Riportiamo la vignetta, nella versione italiana, e subito confessiamo che essa ci ha quasi obbligati a scrivere il commento che segue.
Chi ha elaborato la vignetta è incappato in un lapsus cosiddetto freudiano. Partito pensando di esprimere un concetto, quello del Papa messo alle strette dai vescovi, ha finito con rivelare un altro suo pensiero nascosto, che, come direbbe il povero vecchio Freud, aveva rimosso dallo stato di coscienza: perché il Papa non fa il Papa?
Tralasciamo, per motivi di spazio, la riflessione che si potrebbe fare circa l’uso del bambino, che rivela anch’esso un’altra problematica tipica del mondo moderno, ugualmente reale, ma parimenti sottaciuta, schiacciati come siamo dall’ipocrisia e dalle falsità del moderno mondo senza Dio, che amiamo chiamare “laico”.
All’ingenuità della denuncia del bambino sembrerebbe corrispondere un certo candore del Papa: i vescovi non mi lasciano celebrare la S. Messa tradizionale!
Ma le cose stanno proprio così?
I fedeli tradizionali sono interpretati da un bambino: sicuramente per esprimere la loro innocenza, la loro buona fede, la loro semplicità. Ora, se vero è che il Signore ha detto “siate come fanciulli”, è anche vero che ha detto “siate prudenti come i serpenti e semplici come le colombe”, ragion per cui l’accostamento tra il bambino e il fedele tradizionale è inappropriato, perché lo stesso fedele tradizionale, impersonato dal bambino, più che ”semplice” così si rivela essere “imprudente” o, per meglio dire, un colpevole ingenuo.
Per di più, ove si pensi che, sempre in Mt 10, 16, il Signore inizia dicendo: “Io vi mando come pecore in mezzo ai lupi”, ecco che la corretta metafora dovrebbe mostrare il fedele come una pecora che si affida al suo pastore. Metafora che, tra l’altro, è vecchia come il Vangelo, appunto.
A chi può rivolgersi la pecora se non al suo pastore? Chi ha il compito di guidare e tutelare il gregge, se non il pastore?
E cosa fa il pastore di questa vignetta?
Alla pecora-fedele che si lamenta di esser oggetto dell’ostilità dei lupi-vescovi, risponde che anche lui, il pastore, è vittima dei lupi.
Il cerchio si chiude? Non ci sono più pastori, ma solo lupi che aggrediscono le pecore?
In realtà il problema non può porsi in questo modo, poiché non si può dire che i vescovi siano i lupi, piuttosto si deve dire che anche i vescovi sono dei pastori. Sta qui allora la questione, la spinosa questione: in questo gregge vi sono troppi pastori e, come sempre accade, non sono d’accordo tra loro, e quando i pastori sono troppi, di fatto non v’è alcun pastore.
Invero una vignetta infelice!
Se si voleva lanciare un messaggio per aiutare i fedeli tradizionali e giustificare il Papa, l’ultima cosa da fare era di presentare il Papa in balia dei vescovi, per sua stessa ammissione.
Così facendo non si è giustificato il Papa, ma lo si è condannato.
Vediamo perché.Per di più, ove si pensi che, sempre in Mt 10, 16, il Signore inizia dicendo: “Io vi mando come pecore in mezzo ai lupi”, ecco che la corretta metafora dovrebbe mostrare il fedele come una pecora che si affida al suo pastore. Metafora che, tra l’altro, è vecchia come il Vangelo, appunto.
A chi può rivolgersi la pecora se non al suo pastore? Chi ha il compito di guidare e tutelare il gregge, se non il pastore?
E cosa fa il pastore di questa vignetta?
Alla pecora-fedele che si lamenta di esser oggetto dell’ostilità dei lupi-vescovi, risponde che anche lui, il pastore, è vittima dei lupi.
Il cerchio si chiude? Non ci sono più pastori, ma solo lupi che aggrediscono le pecore?
In realtà il problema non può porsi in questo modo, poiché non si può dire che i vescovi siano i lupi, piuttosto si deve dire che anche i vescovi sono dei pastori. Sta qui allora la questione, la spinosa questione: in questo gregge vi sono troppi pastori e, come sempre accade, non sono d’accordo tra loro, e quando i pastori sono troppi, di fatto non v’è alcun pastore.
Invero una vignetta infelice!
Se si voleva lanciare un messaggio per aiutare i fedeli tradizionali e giustificare il Papa, l’ultima cosa da fare era di presentare il Papa in balia dei vescovi, per sua stessa ammissione.
Così facendo non si è giustificato il Papa, ma lo si è condannato.
Dialogo paradossale tra il vignettista e un suo interlocutore:
- Vignettista: Ho voluto solo indicare una cosa che è sotto gli occhi di tutti: il Papa è ostaggio dei vescovi.
