lunedì 17 gennaio 2011
La questione del Limbo
La questione del Limbo
(I parte)
In ambienti vaticani ben informati e ostili all’abrogazione del Limbo corre voce che per i neomodernisti, Dio, come ha santificato alcuni eletti (san Giovanni Battista, Ezechiele), nel seno della loro madre, senza aspettare la circoncisione post partum, la quale equivaleva, nell’Antico Testamento al battesimo del Nuovo testamento; così renderebbe comune a tutti questo privilegio speciale che aveva riservato a pochissimi.
Ora, balza agli occhi del semplice fedele la falsità del ragionamento modernista. Infatti, se così fosse, il privilegio miracoloso sarebbe qualcosa di ordinario o normale e cesserebbe di essere un privilegio miracoloso, ossia un avvenimento eccezionale e raro.. Ma, ciò è una contraddizione nei termini, ossia sarebbe un miracolo che ….non è un miracolo, il che ripugna “per la contraddizion che nol consente”. Dio deroga dalla legge comune solo per un privilegio eccezionale (per esempio, l’Onnipotenza divina può sospendere una legge naturale o fisica, risuscitando un morto, come fece Gesù con Lazzaro, onde manifestare ai giudei increduli la sua divinità, ma ciò non avviene per tutti coloro che muoiono: è un fatto che constatiamo tutti i giorni e “contra factum non valet argumentum”). La via comune, stabilita dalla provvidenza, è che si riceve l’ordine soprannaturale o per un atto di fede, seguito possibilmente dal battesimo (per gli adulti), o tramite il solo battesimo (per i neonati). Questo è il comune agire di Dio; la santificazione nel seno materno è un privilegio che, in quanto tale, non può essere comune, sotto pena di cessar d’essere un privilegio. Inoltre, il card. Charles Journet, nel “Dictionnaire de Théologique Catholique” scriveva che: «Per quanto tutto sia possibile a Dio, non è lecito ammettere una deroga alla legge universale [il battesimo dei bambini], a meno che Dio stesso non la riveli [come nel caso di Ezechiele e San Giovanni Battista]. Le eccezioni ad una legge universale, non devono essere presunte, ma dimostrate» (sub voce Bapteme).
La Patristica
Innanzitutto la dottrina del Limbo è formalmente rivelata (cfr. Gv. III,5:”Se uno non rinasce da acqua e Spirito Santo non può entrare nel regno dei Cieli”; e nin Mt. XXVIII,19: “Andate e battezzate tutte le genti. Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo”). Perciò la pratica infallibile della Chiesa, fondata sulla Rivelazione divina e la Tradizione apostolica, impone di battezzare il più presto possibile i neonati (Concilio di Trento, Denzinger 791).
Il Magistero della Chiesa, poi, ha condannato questo “nuovo”errore, vecchio quanto il diavolo, e professato da Pelagio e seguaci, nel 411 con il Concilio di Cartagine, ma non è esatto dire che la dottrina del Limbo nasca con e contro il pelagianesimo.
San Girolamo e Sant’Agostino furono tra i primi Padri ecclesiastici a levare la voce contro questo errore. Nel 416 fu convocato un secondo Concilio di Cartagine per ricondannarlo. A Milevi, nel 416, la Chiesa lo condannò per la terza volta. Papa Innocenzo I, il 27 gennaio 417, scrisse l’Epistola 182 al primate Silvano e a tutti i vescovi del Concilio Milevitano, ricordando che suo scopo è di preservare la fede cattolica contro l’eresia pelagiana e specialmente che «E’ il colmo della pazzia (perfatuum est) asserire che i bambini possono ottenere il premio della vita eterna anche senza le grazie del battesimo». «L’intervento di papa Innocenzo I – commento p. Attilio Carpin, o.p.- riveste, per la parole stesse del Pontefice, un carattere dogmatico, poiché rappresenta l’intervento della suprema autorità magisteriale della Chiesa in materia di fede. Il documento pontificio conferma le decisioni del Concilio di Milevi e di Cartagine». Sempre p. Carpin afferma: «Il Papa esclude che i bambini morti senza battesimo possano accedere alla vita eterna…, poiché questa non può essere totalmente indipendente dal battesimo. In caso contrario si negherebbe la necessità salvifica di Cristo, la presenza del peccato originale». Inoltre, vi fu un terzo Cocilio cartaginese (418) che ricondannò la dottrina pelagiana, basandosi sul formalmente rivelato «Se uno non rinasce da acqua e Spirito Santo non può entrare nel regno dei Cieli (Gv. III,5)». Il concilio insegna come divinamente rivelato (“ A motivo di questa regola della fede anche i bambini…vengono battezzati per la remissione dei peccati), il fatto che il battesimo è necessario anche per i bambini, per entrare in Paradiso. Se vi sono state eccezioni (Ezechiele, San Giovanni Battista) esse sono le eccezioni che confermano la regola, ma non si può far diventare regolare l’eccezionale, come vorrebbero i modernisti, sotto pena di contraddirsi. Il Concilio di Efeso (431) rinnovò la condanna del pelagianesimo.
