martedì 28 giugno 2011

Il protestantesimo è una forma diversa della medesima vera religione cristiana?





Sua Santità Pio IX, nel famoso e sempre più attuale Sillabo, evidenziò e condannò l’errore dei modernisti, i quali asserivano: “Il protestantesimo non è altro che una forma diversa della medesima vera religione cristiana, nella quale egualmente che nella Chiesa cattolica si può piacere a Dio.” (Sillabo XVIII)



Egli era pienamente consapevole della possibilità che la corrente modernista, introducendo questo falso postulato, avrebbe comportato, non solo la repentina diminuzione delle conversioni degli erranti in seno alla Santa Chiesa, ma avrebbe introdotto l’indifferentismo religioso in seno ai cattolici e, per effetto conseguenziale, intaccato la natura della Chiesa, la cui missione è, appunto, la conversione di tutti i popoli, creando discepoli (cfr. Mt. 28,19); nello stesso tempo, tale indifferentismo avrebbe, inevitabilmente, causato un rivolgimento nella Chiesa, invertendo così l’ordine precedentemente costituitosi: non più, dunque, gli eretici chiamati alla conversione all’ortodossia cattolica, ma il suo contrario! Questo è ciò che si sta verificando in seguito al Concilio, anche a causa dell’abbandono della Tradizione (di cui il Sillabo è una parte importante del depositum fidei) da parte di una ragguardevole componente dell’episcopato cattolico.



A questo punto, il cattolico, leggendo questa breve ma eloquente introduzione, potrà porsi due quesiti strettamente correlati: “Qual è la differenza tra cattolicesimo e protestantesimo?” “Siffatta differenza è sostanziale o, magari, solo accidentale?”



Il protestantesimo non si limitava a rifiutare solo uno o più articoli di fede cattolica. Lutero (che del protestantesimo è il vero ideatore), con la sua Rivoluzione, si spinse ben oltre, rifiutando il concetto e il fondamento stesso della Rivelazione che poggia sull’autorità Divina, trasmessa per mezzo del mandato di Cristo alla Sua Chiesa: la Cattolica Apostolica Romana!



Il principio di tutti gli articoli di fede è, infatti, l’autorità Divina della Chiesa; questa ha origine direttamente da Cristo che ne è suo Capo, fondatore e fondamento.

Lutero, invece, con leggerezza, non solo rinnegò l’autorità della Chiesa, volta a stabilire quali articoli fossero di fede e quali no, ma trasferì tale autorità dal Magistero al singolo credente; egli, cioè, stabiliva quel “libero esame” delle “sole Scritture” per cui ogni credente, senza servirsi di una Chiesa docente che gliene spiegasse il senso, può liberamente accedere a tali Scritture e interpretarle come meglio crede: è l’individuo, adesso sotto la falsa effige dell’autorità della sola Scrittura, a divenire Magistero di se stesso e, dunque, uno dei tanti papi infallibili poiché capaci, indipendentemente dal grado culturale e teologico, di comprendere le Scritture!



Ne deriva che il “peccato originale” del protestantesimo è il soggettivismo e la negazione dell’autorità della Chiesa docente, posta da Dio per ammaestrare tutte le genti (Mt. 28,19)

Ecco ciò che affermava Lutero, padre della Rivoluzione protestante: “Tu stesso, tu solo ti devi convincere, ti costi magari la vita. E perciò Dio stesso, nell'intimo del cuore, dovrà dirti che questa, e proprio questa, è la sua Parola divina, altrimenti tu non sarai mai sicuro”. ("Protestantesimo ieri e oggi” Roma, Libr. Ed. F. Ferrari, 1958, p. 1227, riportato da R. Nisbet nel libro “Ma il Vangelo non dice così”, Ediz. Claudiana, Torino, p. 10).



Si evince quanto questa tesi sia in netto contrasto con quanto ha sempre insegnato la Chiesa, e che viene in maniera esemplare esplicitata dal dottore angelico:

“L'eretico che rinnega anche un solo articolo di fede non ha l'abito della fede né formato né informe.

Questo perché la specie di un abito dipende dalla ragione formale dell'oggetto, eliminata la quale, la specie dell'abito non può sussistere.

Ora, l'oggetto formale della fede è la prima verità, giacché si rivela nella Sacra Scrittura e nell'insegnamento della Chiesa, che procede dalla prima verità.

Perciò chi non aderisce, come a una regola infallibile e divina, all'insegnamento della Chiesa, che scaturisce dalla prima verità rivelata nella Sacra Scrittura, non ha l'abito della fede, ma ne accetta le verità per motivi diversi dalla fede. Se uno, per esempio, conosce una conclusione, senza il termine medio che la dimostra, di essa non ha evidentemente la scienza, ma solo un'opinione.

