo, si vede bene che è per il concilio,
che è favorevole a tutto quello cui noi siamo contrari! In questo
concilio, tutto quello che attacchiamo, lui lo difende. Tuttavia si
vede benissimo che condanna una linea. E' un inizio, ma evidentemente
non è sufficiente; ciò mostra solo come le autorità hanno preso
coscienza che qualcosa nella Chiesa non va più.
Proseguiamo. Il 2 luglio 2010, Mons. Pozzo, segretario della Commissione Ecclesia Dei, ha tenuto a Wigratzbad, ai sacerdoti della Fraternità San Pietro, una conferenza su Lumen Gentium che
verteva proprio sul problema dell'interpretazione del concilio. Questi
problemi d'interpretazione sono qualcosa di molto moderno, bisogna
capirlo. Ma vorrei mostravi che c'è del movimento, anche se da parte
nostra speriamo che sia solo un inizio e che le cose andranno oltre.
Noi, non esitiamo ad attaccare il concilio in quanto tale, mettendo
l'accento su quello che non va.
A Roma, la posizione di Mons. Pozzo, e
possiamo dire quella del papa, è ancora di totale riverenza riguardo
al concilio, ma egli vede che c'è qualcosa che non va. Non dirà ancora “
è colpa del concilio ”, ma “ è colpa del modo in cui è stato inteso il
concilio ”. Si tratta appunto dell'interpretazione, o
dell'ermeneutica. Se Roma adesso ammette che c'è un modo falso
d'interpretare il concilio, ciò evidentemente lascia presupporre che c'è
n'è uno giusto. Ma, su molti punti che noi condanniamo a livello della
cosa in sé (senza guardarne la causa), constatiamo che alla fine,
senza osare troppo dirlo, sono d'accordo.
Nella conclusione delle sue conferenze
a Wigratzbad, Mons. Pozzo parlerà di un'ideologia “ conciliare ”, poi
di un'ideologia “ para-conciliare ”. Il termine ideologia designa
qualcosa di cattivo, un errore, perfino un sistema di errori. Provate a
capire cosa vuol dire questa frase: “ un'ideologia para-conciliare si è
impadronita fin dall'inizio del concilio sovrapponendosi a lui ”. Ciò
vuol dire che secondo lui, il concilio fin dall'inizio non è stato
compreso come doveva. Cioè che l'unica maniera che restava oggi per
capire il concilio era falsa. E' un modo curioso di voler salvare il
concilio, pur riconoscendo che ciò che è stato detto del concilio da
quarant'anni è falso! Anche se è solo un principio di ammissione,
bisogna prenderne nota. Evidentemente, non ci basta, ma è comunque molto
interessante vedere come tentano di uscirne E' equilibrismo...
Si sentono frasi come: “ Il concilio
non è applicato, il concilio è inteso male, è per questo che le cose
non vanno nella Chiesa ”. Bisogna anche spiegarlo! Perché le cose non
vanno bene nella Chiesa? Perché non si è riusciti a spiegare il
concilio. Ma allora, che cosa hanno fatto in questi 40 anni? E' quello
il grande problema. Chi era responsabile dell'interpretazione del
concilio in questi 40 anni? Se non sono le autorità a Roma, vuol dire
che hanno dormito per 40 anni, che hanno lasciato fare agli altri, che
cosa hanno fatto? Vede, ci sono comunque molti problemi che possiamo
introdurre anche dal loro punto di partenza in cui si delinea un
principio di ammissione.
Il
papa parla di spirito del concilio condannandolo quando tutte le
riforme sono state fatte nello spirito del concilio. Cosa rimane? E
ora, ci dicono che c'è un'ideologia conciliare che si è impadronita del
concilio fin dall'inizio!
Possiamo immaginare il concilio in una
bolla; si vede la capsula esterna ma non si arriva all'interno. Di
modo che vediamo solo questa capsula esterna e non il concilio; non si
riesce ad arrivare al concilio. E' molto moderna come idea, come
prospettiva. Ci piacerebbe tanto sapere chi è all'origine
dell'ideologia para-conciliare, quella che si è impadronita del
concilio per fare in modo che non potessimo comprenderlo come avevano
voluto i Padri conciliari...Sarebbe interessante saperlo. Altrettante
domande che vengono in mente, perché qualcosa comincia a smuoversi. Ci
si rende conto che ciò che era un tabù comincia a traballare, allora si
cerca di salvare il tabù circondandolo con una bolla. Oggi, avete il
diritto di colpire la bolla, ma non quello che c'è dentro. Potete
denunciare l'ideologia para-conciliare, ma non toccate il concilio.
