Il modernismo politico o cattoliberalismo
vuole Chiesa e Stato separati e indipendenti.
La dottrina cattolica tradizionale e
costante, invece, ha sempre affermato che, secondo l’ordinamento
divino, i due potere devono essere distinti, ma non separati, e, benché
autonomi nella sfera della propria specifica
competenza, non sono indipendenti tra loro, ma subordinati in ragione del fine:
temporale quello dello Stato, eterno quello della Chiesa, il che rende la
Chiesa superiore allo Stato “tanto quanto il Cielo sovrasta la terra”(S.
Giovanni Crisostomo).
Abbiamo seguito nelle prime due parti (qui et qui) di
questo studio questa dottrina da Nostro Signore Gesù Cristo e i Suoi Apostoli fino al Medioevo allorché, grazie alla costituzione di Nazioni cristiane e alla loro
collaborazione subordinata, la Chiesa poté
mettere in atto il suo insegnamento e penetrò
dei princìpi cristiani tutte le
istituzioni politiche e sociali. Fiorì
così la Cristianità, che è l’attuazione
concreta della forma cristiana della società
civile, il cui codice, anche se“troppo spesso violato in
pratica, […]pur rimaneva come un richiamo e come
una norma, secondo la quale giudicare gli atti della
Nazioni”(PioXI,Urbi Arcano).
3a
PARTE
V- I TEOLOGI CATTOLICI DEL XVI SECOLO
Dopo gli attacchi protestanti di LUTERO e di CALVINO (XVI
secolo)assistiamo a una forte riscossa del pensiero cattolico grazie ai grandi teologi
domenicani e gesuiti della seconda scolastica italiana e soprattutto spagnola,
i quali, tuttavia, dovendo tener conto del mutamento dei tempi, cercarono di
presentare la
dottrina cattolica in maniera più dolce,“indiretta”, come essi stessi si esprimono.
I DOMENICANI
TOMMASO de VIO o il CAJETANUS O.P.
(+1534)
Secondo questo cardinale detto il Gaetano
perché nato a Gaeta, il potere del
Papa riguarda direttamente le cose spirituali, ma non è un potere diretto
in
ordine alle cose temporali e coglie il temporale solo in vista dello spirituale
ossia indirettamente.
Quindi il Papa possiede un potere supremo
sul temporale, ma lo possiede in ordine alle cose spirituali(in ordine ad spiritualia), e non direttamente in ciò che concerne il temporale in sé
seu secundum
seipsa
temporalia (1).
FRANCISCO de VITORIA O.P. (+1546)
Si rifà
al Gaetano e a Torquemada,negando l’argomento delle due
spade e stabilendo la teoria del potere pontifìcio
indiretto nelle cose temporali e scrive: “Papa non est dominus civilis totìus orbis
[...] habet
potestatem
temporalem in ordine ad spiritualia”(“Il
Papa non è il signore civile di tutto
il mondo […] ha il potere temporale in ordine alle cose
spirituali”)(2).
DOMENICO SOTO O.P. (+1560)
Afferma la distinzione dei due poteri e
il primato del potere spirituale,ma il Papa non è
“il signore di tutta la terra nell’ordine
temporale”(dominus totìus terrae in
temporalibus),anzi
non è neppure così superiore da poter istituire i re; tuttavia può destituire i re cristiani ratione peccati in virtù del suo potere spirituale che si serve del temporale come di uno strumento. Egli si allontana sia da Vitoria che da Torquemada (3).
La scuola domenicana, e anche GIOVANNI
da S. TOMMASO O.P
(+1644) seguono
le formule più
soffici di Vitoria e Torquemada.
I GESUITI
S.