Ora, è chiaro che chi aderisce all'insegnamento della Chiesa come a una regola infallibile, accetta tutto ciò che la Chiesa insegna. Altrimenti, se di quanto la Chiesa insegna, accetta o non accetta quello che vuole, non aderisce all'insegnamento della Chiesa come a una regola infallibile, ma alla propria volontà. Perciò è evidente che l'eretico il quale nega pertinacemente anche un solo articolo, non è disposto a seguire in tutto l'insegnamento della Chiesa (se invece lo negasse senza pertinacia, non sarebbe un eretico, ma solo un errante). Dunque è chiaro che chi è eretico in un articolo, negli altri non ha la fede, ma solo un'opinione secondo la propria volontà”. (Summa theol., II-II, q. 5, a. 3)



Da ciò, ne consegue che l’eretico non crede ad una verità perché è tale, ma solo perché gli par di essere tale! Nel momento in cui viene meno la certezza, egli cambia nuovamente opinione, in merito al postulato precedente; Lutero, infatti, sosteneva che “ci è dato un mezzo (lo spirito privato) per snervare l’autorità dei Concili e contraddire liberamente ai loro atti, e per proclamare liberamente tutto quello che ci sembra vero”. Dunque, non bisogna stupirsi del fatto che Lutero, nell’arco della sua vita, anche da rivoluzionario, mutò opinione svariate volte: per la sola dottrina dell’eucarestia egli, in un breve lasso di tempo, cambiò parere per ben tre volte!



D’altronde, Lutero non fece altro che tradurre in pratica quanto proclamava: “Tu stesso, tu solo ti devi convincere”; appare evidente che non fosse sempre fedele a ciò che, apparentemente, predicava e, di conseguenza, era lecito cambiare opinione fino a quando non ne avesse trovata una che gli si confacesse.

Beninteso, il fondatore e artefice del protestantesimo, come ogni pastore, negava il principio dell’autorità, tuttavia nella pratica, in maniera del tutto incoerente, sosteneva di essere egli stesso l’autorità! Accusava il Papa di essersi appropriato di tale autorità in capo alla Chiesa, mentre Lutero stesso si arrogava la competenza esclusiva in materia di fede e di morale; non a caso, fu ironicamente bollato dai propri discepoli come “il Papa di Wittenberg” e, inoltre, colui che predicava il liberalismo religioso (libero esame=religione ad personam), mandò alla forca cinque mila anabattisti che avevano osato predicare la propria dottrina nelle terre luterane!



Qualcuno potrebbe obiettare tale assunto, ritenendo che gli attuali protestanti, in base ai frutti marci prodotti dalle dottrine errate dei loro padri, abbiano potuto raddrizzare la via verso l’ortodossia del principio d’autorità. Sbagliato. Essi persistono come prima, e più di prima, su questa strada. Ecco cosa scrive, infatti, un “figlio” di Lutero: "Per avere la certezza di quello che veramente indichi e voglia la Parola di Dio, dobbiamo decidere da noi stessi e scegliere ciò che soddisfa la nostra ragione; perché il nostro giudizio personale è la suprema corte d'appello, per sapere quanto è accettabile nella Bibbia" (cfr. Farar, "La Bibbia, il suo significato e la sua supremazia", Benigno Castegnaro, p. 471).



I protestanti, difatti, si inquadrano in un paradigma astorico del Sola Scriptura, e a questo applicano il loro liberalismo soggettivista; rifiutano la struttura della Chiesa primitiva basata sul magistero apostolico e la successione tramite l’imposizione della mani. “Chi ascolta voi, ascolta me” (Lc 10,16), disse Cristo. Ma l’individualismo tipico dell’epoca in cui visse Lutero, e ancora oggi imperante, ha sempre impedito di accettare la dipendenza da qualcuno nella ricezione della parola sacra. Si è sempre ritenuto che questo fosse un “potere”, mentre, in realtà, è un servizio.



A differenza di quanto, erroneamente, sostenuto dai protestanti, la Chiesa viene prima, sia cronologicamente sia ontologicamente, della Bibbia e spetta alla Chiesa, che ha prodotto tale corpus letterario, esserne garante, interpretarla e darci, mediante l’assistenza dello Spirito Santo, il vero senso delle Scritture. Come dice, giustamente, Sant’Agostino: “Non crederei al vangelo se non mi spingesse l'autorità della Chiesa cattolica” (Contra ep. man. 5, 6).



Le mille sette protestanti, ognuna di esse convinta d’avere in mano la verità, in base al “Sola Scriptura” e al soggettivismo del “libero esame”, rappresentano un esempio chiaro e inconfutabile del loro errore nell’aver rifiutato l’autorità posta da Cristo in seno alla Sua Chiesa, il Magistero con a Capo il Sommo Pontefice, successore di San Pietro!