In tale contesto, Mons. Gherardini, di
cui parlavo prima, si spinge oltre riguardo al concilio. Credo che sia
il primo personaggio ufficiale, rinomato, che osi farlo. La sua
qualità di decano della facoltà di teologia del Laterano, canonico di
san Pietro, direttore della rivista Divinitas lo rende
autorevole. A 85 anni, ha parlato a Roma, e delle persone che non erano
dalla nostra parte hanno affrontato i problemi del concilio. Mons. Schneider,
un vescovo, ha perfino proposto di fare un Sillabo sul concilio, allo
scopo di epurare e di condannare tutto ciò che non è chiaro nel
Vaticano II, tutte le proposizioni ambigue.
Tutti questi eventi mi fanno pensare
ad una pentola d'acqua sul fuoco che comincia a formare le prime bolle.
Non è ancora l'ebollizione, ma comincia a scaldarsi. Nel frattempo,
restiamo in attesa.
Don Lorans- In occasione di una recente predica al seminario di Winona, lei ha detto che noi non eravamo in rapporto con Roma, ma con “ le Rome ”. Che atmosfera c'è in Vaticano attualmente? Può aiutarci a vederci più chiaro?
Mons. Fellay- Nel Vallese, una
montagna, lo Zinalrothorn, culmina a 4000 metri; una delle sue cime si
chiama il Rasoio ed è lunga una decina di metri. L'unico mezzo di
oltrepassarla è a cavalcioni, oppure di lato, con le mani sulla cresta
ed i piedi sul pendio, e da ogni lato 500 o 1000 metri di strapiombo.
Ho l'impressione che non solo questo possa applicarsi ai nostri
rapporti con Roma, ma ancor più che si tratti francamente di una corda
da equilibrista. Per questo uso decisamente il termine “ contraddizioni
”.
Nel giugno 2009, avevo chiesto un appuntamento col cardinale Bertone,
segretario di Stato della Santa Sede, per tentare di chiarire queste
contraddizioni. Dopo aver molto insistito, è arrivata la seguente
risposta: “ la riceverà il cardinale Levada ”. E' la diplomazia
romana! Mi piacerebbe darvi alcuni esempi di queste contraddizioni per
illustrarvi il clima che regna a Roma, cioè dove o con chi lavoriamo, è
molto difficile.
I nostri rapporti con Roma si fanno
molto tesi dopo l'uscita del decreto sul ritiro delle scomuniche, il 21
gennaio 2009. Nel mese di marzo, a Sitientes, giorno delle
ordinazioni al suddiaconato, i vescovi tedeschi hanno approntato una
strategia per cercare di “ mandarci fuori ”. Mons. Zollitsch,
presidente della Conferenza episcopale tedesca, ha dichiarato ad un
gruppo di deputati: “ Da qui alla fine dell'anno, la Fraternità San Pio
X sarà nuovamente fuori dalla Chiesa ”. L'ho saputo da uno dei
deputati, è un'informazione diretta. Quindi avevano un piano per
contrastare l'argomento del ritiro delle scomuniche che non potevano
più utilizzare.
Si vede benissimo che i progressisti
hanno cercato di usare due piste. La prima è quella del concilio.
Affinché la Fraternità San Pio X possa pretendere un riconoscimento
canonico, deve riconoscere il concilio e accettarne tutte le riforme,
così come il magistero di tutti i papi dopo il concilio. E' molto
forte, perché sapevano benissimo che non accetteremo mai di avviarci su
questa strada. Significa rendere di fatto impossibile il
riconoscimento canonico. Dopo è facile condannarci di essere contro il
concilio, prova che siamo scismatici, ecc.
