Avvertenza
Il modernismo politico (o errore liberale) vorrebbe la
separazione tra Stato e Chiesa. In quest’articolo vedremo che l’insegnamento
tradizionale cattolico dice esattamente il contrario. Purtroppo con il concilio
Vaticano II (Dignitatis Humanae 8.XII.1965) la dottrina liberalmodernista e
penetrata sino al vertice dell’ambiente cattolico. Anche Benedetto XVI non ha
preso le distanze da questo errore politicosociale, anzi se n’e fatto l’alfiere
particolarmente nel suo ultimo viaggio in USA (aprile 2008) in cui ha
presentato la separazione tra Stato e Chiesa come modello ideale (1).
In questo studio (diviso in tre parti) vedremo la storia
della Chiesa e il suo insegnamento sino a Pio XII e costateremo l’opposizione
di contraddizione tra la dottrina cattolica tradizionale e quella modernistica.
Questo studio completa l’articolo sulla Regalita sociale di
Gesu Cristo.
I fedeli della Chiesa sono, nello stesso tempo, soggetti di
uno Stato. Il soprannaturale non e separato dalla natura e lo spirituale si trova
sempre mescolato al temporale.
Quindi la Chiesa deve, per assolvere la sua missione divina
di insegnare, santificare e condurre le anime in Cielo, confrontarsi con
societa transeunti e passeggere; mentre essa rappresenta Dio che non muta ne tanto
meno passa e scompare (stat beata Trìnitas, dum volvitur orbis).
I problemi da risolvere sono di due ordini:
a) dottrinale: che tipo di potere hanno il Papa e la Chiesa
in temporalibus;
b) storico: come si e realizzato, in concreto, questo potere
dei Papi nel corso della storia. I problemi dottrinali e storici vanno risolti
e inquadrati assieme; i principi ci permettono di meglio focalizzare un’epoca
storica e di comprenderne lo spirito, e la storia ci aiuta ad approfondire il
significato dei principi, vedendo come essi sono nati, come si sono sviluppati
e quali conseguenze hanno avuto negli individui e nella societa.
Ia PARTE
I- LA CHIESA
PRE-COSTANTINIANA
La dottrina politico-sociale della Chiesa dei primi tre
secoli e costituita dall’insegnamento di Cristo stesso e dei suoi Apostoli.
Questo insegnamento e la base evangelica su cui si fonda tutta la dottrina
della Chiesa da Costantino ai tempi nostri.
L’insegnamento del Nuovo Testamento e completivo di quello dell’Antico.
Quindi presuppone la vasta dottrina politico-sociale contenuta nell’Antico
Testamento, la quale era buona ma imperfetta e doveva essere completata dal
Vangelo. Inoltre l’insegnamento evangelico e pratico: “Gesu
comincio a fare e a insegnare” dice il Vangelo; quindi basterà studiare gli
esempi della vita di Cristo, le parabole, gli aforismi, per trovarvi una
dottrina pratica e concreta della vita politica e sociale cristiana.
La vita politica del
giudaismo contemporaneo a Cristo
Al momento dell’Avvento di Gesu Israele era divisa nei
seguenti partiti:
1°) La destra conservatrice: i Farisei: (2)
2°) i Sadducei
3°) il partito dei pii o spirituali: gli Esseni.
●
I Farisei
Il fariseismo“era l’intransigenza religiosa
dell’israelita che non vuole infiltrazioni pagane nella vita sociale e
individuale del popolo eletto. Ma siccome questa intransigenza religiosa
coincideva coll’essere anche nazionalista, cosi il movimento cadde presto in
mano ai politici, per quella naturale evoluzione di ogni programma ideale che
nasce nel cuore degli entusiasti e finisce nelle mani dei positivi”(3). Il
fariseismo perse cosi il suo spirito religioso, mantenne solo quello politico,
razzista e super-nazionalista e cadde nell’ipocrisia sistematica o per
principio.
Il loro Messia era un Messia militante, guerriero,
nazionalista e xenofobo, che avrebbe cacciato i romani e avrebbe ridato il
Regno d’Israele al popolo eletto. Il fariseismo si suddivideva in due
categorie: a) i Farisei prudenti o benpensanti, i quali non ritenevano che
fosse giunto il momento della riscossa nazionale anti-romana, soprattutto sino
a che loro fossero in vita; b) i Farisei audaci o “arrabbiati”, i quali la
pensavano diversamente; erano costituiti dal popolino ed erano in continua
rivolta; da essi a poco a poco sorsero e presero piede gli zeloti, che
provocarono la rovina di Israele (“Chi troppo vuole nulla stringe”, dice il
proverbio... e la storia continua...) con la distruzione del Tempio e di
Gerusalemme (70d.C.).
