martedì 28 febbraio 2012

RAPPORTI TRA STATO E CHIESA POTERE TEMPORALE E SPIRITUALE (II)




Contro il modernismo politico (o errore liberale), che oggi proclama la netta separazione tra Chiesa e Stato,stiamo illustrando i princìpi cattolici
sul potere che hanno il Papa e la Chiesa anche in temporalibus e
come questo potere si è realizzato in concreto nel corso della storia. Nella
prima parte abbiamo richiamato linsegnamento di Gesù e degli Apostoli
nel campo socio-politico e la dottrina che i Padri della Chiesa e i grandi Papi già prima del Medioevo hanno dedotto dai princìpi di questo insegnamento. Dopo il cosiddettosecolo di bronzo(IX-X secolo), la Chiesa, con San Gregorio VII, esce da uno dei periodi più tenebrosi della sua storia e riprende l approfondimento
dottrinale e lapplicazione pratica del Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio.

2a PARTE

IV- IL MEDIOEVO E LA CRISTIANITÀ (XI-XII secolo)

S. Gregorio VII (1073-1085) combatté contro la simonia e il nicolaismo (cioè il concubinato dei sacerdoti) per riformare la Chiesa. La lotta per le investiture, nella quale ebbe come acerrimo nemico limperatore Enrico IV, offrì al Papa loccasione per continuare a dedurre dai princìpi cristiani la dottrina dei rapporti tra Chiesa e Stato.
Limperatore fu scomunicato nel 1076.La sentenza coglie direttamente lordine temporale e politico; gli anatemi spirituali vengono in ultimo luogo(1): il principe indegno è
dichiarato decaduto e i suoi sudditi sono sciolti dallobbedienza; il verdetto
è pronunciato nel nome dellautorità spirituale del Pontefice romano e in virtù del potere dilegare e sciogliere che ha ricevuto da Cristo.
Gregorio ebbe la convinzione di essere responsabile, dal punto di vista spirituale, della salvezza del mondo, perché successore di Pietro e cioè del Principe degli Apostoli(2).
Gesù aveva detto a Pietro Pasci i miei agnelli; secondo Gregorio (e il buon senso) anche i re fanno parte del gregge di Cristo, affidato a Pietro e ai suoi successori. Come pure il potere di legare e sciogliere riguarda tutti, anche i re: il potere del Papa, al pari di quello di Pietro, è di origine divina(3).
Nel Dictatus Papae (1075) sul potere dei pontefici, S. Gregorio VII, aveva raccolto in 27 proposizioni la sua dottrina sul potere papale; di queste proposizioni 22 sono di natura teologica e affermano il primato della Chiesa romana e del Vescovo di Roma; le altre cinque (8ª;9ª;12ª;19ª;27ª) si riferiscono alle relazioni tra Papa e imperatore e
sono lespressione concreta della teologia ierocratica gregoriana: 8ª) solo il Papa può usare le insegne imperiali;
9ª) tutti i principi devono baciare i piedi solo al Papa;
12ª) il Papa può deporre l’ imperatore;
19ª) nessun uomo può giudicare il Papa;
27ª) il Papa può sciogliere i sudditi dalla fedeltà verso i principi iniqui.
Nella prima lettera a Ermanno, Vescovo di Metz (25 agosto 1076),S. Gregorio VII pone chiaramente le basi sulle quali si fonda la supremazia del papato sullimpero. La sua fonte principale è S. Ambrogio,secondo il quale il sacerdozio è tanto più nobile del potere temporale quanto l’oro lo è del piombo; l imperatore è nella Chiesa e non sopra di
Essa; quindi anche le sue cattive azioni debbono e possono essere censurate dalla Chiesa. S. Gregorio parla anche di deposizione del re da parte del Papa e passa così dalla
supremazia teorica a quella pratica.
Nella prima scomunica e deposizione di Enrico IV (22 febbraio 1076), S. Gregorio si rivolge a S. Pietro e dice:per tua grazia mi è stata data da Dio la potestà di legare e sciogliere in cielo e in terra. Basandomi su questa certezza [...], in nome di Dio onnipotente, [...] io tolgo a Enrico [...] il potere su tutta Italia e Germania, e sciolgo tutti i cristiani dal vincolo del giuramento [...], e proibisco che alcuno lo serva come re. [...] Agendo in tua vece io lo scomunico [...], perché le genti sappiano e vedano che Tu sei Pietro e su questa pietra il Figlio di Dio edificò la sua Chiesa [...]. Nel 1080 la sentenza pontificia diventa definitiva. Il testo afferma chiaramente che l autorità spirituale del Papa implica un vero potere nellordine temporale. Sempre rivolgendosi a San Pietro, Gregorio VII dice: «Gli tolgo ogni potere e dignità regale... Che tutti capiscano che, se “potete sciogliere e le- gare in cielo”, a maggior ragione potete togliere o concedere, sulla terra, i poteri, i regni, gli imperi, in base ai meriti»(4).
Daltronde questa dottrina era già stata formulata da Gregorio VII cinque anni prima nel Dictatus Papae, nelle proposizioni 12 e 27: Il Papa può deporre l’imperatore e può sciogliere i sudditi dall’ obbedienza ai principi iniqui. Tale tesi lungi dallesser nuova [...] è la conclusione normale dei princìpi cristiani tradizionali, Gregorio si richiama ai detti e fatti dei santi Padri.
Le sue referenze sono soprattutto S. Ambrogio, S. Agostino, Gelasio I, Nicola I. [...] Si rifà innanzi tutto al Tu es Petrus e alle conseguenze logiche che ne derivano per la giurisdizione spirituale del Papa: nessuno fa eccezione e niente è sottratto alla sua giurisdizione. Anzi argomenta a fortiori: se la Sede apostolica...giudica le cose spirituali, perché non potrebbe giudicare anche le temporali? Chi può dubitare che i sacerdoti di Cristo siano da reputarsi come padri e maestri dei re, dei principi e di tutti i fedeli? Se l’esorcista comanda i diavoli, a più forte ragione il Papa è giudice dei peccati dei re! (Prima lettera a Ermanno
vescovo di Metz)(5).
Il Papa ricorda gli stessi princìpi a Sancho dAragona, asserendo che Pietro è stato costituito da Cristo principe su tutti i regni della terra (6).
Nella seconda lettera al vescovo di Metz (15 marzo 1081) S. Gregorio espone tutta una teologia sui rapporti tra Stato e Chiesa(7). Il potere delle chiavi, date da Cristo a Pietro, sta alla base di tutta la teoria e la pratica gregoriana; il potere temporale
e quello spirituale stanno tra loro come la luna al sole: «Il beatissimo Apostolo Paolo disse: “Non sapete che noi giudicheremo gli Angeli? Quanto più le cose del secolo?” [...]. A chi si possono meglio paragonare coloro che vogliono piegare alle loro forme i sacerdoti di Dio, se non a colui che è il primo di tutti i figli della superbia? Colui che, tentando lo stesso Cristo sommo Pontefice [...] e promettendogli tutti i regni del mondo, disse: “Tutto questo sarà tuo, se scenderai e mi adorerai”? [...]. L’oro è tanto più prezioso del piombo, quanto la dignità sacerdotale è più nobile della dignità regia [...]. Nulla si trova nel mondo di più degno dei sacerdoti, di più sublime dei vescovi [...]».
I fratelli Robert e Alexander Carlyle mettono in rilievo che Gregorio VII spera che sacerdozio e impero possano essere uniti nella concordia,e che, come il corpo umano è guidato dai suoi due occhi, così il corpo della Chiesa possa essere guidato e illuminato quando i due poteri concordano nella vera religione...e ammonisce Enrico IV a ricordare che egli detiene legittimamente il potere regio se obbedisce al Re dei re, Cristo, e difende e rafforza la Chiesa [...]. Lautorità secolare - secondo Gregorio - trova il suo vero fondamento nella difesa e nel mantenimento della giustizia, e egli spera che vi possa essere una vera concordia e intesa tra sacerdozio e impero, cioè tra le due autorità stabilite da Dio per governare il mondo(8).

