Fonte: Unavox
In genere evitiamo di soffermarci sulle folkloristiche iniziative di certe donne moderne, anche per evitare di essere trascinati nelle artificiose polemiche alimentate dai luoghi comuni correnti, tutti basati sull’ipocrisia e sul totale disconoscimento della realtà umana.
Questa volta ci sembra il caso di spendere qualche parola, pienamente coscienti che verremo additati come antiquati, reazionari, maschilisti (!?), pericolosi fondamentalisti. Pazienza!
Tanto, noi siamo quello che siamo e del giudizio di questo mondo non ce ne importa un bel niente.
Questa volta ci sembra il caso di spendere qualche parola, pienamente coscienti che verremo additati come antiquati, reazionari, maschilisti (!?), pericolosi fondamentalisti. Pazienza!
Tanto, noi siamo quello che siamo e del giudizio di questo mondo non ce ne importa un bel niente.
Il 13 febbraio scorso è stato sollevato un gran clamore intorno all’ultima manifestazione femminista a cui hanno partecipato in prima linea certe “suore”. Una marea di donne che hanno voluto esprimere la loro indignazione per come oggi vengono trattate le povere donne (mah!).
È da più di quarant’anni che siamo costretti ad assistere a questi spettacoli da asilo infantile, ed è stupefacente che dopo tanto tempo queste donne si trovino sempre a ripetere la stessa solfa. O sono delle incapaci o sono delle bugiarde. Stavolta pare che fossero talmente indignate che perfino delle suore hanno sentito l’ineludibile dovere di salire sul palco a dire la loro. Cosa comprensibile, beninteso… anche loro sono donne! (mah!). Cos’è che stupisce? Semplice: sentire delle suore che ripetono a pappagallo gli slogan ormai obsoleti della cosiddetta emancipazione femminile. Evidentemente, se sono arrivate a tanto è perché da anni coltivano le stesse fisime del femminismo moderno, e le coltivano nelle Congregazioni religiose di appartenenza, in quegli ambiti cioè dove si dovrebbe praticare la preghiera quotidiana per le miserie del mondo e degli uomini… e delle donne. Perché siamo stupiti? Perché, nonostante siamo coscienti che col Vaticano II sia successo di tutto, compreso lo svuotamento dei conventi, ci eravamo illusi che a tutto ci fosse un limite. Evidentemente dobbiamo ricrederci: col mondo moderno e col Vaticano II non ci sono più limiti. Fino a quando la valanga non si sbriciolerà miseramente e catastroficamente in fondo al precipizio.
È da più di quarant’anni che siamo costretti ad assistere a questi spettacoli da asilo infantile, ed è stupefacente che dopo tanto tempo queste donne si trovino sempre a ripetere la stessa solfa. O sono delle incapaci o sono delle bugiarde. Stavolta pare che fossero talmente indignate che perfino delle suore hanno sentito l’ineludibile dovere di salire sul palco a dire la loro. Cosa comprensibile, beninteso… anche loro sono donne! (mah!). Cos’è che stupisce? Semplice: sentire delle suore che ripetono a pappagallo gli slogan ormai obsoleti della cosiddetta emancipazione femminile. Evidentemente, se sono arrivate a tanto è perché da anni coltivano le stesse fisime del femminismo moderno, e le coltivano nelle Congregazioni religiose di appartenenza, in quegli ambiti cioè dove si dovrebbe praticare la preghiera quotidiana per le miserie del mondo e degli uomini… e delle donne. Perché siamo stupiti? Perché, nonostante siamo coscienti che col Vaticano II sia successo di tutto, compreso lo svuotamento dei conventi, ci eravamo illusi che a tutto ci fosse un limite. Evidentemente dobbiamo ricrederci: col mondo moderno e col Vaticano II non ci sono più limiti. Fino a quando la valanga non si sbriciolerà miseramente e catastroficamente in fondo al precipizio.