●
I Sadducei
Erano la sinistra liberale e ellenizzante costituita da
coloro che avevano perso la fede, ed anche le sue apparenze o la facciata;
giudicavano impossibile ogni riscossa contro Roma e si adattavano al nuovo
stato di cose, assorbendo la cultura ellenico-romana. “La
mentalità sadducea era il materialismo più o meno larvato da dottrine
antiinsurrezionaliste che non vuol fastidi e, se accettavano lo straniero, non
era per amore, ma per convenienza”(4).
●
Gli Esseni
“Erano un partito di secessionisti dalla vita politica [...] si rifugiavano nell’ideale di un Messia spirituale, che vincerebbe il mondo non con le armi ma con la virtu [...]: intanto bisognava preparare le vie del Signore col distacco dal mondo e un’ascesi
superiore”(5). Essi riuscivano cosi
a sopportare meglio la dominazione romana,
alla quale opponevano una resistenza
passiva e non-violenta.
A) L’INSEGNAMENTO DI
GESÙ
L’insegnamento di Gesu è essenzialmente religioso e le sue
conclusioni politico-sociali sono religiose anch’esse: “Il cristianesimo non e una
religione meramente cerimoniale”, e “soprattutto una religione morale, che
pervade tutte le azioni umane, onde il cristiano ha una regola cristiana non
solo per la sua vita individuale, familiare, professionale; ma anche per la sua
vita cittadina perche anche questa deve essere [...] cristianamente morale.
Percio la dottrina di Cristo doveva riguardare anche la
politica [...] in senso religiosamente morale”(6). Ed ecco i capisaldi della
dottrina sociale di Gesu Cristo.
a) Rapporti tra potere
spirituale e potere politico
Ai suoi avversari che Gli domandano se e lecito o no pagare
il tributo a Cesare (Mt. 22, 21; Mc. 12, 13-17; Lc. 20, 20-26) Gesu risponde: “Date
a Cesare quel che e di Cesare e a Dio quel che e di Dio” affermando la distinzione
tra potere spirituale e potere politico; distinzione che non e separazione
(come vorrebbero i modernisti), essendo i diritti di Dio al di sopra dei
diritti di Cesare, che sono ad essi subordinati e a loro fondamento.
b) La proprietà
privata
Gesu non ha condannato la ricchezza in se, ma l’attaccamento
disordinato dell’uomo ad essa. Al giovane, che gli domanda che cosa debba fare
per salvarsi, Gesu risponde: “Se vuoi essere perfetto, vendi ciò che hai e dallo
ai poveri”; il giovane, che era molto ricco, se ne andò “triste”, rinunciando
alla perfezione, ma non alla salvezza, perche il Vangelo ci dice che osservava
i Comandamenti sin da fanciullo (Mt. 19,13-30; Mc. 10,13-31; Lc.18,18-27). Inoltre,
riaffermando il settimo comandamento “non rubare” e rafforzandolo o perfezionandolo con l’impedire anche il
furto di desiderio (“non desiderare la roba d’altri” decimo comandamento), Gesu
ha stabilito la liceità della proprietà privata, mettendoci in guardia contro
gli errori per eccesso (l’avarizia) e per difetto ( il socialismo pauperista).
c) Il lavoro
Il figlio di Dio fatto Uomo consacro il lavoro esercitando
con le proprie mani il duro mestiere del fabbro e nel Suo insegnamento ne
inculco il dovere. Ad esempio, nella parabola degli operai dell’ultima ora il
padrone del campo, che li trova a zonzo, dice loro: “Perche state qui oziando?
Ed essi risposero: perche nessuno ci ha assunti; e il padrone riprese: andate
anche voi a lavorare nella mia vigna” (Mt. 20, 3).
d) L’assistenza
“L’obbligo di carità fraterna verso tutti i bisognosi e l’essenza
della morale sociale del cristianesimo [...]. Al Giudizio universale, non si fa
parola di altre colpe, oltre quella di mancata assistenza [...] nel quadro e
sottintesa la condanna anche degli altri peccatori, e i rei che non hanno
prestato soccorso sono dei fedeli che non hanno commesso altre colpe, tranne la
mancata carità verso il prossimo [...] e per aver mancato alle opere di
misericordia sono stati dannati in eterno”(7).