APPROFONDIMENTI TEOLOGICI

UGO DI S. VITTORE (1096-1141) la creazione è una, Dio creatore è uno e,se esistono due poteri, due funzioni,il dualismo è solo apparente(9). I due poteri si compongono e si unificano nellunità di Dio e della sua Chiesa, per cui la società umana è la cristianità e la cristianità è la Chiesa. Ogni potere dipende da un unico potere, quello divino. Quindi il potere secolare ha una sola fonte, la Chiesa: È il clero,ossia il potere spirituale che pone in essere il potere temporale, dietro ordine di Dio; è il potere spirituale che istituisce quello temporale e [...] lo consacra e lo benedice, insomma gli conferisce legittimità [...]. Proposizione di significato inequivocabile che, pur lasciando intatta la distinzione tra gli uffici [...], afferma la dipendenza
originaria [del potere temporale] e la superiorità di giurisdizione [del potere spirituale](10).

GIOVANNI DI SALISBURY (+1180) nel Policraticus, scritto tra il 1155 e il 1159, tratta dei rapporti tra potere spirituale e temporale.
Giovanni è un sostenitore di posizioni ecclesiastiche molto avanzate:egli non solo condanna qualsiasi invadenza del potere temporale nella sfera della Chiesa [...] ma sostiene apertamente la superiorità del potere spirituale [...] nei confronti di quello temporale [...] tutte le leggi dei principi sono vane e nulle, se non sono in armonia con la legge divina e con gli insegnamenti della Chiesa(11).
Giovanni si serve dellimmagine delle due spade, molto probabilmente ispirandosi a S. Bernardo, e scrive che il principe ha avuto la spada materiale dalla Chiesa, alla quale appartengono entrambe le spade, sebbene essa si serva di quella materiale tramite il principe; questi è pertanto il ministro del sacerdozio e compie quella parte meno
alta delle sacre funzioni che non è degna di essere svolta dal sacerdote(Policraticus, IV, 3)(12).

S. BERNARDO DI CHIARAVALLE(+1173) è la figura che domina il secolo, la sua teoria è quella delledue spade, presa dal passo del Vangelo dove agli Apostoli, che gli avevano detto: Abbiamo due spade,Gesù risponde: bastano . Per S. Bernardo vi sono, perciò, due spade, simbolo dei due poteri, quello spirituale e quello temporale. Le due spade le posseggono gli Apostoli e Pietro, che è il loro capo e il capo della Chiesa. La spada temporale, però, non deve essere utilizzata direttamente da Pietro e dalla Chiesa.Essa è di Pietro e della Chiesa, ma deve essere sguainata per Pietro e per la Chiesa, non da Pietro e dalla Chiesa.
Rimetti la tua spada nel foderoaveva detto Gesù a Pietro che usò direttamente la spada, tagliando un orecchio ad un servo che era venuto ad arrestare il suo Maestro.
A papa Eugenio III, suo figlio spirituale,S. Bernardo scrive: La spada temporale deve essere sguainata per la Chiesa, mentre quella spirituale dalla Chiesa. Una è in mano del sacerdote, l’altra in mano del soldato, ma deve essere usata al cenno (ad nutum) del sacerdote.
S. Bernardo non cancella la distinzione tra i compiti del potere temporale e quelli del potere spirituale,ma subordina chiarissimamente il temporale allo spirituale e afferma che il potere temporale è posseduto dalla Chiesa, ma non utilizzato direttamente da essa, che lo
lascia ai principi, i quali dovranno utilizzarlo ad nutum sacerdotis.