La seconda è una linea più
disciplinare, quella dell'obbedienza. Tuttavia è curioso che proprio
dopo il ritiro delle scomuniche da parte di Roma, il vescovo di
Ratisbona, nella cui diocesi è situato il nostro seminario di
Zaitkofen, vieti ai nostri vescovi le ordinazioni dei nostri stessi
seminaristi! Ma lo ha fatto. Sono 30 anni che il nostro seminario si
trova sul suo territorio senza che sia mai intervenuto! Sceglie proprio
il momento del ritiro delle scomuniche per prendere questa
decisione...La Conferenza dei vescovi tedeschi si è affrettata a
rincarare la dose per bocca di Mons. Zollich che ha dichiarato: “ Se
quei vescovi fanno quelle ordinazioni, il papa deve scomunicarli ”. E'
sceso a Roma per fare pressione sul papa e sul cardinale Bertone. E
dieci giorni prima delle ordinazioni, ricevo una telefonata del
cardinale Castrillòn che mi dice: “ Mi dispiace farle una richiesta che
le sembrerà un po' curiosa, ma il papa non ha solo amici, i vescovi
tedeschi fanno pressione, lei farebbe un favore al papa non facendo
queste ordinazioni in Germania ”. Dopo aver conferito con i miei
Assistenti e con gli altri vescovi, è stato deciso di fare un gesto,
senza che fosse una capitolazione. A Sitientes, non ci saranno dunque
ordinazioni a Zaitkofen, ma i seminaristi quel giorno diventeranno
suddiaconi...a Ecône. E poi è ben chiaro che è un gesto che si farà una
volta sola; dunque le ordinazioni di giugno vengono mantenute. Volevamo
che a Roma fosse intesa non come una capitolazione, ma come un gesto.
Questo non gli è piaciuto e mi ha procurato una nuova lettera...
Due giorni prima di Sitientes, nuova
telefonata del cardinale Castrillòn, la terza in una settimana, è
proprio una bella pressione! Stavolta, l'ordine è netto: “ Disobbedite
formalmente, ricadrete nelle vostre censure. Non bisogna fare queste
ordinazioni. Bisogna chiedere il permesso al papa ma le assicuro -
parlava in italiano – quasi immediatamente, riceverete il
permesso.” Ha aggiunto: “ Da qui a Pasqua la Fraternità verrà
riconosciuta ”.” Non capisco, ho risposto, è appena uscito un testo
ufficiale (una nota della Segreteria di Stato) che stipula che la
Fraternità non verrà riconosciuta finché non riconoscerà il concilio,
lei sa perfettamente come la pensiamo, come può parlare così?! ”
Risposta del cardinale: “ quel testo non è firmato; si tratta di testi
amministrativi, di testi politici; e poi non è quello che pensa il papa
”.
Allora adesso a chi devo credere?
Credere al cardinale per telefono (è orale, non c'è nessuna traccia),
oppure al testo ufficiale?
Al punto in cui stavano le cose, ho
scritto al papa per informarlo semplicemente di cosa accadeva. Gli ho
chiesto di non vedere in quelle ordinazioni un atto di ribellione ma un
atto di sopravvivenza compiuto in circostanze complesse e difficili. E
la cosa è passata.
D'altronde, non vedo come sarebbero
riusciti a condannarci per aver ordinato dei suddiaconi, dato che da
loro i suddiaconi non esistono! Essere puniti per qualcosa che non
esiste, è davvero difficile.
E dopo sono seguite le ordinazioni al
diaconato e al sacerdozio, e sono passate. Ma i vescovi tedeschi hanno
cercato di impedirle. E' comunque una piccola vittoria! Realizzate che
siamo una piccolissima congregazione, una piccola congregazione che si
batte contro una conferenza episcopale, e non una qualunque, e
vinciamo. Abbiamo vinto. E' incredibile...Ma non si tratta di noi...I
conflitti sono di tanti tipi, ma prima di tutto dottrinali.
Papa Benedetto XVI ha osato riconoscere [nell'udienza del 25 agosto 2005, a Castelgandolfo, NdR]: “ Forse esiste, forse potremmo dire che esiste uno stato di necessità in Francia, in Germania ”.
Notate che in uno stato di necessità, gli organismi necessari al buon
funzionamento di un corpo sociale non funzionano più, è una specie di si
salvi chi può; ciascuno innanzitutto si salva, poi collabora ad
aiutare gli altri come può. E' una situazione inverosimile. Vede la
contraddizione: da un lato vi si dice che la Fraternità non può essere
riconosciuta, ma dall'altro vi si dice che essa è riconosciuta perché
il papa vi riconosce. Allora quid?
Vi citerò altri esempi di
contraddizione che ci dimostrano che a Roma ci sono varie correnti, tra
cui alcune molto potenti. Cercare di sapere in quale si trovi il papa?
Non è facile.