* * *
Quanto il Vangelo ci ha tramandato ci permette di costatare
che l’insegnamento sociale di Cristo è il fondamento della dottrina sociale della
Chiesa costantiniana, medievale e controriformistica.
B) L’INSEGNAMENTO
DEGLI APOSTOLI
L’insegnamento degli Apostoli e la conferma, la spiegazione
ed il compimento di quello di Cristo.
a) L’obbedienza alla
legittima autorità.
S. Paolo scrive: “Ogni uomo sia soggetto alle autorità
superiori; poiché non c’e potere che non venga da Dio [...] per la qual cosa
chi s’oppone all’Autorità, si oppone a Dio [...]. Essa non invano porta la
spada: poiché e ministra di Dio e vendicatrice, per punire chiunque fa il male”(8).
b) L’obbedienza alle
leggi giuste
La Legge eterna e divina e la base e il fondamento dell’obbedienza
all’autorità politica ed alle sue leggi. Ma vi e un limite a questa obbedienza,
e qual e? Gli Apostoli rispondono: la stessa sua base e fondamento, ossia la
Legge eterna, che ci vieta di far cosa contraria alla legge e volontà divine;
in tal caso il cristiano che obbedisce (es. brucia l’incenso agli idoli)
disobbedisce a Dio. Quando il Sinedrio (la somma Autorità spirituale dell’Antico
Testamento) ordinò agli Apostoli di non predicare Gesu, essi risposero: “Bisogna
obbedire a Dio piuttosto che agli uomini”(9).
c) Le liti
Gesu e gli Apostoli ci raccomandano di evitare le liti; in
caso di contesa tra cristiani e bene ricorrere al giudizio della Chiesa e non
ad un tribunale pagano(10).
d) La partecipazione
alla vita politica e pubblica
Gli Apostoli ritenevano pienamente leciti, per i cristiani,
gli uffici pubblici, sia civili che militari. Pietro accolse, come buon
cristiano, il centurione Cornelio, senza obbligarlo a lasciare l’esercito(11).
Filippo, protodiacono e aiutante degli Apostoli, battezza il
ministro delle finanze di una regina dell’Etiopia, senza imporgli di dimettersi
da ministro, ma esortandolo a fare bene il suo ufficio e cristianamente, ossia
onestamente(12).
e) Il matrimonio, la
famiglia e la donna
Il matrimonio e cosa buona, anche se la verginità e superiore(13).
L’uomo e il capo di casa e della donna, come Cristo lo e
della Chiesa, onde la moglie gli sia sottomessa, non come serva o schiava, ma
come compagna. Il divorzio è proibito(14); i figli siano obbedienti ai genitori(15).
I servi siano sottomessi onestamente ai loro padroni, e questi siano
caritatevoli verso quelli(16).
f) I contatti sociali;
cristiani e pagani
Siamo tutti fratelli in Dio e dobbiamo aiutarci l’un l’altro,
ciò vale non solo per gli individui ma anche per le classi sociali(17).
Riguardo poi al caso speciale di contatto coi pagani, S.
Paolo raccomanda di evitarli prudentemente a scanso di pericoli; pero si dia il
buon esempio ai pagani con le virtù, disseminando cosi la stima del nome cristiano,
e si faccia il bene a tutti senza distinzione(18).
In conclusione, “Dio, creatore e governatore del mondo, ha
disposto che l’umano consorzio [...] avesse un ordinamento che consiste nell’autorità
e nella fratellanza. Questa e la conseguenza di essere tutti gli uomini uguali
dinanzi a Dio; la prima [l’autorità] dispone che vi siano alcuni individui
investiti di un potere sociale, superiore, che regoli la vita sociale; potere
che non deriva agli investiti di esso da qualche loro privilegio e superiorità
naturale (essendo tutti gli uomini sostanzialmente uguali), ma proviene da Dio,
vero ed unico padrone di tutto e di tutti, il quale ha posto il principio d’autorità
per il bene della società.