INNOCENZO III (1198-1216) Ritiene che, come Vicario di Cristo, è il rappresentante supremo di Dio in terra, superiore al re ed agli imperatori; è il plenipotenziario di Dio, per volere del Quale regnano i re e i principi governano (per Me reges regnant). «La concezione del vi- cariato di Cristo divenne per lui un’idea centrale [...] essa gli dava
lautorità universale di una posizionetra Dio e luomo, tra Dio e sopra luomo; più piccolo di Dio e più grande delluomo, giudice sopra tutti e non giudicabile da nessuno, a eccezione di Dio»(13).
Innocenzo III rivendica per sé la plenitudo potestatis che Cesare non ha e che comprende nel suo ambito non solo la Chiesa universale, ma tutta la realtà temporale(14). Inoltre,il potere regale deriva dallautorità pontificia tutto il suo splendore e la
sua dignità: Così come la luna riceve dal sole la sua luce(15).
Innocenzo III riconosceva l autonomia(che non è lindipendenza)del temporale dallo spirituale, ma riservava pur sempre al Papato un diritto preminente, che era inerente
e connaturato a quel vicariato di Cristo [...]. Orbene Cristo [...], in quanto è Dio, è sovrano dei corpi e delle anime, egli è il sacerdote e il re supremo ed ha una regalità spirituale e temporale; dunque ce lha anche il Papa(16). Questo diritto il
Papa, pur possedendolo, non vuole esercitarlo abitualmente, ma solo in certi casi eccezionali, quando lo impone una causa urgente e grave, ad esempio ratione peccati.
Secondo il Dictionnaire de Théologie catholique il pontificato di InnocenzoIII rappresenta il perfezionamento definitivo della dottrina del potere diretto in temporalibus posseduto
dal Papa, ma non esercitato abitualmente. Egli asserisce che il re riceve da Dio luso della spada temporale(17); ed il 16 febbraio 1209 dichiara allimperatore Ottone IV:Noi possediamo l’autorità papale e il potere regale, entrambi nella loro
pienezza(18).
Secondo Ehler e Morrall il pontificato di Innocenzo III è considerato[...] per molte ragioni il periodo della maggior grandezza medioevale del Papato. Egli [...] era un eminente teologo e giurista: sotto il suo pontificato furono promulgati un gran numero di decreti papali, con i quali la plenitudo potestatis Papae termine che Innocenzo III contribuì fortemente a divulgare fu definita nei suoi vari aspetti. Di queste decretales, quattro sono particolarmente importanti: 1) Per venerabilem, in cui il Papa
afferma lautorità della S. Sede nelle materie che si riferiscono tanto al Diritto Canonico quanto a quello Civile;
2) Novit Ille, dove è asserita la facoltà del Papa di intervenire negli affari di polìtica internazionale ratione peccati;
3) Venerabilem fratrem, in cui vengono definiti i diritti del Papa nei riguardi della corona di Germania[...];
4) Sicut universitatis, dove il Pontefice esprime il suo giudizio sulle relazioni tra potere spirituale e quello imperiale(19).
Giuseppe Corradi scrive che Innocenzo III sistematizzò la dottrina del dominio universale del Papato in materia spirituale e temporale attuandone lesecuzione pratica. In quanto Vicario di Cristo, Rex regum et Dominus dominantium, il Papa
rappresenta la massima autorità terrena; la Chiesa, cui spetta ogni potere nella direzione delle anime, deve essere superiore all’impero; ed al Pontefice romano spetta il diritto di intervento in qualsiasi questione temporale e politica. [...]. Questi scopi, essenzialmente religiosi, costituirono i moventi di tutta la sua politica volta ad attuare il principio che sta alla base della concezione cristiana del Medioevo: la subordinazione degli interessi della città del secolo a quelli della città di Dio(20).
Un eminente studioso, il professor Oscar Nuccio dellUniversità La Sapienza di Roma,in unopera poderosa di oltre cinquemila pagine (Il pensiero economico italiano, Sassari,
Gallizzi, 1984-2002, 7 tomi dal medioevo al settecento), ha trattato,con maestria e competenza, anche il tema che ci riguarda. LAutore insegna che dalletà di S. Gregorio VII il sacerdozio sviluppò una dottrina del potere pontificio che si rifaceva a S.Leone Magno e fu completata da Innocenzo III; il Papa è non solo il vicario di Pietro, ma anche di Cristo e di Dio; egli è inferiore a Dio, ma ne partecipa il potere, ed è superiore alluomo. Siccome è il vicario di Cristo, e le veci di Cristo sono di natura giuridica, il governo su queste veci fondato si estende a tutto il mondo, che è, perciò, affidato al go- verno spirituale e temporale del Papa.
La plenitudo potestatis assume con Innocenzo III una dimensione non solo ecclesiastica, ma anche politica. La motivazione ratione peccati consente a Innocenzo di aprire un varco attraverso il quale il potere sacerdotale si estende a tutte le materie nelle quali è possibile peccare; e di fatto siccome non esistono atti umani neutri, in quanto le circostanze li rendono buoni o cattivi moralmente (per es. cammino per
rubare o per dire il rosario) , il potere sacerdotale si estende alla totalità delle questioni temporali. Nel Papa si ritrovano concentrate le due potestà supreme, la spirituale e la temporale, e la potestas gladii concessa allimperatore deriva dal Papa
nellatto dellincoronazione. Tale principio, secondo Oscar Nuccio, fu riformulato da S. Tommaso nella Summa contra Gentiles (IV, q.76) e ribadito da Giacomo da Viterbo nel
De regimine christiano (1301). Coloro che negano al Papa la doppia diretta potestà in spiritualibus et in temporalibus, sono coloro i quali affermano che I Papi sono gli Dèi dei monti, ossia delle cose spirituali; ma non gli Dei delle valli, poiché non hanno nessun potere sui beni temporali. Per Innocenzo, invece, il Papa ha potere sui monti e sulle valli ossia in spiritualibus et in temporalibus,per cui la giurisdizione del Papa, conclude il Nuccio, è la più perfetta di tutte, e perciò non ha senso distinguere tra potere indiretto in temporalibus e diretto in spirituali bus (21).
Si veda anche lepistola di Innocenzo III al Patriarca di Costantinopoli(1159): Dominus Petro non solum universam Ecclesiam, sed totum reliquit saeculum gubernandum(Il Signore lasciò a Pietro da governare non solo la Chiesa universale,
ma tutto il mondo)(22).
Il XIII secolo vedrà affermarsi sempre più la teoria del potere diretto in temporalibus.