Pertanto, come abbiamo potuto dimostrare, le differenze non sono per nulla accidentali, ma toccano l’essenza stessa della religione cristiana, così come l’ha voluta il suo fondatore, Gesù Cristo.



A questo punto, il cattolico dubbioso potrebbe chiedersi: “… ma cattolici e protestanti non hanno la stessa Bibbia”?

Ecco, ciò è quanto, inizialmente, insinuano i protestanti, per attirare l’attenzione dei cattolici titubanti, o comunque non preparati. Invero, tale asserto (qui precedentemente posto in forma interrogativa) è falso:

1) Non abbiamo la stessa Bibbia. Quella cattolica consta di 73 libri, la protestante di 66; nei libri mancanti, i cosiddetti deuterocanonici (falsamente detti apocrifi), arbitrariamente sottratti da Lutero & company, esistono nozioni importanti che riguardano altrettanto importanti articoli di fede cattolica: La dottrina del purgatorio e delle indulgenze, l’importanza delle opere, ecc.;

2) Ben più preminente del condividere la stessa Bibbia (poc’anzi abbiamo stabilito che ciò non risponde al vero), è il senso della Bibbia stessa. Qualora sia smarrita l’essenza delle Scritture, queste divengono semplice carta scritta con inchiostro, ergo, non porta giovamento alcuno! Detto senso è stato ricevuto dalla Chiesa Cattolica, l’unica e sola fondata da Gesù Cristo su Pietro, verso cui è stata ascritta l’autorità a predicare la Verità. L’esclusività le deriva dall’aver ottenuto dal Maestro stesso e dal Suo Santo Spirito, il senso sia delle Scritture che della Tradizione; chi si estromette dalla Chiesa, Corpo di Cristo, non ha più alcuna certezza, né garanzia, di conoscere il senso della Rivelazione. Quest’ultima non risiede, come impropriamente sostenuto dagli eretici, nella sola Scrittura, ma in questa in unione alla Tradizione.



Anzi, aggiungo: la Scrittura stessa è figlia della Tradizione, ed è per mezzo di quest’ultima che la Chiesa docente, il Magistero, in maniera infallibile definì il canone delle Scritture in cui acriticamente e astoricamente i protestanti pretendono di giudicare la Tradizione e la Chiesa stessa, creatrice della Scrittura.



Ribattiamo un'altra considerazione che ho avuto modo di udire da certi cattolici ecumaniaci: “Tra i protestanti e la Chiesa cattolica, le divergenze sono prevalentemente di indole storica, sociologica e culturale, ma non teologica”.



No! Le differenze sono, soprattutto, d’interpretazione della verità rivelata, ovvero riguardano la stessa Rivelazione che i protestanti sminuiscono alla sola Scrittura quando, invece, la Rivelazione è imperniata su due fonti: Tradizione e Scrittura.



Ora, chi conosce il pensiero di Lutero (su cui si fonda tutto il protestantesimo), è perfettamente conscio della sua riduzione del tutto al “Solo”: solo per fede, solo per grazia, solo Scrittura, solo Dio.

“Quel soltanto [come giustamente ci fa notare Mons. Gherardini, uno dei massimi studiosi del protestantesimo] intende ribaltare l’equilibrio della posizione cattolica, aperta alla fede ma anche alla ragione, alla grazia ma anche alla libertà, alla Scrittura ma anche alla scienza, a Dio ma anche all’uomo.” (Cfr Concilio Vaticano II un discorso da fare, pag. 216)[



Il protestantesimo, per sua natura, è in contrapposizione al cattolicesimo; introdusse in ambito religioso i due fondamentali princìpi rivoluzionari della Rivoluzione anticattolica, ad opera del maligno: libertà ed egualitarismo; libertà di discernere cosa è vero da ciò che non lo è; egualitarismo nella negazione dell’esistenza dell’autorità in seno alla Chiesa. Per Lutero siamo tutti uguali… peccato che questi non si ritenesse altrettanto uguale nei confronti di chi doveva mostrargli cieca obbedienza, senza fiatare!



“Cristo sì. Chiesa no”. Ecco servita la falsa equazione luterana del puro soggettivismo!

Recentemente, anche Sua Santità Benedetto XVI, con riferimento a un tale sofisma, risponde: <<“Gesù sì, Chiesa no”. Questo Gesù individualistico, scelto da alcuni, è un Gesù di fantasia. Non possiamo avere Gesù senza la realtà che Egli ha creato e nella quale si comunica. Tra il Figlio di Dio fatto carne e la sua Chiesa v’è una profonda, inscindibile e misteriosa continuità, in forza della quale Cristo è presente oggi nel suo popolo” (BENEDETTO XVI, Catechesi del mercoledì, 15/3/06) >>



Già nei primissimi tempi, i Padri della Chiesa misero in guardia da un tale inganno: “Se non si ha la Chiesa per madre, non si può avere Dio per Padre” (San CIPRIANO , De Ecclesiae catholicae unitate, 6);

“ Dov'è la Chiesa, è anche lo Spirito di Dio; e dov'è lo Spirito di Dio, è la Chiesa e ogni grazia” (SANT'IRENEO DI LIONE, Contro le eresie III, 24, 1-2).