ROBERTO BELLARMINO S.J. (+1621)
Questo santo Dottore della Chiesa si trova di fronte all’Europa rovinata dal Protestantesimo. Egli distingue i due
poteri e conferisce un primato al potere spirituale; ritiene che direttamente,
di diritto divino, il
Papa non ha nessun potere temporale,ma lo ha indirettamente
perché ha il potere sovrano di disporre, per
fini spirituali, dei beni di tutti i cristiani.Il potere
spirituale non deve
ingerirsi delle cose temporali, tranne ratione
peccati e in tal caso
sino alla scomunica. Per quanto concerne le due spade afferma che l’interpretazione di S. Bernardo e Bonifacio VIII è mistica e non letterale; per Bellarmino
la teoria del potere
indiretto
del Papa in temporali bus è
teologicamente certa.
FRANCISCO
SUAREZ S.J. (+1617)
La sua teoria è
molto simile a quella del Bellarmino se non identica.Nel 1613 scrisse la Defensio
fidei catholicae
et apostolicae ad versus
anglicanae sectae errores, per confutare
Giacomo I d’Inghilterra. La Chiesa
universale è
– per Suarez - superiore agli Stati particolari: “La dipendenza di un potere da un altro può essere detta diretta o indiretta.
È
indiretta quando deriva solo dal fatto
che l’autorità
da cui un certo potere dipende ha un fine più
nobile ed è in se stessa un’autorità superiore e più venerabile. Ecco perché
la sovranità della Chiesa sui principi temporali
è di tal natura da
giustificare
l’intervento del
suo capo, il Papa, nella sfera temporale solo in maniera indiretta e solo quando è in gioco l’ordine spirituale. Tale potestas indirecta consente di impedire
al potere civile di mettere in pericolo con
le sue leggi la salvezza delle anime e di ostacolare il funzionamento delle
istituzioni ecclesiastiche. È una potestas... anche coactiva, vale a dire essa... può anche costringere i principi cristiani con le proprie
sanzioni, se occorre, sino alla loro deposizione”(4).
In breve, Suarez rivendica per il romano
Pontéfice una vera giurisdizione sullo
Stato, ma essa è da usare solo indirettamente, ossia in casi eccezionali, ratione peccati, quando
la salus animarum è
messa in pericolo dallo Stato; pertanto non è
un potere diretto in
temporalibus che
il Papa ha, e che non vuol usare abitualmente; ma è un potere che interviene indirettamente solo per motivi spirituali.
La tesi del Bellarmino fu sul punto di
essere condannata da Sisto V, ma questi morì.
Il suo successore Clemente VIII, considerando la questione ancora aperta,
preferì lasciare
la libertà
di seguire sia la tesi del potere diretto, ma non esercitato,sia quella del
potere solo indiretto(ratione
peccati)
in temporalibus.
Da tollerata la tesi del Bellarmino divenne,
pian piano, comune nelle scuole cattoliche e gli autori della terza scolastica,
esperti in diritto pubblico ecclesiastico (Zigliara, Zubizarreta,Garrigou-Lagrange,
Liberatore,Ottaviani, Cappello)(5), seguono per lo più
la tesi di Bellarmino-Suarez; alcuni quella dei domenicani della seconda
scolastica (per esempio Maritain, prima della svolta liberal-democratica dell’Umanesimo integrale del 1936)(6).
UNA FIGURA
CONTROCORRENTE
CELSO MANCINI
Nato in Ravenna, non si sa in quale anno,
morto ad Alessano nel 1612, il Mancini insegnò
per diciassette anni negli istituti della Congregazione dei Canonici
Lateranensi a partire dal 1555. Nel 1596 fu stampato il suo De juribus principatuum, in cui, “rivisitando” la teologia e il magistero ecclesiastico, difende la teoria
del potere diretto del Papa in
temporalibus ;
nel 1597 fu nominato da Clemente VIII vescovo di Alessano in Puglia, dove morì nel 1612 (7).
“La posizione di Mancini a
favore della tradizionale […] teoria della doppia
potestà papale è senza riserve [...] per Celso Mancini se i sommi sacerdoti
dell’Antico Testamento ebbero il potere regale [...],
tanto più sarà detenuto dal Vicario di Cristo
[...] e perciò non ha base la distinzione tra potestà diretta ed indiretta,affermata da molti teologi [della seconda
scolastica, compresi il Bellarmino
e il Suarez -nda]”(8).