INNOCENZO IV (1243-1254)
Di Innocenzo IV ci interessa il decreto Aeger cui levia o lenia (1245), nel quale con unampiezza ed un vigore che non saranno mai sorpassati, [...] rivendica sulla terra una delega generale di Dio, il Re dei re, con la pienezza del potere di legare e sciogliere [...] anche l imperatore(23).
Alcuni autori, tra i quali Giovanni Battista Lo Grasso S.J.(24), dicono che è disputato se detto decreto sia di Innocenzo IV o di un suo discépolo.
Penso, però, che l appartenenza alla Compagnia di Gesù con la sua adesione alla tesi del potere indiretto in temporalibus abbiano spinto il Lo Grasso a mettere in dubbio lautenticità di un documento del Magistero che afferma esplicitamente che il Papa ha potere diretto in temporalibus, ma non vuole esercitarlo e lo lascia ai laici. Agostino Paravicini Bagliani e la maggior parte degli storici contemporanei, affermano, invece, che il decreto è di Innocenzo IV, anche se alcuni si chiedono se lestensore materiale non debba essere ricercato in seno al collegio dei cappellani del card. Raniero Capocci da Viterbo(25).
Questultima opinione, però, non è oggi, la più comune e il documento è oramai ritenuto pacificamente di Innocenzo IV. Augustin Fliche e Victor Martin,ad esempio, nella loro famosa Storia della Chiesa, sostengono che Innocenzo IV, dottissimo e già studente e maestro nellUniversità di Bologna [...], era ritenuto un canonista eminente e un diplomatico abilissimo [...]. Egli non solo condivide col suo predecessore [Innocenzo III] le idee sull«onnipotenza» romana, ma va oltre e con lui..., il principio teocratico si afferma con la massima chiarezza...Innocenzo IV si ritiene investito, a somiglianza di Cristo, della spada temporale, il cui uso affida all’ imperatore e ai re, riservando a sé solo l’uso della spada spirituale. Basta leggere la bolla Aeger cui levia, con cui risponde agli attacchi di Federico II che seguirono [...] il Concilio di Lione del 1245, per rendersi conto...che le rivendicazioni della S. Sede mai erano state affermate in modo
così categorico. [...]. La morte di Federico II corona la vittoria del Papato[...] e sottolinea il crollo degli Hohenstaufen[...], il cesaropapismo imperiale non conoscerà più che resurrezioni effimere. Il Concilio di Lione fu una prova luminosa dellunità della Chiesa, raccolta attorno alla S. Sede, e una chiara affermazione della potestà pontificia, cioè della plenitudo potestatis [...] Secondo Innocenzo III, il Papa non
poteva incoronare imperatore se non quello designato dai principi elettori,e perciò la sua scelta aveva dei limiti; ma, dopo la vittoria della Sede Apostolica [con Innocenzo IV]su Federico II, ogni restrizione scompare, almeno dal punto di vista giuridico: mai per l’innanzi l’autorità di Roma aveva raggiunto un tale vertice(26). È chiaro che anche per Fliche e Martin la bolla Aeger cui levia appartiene formalmente ad Innocenzo IV.Federico II aggiunge Silvio Solero– “aveva pubblicato il famoso manifesto ai principi cristiani in cui denunciava i vizi, la cupidigia e la corruzione dei prelati.
Innocenzo IV rispondeva con la bolla Aeger cui levia contenente la formula della teocrazia papale, affermando il primato pontificio come voluto da Cristo che aveva conferito a Pietro e ai suoi successori limpero universale del cielo e della terra(27).
Vediamo il contenuto del documento pontificio:[...] sulla terra rappresentiamo il
Re dei re, dal cui potere si sa non è escluso alcun uomo [...] Dio [...] attribuì al Principe degli Apostoli, e a noi, attraverso di lui, pieno potere di legare e di sciogliere qualunque cosa sulla terra [...]. [Cristo conferì a Pietro] potere non solo sulle genti, ma anche sopra i regni [...]. Ne segue dunque che il Romano Pontefice, può, almeno casualiter [non abitualmente,ma eccezionalmente] esercitare il suo potere pontificale nei riguardi di qualsiasi cristiano [...],specialmente ratione peccati così che stabilisca che qualunque peccatore [...] sia considerato pubblicano e eretico [...] e che, di conseguenza,sia privato del potere temporale se ne aveva uno [...]. Dunque esaminano con poco acume [...], coloro i quali affermano che la Sede apostolica ha avuto la prima volta il potere dallimperatore Costantino, mentre si sa che questo potere era in lei prima, naturalmente e in potenza.
Gesù Cristo [...] vero re e sacerdote [...] stabilì nella Sede apostolica non solo un monarcato pontificale, ma anche uno regale, avendo affidato al beato Pietro e ai suoi successori, le redini sia del potere cele- ste che di quello terrestre. Questo fatto è reso evidente nella pluralità delle chiavi, perché si capisca che per mezzo delluna abbiamo ricevuto il potere per le cose temporali sulla terra e per mezzo dellaltra il potere delle cose spirituali in cielo. [...]. Nel grembo della Chiesa sono poste ambo le spade di ambedue i poteri...Entrambi le appartengono di diritto,dal momento in cui il Signore non disse a Pietro getta la spada, ma:rimetti la tua spada nel fodero,perché non fosse usata da lui stesso[ma per lui, ad nutum sacerdotis]...Quindi Pietro, per ordine divino,non aveva il permesso di usare direttamente la spada, tuttavia aveva lautorità di ordinarne luso [da parte del principe in difesa della Chiesa]. Da ciò deriva che il potere di questa spada è nella Chiesa, ma è esercitato dall’imperatore che lo riceve da lei. Questo potere, che si trova nel grembo della Chiesa, è soltanto potenziale e passa allatto quando viene trasferito dal sacerdote al principe (Aeger cui levia, in LO GRASSO S.J., Ecclesia et Status. Fontes selecti. Historiae Juris Publici Ecclesiastici,2ª ed., Roma, Gregoriana,1952, n° 446-455, pagg. 194-198).