Cos’è accaduto di tanto stupefacente? È accaduto che alla fine certe suore hanno fatto apertamente comunella con tutte quelle donne impegnate in difesa del divorzio, dell’aborto, delle unioni di fatto, delle famiglie allargate, della procreazione artificiale, degli anticoncezionali,… e di tutte le diavolerie moderne buone a distruggere la società e a ridurre le donne in esser amorfi buoni solo per apparire… belle, piacenti, simpatiche e… eternamente giovani (poverine!).
Non ci soffermeremo su quanto ha recitato in particolare una di queste suore salita sul palco (di cui non ripetiamo il nome per carità cristiana), facciamo solo notare una piccola discrepanza: costei ha ribadito che oggi la donna è trattata come “oggetto o strumento di piacere, di consumo e di guadagno”, e, distratta com’è, ha dimenticato di ricordare che l’attrice e l’autrice di tutto questo è proprio la donna. Pare che si tratti di un piccolo particolare trascurabile, facile da dimenticare quando si vuole tuonare contro l’oggettivazione della donna. Evidentemente vi è una qualche forza occulta che costringe la donna moderna a vivere come vive suo malgrado, tanto da doversi ritenere che il fatto che la donna si offra in tutti i modi all’attenzione e alla curiosità di chiunque usando quasi sempre il proprio corpo, più nudo che velato, per mettere in risalto la sua “dignità”, sarebbe il risultato di una forza coercitiva incontrastabile che la donna subisce piangendo e soffrendo e… ogni tanto scendendo in piazza… regolarmente agghindata per offrirsi e mostrarsi. Sembra roba da psicanalisi, e invece, purtroppo, è materia corrente. Così va il mondo!
Non ci soffermeremo su quanto ha recitato in particolare una di queste suore salita sul palco (di cui non ripetiamo il nome per carità cristiana), facciamo solo notare una piccola discrepanza: costei ha ribadito che oggi la donna è trattata come “oggetto o strumento di piacere, di consumo e di guadagno”, e, distratta com’è, ha dimenticato di ricordare che l’attrice e l’autrice di tutto questo è proprio la donna. Pare che si tratti di un piccolo particolare trascurabile, facile da dimenticare quando si vuole tuonare contro l’oggettivazione della donna. Evidentemente vi è una qualche forza occulta che costringe la donna moderna a vivere come vive suo malgrado, tanto da doversi ritenere che il fatto che la donna si offra in tutti i modi all’attenzione e alla curiosità di chiunque usando quasi sempre il proprio corpo, più nudo che velato, per mettere in risalto la sua “dignità”, sarebbe il risultato di una forza coercitiva incontrastabile che la donna subisce piangendo e soffrendo e… ogni tanto scendendo in piazza… regolarmente agghindata per offrirsi e mostrarsi. Sembra roba da psicanalisi, e invece, purtroppo, è materia corrente. Così va il mondo!
Ma ecco che lo stupore lascia il posto all’indignazione quando si scorrono certi “mezzi d’informazione” che ancora si autodefiniscono cattolici e ci si accorge che si compiacciono di fare da cassa di risonanza a queste diavolerie. Trascuriamo i foglietti poco seri tipo “Famiglia Cristiana”, ormai nota a tutti come “fanghiglia cristiana”, ma che dire del giornale dei vescovi italiani? Come giudicare lo scivolamento nel luogo comune più becero dell’organo ufficiale della Santa Sede? Entrambi questi giornali non hanno avuto un minimo sussulto di dignità e di responsabilità e si sono buttati a capofitto nelle sperticate lodi di queste moderne spose di Cristo, suffragette dell’ultima ora imbevute di parole e di protagonismo. Come dire che la scelta di separarsi dal mondo e di dedicarsi a Cristo, che queste consacrate hanno operato vestendo l’abito religioso, la possono vivere solo immergendosi nella melma del mondo e usando Cristo come un randello contro tutti coloro che non la pensano come loro. Invero uno scadimento pietoso, se non fosse che produce un avvelenamento delle anime dei fedeli, uomini e donne, tale da esigere che qualcuno alzi forte la voce per dire basta a quest’opera da untori. Ci si chiede: come mai anche certe suore si prestano a questo giuoco al massacro della donna? Per rispondere a questa domanda e