In realtà
Celso Mancini ebbe il coraggio di riaffermare una dottrina scomoda in un’epoca difficile. E se Clemente VIII lasciò libertà di seguire la tesi del
potere solo indiretto nelle cose temporali ratione peccati, se non condannò la tesi bellarminiana,elogiò
e promosse vescovo Celso Mancini, che aveva riparlato di potere diretto in temporalibus. Oggi, gli autori cattolici,
specie se ecclesiastici, hanno una certa vergogna a riconoscere che la Chiesa ha
insegnato di avere un potere diretto anche in temporalibus. Si legga, ad esempio, il padre
Cappello:“Il sistema del potere diretto o ierocrazia,fu
proposto per primo da Giovanni di Salisbury (+1180)... da
Agostino Trionfo (+1328)... esso è falso”(9). La stessa negazione si
trova nei manuali del cardinale Alfredo Ottaviani, che scrive: “ la Chiesa non ha mai rivendicato il potere diretto nelle
cose temporali [...] nel medioevo, alcuni dotti, con argomenti
molto deboli, affermarono la dottrina del
potere diretto della Chiesa nelle cose temporali: Egidio Romano, Giacomo da
Viterbo, Agostino Trionfo e Giovanni da Salisbury [...], ma alla Chiesa non
appartiene il potere diretto in
temporalibus”(10). Come abbiamo visto, le cose
non stanno così. Se è lecito non condividere la tesi del potere diretto
in temporalibus, avendo la Chiesa lasciato
ai teologi libertà sull’
argomento,non è
esatto, però, affermare che
la tesi ierocratica non appartiene alla
Chiesa,
ma soltanto a qualche erudito medioevale. Ne consegue che, per trovare la verità su questa questione, è
necessario ricorrere ai testi di filosofia politica scritti da laici e andare
alle fonti. È quel che ha fatto Oscar
Nuccio nella sua Storia del pensiero economico italiano
(Sassari, Gallizzi, 1984-1992, 7 tomi)ed è quel che fece in piena Riforma anche Celso Mancini che confutò le teorie “mitigate”
di Suarez e Bellarmino basandosi sui testi dei Papi.
UN’«ATTENUAZIONE»
INUTILE
“Alcuni scrittori cattolici
come il Bellarmino – scrive Sidney Ehler –fornirono... un’interpretazione
della plenitudo
potestatis papale
parzialmente modificata rispetto alle vedute medievali. La teoria del Bellarmino è nota come teoria del potere indiretto
del Papa, o della potestas indirecta.[Per BONIFACIO VIII invece]
1) Ogni potere, sia spirituale che temporale, appartiene in linea di principio
alla Chiesa. 2) Essa si riserva l’esercizio del primo e
lascia il secondo ai sovrani.3) Il Papa gode di un diritto generale di
controllo, di giurisdizione e di pena sul potere secolare, che comporta la
facoltà di deporre i sovrani. Nell’ambito di questo sistema, il card. Bellarmino distingueva tra
il potere diretto del Papa sulla Chiesa [...], ed un potere indiretto sui re
nella sfera temporale [...].Questa teoria, confrontata con la dottrina
medievale appare senza dubbio come una notevole
attenuazione
dell’intransigenza dell’Unam sanctam. [...]. Ma perfino questa versione
temperata della giurisdizione
romana riusciva affatto inaccettabile a
Giacomo I d’Inghilterra, che era stato il teorico della
monarchia di diritto divino [...] che venne realizzata
solo da Luigi XIV in Francia[...]. Luigi XIV si servì della Chiesa come di un importante strumento utile ad
assicurare la stabilità del regime”(11).
In realtà
Suarez volle temperare la dottrina cattolica di fronte alle pretese regaliste
del suo sovrano Filippo II e S. Roberto Bellarmino,grande avversario del protestantesimo,seguì la strada di Suarez, a causa – penso – dello spirito dell’ Ordine
religioso al quale entrambi appartenevano (la Compagnia di Gesù) e per non perdere anche l’appoggio
dei sovrani cattolici, non ancora inghiottiti dal luteranesimo.