Innocenzo III scrivono i fratelli Carlyle – “usò sempre la massima cautela e si astenne dal trarre conclusioni estreme. A trarle fu invece Innocenzo IV [...], e a lui si devono far risalire i princìpi, che i grandi canonisti del XIII secolo, come lOstiense e Guglielmo Durando, [...]dovevano esporre [...]. Innocenzo IV afferma [...] che il Papa ha ricevuto da Cristo in persona il potere di redigere i canoni, mentre limperatore la propria autorità di legislatore la riceve dal popolo romano [...]; inoltre,come Cristo, quando era su questa terra, era da tutta leternità Signore naturale del mondo, e per legge naturale in grado di deporre re e imperatori, così i suoi vicari e cioè Pietro e i suoi successori avevano il medesimo potere [...]. Innocenzo IV vuol giungere alla conclusione che, anche nelle questioni temporali [...] la sua autorità è superiore a quella di tutti gli altri poteri secolari [...]. Tra Papa e imperatore
esiste un rapporto speciale; il secondo è advocatus del primo, presta a lui il giuramento, riceve limpero dalle sue mani, [...]. Innocenzo IV [...] sembra voler suggerire implicitamente che l’imperatore è vassallo del Papa [...] e sostenne che questi
aveva il diritto di respingere un candidato non adatto al trono imperiale [...]; infine proclama senza esi tare che l’ imperatore gli era debitore del trono imperiale [...] Pertanto non
ci pare azzardato concludere che, per Innocenzo IV, ambedue i poteri, spirituale e temporale, in via di principio gli appartenevano(28).

SAN TOMMASO D’AQUINO (+1274)

Il Dottore Angelico riprende e approfondisce la dottrina tramandata.
Egli scrive: La S. Chiesa [...] ha soltanto la spada spirituale, quanto allesecuzione da esercitarsi direttamente dalla sua mano. Ma ha anche la spada temporale, quanto al
comando di impiegarla: poiché al suo cenno deve essere estratta, come dice Bernardo(29). E continua: Nelle cose che riguardano il bene civile, bisogna obbedire piuttosto al potere secolare che allo spirituale... A meno che il potere spirituale sia unito al potere secolare come nella Chiesa o nel Papa, in virtù di una disposizione di Dio, che è sacerdote e re [...](30).
Alcuni autori hanno cercato di interpretare questo passo come riferito unicamente allo Stato pontificio, soltanto nel quale il Papa è sacerdote e re in atto; tuttavia mi sembra che questa interpretazione sia forzata, poiché se S. Tommaso avesse parlato di un caso specifico, quello appunto dello Stato pontificio, lo avrebbe detto; invece parla in generale di cose che riguardano il bene civile, e dice che qualora si tratti della Chiesa o del Papa, allora bisogna obbedire al potere spirituale, che per volontà divina racchiude in sé anche quello temporale; altrimenti occorre obbedire al potere civile. Ed infatti la maggior parte degli interpreti, vede nel passaggio dellAquinate laffermazione del potere diretto del Papa in spiritualibus et in temporalibus. Inoltre nelle Quaestiones quodlibetales, lAngelico sostiene che ora i re sono vassalli della Chiesa perché, con lavvento del Cristianesimo, la situazione è cambiata e Cristo ha diritto di regnare sulla coscienza dei principi31; perciò il Papa detiene lautorità suprema sia nelle questioni spirituali che in quelle temporali(Commento alle Sentenze di Pietro Lombardo, II, dist. 44, q. 2, a.3)(32).
Nella Somma Teologica, infine,S. Tommaso si pone la questione se il potere temporale sia sottomesso allo spirituale come il corpo allanima,e risponde di sì (33).
Secondo la filosofia politica dellAngelico luomo ha un solo fine ultimo,che è soprannaturale (la Visione Beatifica); il benessere temporale è soltanto un fine prossimo; pertanto lautorità temporale devessere sottomessa alla spirituale,come il fine prossimo è ordinato e sottomesso al fine ultimo. Etienne Gilson scrive: La morale di S.Tommaso ha scopi più alti che adattare luomo al bene comune della città: essi gli sono imposti dalla metafisica stessa, da cui la morale riceve i suoi princìpi: luomo di Aristotele non era una creatura, lo è invece luomo di S. Tommaso(34). Bisogna
osservare che lAquinate è ben lungi dal relegare a quello che spetta al Papa ratione peccati il legittimo intervento pontificio nella sfera temporale.
Attribuendo al Capo della Chiesa la cura del fine ultimo [...] gli riconosce, per via di eminenza e in ragione della sua autorità spirituale suprema, unautorità temporale sui principi della terra che, di fatto, si estende a tutta lazione degli stessi principi, purché [...] venga ad avere rapporto con il fine ultimo [...].
Spetta perciò al Papa e solo a lui giudicare quello che deve dire o non dire [...] in funzione della sua carica sovrannaturale e quando, come, fino a che punto ci sia bisogno di un intervento nella sfera temporale(35). LAngelico, in breve, distingue ordine naturale e soprannaturale, Stato e Chiesa. Non li separa, li confonde, ma subordina il naturale al soprannaturale, lo Stato alla Chiesa: Il potere temporale è soggetto a quello spirituale come il corpo allanima (De regimine principum,l.1, c.10; Cfr. R. SPIAZZI O.P.,Enciclopedia del pensiero sociale cristiano,ESD, Bologna, 1992, pp. 188-194, 212-215).