Nel settembre dell'anno scorso, quindi
è cosa molto recente, si è unito a noi un prete americano di una
Congregazione (mi sembra che fossero Agostiniani). Nel mese di
settembre 2010, riceve una lettera del suo Provinciale cui è allegata
una lettera della Congregazione dei religiosi confermante la decisione
del Provinciale, che dice: “ Lei non è più membro della Congregazione
degli Agostiniani perché si è unito alla Fraternità ”. La lettera della
Congregazione dei religiosi dice molto precisamente questo: “ Padre Tal
dei Tali (non ne faccio il nome) non appartiene più alla vostra
Congregazione, è scomunicato perché ha perduto la fede unendosi
formalmente allo scisma di Mons. Lefebvre.” Ha la data del mese di
settembre dell'anno scorso! Di conseguenza per Roma, unirsi alla
Fraternità significa unirsi ad uno scisma e perdere la fede, e ci si
ritrova scomunicati. Ovviamente sono andato a Roma con quel foglio!
Quando ho cominciato a leggere questo passo a Mons. Pozzo - segretario di Ecclesia Dei;
ne è presidente il cardinale Levada che è al contempo prefetto della
Congregazione della Fede – mi ha interrotto a metà frase dicendomi: “
So già tutto, ce ne siamo occupati due settimane fa. Abbiamo detto alla
Congregazione dei religiosi che non sono competenti per dire così e
che devono rivedere il loro giudizio ”. Ha continuato dicendo: “ Ecco
come bisogna trattare questa lettera...Così ”. E ha fatto il gesto
espressivo di strapparla. Così, ecco come un'istanza romana mi dice di
trattare un documento ufficiale di un'altra istanza romana, nel modo più
radicale che si possa immaginare mettendola nel cestino,
strappandola...E' comunque una cosa un po' forte! In fondo, significa
che a Roma certe istanze delle congregazioni, dei dicasteri ci
dichiarano scismatici, eretici, aventi perduto la fede, mentre altre ci
considerano cattolici, quasi normali, non aventi più nessuna pena,
nessuna censura. Che confusione!
Come vede si può davvero parlare di
contraddizioni; alcune persone al governo di Roma hanno delle
prospettive su di noi diametralmente opposte! Così, mentre si svolgono i
famosi colloqui teologici, i nostri sacerdoti alloggiano a Santa Marta
– è l'edificio in cui alloggiano i cardinali quando ci sono dei
concistori, dei conclavi, e che abitualmente serve ad accogliere i
vescovi – e dicono messa a San Pietro. Allora mentre da una parte si
discute di dottrina, dall'altra i nostri sacerdoti sono eretici o
scismatici? La cosa non sta in piedi.
Un altro esempio ancora più recente. Stavolta nell'ordine dell'interpretazione; si tratta dell'ultimo testo sulla messa, Universae Ecclesiae. Tre anni dopo il Motu proprio Summorum Pontificum,
è uscito un nuovo testo concernente l'applicazione del testo
precedente. Questo testo è interessantissimo. Un'analisi dei
provvedimenti presi mostra due movimenti che possiamo considerare
radicalmente opposti, dimodoché consideriamo il risultato con aria
interrogativa. La prima linea, che è manifesta, è una linea d'apertura,
si sente una volontà di dare, di mettere a disposizione dei cattolici
del mondo intero non soltanto la messa, ma tutta la liturgia della
Chiesa di sempre in tutti i suoi aspetti.
Al suo inizio, il documento romano afferma che il Motu proprio è
una legge universale. Non è un privilegio – una legge riservata ad un
piccolo gruppo – ma una legge universale, cioè valida per tutti. Esso
precisa che è sua volontà permettere l'accesso alla messa tradizionale
ai fedeli del mondo intero. Non si può essere più espliciti!
In seguito ci sono altri provvedimenti
che si spingono molto oltre, dato che si citano tutti i libri
liturgici per essere messi a disposizione. Tutti. E' inverosimile.