Sant’Agostino
Occorre dire che Sant’Agostino, per reagire al pelagianesimo, sposò inizialmente una tesi inizialmente severa (allontanandosi dai Padri greci, i quali parlavano solo di privazione della visione di Dio, senza pena), che poi addolcirà, asserendo che i bambini morti senza battesimo scontano una pena eterna, sebbene mitissima. Tuttavia lo stesso Santo Dottore riconoscerà: «Io avverto la profondità del mistero e riconosco che le mie risorse sono inadeguate a scandagliarne il fondo…, però debbo tenere conto dell’insufficienza umana e non debbo contraddire l’autorità divina».
La fede cristiana, infatti, insegna l’assoluta e universale necessità della salvezza di cristo anche per I bambini neonati. Senza la Grazia santificante, che è seme di gloria, non si può arrivare alla visione beatifica, come senza un seme di melo non può nascere un albero di mele. E’ assolutamente certo. L’ordine soprannaturale è sopra la natura e senza di esso, il bambino non ha diritto alla visione soprannaturale di Dio. Il che non è un’ingiustizia; infatti, egli ha una conoscenza e un amore puramente naturale di Dio, Causa prima, e non soffre il rimorso della coscienza, perché – a differenza dei neomodernisti - sa che non è per sua colpa che non può entrare in Paradiso e, quindi, ove non è colpa non è pena. Tuttavia, Agostino restò ancora legato alla dottrina, perfezionata poi omogeneamente dagli scolastici, di una minima pena, ma pur sempre pena (“minima pena non tamen nulla”).
San Gregorio Magno
Anch’egli nega la visione beatifica ai bambini morti senza il battesimo, fondandosi sulla divina rivelazione (Gv. III,5). Il santo papa parla di una diversità di pena tra chi muore col peccato mortale-attuale e i bambini che muoiono con il solo peccato originale, i quali hanno una pena molto minore, ma pur sempre pena. Come Sant’Agostino, San Gregorio si ferma di fronte ad un mistero che la patristica non era riuscita ancora da affrontare in maniera adeguata. Questo lavoro spetterà agli scolastici. Nonostante ciò, San Gregorio specifica che nell’inferno vi è una zona superiore (luogo di quiete che non comporta alcuna sofferenza fisica, ma angustia morale, la quale poi sarà precisata dai medievali) e una inferiore, che è il tormento fisico (o pena del senso) e la pena del danno. Con Gregorio Magno si comincia a distinguere bene tra inferi o limbo dei giusti dell’Antico Testamento, che temporaneamente soffrono la pena del danno, senza pena del senso, il purgatorio, ove si soffre la pena temporanea del senso e del danno e il limbo dei bambini, morti col solo peccato originale.
La Scolastica
Tra il IX e l’XI secolo la teologia ricalca le orme di Sant’Agostino e San Gregorio Magno. Con il XII secolo la questione è ripresa ed approfondita, specialmente da San’Anselmo d’Aosta, che rimane ancora molto legato alla tradizione agostiniana, Ivo di Chartres, Ugo di San Vittore, il quale introduce un importante approfondimento omogeneo del dogma: non si parla di dannazione, ma solo di privazione della visione beatifica, senza alcuna sofferenza. Il come e il perché resta un mistero. Pietro Lombardo propone la soluzione agostiniana, ma più mitigata: una pena lievissima senza alcuna pena fisica e neppure morale: vi è solo la privazione della visione faccia a faccia di Dio, ma senza sofferenze fisiche e morali. Con Alessandro di Hales ci si avvicina alla soluzione definitiva, che sarà data da San Bonaventura da Bagnoregio e da San Tommaso d’Aquino. Infatti, Alessandro, nel suo commento alle “Sentenze” di Pietro Lombardo conia il termine “limbo” che deriva da “lembo”, orlo dell’inferno. Abbiamo visto che tale nozione (non la parola) era già implicitamente contenuta in Sant’Agostino e in San Gregorio Magno. Tuttavia, nei Padri permaneva l’idea che nell’inferno superiore o limbo permanesse una certa angoscia o tormento di coscienza, stato tipico di desidera un bene che non può ottenere ancora. Per arrivare alla risposta meno lontana dalla realtà, occorre attende i due grandi scolastici: San Bonaventura da Bagnoregio e da San Tommaso d’Aquino.
San Bonaventura da Bagnoregio
Secondo il santo di Bagnoregio, i bambini morti senza battesimo sono privi della grazia e quindi della gloria, ma non soffrono alcuna pena sensibile, poiché non hanno commesso alcun peccato attuale. Per san Bonaventura i bambini non soffrono neppure moralmente, pur essendo coscienti di non aver la visione di Dio. L’insegnamento scolastico «non viene percepito – afferma p. Carpin, o.p.- come contraddittorio o eterogeneo al pensiero di sant’Agostino, bensì come una sua esplicitazione. Le ambiguità di Agostino…, trovano in Bonaventura una soluzione teologica più coerente».