- Interlocutore: Questo presuppone che il Papa vorrebbe celebrare la Messa tradizionale, ma non può. Il che è dato per scontato, ma non è detto che corrisponda alla realtà.
- Vignettista: Tutto fa pensare che sia così.
- Interlocutore: Lo stesso si potrebbe dire per l’ipotesi opposta.
- Vignettista: Il Papa ha parlato in questo senso, col Motu Proprio, affermando che la Messa tradizionale è un diritto dei celebranti. Sono i vescovi che impediscono ai celebranti di esercitare questo diritto.
- Interlocutore: Non è esatto, poiché il Papa non ha mai detto che la Messa tradizionale è un diritto, ha solo stabilito che è una possibilità. E ad avere giurisdizione su questa possibilità sono i vescovi. Se avesse voluto sancire un diritto, avrebbe dovuto parlare del diritto dei fedeli e della necessità che i celebranti si rendano disponibili in tal senso, anche contro la volontà dei vescovi, per il bene delle anime.
- Vignettista: Si possono fare mille disquisizioni, ma resta il fatto che la volontà del Papa è chiara, così come è chiaro che i vescovi la contrastano.
- Interlocutore: Ma sta proprio in questo l’improprietà della vignetta. Se la volontà fosse chiara, e se questa volontà si basasse sul convincimento che si tratta del bene delle anime, il Papa dovrebbe solo farla applicare. Non è pensabile la giustificazione della pressione dei vescovi. Tranne che non si debba pensare che questa volontà è chiara, sì,… ma… cioè non è una volontà e non è chiara.
- Vignettista: Ma la Chiesa non è fatta solo dal Papa e dai fedeli tradizionali, oltre ai vescovi, che non è cosa da poco, c’è anche la grande maggioranza degli altri fedeli che non chiedono la Messa tradizionale. E questo il Papa, che è il Papa di tutti, non può eluderlo. Governare la Chiesa non è una cosa così facile.
- Interlocutore: Questo è vero. Ma se è così significa che la richiesta della Messa tradizionale dev’essere vincolata alla volontà della maggioranza dei fedeli e dei vescovi. Quindi, perché lamentarsi se i vescovi si oppongono?
- Vignettista: Perché anche i fedeli tradizionali hanno il diritto di vedere soddisfatte le loro esigenze, soprattutto dopo il Motu Proprio.
- Interlocutore: Sembrerebbe così, ma non è così. Poiché la Chiesa non può tutelare le esigenze dei diversi gruppi o, come si direbbe oggi, i diritti delle minoranze. La Chiesa ha il supremo compito della salvezza delle anime. La celebrazione della Messa tradizionale deve rientrare innanzi tutto in questa categoria, altrimenti non è altro che un’esigenza di parte, che la Chiesa non deve e non può tutelare. Ma nessuno finora ha detto che la celebrazione della Messa tradizionale corrisponde alla salvezza delle anime, nemmeno delle sole anime che ne chiedono la celebrazione.
- Vignettista: Non è esatto. In realtà il Motu Proprio stabilisce che la Messa tradizionale non è mai stata abrogata, e quindi può essere liberamente celebrata da tutti i sacerdoti. È implicito che questo corrisponda al bene delle anime.
- Interlocutore: Esatto! Ma sta proprio qui la questione: nell’implicito. Legittimo pensare che il bene delle anime sia implicito, ma allo stesso titolo è altrettanto legittimo che sia implicito che il bene delle anime non corrisponda alla celebrazione della Messa tradizionale, perfino di quelle stesse anime che ne chiedono la celebrazione. Sono i vescovi i pastori dei fedeli, e se il vescovo dice che per il bene delle loro anime non serve la Messa tradizionale, chi potrebbe contraddirlo?
- Vignettista: Il Papa, che lo fatto emanando il Motu Proprio!
- Interlocutore: Il Papa, non solo non ha parlato del bene delle anime, tanto che lo si può considerare solo come implicito, ma in modo esplicito, invece, ha dichiarato che la Messa tradizionale è un fattore straordinario, a fronte del fattore ordinario che è la Messa moderna. La liturgia ordinaria, quella che la Chiesa sancisce per il bene delle anime, è quella moderna, non quella tradizionale. La Messa tradizionale è un elemento straordinario, cioè non è quello che ordinariamente serve per il bene delle anime. È questa l’unica cosa esplicita che ha detto il Papa, e che ha più volte ripetuta. Ha detto anche che i fedeli possono chiedere la celebrazione della Messa straordinaria, ma non ha detto che questo è un loro diritto e che i vescovi sono obbligati a lasciarglielo esercitare. Per di più ha detto ai celebranti che possono liberamente celebrare la Messa tradizionale, ma solo “privatamente”. Sancendo così, sia l’esclusione dei fedeli, sia l’esercizio di una libera scelta personale da parte del celebrante, cose queste che non hanno niente a che vedere con la liturgia come legge della Chiesa e con la liturgia come strumento per la salvezza delle anime.