Questo non si può fare se non c'è una volontà, se non c'è proprio
un'intenzione di riaprire, di ridare vita a tutto quel tesoro,
altrimenti non ha senso. Per esempio si parla del Rituale. E' molto
interessante, il Rituale, cosa vi troviamo? Vi troviamo innanzitutto
tutti i sacramenti, quelli dati dal sacerdote, e poi anche gli
esorcismi. Dire che il Rituale è a disposizione, significa che tutte le
benedizioni, tutto quel mondo liturgico di un tempo è veramente
rimesso a disposizione. Ciò non si può fare se non c'è l'intenzione di
far rivivere tutto quel tesoro. Non avrebbe alcun senso metterlo a
disposizione se al tempo stesso si volesse chiudergli la porta in
faccia! Lo stesso valga per il Cerimoniale dei vescovi o per il
Pontificale...Si insiste nel dire che i vescovi possono usare il
Pontificale. Quanto al Breviario, i sacerdoti sono liberi di usare il
vecchio Breviario, pur precisando che se prendono il vecchio Breviario,
devono rispettarne tutte le rubriche. Perché? Perché con il nuovo
Breviario, si può scegliere ad libitum tra le piccole ore,
mentre con il vecchio Breviario, si deve dire tutto. E' un po' strano.
Tutto ciò supera di molto quello che avevamo chiesto all'inizio nella
nostra famosa premessa, cioè la messa per tutti. Ora, non è solo la
messa, ma tutta la liturgia e sotto tutti gli aspetti. E' una delle
linee manifeste.
Accanto, c'è la linea veramente
contraria, con due restrizioni maggiori. La prima riguardo alle
ordinazioni: “ Le ordinazioni secondo il vecchio Pontificale, possono
essere conferite solo ai gruppi che sono sotto l'autorità di Ecclesia
Dei ”. Perché non gli altri? Perché i vescovi non ne vogliono nelle
loro diocesi e Roma vuole evitare troppi problemi con i vescovi
lasciando la possibilità di scelta ai seminaristi. Perché mettere da un
lato tutto a disposizione, e poi per una cosa tanto importante, tanto
capitale, le ordinazioni, lì bloccare tutto?
La seconda restrizione maggiore concerne la qualità dei fedeli che possono godere delle disposizioni del Motu proprio...
Qualche numero più in basso, s'insiste
per dire che il Pontificale è messo liberalmente a disposizione.
Certo, non ci sono solo le ordinazioni nel Pontificale, per esempio vi
rientra il rituale delle cresime. Ora si precisa che le cresime possono
essere conferite secondo il vecchio rito. E' proprio uno strano
miscuglio. Non è possibile che si possano trovare due intenzioni tanto
contrarie in un medesimo testo. Come è possibile? La spiegazione che
vedo io, è che effettivamente a Roma ci sono due forze contrarie,
ognuna delle quali cerca di mettere la propria firma. Alla fine, si
arriva a delle specie di compromessi ingestibili e indigesti.
Tornando a Mons. Pozzo ed al suo
consiglio di strappare il famoso testo della Congregazione dei
religiosi. In quel momento – e quel che ho appena detto ve lo può in
parte illustrare – ha aggiunto questo: “ Occorre, dovete dire ai vostri sacerdoti ed ai vostri fedeli, che non tutto ciò che viene da Roma viene dal papa ”.
Gli ho risposto: “ Ma è impossibile, come vuole che dei sacerdoti, dei
fedeli che ricevono un testo di Roma possano pensare una cosa simile?
La reazione sarebbe semplice: un testo mi piace, viene dal papa, non mi piace, non viene dal papa. Tale atteggiamento d'altronde è condannato da san Pio X.
Il Vaticano, è la mano del papa. Ma
queste parole di Mons. Pozzo contengono un messaggio gravissimo: il
papa non ha il controllo di casa sua. Ciò vuol dire che quando ci
arrivano delle cose da Roma effettivamente, purtroppo, si pensa
immediatamente all'autorità suprema, al Sommo Pontefice, al papa.
Ebbene no! Non viene dal papa. E' questa la situazione della Chiesa. E'
quella che definisco una situazione contraddittoria, a seconda dei
casi più o meno significativi, stavolta tuttavia lo è di meno. E' una
situazione davvero dura, difficile. Come navigare con questi venti
contrari?
Don Lorans- Monsignore, visto
che sappiamo che va a Roma il prossimo 14 settembre ad incontrare il
cardinale Levada, con quali disposizioni ci va? Con quale stato
d'animo?
Mons. Fellay- Mi riferisco un
po' a quello che è accaduto in precedenza col ritiro delle
scomuniche...Non so si ricorda ma quell'estate, nel 2008, fu molto
calda; ci fu quello che è stato chiamato l'ultimatum. Ricordo un
piccolo fatto...Mi consegnano un testo che in sostanza dice così: “ Se
Mons. Fellay non accetta le condizioni molto chiare che gli imporremo,
sarà gravissimo ”. Il cardinale Castrillòn Hojos dichiarava perfino: “
Finora dicevo che non eravate scismatici; se continuate, non potrò più
”.
