sabato 9 aprile 2011

Intervista di S. Ecc.za Mons. Bernard Tissier De Mallerais della Fraternità Sacerdotale San Pio X



rilasciata a Stephen L. M. Heiner, a Colton, in California, il 21 aprile 2006.
Pubblicata nel numero della rivista The Remnant del 30 aprile 2006


Premessa dell'intervistatore
Avevo incontrato Mons. Bernard Tissier De Mallerais solo una volta, nel 1977, in occasione dell’ordinazione di don Frank Kurtz. Conoscendo la sua passione per il diritto canonico, gli posi allora alcune domande sulla natura "intrinsecamente perversa" della nuova messa. Mi dedicò amabilmente un po’ del suo tempo esponendo brevemente le sue idee a riguardo.
La sua cortesia e la sua gentilezza mi colpirono, così come mi colpì il suo modo di celebrare la S. Messa, con una precisione ed una santità tali che raramente avevo visto.
Espressi a mister Michael Matt [Direttore della rivista The Remnant] il desiderio di intervistare Monsignore, ed egli mi autorizzò a “scovarlo”. Benché io non sia europeo e il mio francese e il mio tedesco siano alquanto sommarii, ho finito per trovarlo a Ecône.
Mi ha permesso di incontrarlo a Colton, dove avrebbe dovuto recarsi per amministrare le cresime.
L’intervista l’ho registrata personalmente, ed è durata circa 45 minuti.
Monsignore ha verificato il testo qui riprodotto, per quanto riguarda sia la forma sia il contenuto, e lo ha approvato autorizzandone la pubblicazione.
Ho preferito usare il titolo di Monsignore piuttosto che quello di Vostra Eccellenza.
(Alla fine dell'ntervista, Stephen Heiner aggiunge un brevissimo appunto comprensivo di una ulteriore citazione dell'allora don Joseph Ratzinger)
Stephen L.M. Heiner (S. H.): Monsignore, l’agenzia Zenit ha pubblicato il 7 aprile un testo contenente alcune dichiarazioni dei vescovi francesi fatte alla fine della loro assemblea plenaria:
«La verità ci impone di esprimere chiaramente i nostri motivi di disaccordo. Più che su questioni di liturgia, questo disaccordo verte sull’accettazione del Magistero, in particolare quello del concilio Vaticano II e dei papi degli ultimi decenni. La Comunione può realizzarsi nonostante delle questioni, delle richieste di precisione o di riflessione complementare, ma non si potrebbe tollerare un rigetto sistematico del Concilio, una critica dei suoi insegnamenti o una denigrazione della riforma liturgia da esso decretata.»
Inoltre, il sito internet AngelQueen.org ha pubblicata una “intervista esclusiva” di Mons. Rifan, della Diocesi di Campos. In questa intervista Mons. Rifan dichiara (tramite un suo subordinato) che la comunione cosiddetta essenzialmente “pratica” ed “effettiva”, con il rito romano è dimostrata per mezzo della concelebrazione nel Novus Ordo, ed ha citato a riguardo il Canone 541.
Cosa risponde a queste considerazioni sulla “comunione” come vescovo di rito romano che riconosce la validità dell’elezione di Benedetto XVI ?
Monsignor De Mallerais (M. D. M.): Innanzi tutto io non conosco questo testo. Non l’ho letto. La cosa non mi interessa, non seguo questo genere di novità. Non è questo il problema. Qui non si tratta della “comunione” intesa secondo l’idea stupida sostenuta da questi vescovi dopo il Vaticano II. Non è la comunione che costituisce il problema, bensì la professione della fede. La “comunione” non significa niente, è solo una invenzione del concilio Vaticano II. L’essenziale è che questa gente (i vescovi) non professano la Fede cattolica. Ai miei occhi la “comunione” non significa niente, è solo uno slogan della nuova Chiesa. La definizione della nuova Chiesa è la “comunione”, che però non è mai stata una definizione della Chiesa Cattolica. Io posso solo fornirle la definizione della Chiesa così come la si intende tradizionalmente.