Inutilmente, però. Oramai i sovrani assoluti, anche se cattolici, avevano preso
una strada che non tollerava neppure la teoria del potere indiretto della
Chiesa nelle cose temporali e non volevano essere soggetti, neppure indirettamente,
a Cristo e al suo Vicario in terra.
L’abbé Maurel ci offre in poche pagine un quadro dell’evoluzione storica dei rapporti Chiesa-Stato:“1°) Nei primi tre secoli, ossia
la nascita della Chiesa, i due poteri erano indipendenti, poiché l’impero romano perseguitava la
Chiesa.
2°)
Da S. Agapito a S. Gregorio VII (IV-XI sec.), l’adolescenza della Chiesa, il potere indiretto della Chiesa cerca di
penetrare sempre più nella Società civile.
3°)
Da S. Gregorio VII a S. Pio V(XI- inizio XVI sec.), l’età matura e l’apogèo della Chiesa, il potere diretto in temporalibus sboccia e dà luogo alla Cristianità
medievale.
4°)
Con l’avvento dell’eresia protestante
in gran parte dell’Europa(seconda metà del XVI sec.), la
decadenza
della Chiesa, [in realtà i prodromi risalgono già
a Marsilio, Occam e all’Umanesimo fine XIV-XVsec., nda]
si ritorna al potere
indiretto(Bellarmino
e Suarez).
5°)
Con la rivoluzione francese(XVIII sec.), la persecuzione assassina (si fieri potest) della Chiesa, il potere della Chiesa
sullo Stato è quasi nullificato, come nei primi tre secoli”(12).
Di fronte a questo ritorno al paganesimo la Chiesa non ha rinunciato alla sua
dottrina tradizionale sui rapporti Chiesa-Stato. Perché la scristianizzazione dell’Europa e l’indifferenza degli Stati hanno reso impossibile l’attuazione di Società
cristiane normalmente costituite, la Chiesa esercita il suo potere in temporalibus nell’unica
forma che le è tuttora possibile,
indirizzandosi,cioè,direttamente ai fedeli per
richiamarli ai loro doveri nella vita
politica e sociale, ma la sua dottrina non
muta così come non muta, nonostante
le umane deviazioni, il pi- ano divino
sull’ordinamento della società.
L’attenuazione
operata dai Domenicani e dai Gesuiti dopo la pseudo- riforma protestante si
rivela ancor più inutile se si considera che
la tesi del potere indiretto, concede al potere spirituale quasi le stesse
prerogative della tesi della
plenitudo potestatis ossia del potere diretto in temporalibus, posseduto da Cristo e dal
Papa ma non esercitato e delegato ai principi laici.
Padre Felice Maria Cappello S.J., che
segue la tesi del Bellarmino, dimostra che il potere indiretto si estende a
tutte le cose che hanno relazione alla salus
animarum; se
nelle questioni temporali si trova qualcosa
che ha rapporto con lo spirituale, e quasi sempre o molto spesso è così, sempre e necessariamente entra
in gioco la giurisdizione
della Chiesa. Inoltre, il potere
indiretto è una vera e propria
giurisdizione,con il triplice potere legislativo,giudiziario e esecutivo. In
virtù del potere indiretto il Papa
può correggere,abrogare,
cambiare le leggi civili, può sciogliere i sudditi dal
vincolo di obbedienza al principe malvagio,
può deporre i principi cattivi:“il Papa può abrogare, correggere e
mutare, per il suo potere indiretto nelle cose temporali, le leggi civili; può fare egli stesso delle leggi civili, se il principe non ne fa
di buone e si rifiuta di farle, ammonito dalla Chiesa; se lo Stato non
pronunzia giudizi civili retti, la Chiesa può
sollecitarlo a emetterli, se lo Stato non ottempera alla richiesta della
Chiesa, essa può riformare le sentenze,
annullare i giudizi e pronunciarli; il Papa può
sciogliere i sudditi dall’obbedienza al principe; può deporre i principi, a causa dei loro scandali o perché sono perniciosi alla salvezza delle anime”(13).