Ergo, separare Cristo dalla Sua stessa Chiesa è un vero tradimento verso Dio e la Sua volontà, altro che ritorno alla fedeltà primitiva!



Altra obiezione che di solito viene posta: “possiamo, però, considerare le religioni protestanti come dei punti d’appoggio atti a far passare progressivamente dalle verità parziali alla verità totale?”



Rispondiamo aiutandoci tramite l’ottimo articolo di don François Knittel sulla rivista “Tradizione cattolica” pag. 20-21:



"Certo, tutti gli errori contengonosempre una parte di verità, ma stiamo attenti all’illusione che ci segnalava il Padre Garrigou-Lagrange, OP: «In una dottrina globalmente falsa la verità non è l’anima della dottrina, ma la schiava dell’errore»(In doctrina simpliciter falsa, veritas non est ut anima doctrinæ, sed serva erroris» (R. Garigou-Lagrange, op, De Revelatione, Gabalda, Paris, 1921,II, p. 436). Cosa che il professore di filosofia Louis Jugnet sviluppava così: «I teologi cattolici non vogliono per niente negare che vi siano delle verità nel protestantesimo, nel Giudaismo, nel brahmanesimo, ma la questione che si pone è tutt’altra. Si tratta di sapere se nelle dottrine condannate queste verità sono, se così si può dire, a loro agio, in libertà, a casa loro. Ora, noi pensiamo che queste verità hanno solo un ruolo parziale, frammentario, incompleto, che sono costrette entro degli errori flagranti che le distorcono e ne falsano la vera portata, in modo tale che ciò che domina in una falsa dottrina, ciò per cui essa rischia di essere propriamente disastrosa, è lo spirito di errore e di negazione. Esempi: il Giudaismo e l’Islamismo insistono sempre sull’unità di Dio (che è una verità), ma essi lo fanno intenzionalmente, in maniera unilaterale, tanto da escludere il dogma della Trinità. Lutero, insiste sul fatto che è la grazia sola che giustifica, e, in termini elementari, questa formula è vera, ma in Lutero questo esclude l’economia cattolica dei sacramenti, etc. Lo stesso vale per Kant: egli riconosce che la conoscenza è attiva, ma concepisce questa attività come cieca e ingannevole, nient’affatto attinente all’Essere. Marx coglie il ruolo molte volte misconosciuto dell’economia, ma gli conferisce una portata esclusiva e inaccettabile, etc. Non tutto è falso nei vari aspetti delle dottrine, ma il loro spirito ammorba tutto. Se queste verità parziali sono ricevibili e assimilabili, questo è possibile a condizione che vengano avulse da tali false dottrine (ecco perché è importante innanzi tutto la critica dell’errore) e in qualche modo ‘battezzate’, ripensate in tutt’altra prospettiva» («Courrier de Rome-sì sì no no», n° 283, giugno 1988, p. 8.)."



Come abbiamo potuto constatare, anche questa obiezione si basa su presupposti errati.



In conclusione, alla domanda iniziale (“Qual è la differenza tra cattolicesimo e protestantesimo?” “Siffatta differenza è sostanziale o, magari, solo accidentale?”), possiamo rispondere con certezza che la differenza è sostanziale e non marginale; il protestantesimo rappresenta un altro cristianesimo, modellato ad immagine e somiglianza dei propri fautori; esso non rappresenta, né presenta, il Cristianesimo trasmessoci da Cristo e dagli apostoli, fedelmente custodito ed esplicitato dai legittimi successori degli apostoli, Pietro in primis!

S. Agostino, giustamente, osservava: "In molte cose [gli eretici] concordano con me; in alcune con me non concordano; ma per quelle poche cose in cui non convengono con me a nulla serve loro essere con me d’accordo in molte" (Enarrat. in ps. 54, 19).

Il Santo d’Ippona, maestro riconosciuto anche dai protestanti (sic!), in maniera mirabile ci evidenzia l’irrilevanza del fatto che su alcuni articoli di fede, gli eretici (leggasi protestanti) concordino con noi, ciò che conta è la Verità tutta intera (Gv 16,13), ed è questa verità, risiedente nella sola Chiesa cattolica (1 Tm 3:15), a rendere liberi (Gv 8,32) dal laccio del diavolo e,conseguentemente, dal peccato e dalla pena eterna. Solo la Verità, senza macchia e senza compromessi, salva (I Tm. 2,4)!



Daniele Sottosanti

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