“A tale autorità dobbiamo riverenza, obbedienza, fedeltà
[...]. L’autorità che comandasse cose contrarie alla legge di Dio, perderebbe
il proprio fondamento; ed il suo ordine e nullo [...] La famiglia e una società
naturale [...]. Il marito e il capo di casa, onde la moglie deve essergli soggetta,
non come schiava ma come aiuto che egli deve rispettare ed amare [...]. Tutte
le professioni oneste sono aperte al cristiano [...] occorre guardarsi dal
lusso, dalla mondanità, dalla superbia della falsa scienza [...] ciò non toglie
che l’uomo possa godere onestamente dei beni e dei leciti piaceri della vita,
nonché della scienza e dell’erudizione e del bello intellettuale e morale.
[...]. La proprietà privata e ammessa perche e naturale, e non e contraria alla
volontà di Dio, che vuole che tutti vivano dei beni della terra [...]. Il
lavoro, anche manuale, non e disprezzabile, mentre esso procura un pane
onorato. Se chi non vuol lavorare, non ha diritto alla sussistenza, chi fatica
ne ha diritto, per cui l’operaio e degno della sua mercede. [...]. “Ecco il
punto di partenza della vita sociale della Chiesa cattolica, la direzione del
suo cammino benefico tra la società sin dal giorno in cui gli Apostoli sparsi
per il mondo fondarono le prime Chiese [...]. Questo cammino della civiltà cristiana,
continuato per venti secoli tra le più fiere lotte, continuerà per il bene non solo
spirituale, ma anche politico e sociale del consorzio umano; per cui il trionfo
della Croce è questione vitale per la civiltà”(19).
II- DA COSTANTINO AL
MEDIOEVO
Riassumo brevemente e schematicamente, scusandomene con il
lettore, la dottrina dei Padri della Chiesa e dei grandi Papi sul tema dei
rapporti Stato-Chiesa
S. AMBROGIO (+ 397) per primo approfondisce la distinzione dei
due poteri: la religio (potere spirituale) e la res publica (potere temporale).
Sino a Costantino il diritto pubblico romano rinchiudeva la religio nella res
publica e la sottometteva a Cesare, che era imperator et pontifex maximus. Dopo
Costantino la religione diventa (relativamente) autonoma dal potere politico. L’
imperatore ha un suo potere ma “le cose divine non sottostanno all’autorità dell’imperatore” (“ea quae sunt divina, potestati imperatoriae non esse subiecta”).
Inoltre l’imperatore e un fedele come tutti gli altri: imperator intra
Ecclesiam, non supra Ecclesiam, l’imperatore e nella Chiesa non sopra la
Chiesa, scrive Ambrogio Vescovo di Milano. E nelle questioni di fede l’imperatore
può essere giudicato dai vescovi, mentre i vescovi possono esserlo solo dal
Papa (vedi la scomunica comminata da S. Ambrogio all’imperatore Teodosio, che
avrà un peso considerevole in tutte le controversie del medioevo) (20).
S. AGOSTINO (+ 430) nel De civitate Dei sviluppa notevolmente
la questione dei rapporti Stato-Chiesa. Senza giustizia, insegna, i regni sono
brigantaggi, e nel paganesimo non c’è vera giustizia, perché il paganesimo non
adora e serve il vero Dio, ma i falsi Dei; ora la giustizia consiste nel dare a
ciascuno ciò che gli spetta, quindi a Dio si deve dare l’onore e la gloria,
agli Dei “falsi e bugiardi” il disprezzo e il disonore.
“Il sottrarre l’uomo al vero Dio per assoggettarlo ai demoni
impuri, come fa lo Stato pagano, equivale a non attribuire a Dio ciò che gli
spetta, vale a dire: equivale a commettere la peggiore delle ingiustizie [...].
Lo Stato, degno di questo nome, lo Stato che intende durare nel tempo, deve
soddisfare ad un minimo di requisiti ossia di esigenza della giustizia [...]
anche quando non gli riesce di ispirarsi alla giustizia vera e completa, che e
propria della Città di Dio. Ma proprio per questo uno Stato pagano incontra
difficoltà enormi, per non dire l’impossibilita d’innalzarsi al livello di un’autentica
res publica ossia di una res populi; e questo perche in esso vi sono, per la sua
stessa natura di Stato pagano, misconosciuti i diritti del vero Dio” (21). L’autorità
viene da Dio, poiché “com’è il Creatore di tutte le nature, cosi è l’Autore di
ogni potere” (22). Il Dottore d’Ippona riconosce che lo Stato ha una sua
autorità e giurisdizione, che gli vengono da Dio, e la “città
celeste” non esita ad obbedire alle leggi giuste della “città terrestre”. La
salvezza e la prosperità dello Stato si fondano sulla carità verso Dio e il
prossimo e sulla fede, sull’accordo unanime per conseguire il bene comune,
ordinato a Dio che e il fine ultimo. In quanto uomini, fatti di anima e di
corpo, i cristiani devono essere leali cittadini dello Stato, che s’interessa
del loro benessere comune temporale, ma, avendo un’anima immortale, non possono
non darla a Dio, e non possono obbedire a leggi statali che vadano contro la
legge divina; l’autorità politica non ha nessun potere sulle cose spirituali.