Il cardinale Ottaviani, a sua volta,specifica
che “la legislazione civile deve essere formata di modo
da non contraddire la legislazione canonica;in caso di conflitto tra legge civile
e ecclesiastica, è quest’ultima
che prevale; lo Stato è obbligato ad
aiutare la Chiesa, e quindi deve mettere
a sua disposizione i mezzi temporali, sino all’ausilio
della forza armata o del braccio secolare; infine la protezione dello Stato non
comporta nessuna giurisdizione sulla Chiesa”(14). E conclude: “la
Chiesa è
superiore allo
Stato, per la superiorità del
suo fine. Infatti
i fini delle società specificano il loro grado e
valore di modo che la società che persegue il fine supremo
e ultimo è la più nobile, non essendo ordinata a nessun altro fine, e questa è la Chiesa,il cui fine, nobilissimo e supremo, è la felicità eterna. Così la Chiesa è tanto superiore allo Stato,
come il cielo alla terra”(15).
CONCLUSIONE
Purtroppo, com’è facilmente constatabile l’insegnamento
del Concilio Vaticano II e del post-concilio è
la negazione della dottrina cattolica che la Chiesa ha sempre professata,anche
nella sua forma più mitigata.Il modernismo
sociale (non meno di quello dogmatico) è
penetrato quasi dappertutto ed ha invaso “anche il santuario”. Cosa fare? Restare fedeli a ciò che la Chiesa ha sempre detto e fatto (S. Vincenzo da Lerino Commonitorium,III) e ripudiare ogni forma
di “demo[nio]-cristianità”
per tendere all’ideale della “cristianità integrale”.
Alberico
(fine)
Note:
1 CAJETANUS, Apologia
tractatus de comparata auctoritate Papae et concilii, trattato II, part.
2ª, cap. XIII, Lyon, 1541.
2 F. DE VITORIA O.P., De Indis
recenter inventis, Salamanca, 1565, sect. I, 7, pag. 226.
3 Cfr. D. SOTO O.P., In IVum Sent., dist. XXV, q. II,
Venezia, 1584, pagg. 66-74.
4 J. J. CHEVALIER, op.cit., vol
II, pagg. 140-141.
5 Cfr. R. GARRIGOU-LAGRANGE O.P., De
Revelatione, vol. II, Roma-Parigi, Ferrari-Gabalda, 1918, pagg. 415-454. F.
M. CAPPELLO
S.J.,
Summa Juris Publici Ecclesiastici, op. cit. , pagg. 164-291. A. OTTAVIANI, Institutiones
Juris Publici Ecclesiastici, vol. II, Typis Polyglottis Vaticanis, Città
del vaticano, ed. 4ª, 1940, pagg. 77-235. A. OTTAVIANI, Compendium
Juris Publici Ecclesiastici, ed 4ª, Typis Polyglottis Vaticanis, 1954,
pagg. 259-405. M. LIBERATORE
S.J.,
La Chiesa e lo Stato, Napoli, Giannini, 1872. M. LIBERATORE S.J., Il
Diritto Pubblico Ecclesiastico, Prato, Giachetti, 1887. F.M. CAPPELLO S.J., Chiesa e
Stato, Roma, Ferrari, 1910. V. ZUBIZARRETA, Theologia
dogmatico-scholastica ad mentem Sancti Thomae Aquinatis, Vitoria,
1948, vol. III, N° 873-874.
T.M. ZIGLIARA O.P., Summa
Philosophica, vol. III, Ethica, Roma, 1856, Propaganda Fide, pagg.
247-267. J.MARITAIN, Primauté du
Spirituel, Paris, Plon, 1927, pagg. 11-205. A. OTTAVIANI, Doveri dello
Stato cattolico verso la Religione, 2 marzo 1953,
Libreria del Pontificio Ateneo Lateranense. A. DE CASTRO MAYER, Carta
Pastorale sulla Regalità di N.S.G.C., (8 dicembre 1976), in “
Catolicismo” , n° 314, febbraio 1977, ed. Vera Cruz, San Paolo, 1977. R.F. RORBACHER, Storia
universale della Chiesa cattolica, Marietti, Torino, 4ª ed., 1872-1873. Cfr.
vol. VII, pagg. 579-737 (Gregorio VII); vol. IX, pagg. 111-333 (Innocenzo III);
vol. IX, pagg. 759-831 e vol. X, pagg. 121-210 (INNOCENZO IV); vol. X, pagg.