Era molto teso. Io gli ho risposto: “
Lei dice che occorre che io rispetti le condizioni, ma quali? ”.
Tacciono. Silenzio. Ho chiesto nuovamente: “ Lei dice che ci sono delle
condizioni, ma cosa si aspetta da me? ” In quel momento, il cardinale
con voce molto grave – era davvero molto solenne – ha pronunciato quasi
a mezza voce e lentamente :” Se veramente in coscienza pensa di poter
dire queste cose ai fedeli, ebbene! Le dica ”. Potete immaginare quanta
emozione ci fosse!
Dissi a Don Nély che mi
accompagnava di essere frustrato; mi affermò che si trattava davvero di
un ultimatum. Su mia richiesta, è tornato l'indomani alla Commissione
Ecclesia Dei per ottenere dei chiarimenti sulle famose condizioni. C'è
voluta una mezz'ora perché redigessero in cinque punti delle condizioni
che dicevano tutto e niente. Io dovevo promettere di praticare la
carità ecclesiale. Che vuol dire? Alla fine, ho scritto due parole al
papa, e l'ultimatum non era più all'ordine del giorno. Ma non si può
dire che andasse tutto bene...Nel mese di dicembre seguente, le
relazioni erano più distese, ho scritto una lettera al cardinale per
riprendere contatti.
Nel frattempo, c'era stata Lourdes.
Era così epica, ecco un breve aneddoto: abbiamo potuto utilizzare la
basilica per il nostro pellegrinaggio, ma il vescovo locale aveva
proibito ai vescovi di celebrare la messa. Tre giorni prima del
pellegrinaggio, ho parlato al telefono col cardinale Castrillòn cui ho
promesso di scrivere una lettera; nel corso della conversazione ha
affrontato la questione del pellegrinaggio: “ Ho saputo che fate un
pellegrinaggio, sarà magnifico, ci sarà tanta gente ”. Gli ho risposto:
“ E' bello, infatti, ma c'è una nota stonata ”. -“ Ah sì? ”- “ Sì, i
vescovi non possono celebrare ”. - “ Dei vescovi censurati, fuori dalla
Chiesa, è normale, non si può dar loro il permesso di celebrare la
messa ”. - “ E gli anglicani, non sono scomunicati? ” - “ Che vuol
dire? ” - “ Che gli anglicani, loro, hanno potuto celebrare nella
basilica di Lourdes ”. - “ E' vero? ” Ha dei documenti? Ce ne
occuperemo ”. Stavamo partendo per Lourdes, ho subito raccolto
informazioni su Internet per mandargliele.
Nei documenti ufficiali di Lourdes, il
programma era tutto ben specificato; per tutta una settimana, erano
sette i ' vescovi ' a concelebrare, sette ' messe ' alla presenza del cardinale Kasper,
tutti i ministri erano anglicani, l'omelia fatta da un anglicano, non
dico un vescovo perché gli anglicani sono tutti laici, non sono veri
preti, ancor meno veri vescovi.
Questo per mostrarvi il clima: da un
lato si cerca di annientarci e dall'altro ci si occupa di noi al punto
da disturbare il papa un pomeriggio per questa storia di Lourdes. Ho
approfittato della lettera che ho infine scritto al cardinale
Castrillòn, a dicembre, per riferirgli i discorsi del vescovo di Tarbes
per il quale, se avessimo smesso di dirci cattolici, allora avremmo
potuto celebrare la messa. Gli spiegavo: “ Così dunque volete che
usciamo dalla Chiesa per potere avere delle chiese, non sta in piedi! ”
Ero un po' duro.
Il 17 dicembre, avevo saputo che a
Roma c'era una riunione il cui scopo era riflettere se non occorresse
dichiarare lo scisma della Fraternità, o eventualmente scomunicare
Mons. Fellay perché favoriva un atteggiamento scismatico nella
Fraternità. Ho spedito la mia lettera...Un mese dopo, non c'erano più
scomuniche!
Certamente, c'era la nostra crociata
del Rosario. Ma dopo la lettera che avevo mandato loro, non pensavo che
sarebbe avvenuto così presto. Infatti, il cardinale Castrillòn mi ha
informato che c'erano state due riunioni di cardinali: una prima, in
cui hanno discusso di scomuniche, che si concluse negativamente ; poi
una seconda, che concluse che si poteva benissimo riconoscere la
Fraternità. Questo mi è stato rivelato molti mesi dopo...