S.H. : Qual è questa definizione, Monsignore ?
MDM: La Chiesa è la società visibile di coloro che sono battezzati, professano la fede cattolica e si sottomettono al Pontefice romano. Questi tre elementi sono essenziali e necessarii e, secondo me, rappresentano tutto ciò che conta; la “comunione” non ha alcun valore ai miei occhi.
Se c’è qualcosa di importante che posso dirle è che questa gente ha perduta la Fede, soprattutto la fede nel mistero e nel dogma della Redenzione.
La riforma liturgica ha completamente falsificato il mistero della Redenzione: è un fatto.

S. H.: Il Santo Padre ha lavorato molto in questo concilio, come teologo. Lei lo ha conosciuto quand’era ancora cardinale, nel 1988, e io so che all’epoca Lei ha avuto a che fare con lui molto da vicino nell’àmbito dei “negoziati”.
In quest’ultimo anno Lei ha avuto modo di osservarlo (tra poco si festeggerà il primo anniversario della sua elezione): vi è stato un cambiamento nelle sue parole, nei suoi atti o nel suo tono, da quando è divenuto papa ?
MDM: Io lo conosco come un negoziatore che ha cercato di riconciliarci con la Chiesa conciliare e di riportarci nel suo seno. Ho visto in lui un uomo intelligente e interessato a questo progetto di “reintegrazione”. Noi abbiamo scansato le sue iniziative. Ma attualmente io considero che egli è il papa, sì il papa, e che è investito di speciali grazie. Tuttavia, egli non si serve di queste grazie, poiché non fa niente per la Chiesa. È insediato da un anno e non ha fatto niente !

S. H.: Si è detto che provava un certa colpa a proposito del 1988, visto che, esteriormente, sembra che “combatta” per la Fraternità. Pensa che sia così ?
MDM: Egli era profondamente convinto che noi fossimo fuori della Chiesa e che aveva il dovere di riportarci dentro. Beninteso, una tale idea era ridicola, poiché noi non siamo fuori dalla Chiesa e non lo siamo mai stati. Si trattava del suo grande desiderio (la riconciliazione). Questi fatti risalgono a qualche mese prima della mia consacrazione episcopale. Ma attualmente è lui il papa ! Egli deve fare qualcosa per la Chiesa ! Invece non fa niente !

S. H.: Quindi non gli ha visto compiere niente di concreto, Monsignore ?
MDM: No, niente.

S. H.: Nel corso del recente concistoro, egli ha accresciuto il peso elettorale dell’Europa a scapito di altre parti del mondo. Si dice che egli voglia che l’Europa riprenda le redini della Chiesa. Ma l’Europa è infettata dalla crescita dell’islam. Noi, in America, siamo svantaggiati per poter osservare l’islam militante, visto che da noi vi è solo una piccola minoranza di musulmani. 
Tenuto conto delle recenti agitazioni e dell’articolo pubblicato da DICI a febbraio proprio sull’avanzata dell’islam in Europa, che ne pensa dello stato della Chiesa in Europa ? È essa pronta ha “prenderne le redini” ?
MDM: Questa questione non riguarda Benedetto XVI, ma i governi europei, che permettono all’islam di svilupparsi senza limiti. Il governo francese, per esempio, in pratica invita i musulmani a venire in Francia, pretende di controllare la loro religione ed adotta leggi e regolamenti in questo senso. I vescovi non vedono il pericolo e, di fatto, non sono coerenti. Da un lato percepiscono il pericolo e non concedono chiese ai musulmani perché si facciano le loro moschee, dall’altro dicono che i cristiani e i musulmani devono riconciliarsi, che non vi è differenza tra la religione degli uni e quella degli altri, che l’islam è una religione molto “tollerante”. Sono dunque in completa contraddizione con loro stessi.

