sabato 1 ottobre 2011

IL VERO ISRAELE SECONDO LA FEDE




È formalmente ed esplicitamente rivelato che esiste un Israele secondo lo spirito e un Israele secondo la discendenza carnale.
Infatti san Paolo scrive: “Non tutti coloro che discendono da Israele sono Israele; né, perché progenie di Abramo, tutti sono figli di Abramo” (Rom. IX, 6-7). Vale a dire che vi è un Israele carnale: coloro che discendono da Israele e sono “progenie di Abramo” per nascita e vi è un Israele spirituale: coloro che hanno la fede di Abramo, il quale credette nel Messia venturo, Gesù Cristo. In breve, la vera discendenza da Abramo, non è determinata dalla nascita, ma dalla fede in Gesù Cristo: “Se voi siete di Cristo, siete per questo progenie di Abramo, suoi eredi secondo la promessa”; “Si autem vos Christi, ergo semen Abrahae estis, secundum promissionem haeredes” (Gal. 3, 29).
Quindi è formalmente e implicitamente rivelato (in “Israele secondo la carne 1a Cor. 10-18) che esiste un falso Israele, falso perché non ha accolto il Messia e ha ostacolato la sua conoscenza tra le genti, e un vero Israele, che ha corrisposto alla sua vocazione, accogliendo Cristo e predicandoLo ai Gentili.
Conseguentemente è almeno “virtualmente rivelato”, ossia è almeno una “conclusione teologica” che vi è un nuovo Israele: il Cristianesimo o la Nuova Alleanza nel sangue di Cristo, e un vecchio Israele: il Mosaismo o la Vecchia Alleanza, che era figura e preparazione a Cristo (Rom. 10, 4: “finis enim Legis Christus”; “il fine della Legge è Cristo”).
Occorre precisare che il vecchio Israele non era cattivo, ma solo imperfetto, poiché tendeva a Gesù come a sua meta, mentre l’Israele falso, il giudaismo incredulo, è cattivo, poiché nega Cristo e il Cristianesimo.
Le verità “formalmente rivelate” (sia esplicitamente che implicitamente) sono l’oggetto diretto dell’ infallibilità del Magistero ecclesiale; esse sono testimoniate da Dio stesso (in modo esplicito o implicito) e perciò ad esse occorre dare un assenso pienamente e irrevocabilmente certo; non possono essere false e bisogna credervi di “fede divina”, anche quando non vi sia una dichiarazione infallibile della Chiesa che le definisca come rivelate (nel qual caso si dicono di “fede divina definita”). Negarle è eresia almeno materiale, se vi è ignoranza invincibile; ma, se si sa che la dottrina cattolica è diversa, vi è eresia formale con conseguente peccato mortale diretto contro la virtù di fede.
Le conclusioni teologiche sono l’oggetto indiretto dell’infallibilità del Magistero; ad esse va dato un assenso assolutamente o infallibilmente certo (o addirittura di fede dopo che la Chiesa ha definito che sono virtualmente rivelate), poiché poggiano oltre che sul ragionamento umano (o sillogismo), anche sul fondamento dogmatico della fede, dato che nel sillogismo la premessa “maggiore” è di fede o “formalmente rivelata”. Negare una conclusione teologica è “errore nella fede” con conseguente peccato mortale indiretto contro la virtù di fede.
 
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I Padri interpretano i versetti di san Paolo in tal senso: la promessa di Dio ai Patriarchi non ha fallito, anche se non tutto Israele ha creduto. Infatti, non è l’Israele carnale, ma quello spirituale che conta. Non è la discendenza razziale da Abramo che salva, ma è solo lo spirito abramitico, e cioè la fede in Cristo, che rende veri figli d’Abramo, secondo la promessa di Dio. La salvezza non è legata ad un mero fattore biologico, ma alla cooperazione libera dell’ uomo (a qualsiasi popolo egli appartenga) al dono di Dio. Le promesse di Dio sono state fatte non all’Israele secondo la carne, ma a quello spirituale.
San Tommaso d’Aquino nel suo Commento alla Lettera ai Romani scrive: “Non tutti i nati da Israele cioè da Giacobbe, secondo la carne, sono veri Israeliti, ai quali appartengono le promesse di Dio, ma solo quelli che sono retti e ordinati a Dio mediante la fede… Per questo anche il Signore disse a Natanaele: Ecco un vero Israelita in cui non c’è inganno (Giov. I, 47) […]. In secondo luogo l’Apostolo dimostra la stessa cosa mediante il paragone con Abramo, dicendo: Né tutti quelli che sono discendenza carnale di Abramo sono figli spirituali di Abramo […], ma solo quelli che imitano la sua fede e le sue opere. Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo (Giov.VIII, 39)”.
 