- Vignettista: Il Papa non poteva svalutare o ridimensionare la Messa moderna, che è valida, che è stata promulgata da un papa e che ormai è la liturgia di tutta la cattolicità, ha invece disposto il recupero della Messa tradizionale, che è un perenne tesoro della Chiesa e la cui celebrazione è richiesta da tanti fedeli cattolici. Ha voluto così sancire la legittimità della Messa tradizionale e della richiesta dei fedeli, e i vescovi hanno il dovere di seguire la volontà del Papa e di acconsentire alle legittime richieste dei fedeli. Se non lo fanno vengono meno al loro compito di pastori successori degli Apostoli, sia ostacolando il Papa, sia trascurando o mortificando i fedeli.
- Interlocutore: Questo i vescovi lo sanno benissimo, ma sanno anche che il Papa non ha voluto imporre la Messa tradizionale, quindi nessun altro può imporla a loro, neanche i fedeli. I fedeli tradizionali possono solo chiedere, ma non hanno alcun diritto di ottenere. Piuttosto gli unici che sono svincolati dal permesso dei vescovi sono i celebranti. Spetterebbe a loro esercitare questa facoltà. Se non lo fanno è perché devono dar conto ai vescovi, e perché non v’è nulla che li tuteli in caso di conflitto. Di fatto sono costretti. Solo il Papa potrebbe liberarli dal vincolo dei vescovi, ma non l’ha fatto col Motu Proprio, né l’ha fatto dopo, dopo la nascita dei conflitti. Dimostrando così che gli ultimi arbitri della liturgia sono i vescovi. Nemmeno il Papa è libero da tale arbitrio, e lo sa, e non celebra la Messa tradizionale. Anzi, come dice la vignetta, consola il fedele confessando che anche lui deve sottostare alla volontà dei vescovi. In tal modo dimostra che, non solo i vescovi hanno ragione, ma lui avrebbe torto a celebrare la Messa tradizionale senza il consenso dei vescovi.
- Vignettista: Il Papa ha il dovere di pacificare, non di creare conflitti, e nella Chiesa vale più l’esercizio della pazienza che quello della contestazione. Ci vorrà tempo, ma alla fine vincerà la pazienza e la resistenza dei vescovi sarà vinta. I fedeli tradizionali pian piano otterranno sempre più consenso, e nel frattempo devono resistere e perseverare.
- Interlocutore: Il Papa non ha il dovere di pacificare, né quello di confliggere, il Papa ha il dovere di agire per il bene delle anime. È per questo che usa lo strumento del Motu proprio. Se il bene delle anime esige la celebrazione della Messa tradizionale, il Papa si pronuncia con un Motu Proprio e impone a tutta la Chiesa il suo pronunciamento, vescovi compresi. Questo non significa confliggere, significa governare la Barca di Cristo. Se invece il Motu Proprio ha valore solo se coloro a cui è indirizzato lo accettano, il Papa non dovrebbe neanche fare un Motu Proprio. Dovrebbe riunire i vescovi e far decidere a loro, e se i vescovi decidessero come stanno facendo adesso, che possono accettare o respingere la celebrazione della Messa tradizionale, il Papa dovrebbe accettare la loro decisione. Se invece, come dovrebbe essere, il Papa emana un Motu Proprio, deve poi essere consequenziale e contrastare la volontà contraria dei vescovi, ricordando loro che sono i vescovi che devono uniformarsi al Papa e non viceversa. Se non lo fa vi sono solo due possibilità: o il Papa non vuole veramente ciò che stabilisce col Motu Proprio o il Papa lo vuole, ma vuole anche il suo contrario. Come dire: la messa tradizionale è importante, ma ciò che è più importante è che ci possa essere libertà per chi ritiene che la messa tradizionale non sia importante. Questo non significa neanche amministrare, significa semplicemente presiedere, presiedere a qualunque cosa esista e si esprima, indipendentemente dal bene delle anime.
- Vignettista: Questo è disfattismo. Un cattolico non può permettersi di affermare alla leggera che il Papa vuole e non vuole, addebitandogli ingiustamente una volontà equivoca, come fosse un politicante qualsiasi. Il Papa ha chiaro il disegno di riordino della Chiesa e lo persegue tenendo conto della realtà oggettiva in cui la Chiesa si trova. È la regola dell’et-et, che contraddistingue qualunque governante illuminato. Ragionando così si cade nella logica dell’aut-aut, che in definitiva produce solo conflitti e difficilmente giunge ad una vera soluzione dei problemi. Il Papa sa che deve muoversi con cautela, proprio in vista del bene delle anime, e lo fa stimolando nuove prese di coscienza, anche presso i vescovi ostili, e in questo i fedeli tradizionali devono essere collaborativi ed evitare la logica dell’aut-aut.