S. H.: Ritiene che questa attitudine sia condivisa dai vescovi tedeschi, francesi e svizzeri, e che non vi sia differenza tra i diversi paesi ?
MDM: Non vedo la minima differenza. Sono tutti perfettamente incoerenti. Vedono il pericolo, visto che si vedono costretti a cedere le chiese vuote ai musulmani (in forza della legislazione francese sugli edifici pubblici), ma intanto dicono che l’islam è una religione molto buona e molto tollerante.

S. H.: Il “progetto europeo” di Benedetto XVI si scontra contro numerosi ostacoli. Lei ha detto che a suo tempo ha visto agire l’attuale Papa come negoziatore. Mons. Fellay, ultimamente, lo ha presentato come molto legato al Concilio. Quali sono le principali idee di questo Papa che confliggono con la Tradizione ?
MDM: La collegialità, per esempio. Egli vuol governare la Chiesa insieme ai vescovi e ai cardinali. Dunque si mette nella impossibilità di governare la Chiesa. La cosa è del tutto evidente, poiché è papa già da un anno e non ha fatto niente !
[Monsignore ha espresso questo concetto già due volte, ma io faccio notare che su questa questione della collegialità egli si esprime con grande veemenza. Ed egli prosegue: …]
La collegialità paralizza il papa.

S. H.: Vuole essere paralizzato ?
MDM: Si, egli ci crede (alla collegialità).

S H.: Per quanto riguarda l’ecumenismo si dice che non fosse contento di Assisi …
MDM: L’ecumenismo, in effetti, è un’altra cosa, e si è detto che egli disprezzasse Assisi, ma noi non siamo certi che questo sia vero. Tanto più che già in diverse occasioni si è recato nelle sinagoghe, con i Giudei, … e allora … La cosa non è chiara… poiché vi è una inclinazione per la religione ebraica.

S: H.: Non ha limitato l’indipendenza di cui godevano i francescani della basilica (di Assisi) ?
MDM: Si, ma questa è una cosa secondaria.

S. H.: Ho chiesto a Mons. Fellay, per telefono, che mi precisasse lui stesso quanto aveva dichiarato nella sua conferenza a Denver, dato che avevo solo preso degli appunti e non avevo fatto una registrazione. In particolare gli dissi che avevo trascritto così: “Egli (Benedetto XVI) pensa che la laicità sia il modo d'esistenza preferito nella concezione cattolica dell’organizzazione sociale”. Egli allora mi ha corretto, perché scrivessi che è “… il solo modo d’esistenza …”. 
Non ci troviamo qui di fronte a «tre grandi temi» e cioè alla collegialità, all’ecumenismo e lla libertà religiosa ? E il Papa non è interamente convinto di queste idee ?
MDM: Si, egli è interamente convinto di questi tre errori. Per quanto attiene alla libertà religiosa egli si trova quasi esattamente sulla stessa lunghezza d’onda di Giovanni Paolo II. Come questi, è convinto che nessun governo può essere cattolico, né che alcun governo può riconoscere Gesù Cristo come vero Dio. Ben inteso, ciò è contrario all’insegnamento cattolico, e più precisamente all’insegnamento che Pio XI ha espresso nella Quas Primas.

S. H.: Si, e il Syllabo …
MDM: Si, ma il Syllabo è del 1860, mentre invece la Quas Primas è del 1925, non è quindi così vecchia, né così sorpassata come costoro direbbero.

S. H.: Monsignore, oltre all’eventuale senso di colpa a proposito del 1988, si dice che Benedetto XVI si senta in colpa nei confronti di Fatima. Lei stesso, insieme ai suoi tre confratelli vescovi, si è recato a Fatima per compiervi un atto di riparazione… Che può dire a proposito del persistente silenzio su Fatima, che risale all’epoca di Pio XII ?
MDM: Non posso dire niente sull’argomento. Fatima è una rivelazione privata. Mi scusi, ma io non ne parlo.