BONIFACIO VIII (1294-1303)

Con Bonifacio VIII la teoria della plenitudo potestatis tocca il suo apogeo; egli «incarnava, in un temperamento focoso, le dottrine più intransigenti sulla supremazia pontificale. Gran canonista [...] non sorpassò nessuna delle formule di Innocenzo IV [...]. Bonifacio rivendica una giurisdizione suprema nel dominio spirituale e temporale, distingue tra possesso e esercizio [...]. Egli distingue i due poteri, ma ne rivendica il possesso e lo separa dall’esercizio abituale(36).
La Bolla Unam sanctam riguarda la pienezza del potere papale (1302).
In essa il Pontefice «espresse le tesi estreme della dottrina teocratica sullimpero [...]. Nella primavera del 1303 ripeteva ad Alberto dAustria:Omnes potestates sunt a Christo et a nobis, tamquam a vicario Jesu Christi» (Ogni potere viene da Cristo e da noi, come vicario di Gesù Cristo)(37).
NellUnam Sanctam Bonifacio aveva detto che ogni potere, sia quello spirituale sia quello temporale, ha la sua origine da Dio e che è stato conferito da Dio alla Chiesa...; essa lascia lesercizio del potere secolare ai principi, ma conserva il diritto di effettuare il proprio controllo su di loro... la Bolla è un sommario poderoso del pensiero della Chiesa al culmine del periodo medievale(38).
Massimo Montanari scrive che nellUnam Sanctam Bonifacio propugnava solennemente una teoria integrista della società cristiana, intesa come unico corpo, di cui Cristo è Capo e il Pontefice il Vicario. Al Pontefice spettano dunque entrambe le spade, la temporale e la spirituale; egli ha il primato sui regnanti della terra ed ha la potestà di intervenire su tutto e su tutti. Lidea teocratica, che si era formata nei secoli precedenti, mediante le posizioni via via assunte da [...] Gregorio VII e Innocenzo III, era portata da Bonifacio VIII alle estreme conseguenze e giungeva alla pienezza della sua formulazione dottrinale(39). Ma vediamo il contenuto della Bolla stessa:
«Noi siamo obbligati a credere e a professare che cè una sola Santa Chiesa cattolica e apostolica [...] che rappresenta un corpo mistico, il cui capo è Cristo [...]. Noi sappiamo dal Vangelo che in questa Chiesa e nel suo potere ci sono due spade, una spirituale e una temporale [...]. E chi nega che la spada temporale appartenga a Pietro ha malamente interpretato le parole del Signore, quando dice: “Rimetti la tua spada nel fodero”. Quindi ambedue sono in potere della Chiesa, la spada spirituale e quella materiale. Una deve essere impugnata per la Chiesa, laltra dalla Chiesa; la prima dal clero, la se- conda dalla mano dei re, ma secondo il comando e il cenno del sacerdote, perché è necessario che una spada dipenda dallaltra e che lautorità temporale sia soggetta a quella spirituale. [...]. Perciò se il potere terreno erra, sarà giudicato da quello spirituale; se il potere spirituale inferiore sbaglia, sarà giudicato dal superiore; ma se erra il supremo potere spirituale questo potrà essere giudicato solamente da Dio e non dagli uomini (prima Sedes a nemine judicetur) [...]. Perciò chi si oppone a questo potere istituito da Dio, si oppone ai comandi di Dio a meno che non pretenda, come i Manichei, che ci sono due princìpi [...].Quindi dichiariamo che è assolutamente necessario per la salvezza di ogni creatura umana che essa sia sottomessa al romano Pontefice.
Secondo i fratelli Carlyle Bonifacio...proclama [Ausculta fili] che Dio lo ha collocato al di sopra di tutti i re e di tutti i regni, dotandolo del potere di distruggere e di costruire [...] [mentre Filippo il Bello] pretendeva che [...] i re francesi, nelle questioni temporali, erano sempre stati soggetti soltanto a Dio (40).

DUE TEOLOGI-CANONISTI BONIFACIANI

a) EGIDIO ROMANO (+1316) fu discepolo di S. Tommaso a Parigi,benché appartenesse allordine agostiniano,e divenne nel 1295 arcivescovo di Bourges. Ha scritto De ecclesiastica potestate, che tratta del potere supremo(plenitudo potestatis) della Chiesa e del Papa. Egli riafferma la subordinazione gerarchica del potere temporale al potere spirituale, distinguendo le rispettive competenze, per cui al potere temporale è riconosciuto il diritto di governare [] in condizioni di relativa autonomia, al fine di ottenere un buon funzionamento della società civile. Il potere temporale, tuttavia, può essere sempre sottoposto al controllo ed al giudizio finale della Chiesa che fissa, da sola, i limiti dei suoi interventi, nella piena consapevolezza della superiorità del proprio ufficio (EGIDIO ROMANO, Il potere della Chiesa, Roma, 2000,introduzione p. 11).
Lopera di Egidio si divide in tre parti: nella prima analizza il rapporto tra potere temporale e spirituale; nella seconda il diritto di proprietà da parte della Chiesa; nella terza confuta le obiezioni alla plenitudo potestatis Papae.
Il filo conduttore dellopera egidiana è leminenza del potere spirituale
esercitato dal Papa [] che rappresenta il grado di potere più elevato, dal quale deriva il potere temporale (op. cit., p. 14). Il Papa detiene i due poteri (temporale e spirituale), ma riserva per sé lautorità spirituale ad usum, mentre può concedere ad nutum lautorità temporale ai sovrani perché la esercitino sotto il controllo e
la superiore visione della Chiesa (op. cit., p. 15).
Gli autori maggiormente citati da Egidio sono S. Agostino (una cinquantina di volte), Aristotele ed il suo maestro S. Tommaso (circa trenta volte ciascuno).
Egli riprende dunque gli argomenti classici del primato dellanima sul corpo, largomento delle due spade di S. Bernardo e aggiunge nuove considerazioni: la Chiesa consacra i re, perché il sacerdozio precede ontologicamente ogni regalità umana, dato che latto precede ontologicamente la potenza e il perfetto precede limperfetto (41); ogni potere viene da Dio, sia quello pontificio sia quello regio, ma non egualmente
e immediatamente, anzi il potere regio lo si riceve tramite quello pontificio(42).
Si può ritenere che il trattato di Egidio romano sia la più formale espressione della dottrina teocratica del potere diretto in temporalibus(43).
Tuttavia egli nega di voler turbare il funzionamento del potere civile. Questo ha, infatti, la sua ragion dessere, ma è sempre un potere secondario,anzi ausiliario di quello della Chiesa. È vero: la Chiesa non gestisce direttamente il dominio temporale [...]. Essa ha di meglio da fare che lasciarsi irretire dalle cure di questo tipo, dato che, innanzi tutto e in via ordinaria e normale, si deve preoccupare della sfera spirituale. Tuttavia sono infiniti i casi in cui si trova giustificato lintervento della Chiesa nel dominio temporale e cioè ogni qualvolta che vi si trovi implicata anche la sfera spirituale(44).