- Interlocutore: Il disfattismo si determina quando si disconosce la realtà positiva e si esaltano capziosamente gli aspetti negativi della realtà. Quando invece si valuta la realtà nel suo complesso, senza apriorismi, benevoli o malevoli, si fa del realismo, ed è la visione realistica della realtà che permette di maturare giudizi ponderati ed eventuali rimedi appropriati. Nel nostro caso la regola dell’et-et porta a ritenere giusto che in presenza di elementi contrastanti è la loro complementarità che va privilegiata in vista del bene, ma se questa può essere una logica valida per le questioni secondarie della vita, non lo è più quando si pensasse di applicarla alla vita stessa, e nel nostro caso alla vita ordinata per la salvezza delle anime e per il bene della Chiesa. L’et-et val bene in presenza del dovere di proclamare la verità e della necessità di tollerare ciò che accidentalmente la contrasta, ma è deviante quando porta al tentativo di mediazione delle due cose. La verità, di per sé non ammette mediazioni, ma esige solo la sua accettazione e il rigetto di ciò che la contrasta, cioè l’errore. L’aut-aut non è una mera logica umana, ma scaturisce dalla natura della verità. A fronte del vero da un lato e dell’errore dall’altro, non è dato ricercare una qualunque soluzione che li veda complementari, poiché in tal caso sia la verità sia l’errore finirebbero col non essere più se stessi ed ogni soluzione umanamente immaginata non avrebbe alcun legame con la realtà. Si tratterebbe di un pasticcio presentato falsamente come una soluzione mediata, moderata e di buon senso. Ma un pasticcio non è mai buon senso. Affermare che il Papa consideri possibile la coesistenza di una cosa giusta e di una cosa ingiusta, come la celebrazione della Messa tradizionale e il rifiuto dei vescovi di permetterla, non significa addebitare al Papa una volontà equivoca, ma riconoscere la realtà e chiamarla col suo nome. E la realtà si presenta così: è giusto che i fedeli tradizionali chiedano la celebrazione della Messa tradizionale, ma è anche giusto che se i vescovi non la permettono i fedeli tradizionali devono essere comprensivi. È giusto che i vescovi non siano d’accordo con la celebrazione della Messa tradizionale, ma è anche giusto che se i fedeli tradizionali la chiedono i vescovi devono essere comprensivi. Il risultato è che non si sa più cos’è giusto e cosa non lo è, e soprattutto cos’è giusto per il bene delle anime e della Chiesa. Questo non è disfattismo, ma osservazione della realtà. E da questa osservazione scaturisce un dato certo: oggi nella Chiesa convivono cose contrastanti, che non si cerca di ordinare, ma si ritiene di conciliare, sulla base dell’incredibile convincimento che i contrasti scompaiono non appena li si consideri come inesistenti.
Vignettista: Questo ragionamento è tutto basato sul pregiudizio che i fedeli tradizionali siano totalmente nel giusto, così che chi li contrasta sia nell’errore. Le cose non sono mai così nettamente separabili, la vita dell’uomo si svolge con alti e bassi, con luci e ombre, con certezze e dubbi. Le certezze dei fedeli tradizionali non possono non essere accompagnate dagli interrogativi sulle ragioni degli altri, e da tali certezze non si può presumere che di fronte vi sia solo la cattiva volontà altrui. Anche i non fautori della Messa tradizionale hanno le loro certezze e certamente si pongono degli interrogativi sulle ragioni dei fedeli tradizionali. Occorre un giusto equilibrio perché le certezze degli uni si incontrino con le certezze degli altri e perché gli interrogativi degli uni si misurino con gli interrogativi degli altri. È questa la strada che conduce alla pace liturgica, difficile da percorrere, irta di ostacoli, e tuttavia sempre praticabile e in fondo alla quale ci si ritrova tutti cattolici.
- Interlocutore: Amen!
Fonte: Una Vox
In tutta sincerità trovo assurda l'idea che un Papa sia ostaggio dei suoi stessi collaboratori scelti per altro dal Papa stesso, trovo tale scusante ridicola che insulta la nostra intelligenza.
Il Motu Proprio ha un solo intento, arginare la fuoriuscita dei tradizionalisti in altri lidi (FSSPX) e illudere sia i tradizionalisti all'interno sia all'esterno della Chiesa di una restaurazione MAI annunciata e MAI attuata.
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