S. H.: Ho qualche altra domanda personale da farLe. Ho letto ultimamente la sua biografia di Mons. Lefebvre. Lei lo ha conosciuto molto bene. Ha avuto delle sorprese nell’effettuare le ricerche per scrivere il libro ?
MDM: La mia principale sorpresa è stata generata dal grande affetto e dal grande rispetto che tutti questi padri progressisti provavano nei suoi confronti, compresi quelli che non erano d’accordo con lui: davvero sbalorditivo. Lo rispettavano enormemente per la sua personalità cristiana, cattolica. Lo hanno testimoniato tutti nei corso dei miei incontri: lo amavano, anche se non lo comprendevano. In effetti, non riuscivano a fare quadrare la sua gentilezza, la sua carità, la sua franchezza con la sua forza nella Fede. Cosa di cui erano incapaci.

S. H.: Dal momento che percepivano la personalità cristiana di Mons. Lefebvre, com’è che non comprendevano le sue conclusioni cristiane ?
MDM: Perché erano liberali, non potevano capire che un uomo può essere contemporaneamente così amabile e così forte.

S. H.: Si sa che è stato Mons. Lefebvre ha consacrarla vescovo. Fra poco sarà il diciottesimo anniversario della sua consacrazione. Che ne pensa dell’episcopato o piuttosto che cos’è che non si aspettava nel giugno del 1988 ?
MDM: La cosa che mi sorprende molto è che la crisi della Chiesa duri da così tanto tempo. Alcuni anni dopo la mia consacrazione, noi pregavamo perché il Signore ci inviasse un papa veramente cattolico, un santo papa cattolico,  diciannove anni dopo ecco che siamo ancora nella stessa situazione. È estremamente deludente. La crisi si perpetua e noi dobbiamo proseguire la battaglia. Questo è molto difficile, non per me, ma soprattutto per i fedeli. Bisogna dare loro del coraggio, incitarli a tenere duro a non lasciarsi andare. Dobbiamo continuare la battaglia.

S. H.: Il suo ruolo di vescovo La porta a viaggiare nel mondo intero per visitare i fedeli. Cosa segnala di comune in noi della Tradizione ?
MDM: Credo che vi sia una grande stima per le famiglie cattoliche numerose. Vi è questo di comune: la grazia del matrimonio cristiano e il desiderio di avere molti figli. I nostri fedeli comprendono che l’avvenire della Chiesa e quello delle loro comunità sono fondati su un matrimonio fecondo. E si tratta di una grazia di Mons. Lefebvre, con la Santa Messa, poiché è questo quello che lui predicava.

S. H.: Monsignore, il Capitolo generale della Fraternità, che si terrà questa estate …
MDM: Ah, sì.

S. H.: Vi è una certa confusione tra i fedeli circa la possibilità che una persona che sia stata già Superiore generale possa esserlo nuovamente. Per esempio, don Schmidberger, che lo è già stato potrà esserlo di nuovo ?
MDM: Si, non vi sono restrizioni.

S. H.: Don Schmidberger è stato Superiore generale dopo la sua consacrazione, di modo che, in quanto vescovo, Lei doveva rendere conto ad un prete. Credo che per il sentire dei fedeli, da quando Mons. Fellay è stato eletto, il posto di Superiore generale deve continuare ad essere occupato da un vescovo, e non da un semplice prete. 
Che ne pensa ? Per essere più precisi, senza con questo volergli far esprimere una previsione: è probabile che la pratica di porre un vescovo alla testa della Fraternità possa continuare ?
MDM: No, questo non è normale. In effetti più normale sarebbe che questo posto andasse ad un semplice prete.

S. H.: Perché Monsignore ?
MDM: Perché questo è nella nostra costituzione, e perché l’esistenza dei vescovi in seno alla nostra Fraternità rappresenta qualcosa di straordinario, d’imprevisto, perché la cosa non è normale. Così io penso che sarebbe molto normale per un semplice prete essere Superiore generale, ed io sarei pronto ad obbedirgli, a sottomettermi a lui.

S. H.:  Dunque, per la Fraternità, si tratta di una situazione straordinaria avere dei vescovi. Ma lei può pensare di dover rendere conto ad un prete, o anche ad un vescovo, quando già lo ha fatto con don Schmidberger ? Mi spiego: le costituzioni non impediscono ad un Superiore generale emerito di essere rieletto ?
MDM: No.