Il papa S. GELASIO I (+ 496) fa presente che gli imperatori
romani avevano riunito, non contrapposto nella loro persona la corona di Cesare
e l’abito pontificale, ma Cristo aveva distinto Dio da Cesare e aveva definito le
funzioni e i compiti del potere spirituale e di quello temporale, e perciò, a
partire da Cristo, l’imperatore non poteva arrogarsi l’autorità di Pontefice. I
due poteri son distinti, ma non separati, anzi essi sono subordinati in ragione
della superiorità del fine. “Dal clero, preposto alle cose divine e avente la
funzione di dispensare i misteri divini, anche i principi
dovevano ricevere i mezzi per conseguire la propria salvezza spirituale e,
quindi, dovevano inchinarsi davanti ai sacerdoti e chinare la testa con
rispetto”(23).
S. GREGORIO MAGNO (+ 604) circa cento anni dopo Gelasio, si oppone
all’imperatore bizantino Maurizio, che voleva deporre un
vescovo e gli dice: “che il principe si occupi delle cose
temporali, ma che non s’immischi nella deposizione di questo vescovo”(24). La
sovranità e data ai re per servire il Regno dei cieli: “ut terrestre
regnum coelesti regno famuletur”.
III- IL SECOLO DI
BRONZO (IX-X secolo)
Tra l’Ottocento e il Novecento il papato, quasi in balia
delle fazioni aristocratiche romane, attraverso un periodo di crisi, chiamato il
secolo di bronzo, dal quale uscirà grazie ad Ildebrando da Soana, papa con il nome
di Gregorio VII.
Riporto qui brevemente i tratti più significativi di alcuni
pontefici di tale era.
FORMOSO (816-896), Vescovo di Porto, fu accusato nell’876 di
aver partecipato ad un complotto per cacciare da Roma Giovanni VIII e venne
ridotto da questi allo stato laicale. Venne poi reintegrato nella sua sede di
Porto da Adriano III e fu eletto pontefice alla morte di Stefano IV. Ma fu
contestato aspramente e venne imprigionato a Castel Sant’Angelo. Anche dopo
morte non conobbe requie. Il suo sepolcro fu ≪sacrilegamente
violato dalla fazione spoletana che nell’897 dissotterro il cadavere di Formoso
e lo giudico nel corso di un macabro processo post mortem presieduto da papa
Stefano VI. Formoso fu giudicato illegittimo [dal Papa allora regnante] e
deposto e tutti gli atti da lui compiuti durante il suo pontificato furono giudicati
nulli. Il suo cadavere venne gettato nel Tevere. Fu poi riabilitato da papa
Giovanni IX≫(25).
STEFANO VI (896-897), figlio di un prete, ≪macchiò il suo nome, autorizzando il famoso Concilio cadaverico, nel quale il defunto papa Formoso fu dissotterrato≫(26). Stefano VI fu gettato in carcere e strangolato.
SERGIO III (904-911), dopo una vita avventurosa e poco esemplare, fu eletto pontefice; aveva preso anche lui parte attiva al processo contro Formoso. Gli venne opposto un antipapa e solo dopo sette anni poteritornare sul Soglio pontificio. ≪Il suo pontificato inizia quell’oscuro periodo che da taluni storici fu chiamato pornocrazia papale. Certo e che a Roma dominavano Teodora e Marozia [...] alcuni ritengono che Sergio abbia avuto una relazione con Marozia, dalla quale sarebbe nato il futuro Giovanni XI≫(27). Abrogò la riabilitazione di Formoso voluta da Giovanni IX e annullo tutte le ordinazioni ecclesiastiche compiute da lui. Questo ci dimostra quanto pericolosa sia la teoria della “sede vacante” e a quali conseguenze, più gravi del male che vuol combattere, porti.