GIACOMO DA VITERBO (+1308) nel suo De regimine cristiano (1301-1302)(45), afferma che la Chiesa ha una reale supremazia sullo Stato.
Tale teoria è stata chiamata teocrazia o meglio ancora ierocrazia: il Papa ha la sovranità assoluta diretta civile ed ecclesiastica in temporali bus e in spiritualibus, ma conserva per sé la seconda e trasmette la prima al principe; tale delega si esprime tramite la cerimonia dell’ incoronazione del sovrano. Giacomo da Viterbo riprende la teoria delle due spade, dellanima e del corpo, e le elabora ed esplicita approfondendo la teologia della Unam sanctam di Bonifacio VIII; naturalmente si basa anche e soprattutto sugli scritti di Egidio Romano, suo confratello agostiniano, e cerca di conciliare il tomismo politico con lagostinismo.
Nella II pars del suo trattato Giacomo da Viterbo parla del Pontefice romano, vicario di Cristo, che partecipa alle prerogative di Colui di cui fa le veci. Cristo, vero Dio e vero uomo, ha un duplice potere: divino e umano. Il potere divino è onnipotente; Egli manifesta la sua onnipotenza creando dal nulla e mediante la Provvidenza che conduce al loro fine le cose create, istante dopo istante. Cristo, in quanto Dio Creatore e Provvido, è re (da regere ossia condurre le anime al loro fine) e la sua Umanità in virtù dellUnione Ipostatica, partecipa ai privilegi della sua Divinità. Il suo Vicario, perciò, ha la plenitudo potestatis sia nellordine temporale che in quello spirituale; ma vuole come Cristo esercitare solo la seconda. Tuttavia la pienezza del potere in Cristo non è identica a quella del Papa, nel quale essa è partecipata, e, mentre in Cristo vi è la pienezza di potere in grado eminente, nel Papa vi è solo in grado sufficiente. È come per le perfezioni pure da ogni imperfezione(lessere, il vero,il bene...), che si trovano in Dio formaliter, eminenter e nelle creature formalmente, ma solo allo stato limitato, finito e creato. Il potere sacerdotale e regale sono distinti, ma non incompatibili, cosicché la stessa persona può avere entrambi o decidere di trasferire ai laici il potere regio e di mantenere per sé quello spirituale, comè nel caso del Papa. Le due forme di potere derivano entrambe da Dio, come dalla loro causa efficiente; ma si differenziano poiché il potere spirituale deriva direttamente da Dio al Pontefice, mentre quello temporale deriva al re indirettamente ossia tramite il Papa. Inoltre il fine del potere temporale è la beatitudine terrena, che è il fine prossimo delluomo ed è un mezzo affinché egli possa cogliere il suo fine ultimo soprannaturale: la Visione Beatifica. Quindi, ontologicamente,
il potere spirituale ha il primato su quello temporale, ed essendo indirizzato al fine ultimo delluomo ha il diritto di giudicare il potere temporale, che è ordinato soltanto al fine prossimo delluomo. Il potere temporale sta a quello spirituale come linferiore al superiore.
Per cui è logico asserire che Cristo ha dato a Pietro e ai suoi successori le due forme di potere, che Egli stesso aveva, anche se, come Cristo,Pietro non vuole esercitare il potere temporale direttamente, ma lo conferisce al principe, per non essere oberato e distratto dal suo compito principale e specifico che è quello di condurre gli uomini al loro fine ultimo soprannaturale: il Cielo. Tuttavia il Papa ha anche un compito secondario che è quello di vigilare se il principe usa bene del potere temporale, e in caso contrario il Pontefice interviene e corregge il re e usa direttamente, anche se in maniera non regolare, abituale, costante e universale; ma eccezionalmente e ratione peccati il potere temporale, che egli possiede direttamente ma che non vuol utilizzare abitualmente e normalmente.

GLI OPPOSITORI

La dottrina ierocratica fu aspramente contestata, tra il XIII e il XIV secolo, da Filippo il Bello, Dante Alighieri, Marsilio da Padova (46), Giovanni da Parigi O.P. e infine da Guglielmo di Occam (+1350).
Non è il caso di dilungarmi ad esporre e confutare i loro errori; chi volesse conoscerli può leggere con profitto J. J. CHEVALIER, Storia del pensiero politico (Il Mulino, Bologna, 1989,vol. I, pagg. 322-354). Mi limito,qui, a riassumere brevemente gli errori di Marsilio e di Occam. Marsilio da Padova vuole assorbire la Chiesa gerarchica e il Papato nella Società civile, teorizzando così la laico-crazia ossia il monismo del
potere temporale: il sacerdozio è in- globato nel regno in cui vi è una sola autorità che è quella del principe.
Per Marsilio la vera Chiesa di Cristo non è quella gerarchica romana, ma è linsieme dei fedeli che si ispirano a Cristo; quindi tutti i cristiani, laici e ecclesiastici, sono uomini di Chiesa. La Chiesa perciò non è una società perfetta distinta dallo Stato né ha una sua autorità: il Papa e il sacerdozio sacramentale; lautorità è una sola, quella del principe. Il sistema di Marsilio sfocia nella subordinazione della Chiesa allo Stato e nellassorbimento della Chiesa da parte dello Stato nella laico-crazia totalitaria .

Guglielmo d’Occam fu ancora più radicale di Marsilio. Egli non era soltanto un giurista e un polemista, ma anche un filosofo e un teologo francescano di Oxford; a differenza di Marsilio non tollerò nessun totalitarismo monista, né ecclesiastico,né tanto meno laico, perché aveva in orrore ogni autorità.
Inoltre, se per Marsilio il Concilio è superiore al Papa, per Occam neppure il Concilio è fonte di magistero infallibile; le uniche norme, per lui,sono la S. Scrittura e la ragione. Il potere dellimperatore deriva dal popolo, non dal Papa e neppure da Dio.