S. H.: Quindi, Mons. Fellay potrebbe essere rieletto.
MDM: Si.

S. H.: Monsignore, non riesco a comprendere bene questa questione, ed è soprattutto per questo che ho desiderato intervistarla. Come anglofoni, noi ascoltiamo molto spesso Mons. Williamson, e spesso Mons. Fellay, ma Mons. Alfonso de Galarreta non parla l’inglese. I sobillatori non mancano mai: su dei siti internet, principalmente, si citano delle “fonti interne”, reputate anonime, che spesso non sanno niente e cercano di dividere la Fraternità parlando di un preteso “scisma al suo interno” nel caso (probabile secondo costoro) in cui Mons. Fellay concludesse un “contratto” con Roma. 
Ma la domanda è questa: quando Mons. Fellay parla o fa una dichiarazione, si può dire che lo fa “a nome dei vescovi” della Fraternità ?
MDM: No. Io direi che egli si pronuncia in quanto Superiore generale della Fraternità, semplicemente.

S. H.: Dunque, in quanto vescovo, il suo ruolo principale consiste…
MDM: Solo nel conferire le cresime e provvedere alle ordinazioni. Questo è il ruolo che ci ha assegnato Mons. Lefebvre. Di modo che noi non svolgiamo alcun “ruolo direttivo” nella Fraternità, siamo semplicemente sottomessi al Superiore generale.

S. H.: Insomma, se vi fosse una restaurazione in seno alla Chiesa, non vi sarebbe più bisogno di vescovi della Fraternità ?
MDM: Se vi fossero dei vescovi cattolici ad occupare delle sedi cattoliche, non vi sarebbe più bisogno di noi.

S. H.: Monsignore, The Angelus ha riprodotto ultimamente uno studio del padre Pierre-Marie, O. P., che sostiene la validità del nuovo rito di consacrazione dei vescovi, questione importante poiché l’attuale Santo Padre è il primo papa che ha ricevuto la consacrazione a vescovo col nuovo rito. Su internet vi sono delle dichiarazioni secondo le quali Mons. Lefebvre dubitava della validità del nuovo rito di consacrazione episcopale…
MDM: No, no, no. Egli non ha mai parlato di questo, mai. No, no.

S. H.: Allora, in seno alla Fraternità non si è mai messa in discussione la validità di tale o di tal’altro nuovo sacramento ?
MDM: Mons. Lefebvre non ha mai trattato la validità delle consacrazioni episcopali.

S. H.: No ? E a proposito dell’episcopato ?
MDM: Io non so cosa egli pensasse di questa questione. Egli non conosceva il nuovo rito di consacrazione episcopale. Non aveva studiato né letto niente sull’argomento. Lui stesso si limitava a continuare ad usare il vecchio rito.

S. H.: Ho un’altra domanda da farle. Dov’è che la Fraternità cresce più rapidamente nel mondo ?
MDM: L’essenziale è che noi si ristabiliscano le famiglie cattoliche, le scuole cattoliche: sono questi i grandi mezzi per la crescita della Chiesa cattolica. Del resto, molti dei nostro sacerdoti vengono dalle nostre scuole. Noi insistiamo presso i nostri fedeli perché iscrivano i propri figli nelle scuole cattoliche.

S. H.: Ecco io ho finito con le mie domande, Monsignore. Nello stendere questa intervista ci tengo ad assicurarmi di averla citata fedelmente: per questo le farò avere una trascrizione prima che Lei si recherà a Veneta…
MDM: No, no, nelle vostre domande non avete toccato l’essenziale; trovo che esse siano pertinenti, ma non hanno toccato per niente l’essenziale…

S. H.: Cosa c’è d’altro, Monsignore ?
MDM: Ebbene, per esempio, che questo papa nel passato ha professate delle eresie ! Egli ha professato delle eresie ! Ed io non so se le professi ancora.