Don Lorans – Monsignore, lei ci
mostra come gli spartiacque si spostino un poco. Questa università
estiva è dedicata all'apologetica, forse anche l'atteggiamento dei
fedeli e dei sacerdoti legati alla tradizione secondo lei dovrebbe
cambiare? E' un periodo in cui dobbiamo tener conto esattamente della
realtà in cui viviamo, e delle situazioni dateci dalla Provvidenza?
Mons. Fellay- Credo che si
debba essere estremamente prudenti. Tale situazione di contraddizione
susciterà per forza ogni tipo di voci, di dicerie in tutti i sensi,
ecco perché bisogna veramente, se posso esprimermi così, contare fino a
dieci prima di parlare, e aggiungerei anche: prima di credere
qualcosa. Bisogna guardare i fatti, e non dar retta alle voci se non si
vuole diventare matti!
Il cardinale Levada mi ha invitato il
14 settembre insieme con i miei Assistenti generali. E' un qualcosa di
nuovo. Si dice che abbiamo affrontato tutti i temi dottrinali, che ora è
necessaria una riunione per valutare queste discussioni teologiche e
parlare di futuro. Si dice che ci sarà una proposta di accordo pratico,
non ne so nulla. Se ne parla ovunque: don Aulagnier dice che faranno così e che la Fraternità rifiuterà. Io non ne so nulla. Anche Mons. Williamson ne
ha parlato, non so da chi abbia avuto le sue informazioni, sembra da
un portavoce di Ecclesia Dei...Chi è questo portavoce? Voci
persistenti, ci sarà forse qualcosa di nuovo? Sono molti a parlare;
Roma non smentisce ma io non ho ricevuto ancora nulla. Si resta in
aspettativa.
Se il loro obiettivo rimane sempre
l'accettazione del concilio da parte della Fraternità, le discussioni
sono state abbastanza chiare nel mostrare che non avevamo intenzione
d'impegnarci su quella via. Già nel 2005, dopo cinque ore di
discussioni in cui avevo esaminato e passato in rassegna tutte le
nostre obiezioni contro gli errori, la situazione della Chiesa oggi, il
Diritto canonico, posso garantirle che gli scambi erano tesi. Il
cardinale Castrillòn aveva concluso: “ Non posso dire di essere
d'accordo su tutto quello che avete detto, ma i suoi discorsi dimostrano
che non siete fuori dalla Chiesa. Scriva al papa per chiedergli di
togliere le scomuniche ”.
Allora ho capito che Roma era pronta a
fare un gesto, altrimenti questa richiesta non aveva alcun senso. La
mia risposta non è stata immediata, perché infatti, per noi, non ci
sono mai state delle scomuniche. Perciò la lettera che ho scritto al papa non chiedeva il ritiro ma l'annullamento o il ritiro del decreto, perché quello, esiste. A
coloro che dicono che ho chiesto il ritiro delle scomuniche, rispondo
che è falso. Il cardinale Castrillòn mi ha perfino scritto: “ Lei
chiede che si ritiri il decreto, vi si toglierà la scomunica ”. E'
chiarissimo, sanno quello che dicono.
Allora per conoscere la situazione
esatta ...Da parte mia, posso dirvi che non so cosa accadrà domani. Si
può andare dalla dichiarazione di scisma fino al riconoscimento della
Fraternità. Non voglio speculare. Cerco di prevenire le situazioni, di
riflettere a ciò che occorre fare in questo o quel caso.
Da un lato, preconizzo una prudenza
estrema, non dare ascolto alle voci, attenersi ai fatti, alla realtà.
La mia impressione è che Roma si burli di quello che viene detto, le
parole echeggiano in tutti i sensi ma non hanno affatto valore. Non vi
spaventate. E' un po' come Nostro-Signore, vi si dirà è qui, è lì, non
ci andate, rimanete. D'altro lato, delle discussioni dottrinali ricordo
che in sé nell'immediato non apportano un gran bene, perché è
l'incontro di due mentalità che si urtano. Ne conservo l'immagine di un
torneo in cui due cavalieri incrociano le spade, si slanciano, ma
passano uno a fianco dell'altro.