Alberico
(continua)

Note:
1 D. Th. C., vol. 23, col. 2714.
2 J.J. CHEVALIER, Storia del pensiero politico. Vol. I. Antichità e Medioevo, op. cit. , pag. 266.
3 Ibidem, pag. 267.
4 P. L , t. CXLVIII, col. 818.
5 D. Th. C., vol 23, col. 2715.
6 P. L., ibidem, col. 790.
7 J. J. CHEVALIER, op. cit., pag. 270.
8 ROBERT W. & ALEXANDER J. CARLYLE, Il pensiero politico medievale, 1ª parte del II vol., Laterza, Bari,1959, pagg. 111 e 113.
9 J. J. CHEVALIER, op. cit. , pag. 272.
10 Ivi.
11 ROBERT W. & ALEXANDER J.CARLYLE, op. cit., 2ª parte del II vol., pagg. 540-541 e 543.
12 Ibidem, pag. 543.
13 M. GRESCHAT - E. GUERRIERO (a cura di), Il grande libro dei Papi, San Paolo, Milano, 3ª ed. 2000, I vol.,pag. 258.
14 J. J. CHEVALIER, op. cit., pag. 275.
15 Ibidem, pag. 276.
16 Ivi.
17 Lettera al re d’Ungheria, P.L., t. CCXIV, col 871.
18 P.L., t. CCVI, col. 1162
19 SIDNEY Z. EHLER - JOHN B. MORRALL, Chiesa e Stato attraverso i secoli, Vita e Pensiero, Milano,1958, pagg. 96-98.
20 AA. VV., I Papi e gli antipapi, TEA, Milano, 1993, pagg. 73-74.Il volume accoglie i profìli biogràfici di tutti i Pontefici ed antipapi. Le voci sono tratte dal Grande Dizionario Enciclopedico, UTET, Torino, 4ª ed., 1984-1991.
21 Cfr. O. NUCCIO, Il pensiero economico italiano,Gallizzi, Sassari, 1984-1992, vol. I, tomo I, pagg.821-834.e vol. I, tomo II, pagg.1143-1178. 1187-1206. 1951-1962. 1963-1990. 1409-1540. 1493-1468.
1439-1468. 1697-1711.Cfr. Anche R. SPIAZZI O.P., Enciclopedia del pensiero sociale cristiano, ESD, Bologna, 1992, pp. 190-192
22 Potthast Regesta, n° 862. GIOVANNI XXII, nel 1317 scriveva: “Cui (Pontifici) in persona B. Petri, terreni simul et coelestis imperii jura, Deus ipse commisit”. (Extravagantes Jo. XXII,tit. 5).
23 D. Th. C., vol 23, col. 2727.
24 J. B. LO GRASSO S.J., Ecclesia et Status. Fontes selecti. Historiae Juris Publici Ecclesiastici, Gregoriana, Roma, 1952, pag. 194.
25 A. PARAVICINI BAGLIANI, Enciclopedia dei Papi, vol II, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma,
2000, pag. 390.
26 A. FLICHE-V. MARTIN, Storia della Chiesa, op.cit.vol. X, pagg. 310-311 e 319-320.
27 AA. VV., I Papi e gli antipapi, TEA, Milano,1993, pag. 82.
28 ROBERT W. & ALEXANDER J. CARLYLE, op. cit., III vol , 1967, pagg. 338-345.
29 In IVum Sent. , dist. XXXVII.
30 Ibid., ad IVum.
31 Quaestiones quodlib., XII, a.19 “in isto tempore reges sunt vassalli Ecclesiae”.
32 ROBERT W. & ALEXANDER J. CARLYLE, p. cit., III vol, 1967, pag. 373.
33 S.T., II-II, q.40, a.6, ad 3um.
34 E. GILSON, Le Thomisme. Introduction à la philosophie de Saint Thomas d’Aquin, Paris, 1965, 6ª ed., pag. 405.
35 J.J. CHEVALIER, Storia del pensiero politico, vol I, Antichità e Medioevo, op. cit. , pag. 297.
36 D.Th.C., vol. 23, coll. 2736-2737.
37 A. FLICHE-V. MARTIN, Storia della Chiesa, op. cit. XI vol., pagg. 151 e 169.
38 SIDNEY Z. EHELER - JOHN B. MORRALL, op. cit., pag. 123.
39 AA. VV. , I Papi e gli antipapi, TEA, Milano,1993, pag. 89.
40 ROBERT W. & ALEXANDER J. CARLYLE, op. cit., III vol.,1967,pagg. 396-464, passim. Cfr. anche G. BOFFITTO-G. U. OXILIA, Un trattato inedito di Egidio Colonna. De ecclesiastica potestate, Libreria Internazionale, Firenze, 1908.
41 Cfr. EGIDIO ROMANO, De ecclesiastica potestate, I, 5, ed. di Firenze, 1908, pagg. 18-20. Cfr. M. DELLE PIANE, La disputa tra Filippo il Bello e Bonifacio VIII, in «Storia delle ideee politiche economiche e sociali», diretta da L. FIRPO, Utet, Torino, 1983, vol. 2, tomo II, Il Medioevo, pagg. 500-541.
42 Ibidem, II, 5, pag. 46.
43 D. Th. C., vol. 23, col. 2734.
44 J. J. CHEVALIER, op. cit., vol. I, pag. 318.
45 Di cui possediamo da poco un’edizione in lingua italiana: GIACOMO. DA VITERBO, Il governo della Chiesa, a cura di A. RIZZACASA e G. MARCOALDI, Nardini, Firenze, 1993.
46 Di cui possediamo, ora, una edizione latino-italiana del Defensor pacis : MARSILIO DA PADOVA, Il difensore della pace, BUR, Milano, 2001, 2 voll. Cfr. anche C. GIACON, Occam, Brescia, La Scuola, 1945.

Tratto da Si, si, no, no Anno XXXV n. 1; 15 Gennaio 2009 pag. 1-7






























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