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Nell’epistola ai Filippesi (III, 2-3) san Paolo aggiunge: “Guardatevi dai cani, dai cattivi operai, dai mutilati [i circoncisi]. I veri circoncisi, infatti, siamo noi che adoriamo Dio in spirito e ci gloriamo in Gesù Cristo e non riponiamo la nostra fiducia nella carne”.
I giudaizzanti o giudeo-cristiani, che insegnavano la necessità della circoncisione per salvarsi, anche dopo l’avvento di Cristo, sono chiamati dall’Apostolo “cani”, termine con il quale gli ebrei designavano gli infedeli, i pagani idolatri (vedi nel Vangelo l’episodio della Cananea), perché sono rabbiosi laceratori del Vangelo ed infedeli al Messia promesso da Mosè e dai Profeti. La circoncisione (come il cerimoniale antico) dopo Cristo è solo un’inutile mutilazione della carne (temine con il quale gli ebrei indicavano le sanguinolenti mutilazioni dei culti idolatrici pagani), senza alcun valore per lo spirito. La vera circoncisione è quella spirituale che recide il vizio e l’idolatria, adorando Dio con la purezza spirituale della fede in Cristo. Quindi, il vero Israele, l’Israele secondo lo spirito, sono i cristiani (giudei o gentili: non c’è più differenza), i quali non ripongono la loro fede e speranza nella discendenza carnale o biologica da Abramo, ma solo nella fede e nella carità in Christo Jesu Domino Nostro. Perciò, è formalmente (ed esplicitamente) rivelato che vi è il vero circonciso (e implicitamente) il falso circonciso (o infedele); il vero Israele (esplicitamente) secondo lo spirito /e (implicitamente) il falso Israele secondo la carne.
 
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L’Apocalisse chiama sinagoga di satana il falso Israele, gli ebrei increduli: ”Quelli che dicono di essere giudei, ma non sono se non sinagoga di satana” (Ap II, 9). Monsignor Pier Carlo Landucci, nel suo Commento all’Apocalisse, scrive: «avendo respinto il Messia, […] avevano [i Giudei] perduto tutte le promesse [dell’Antico Testamento], e la loro eredità era passata all’ “Israele di Dio” (Gal. VI, 16), ossia al vero popolo di Dio, che è la cristianità […], venendo ad essere “figli del diavolo” (Giov. VIII, 44), così da costituire la “sinagoga di satana”. Appare netta la contrapposizione tra la “sinagoga”, come espressione del giudaismo nemico di Cristo, e la “Chiesa”, come espressione del cristianesimo […]. Alla “sinagoga di satana” si contrappone la “Chiesa”, ossia il popolo di Dio che è la cristianità»1.
 
CONCLUSIONE
Come si vede, la fede in Nostro Signore Gesù Cristo e non la razza divide la Chiesa dall’attuale sinagoga. Almeno per noi cristiani. Poiché – invece – il giudaismo odierno si concepisce (principalmente) come un popolo, che ha (secondariamente) una sua storia e (accidentalmente) delle pratiche “religiose”. Quindi, se non è lecito parlare di razzismo cristiano (l’antisemitismo biologico è una ideologia neopagana e materialista), si deve parlare di razzismo giudaico: il popolo “eletto”, che ha la sua storia e può (o non può) praticare dei riti “sacri”.
Agobardo
1) Milano, Fabbri, 1967, p. 26

Fonte: Si si no no 

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