Il mito risorgimentale poggia su molteplici travisamenti storici, ideali e religiosi (ideologia risorgimentale), il cui risultato è questo indiscutibile “dogma nazionale”: in Italia, per essere patrioti, per dimostrare di amare l’Italia, occorre amare il Risorgimento, in quanto è con esso che è nata la nostra patria. Si è sempre voluto a tutti i costi (e oggi con rinnovato spirito) far penetrare nelle menti degli italiani che l’unica via al patriottismo sia la celebrazione risorgimentale, la venerazione dei quattro “padri della patria”. È la più grande vittoria della vulgata risorgimentale, l’inganno per eccellenza: il far credere che chi narra ciò che è stato occultato (le insorgenze, il settarismo utopista, la guerra alla Chiesa Cattolica, i brogli elettorali dei plebisciti, le stragi di “briganti”, il piemontesismo, il fiscalismo, l’emigrazione, ecc.) e di contro non celebra Mazzini e Cavour, Vittorio Emanuele II e Garibaldi, Napoleone e Gioberti, sia “anti-italiano” o comunque contro l’unità nazionale. O magari studioso poco serio…
Chiunque sia ormai a conoscenza di quanto descritto e considerato in questo studio e vi abbia serenamente meditato, non può non vedere come la vittoria del Savoia e del partito piemontese, grazie al geniale Ministro che tutti e tutto mosse, non fu la vittoria dell’Italia, e tanto meno degli italiani; fu solo la vittoria di una élite potente e prepotente, che, con il pretesto dell’unificazione (poiché tale fu, non unità), gettò in realtà le basi storiche, politiche, ideologiche e sociali per la futura affermazione del totalitarismo e delle tragedie che il nostro popolo ha subito nel XX secolo.
Massimo Viglione, 1861. Le due Italie – Identità nazionale, unificazione, guerra civile. Ares 2011, EAN 9788881555222, Pagine 424
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