GIOVANNI XII (955-964), salito al Soglio all’età di diciotto anni, ≪fu principe più temporale che Papa, perche porto nel S. Seggio la frivolezza di un signore mondano≫(28). Un concilio in S. Pietro lo condanno e lo depose. Dovranno passare circa diciassette anni da questa epoca buia per arrivare a S. Gregorio VII. Allora, la Chiesa, divinamente assistita “ogni giorno sino alla fine del mondo”, ancora una volta, uscirà –grazie a Dio – da uno dei periodi più tenebrosi della sua storia e cosi sarà sino alla fine dei tempi, nonostante le persecuzioni dei suoi nemici e le deficienze dei suoi ministri.
(continua) Alberico
Note:
STEFANO VI (896-897), figlio di un prete, ≪macchiò il suo nome, autorizzando il famoso Concilio cadaverico, nel quale il defunto papa Formoso fu dissotterrato≫(26). Stefano VI fu gettato in carcere e strangolato.
SERGIO III (904-911), dopo una vita avventurosa e poco esemplare, fu eletto pontefice; aveva preso anche lui parte attiva al processo contro Formoso. Gli venne opposto un antipapa e solo dopo sette anni poteritornare sul Soglio pontificio. ≪Il suo pontificato inizia quell’oscuro periodo che da taluni storici fu chiamato pornocrazia papale. Certo e che a Roma dominavano Teodora e Marozia [...] alcuni ritengono che Sergio abbia avuto una relazione con Marozia, dalla quale sarebbe nato il futuro Giovanni XI≫(27). Abrogò la riabilitazione di Formoso voluta da Giovanni IX e annullo tutte le ordinazioni ecclesiastiche compiute da lui. Questo ci dimostra quanto pericolosa sia la teoria della “sede vacante” e a quali conseguenze, più gravi del male che vuol combattere, porti.
GIOVANNI XII (955-964), salito al Soglio all’età di diciotto anni, ≪fu principe più temporale che Papa, perche porto nel S. Seggio la frivolezza di un signore mondano≫(28). Un concilio in S. Pietro lo condanno e lo depose. Dovranno passare circa diciassette anni da questa epoca buia per arrivare a S. Gregorio VII. Allora, la Chiesa, divinamente assistita “ogni giorno sino alla fine del mondo”, ancora una volta, uscirà –grazie a Dio – da uno dei periodi più tenebrosi della sua storia e cosi sarà sino alla fine dei tempi, nonostante le persecuzioni dei suoi nemici e le deficienze dei suoi ministri.
(continua) Alberico
Note:
1 Esiste una “sana
laicità”? Sì, risponde Pio XII. Infatti laico=laòs, popolo, non chierico.
Laicato o Laicità è la condizione di chi è laico, non chierico (N. Zingarelli).
Laicismo insano, invece, è la piena indipendenza dello Stato dalla Religione.
2 Cfr. P. L. BAIMA BOLLONE, Gli ultimi
giorni di Gesù,
Mondadori, Milano, 1999.
3 U. BENIGNI, Storia
sociale della Chiesa, Vallardi,
Milano, 1906, vol. I, pagg. 6-7.
4 Ibidem, pagg. 9-10.
5 Ibidem, pag. 10.
6 Ibidem, pag. 12.
7 Ibidem, pagg. 36-37.
8 Rom. XIII, 1-7.
9 Atti, V, 29.
10 I Cor., VI, 6.
11 Atti, X, 1.
12 Atti, VII, 27.
13 I Cor. VII, 1-3.
14 Efes. V, 22-23. /Col. III, 18-19.
15 Col. III, 20.
16 Efes. VI, 5-9.
17 I Cor. XII, 14-22.
18 Coloss. IV, 6.
19 U. BENIGNI, op.cit., pagg.
58-61.
20 Cfr. D.Th.C., vol. 23, coll.
2707-2708.
21 J.J. CHEVALIER, Storia del
pensiero politico. Antichità
e Medioevo, Bologna, il
Mulino, 1981, vol I,
pag. 249 e 251.
22 De civitate Dei,
V, IX, t. XLI, col 151 sg.
23 J. J. CHEVALIER, op. cit., I
vol, pagg. 257-258.
24 Regesta, n° 1819.
25AA. VV. , I Papi e gli antipapi,
TEA, Milano,
1993, pag. 49.
26 Ibidem, pag. 49.
27 Ibidem, pag. 51.
28 Ibidem, pag. 53.
Tratto da Si, si, no, no Anno XXXIV n. 21; 15 Dicembre 2008 pag. 1-4
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