S. H.: Quando lei dice “ha professate”, intende dire che lo fa ancora ?
MDM: No, ma egli non ha mai ritrattato i suoi errori.

S. H.: Ma, Monsignore, se non le ha mai ritrattate, le continua a sostenere ? A cosa si riferisce ? Può essere più preciso ? Devo riconoscere che io non sono un teologo e non ho letto alcuna delle sue opere. Intende parlare del tempo in cui era cardinale ?
MDM: Parlo del tempo in cui era prete. In quanto teologo egli ha professate delle eresie, ha pubblicato un’opera piena di eresie.

S. H.: Monsignore, a me occorre che Lei sia più preciso, così che possiamo approfondire la questione.
MDM: Sì, sicuramente. Egli ha pubblicato un libro intitolato Introduzione al Cristianesimo, nel 1968. Questo libro era zeppo di eresie, in particolare sosteneva la negazione del dogma della Redezione.

S. H.: In che senso, Monsignore ?
MDM: Egli ha sostenuto che Cristo non ha soddisfatti i nostri peccati, che non li ha riscattati, che Lui, Gesù Cristo, morendo sulla Croce, non ha soddisfatto i nostri peccati. Quest’opera nega il riscatto dei peccati tramite Cristo.

S. H.: Non sono sicuro di comprendere…
MDM: Egli nega la necessità della soddisfazione.

S. H.: Si direbbe Lutero.
MDM: No, questo va molto più in là di Lutero. Lutero ammette il sacrificio, la soddisfazione per mezzo di Cristo. È peggio di Lutero, molto peggio.

S. H.: Monsignore, io devo riprendere la questione dall’inizio: vuole dire che Benedetto XVI è un eretico ?
MDM: No, ma egli non ha mai ritrattato queste proposizioni.

S. H.: Ebbene, in questo caso Lei cosa concluderebbe, Monsignore ? Direbbe che è “sospetto”, “discutibile”, “favorevole all’eresia” ?
MDM: No, è chiaro. Ma posso citarlo. 
Egli rigetta «una presentazione estremamente rudimentale della teologia della soddisfazione (vista come) un meccanismo che ristabilisce un diritto leso. Il modo col quale la giustizia di Dio, infinitamente offesa, verrebbe placata con una soddisfazione infinita… certi testi di devozione sembra che lascino intendere che la fede cristiana nella Croce intende Dio come un Dio la cui giustizia inesorabile esigerebbe un sacrificio umano, il sacrificio del Suo proprio Figlio. Noi rifuggiamo con orrore da una giustizia la cui collera furibonda toglie ogni credibilità al messaggio d’amore” (tradotto dal tedesco, pp. 232 e 233).

S. H.: Quali altre eresie ha pronunciate, Monsignore ?
MDM: Molte altre. Molte altre. Egli ha gettato dei dubbi sulla divinità di Cristo, sul dogma dell’Incarnazione…

S. H.: Questo non può essere vero…
MDM: Questo è del tutto vero. Egli fa una rilettura, una reinterpretazione di tutti i dogmi della Chiesa. Fa esattamente quello che lui stesso ha chiamato "ermeneutica" nel suo discorso del 25 dicembre 2005…

S. H.: Questa ermeneutica è conosciuta anche col nome di “tradizione vivente” … E consiste nell’interpretare le dottrine esistenti sotto una nuova luce…
MDM: Esattamente. Secondo la nuova filosofia, la filosofia idealista di Kant.

S. H.: Monsignore, queste sono parole pesanti, eppure la Fraternità non è sedevacantista…
MDM: No, no, no, no. Egli è il papa…

S. H.: Ma le sue parole sono pesanti…
MDM: Ecclesia supplet. Supplisce la Chiesa. Sta scritto anche nel Codice di Diritto Canonico: «in caso di dubbio, la Chiesa supplisce al potere esecutivo». Egli è il papa. La Chiesa supplisce. Ma noi dobbiamo sapere che egli ha professato delle eresie.