In ogni caso non possono dire che
siamo d'accordo. Se siamo d'accordo su un punto, vuol dire che non lo
siamo su nessun altro! Evidentemente, se si parla della Santissima
Trinità siamo d'accordo...Ma il problema non è lì: quando si parla del
concilio, si parla di certi problemi nuovi, che noi definiamo errori.
C'è la diceria secondo cui ci
farebbero delle proposte. Ma a quali condizioni? Ci saranno delle
condizioni? Dal mio punto di vista, sarebbe inverosimile che non ce ne
fossero. Alcuni dicono che non è possibile, che finora hanno sempre
tentato di farci mandar giù il concilio. Io non lo so. L'unica cosa che
dico, è: “ si continua ”. Noi abbiamo i nostri principi, e il primo di
essi, è la Fede. A cosa servirebbe ricevere un qualunque vantaggio
quaggiù se si dovesse mettere in gioco la Fede? È impossibile. E
senza la Fede è impossibile piacere a Dio, dunque la nostra scelta è
fatta. Prima di tutto la Fede, ad ogni costo, essa passa anche prima di
un riconoscimento da parte della Chiesa. Dobbiamo avere questa forza.
Vorrei dire un'ultima cosa: qualcosa
si muove, ed in questo qualcosa che si muove, ci sono delle anime
assetate, provengono dallo stato disastroso della Chiesa di oggi, non
vengono come anime perfette, ma bisogna occuparsene. Finora abbiamo
avuto un atteggiamento difensivo. Tuttavia non dobbiamo aver paura
d'introdurre un elemento d'attacco, un elemento più positivo: andare
verso gli altri per cercare di conquistarli pur dimostrando la più
grande prudenza, perché l'ostilità non è finita. Immaginate che Roma ci
riconosca di colpo, mi è difficile crederlo, ma che succederebbe
allora? Credete che i progressisti cambieranno idea nei nostri
confronti? Ma niente affatto! Da una parte continueranno a respingerci
come hanno sempre fatto, o tenteranno di farci ingoiare il loro veleno;
noi rifiuteremo ed il conflitto ricomincerà peggio di prima, non
fatevi illusioni. Se Roma ci riconosce, sarà ancora più dura di adesso.
Adesso, beneficiamo di una certa libertà. Bisognerà pure che un giorno
la Chiesa ci riconosca come cattolici, ma non sarà facile.
Da parte di Roma, ci manca la luce;
vorremmo che Roma diventasse nuovamente il faro della verità, ma per
ora ne siamo ben lontani, è più che vago...Da parte nostra,
fondamentalmente non cambiamo niente, continuiamo a imperniarci sulla
Fede, pur essendo pronti ad aiutare le anime che vogliono essere
aiutate, anche se hanno dei comportamenti che all'inizio lasciano a
desiderare. Ci vuole molta pazienza, misericordia, pur restando saldi,
il che non è facile! Stiamo attenti a non respingere per ragioni
superficiali delle anime meritevoli che venissero a noi; non vogliamo
chiunque, soprattutto non dobbiamo indebolirci, ma dobbiamo essere
buoni con tutti. E' un obbligo anche per noi crescere nella virtù.
Bisogna restare in un ambito
soprannaturale. L'apologetica consiste nella difesa della Fede, ma
soprattutto a livello della ragione, per tentare di convincere. Ma non è
sufficiente. Per convincere, occorre che passi la grazia, e la grazia è
soprannaturale. Per convincere ci vuole un atto del Buon Dio, bisogno
quindi adoperare mezzi soprannaturali. Per noi, vuol dire condurre una
vita cristiana profonda, intensa. E' molto più importante del
combattimento semplicemente apologetico, ma ciò non vuol dire
trascurare il primo, sono necessari entrambi, ma è una questione di
ordine.
E' per questa ragione che mi permetto
d'insistere sulla nostra crociata. Le vittorie che otteniamo sulla Roma
modernista, non dobbiamo attribuirle a noi, ma senza alcun dubbio alla
Santa Vergine e alle nostre crociate. E' alla fine di ciascuna
crociata che abbiamo ottenuto sia la messa, sia il ritiro delle
scomuniche, ogni volta dopo esserci rivolti alla Santa Vergine, e in
situazioni considerate impossibili. Non dobbiamo soltanto contare sulla Santa Vergine ma anche mettersi sotto la sua insegna, seguirla. E' il suo tempo.
Fonte: La Porte Latine
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