San Tommaso d’Aquino
L’Aquinate insegna che l’unica pena dovuta al peccato originale dopo la morte è la mancanza della visione soprannaturale di Dio. L’Angelico interpreta reverenter Sant’Agostino e gli fa dire che il “supplizio” non è la pena del senso, ma solo la privazione della visione di Dio. I bambini non battezzati conoscono la causa della loro privazione, ma non ne provano angoscia. Infatti, non ci si deve affliggere per il fatto di mancare di quanto sorpassa la propria condizione. Ora, I neonati morti senza battesimo non erano capaci d’ordine soprannaturale e di vita eterna, essendo privi di grazia abituale che è “inchoatio vitae aeternae”. La grazia sorpassa la natura, non è dovuta all’uomo, ma assolutamente gratuita (contro l’errore dei modernisti e dei neomodernisti, specialmente De Lubac). Quindi, essi non provano dolore per tale mancanza, anzi hanno un benessere naturale che deriva loro dal partecipare della bontà di Dio e delle perfezioni della natura. Infatti, essi non sono totalmente separati da Dio, ma gli sono uniti partecipando ai beni naturali (l’essere, la bontà, la bellezza, la verità…).
Le speculazioni degli scolastici furono riprese e canonizzate nel 1439 dal concilio di Firenze (Denzinger 464); dal Concilio di Trento nel 1546 (Denzinger 791): «A motivo di questa regola di fede, per Tradizione apostolica, anche i bambini…vengono battezzati». Il “Catechismo del Concilio tridentino” (parte II, cap. 2, n°3) insegna che: «Ai bambini non è lasciata alcuna possibilità di guadagnare la salvezza, se non è loro impartito il battesimo». Nel 1794 Pio VI riafferma l’esistenza del Limbo, come privazione della visione beatifica, senza pena (Denzinger 1526). Infine, Pio XII (Discorso alle ostetriche, 29 ottobre 1951) ha ribadito la necessità del battesimo ai neonati, poiché «nella presente economia non vi è mezzo per comunicare questa via soprannaturale al bambino, che non ha ancora l’uso di ragione» (per l’adulto, invece, è possibile il battesimo di desiderio).
Conclusione
Secondo i neomodernisti non è lecito passare dal principio universale (chi muore col peccato originale è escluso dalla visione beatifica) a quello particolare ( I bambini morti senza battesimo sono privi della visione di Dio. Ma in logica ogni sillogismo tira una conclusione particolare a partire da una premessa (Maior) universale e da un’altra premessa (minor) particolare, per esempio:
Maior: L’uomo è razionale
Minor: Ora, Antonio è un uomo
Conclusio: Quindi, Antonio è razionale
La filosofia e la teologia studiano e prendono in considerazione la regola (il per se) e non l’eccezione (il per accidens). Dunque, in logica non ci si cura se Tizio o Sempronio sia nato amente e quindi non razionale; anzi il fato che vi siano degli amenti è l’eccezione che conferma la regola, ossia che gli uomini normalmente parlando, siano razionali. Così la teologia non si cura se Ezechiele o Giovanni il Battista siano stati santificati miracolosamente nel seno della madre, ma del fatto, ordinario e comune al genere umano, che l’uomo nasce col peccato originale, il quale gli è rimesso solo col battesimo. Altrimenti, si potrebbe anche arguire “L’immacolata concezione dell’uomo”, dacché Maria è stata miracolosamente preservata dalla macchia del peccato originale: questo è il sofisma “ab uno, disce multis”, ossia UN barbiere ha ucciso la moglie, quindi I barbieri sono uxoricidi. Questa non è più logica ma sofistica, non è più scienza sacra ma fantateologia. E’ possibile all’onnipotenza divina santificare qualcuno nel grembo materno, tuttavia “a posse ad esse, non valet illatio” (non è lecito passare dalla pòossibilità alla relatà); ad esempio, io posso vincere al totocalcio, ma questo non significa che io sia realmente e in atto milionario. Quindi, la fede cattolica resta quella di sempre e non subisce mutazioni eterogenee, il dogma è approfondito omogeneamente, nello stesso senso come è avvenuto dal Vangelo di San Giovanni fino a Pio XII, il Credo ci insegna che i bambini morti senza battesimo (normalmente, ordinariamente) vanno nel limbo. Questa è la regola della fede; se poi Dio vuol santificare Giovanni o Paolo nel seno della madre, questa è l’eccezione, la quale non è oggetto di definizioni dogmatiche, ma conferma soltanto la regola: chi muore senza ordine soprannaturale, conferito ai neonati col battesimo d’acqua, non entrerà in Paradiso.
Tratto da: «Sì Si No No»,
a.XXXIII, n°2, 31 gennaio 2007
Invitiamo alla lettura di quest'altro articolo più completo: Il Limbo al… “Limbo”
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