S. H.: Monsignore… Devo sottolineare che l’articolo che scriverò sarà largamente diffuso nel mondo anglofono… Sono proprio queste le parole che intende usare ?
MDM: Si. Si. Io ho letto Joseph Ratzinger, ho letto i suoi lavori. E posso assicurarle che è vero.

S. H.: Bene, allora mi piacerebbe sapere cosa pensava Mons. Lefebvre di lui, quand'era il cardinale Ratzinger.
MDM: Monsignore non l’aveva letto, non lo aveva mai letto. Vedeva in lui un negoziatore, un uomo intelligente e onesto che prendeva delle iniziative pericolose nei nostri confronti.

S. H.: Il tema che lei ha introdotto, Monsignore, ci rimanda al Protocollo del 1988, in cui si dice che la Fraternità interpreta il Concilio «alla luce della Tradizione». Questo vale ancora oggi ?
MDM: Assolutamente no. Le cose sono cambiate.

S. H.: Che si può dire allora ? Che il Concilio dev’essere rivisto, rivisto interamente ?
MDM: No, perché lo leggeremo alla luce della "nuova filosofia". Si, è questa la vera “luce” (sorride). La sola luce alla quale lo si possa leggere.

S. H.: Lei afferma dunque che la Fraternità legge il Concilio alla luce della “nuova filosofia” ?
MDM: Esattamente.

S. H.: E quindi lo rigetta ?
MDM: È il solo modo in cui lo si possa leggere. Non si può leggere il Vaticano II come un lavoro cattolico. Esso si basa sulla filosofia di Emmanuel Kant.

S. H.: L’idealismo ?
MDM: Esattamente, l’idealismo tedesco.

S. H.: Ma allora, se lei dice che il modo giusto per interpretare il Concilio consiste nel leggerlo alla luce della “nuova filosofia”, la Chiesa come deve trattare questo Concilio ?
MDM: Secondo me, un giorno la Chiesa dovrà cancellare questo Concilio. Non parlarne più. Dovrà dimenticarlo. La Chiesa si dimostrerà saggia se dimenticherà questo Concilio.

S. H.: Vi rileggo i miei ultimi appunti: La Chiesa deve cancellare questo Concilio, non parlarne più, dimenticarlo.
MDM: Si, dimenticarlo. Farne tabula rasa. 
Adesso deve scusarmi, Stephen, devo andare a confessare prima della Messa. Mi voglia perdonare.

S. H.: Monsignore è stato un gran piacere, insieme interessante e sorprendente.
MDM: Anche per me è stato un piacere.
 
Ecco, questa è l’intervista. Ritengo che essa contenga le parole più dure che io abbia mai sentito pronunciare ad un vescovo della Fraternità Sacerdotale San Pio X. 
Non ho alcun commento da aggiungervi, tranne che sottolineare il fatto che Monsignor Tissier de Mallerais ha parlato con molta calma e molta chiarezza, e mi è sembrato interessante che abbia voluto impedirmi di porre fine all’intervista perché secondo lui io non avevo proposto degli argomenti interessanti.
Devo esprimere il mio compiacimento per l’occasione concessami da Michel Matt di condurre questa intervista.
Della parte finale di essa ho parlato con il dott. Tom Droleskey, che ha studiato certi scritti di Rantzinger quand’era ancora un semplice prete. Egli mi ha inviato quest’altra citazione tratta da un testo di Ratzinger:
«La devozione eucaristica che si manifesta nella visita silenziosa del fedele alla chiesa, non dev’essere intesa come una conversazione con Dio. Infatti, questo significherebbe che Dio è presente in quel contesto e in maniera circoscritta. Giustificare una tale asserzione denota una mancanza di comprensione dei misteri cristologici legati alla nozione stessa di Dio. Ciò ripugna al pensiero serio dell’uomo che conosce l’onnipresenza di Dio. Andare in chiesa perché si possa far visita a Dio che lì è presente, è un atto insensato che l’uomo moderno rifiuta a giusto titolo». (Die Sakramentale Begrundung Christlicher Existenz, 1966, Kyrios Publishing, Freising-Meitingen-Germany).




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