486-574 (BONIFACIO VIII). A. FLICHE- V. MARTIN, Storia della Chiesa, SAIE, Torino,
3ª ed., 1972-1976. Cfr. vol. VIII, pagg. 77-227 (Gregorio VII); vol. X, pagg.
17-275 (Innocenzo III); vol. X, pagg. 557-568 (Innocenzo IV); vol. XI, pagg.
130-173 (Bonifacio VIII) AA. VV., Enciclopedia dei Papi, Istituto dell’Enciclopedia
Italiana, II vol., Roma, 2000. Cfr. pagg. 204-209 (Gregorio VII); pagg. 330-348
(Innocenzo III); pagg. 390-393 (Innocenzo IV); pagg. 478-491 (Bonifacio VIII). H.
JEDIN, Storia della
Chiesa, Jaca Book, Milano, 1980. Cfr. vol. IV, pagg. 479-500 (Gregorio
VII); vol V/1, pagg. 194-215 (Innocenzo III); pagg. 390-404 (Bonifacio VIII).
n.
6 J. MARITAIN, Primauté du
Spirituel, Paris, Plon, 1927. Cfr. F. RUFFINI, Relazioni tra Stato e Chiesa,
Il Mulino, Bologna, 1974, pagg. 125-137. J. B. LO GRASSO S.J., Ecclesia
et Status. Fontes selecti. Historiae Juris Publici Ecclesiastici, 2ª
ed., Gregoriana,
Roma, 1952. L’Umanesimo
integrale di Maritain ha fortemente influenzato CHARLES JOURNET, che ne L’Eglise
du Verbe incarné, vol. I, La hiérarchie apostolique, rist. della
3ª ed. 1962, Saint-Augustin, Chirat, St-Just-La- Pendue, 1998, affronta il
problema dei rapporti tra Stato e Chiesa, da pag 398 a pag. 618, in maniera
prolìssa e soporosa, con una terminologia che non è strettamente scolastica,
nascosta dietro molte citazioni di S. Tommaso, e che veicola un pensiero che
non è quello cattolico tradizionale, ma catto-liberale. Egli non accetta,
praticamente, senza dirlo troppo chiaramente, neppure la dottrina del
Bellarmino sul potere indiretto, ma si ispira alla Nuova Cristianità di
Maritain.
7 ENCICLOPEDIA ITALIANA, vol. XXII, col
85, Roma, 1949.
8 O. NUCCIO, Celso Mancini
interprete del riformismo cattolico: aspetti del pensiero politico sociale,
in «La seconda chiesa matrice di Tricase nel Sei- Settecento», Convegno
di studi, Tricase, 19 giugno 1999, Mario Congedo editore, pagg. 49-74,
passim.
9 F. M. CAPPELLO, Summa juris
publici ecclesiastici, op. cit., pagg. 166-167 e 170-174.
10 A. OTTAVIANI, Compendium
juris publici ecclesiastici, op. cit., pagg. 335-342.
11 SIDNEY Z. EHLER, Breve storia
dei rapporti tra Chiesa e Stato, Vita e Pensiero, Milano, 1961, pagg. 81-84.
12 J. MAUREL, Somme contre le Catholicisme liberal, Paris-Bruxelles,
1876, tomo II, pag. 588. (Du pouvoir direct des Papes).
13 Cfr. F. M. CAPPELLO S.J., Summa Juris Publici Ecclesiastici, op. cit. , pagg.
190-201, passim (De extensione potestatis indirectae).
15 Ibidem, pagg. 103-104
Tratto da Si, si, no, no Anno XXXV n. 2; 31 Gennaio 2009 pagg. 1-4
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.