per cercare di capire qual è la genesi della degradazione odierna della professione religiosa, ovviamente sia femminile sia maschile, abbiamo ripescato una vecchia pubblicazione (Andare alle genti, n° 3/97) delle Suore Missionarie della Consolata, organismo a cui appartiene la suora che s’è fatta tribuna del femminismo. Da questa pubblicazione abbiamo appreso che anche le religiose “festeggiano” l’8 marzo in quanto “festa della donna”, e lo fanno coltivando amorevolmente piacevolezze come queste: «Il processo di coscientizzazione, a vari livelli, può essere tracciato… «Questa coscientizzazione e il graduale riconoscimento delle donne sono fatti evidenti… «La visibilità delle donne non può piú essere negata… «Anche nella Chiesa cattolica le donne sono piú visibili di quanto non lo siano mai state. «Le testimonianze di laiche e di missionarie, impegnate nella promozione della donna… ci mettono in rete con il vissuto quotidiano, semplice e impegnato… «Nelle relazioni interpersonali, tra i due sessi, la donna, in quanto tale, esprime se stessa… «Il ruolo femminile non è solo complementare a quello maschile, ma anche singolare e originale, unico e insostituibile.» Tralasciamo il fatto che delle “religiose” dovrebbero essere mosse da preoccupazioni di ben altro ordine e dovrebbero “operare” con ben altro spirito, e consideriamo solo il linguaggio usato e i concetti che esso vorrebbe esprimere, così da comprendere, se possibile, fino a che punto si sia spinta la disintegrazione dell'intelligenza. Il processo di coscientizzazione dovrebbe significare, in questo nuovo modo di parlare, che è in atto un qualcosa che ha permesso e permette alla donna di “prendere coscienza” di sé; il che si sarebbe accompagnato al graduale riconoscimento delle donne ed alla loro maggiore visibilità. Tradotto in termini piú comprensibili, questo significa che fino a qualche anno fa la donna non aveva coscienza di sé, non era riconosciuta e non era visibile. Ora, che queste cose le dicano le “femministe”, passi, ma quando a dirle sono delle religiose viene subito da chiedersi se esse si siano votate a Dio per la “vocazione” o per la moderna '“emancipazione femminile”. Siamo sempre stati convinti che uno dei segni che distingue la “piena coscienza” di sé dalla “vaga coscienza” di sé fosse la “risposta alla vocazione di Dio”; scopriamo adesso che non è così: per la “coscientizzazione” bisogna rivolgersi all'ONU, le Congregazioni religiose fanno più male che bene! Ma, allora, di grazia, perché farsi suora? Siamo di fronte a delle religiose che si dicono convinte che le consorelle che le hanno precedute in questi ultimi duemila anni non avevano coscienza di sé, non venivano riconosciute per quello che erano e non contavano niente, né nella società né nella Chiesa. Un tale convincimento, che poggia unicamente sul nulla, è il chiaro sintomo della miscredenza e della sfiducia con le quali costoro guardano alle radici delle istituzioni alle quali hanno scelto di aderire: come dire che sono entrate in convento per scardinarne le fondamenta. Certo, moltissime di loro non se ne rendono conto, ma il pericolo maggiore consiste proprio in questo: nell'uso spregiudicato dell’incoscienza da parte di individui (o individue?!) che si illudono di aver acquisito la coscienza di sé col pensare e con l’agire da incoscienti. Mettersi in rete con il vissuto quotidiano, semplice e impegnato: ci ricorda una di quelle cose sconclusionate che spesso i bambini esprimono quando hanno appena imparato a parlare; solo che qui si tratterebbe di persone adulte, magari con tanto di laurea in teologia. Crediamo di poter capire che si volesse dire che l’esperienza di certe persone aiuta a comprendere i problemi della vita quotidiana. Ora, per dire una cosa così scontata c’era proprio bisogno di contorcersi in modo così scomposto? Nasce spontaneo il sospetto che si sia convinti di dire delle cose profonde e nuovissime, quando si tratta semplicemente di cose che si vanno ripetendo da madre in figlia (e da Madre in Sorella) fin dalla notte dei tempi. Nelle relazioni interpersonali, tra i due sessi, la donna, in quanto tale, esprime se stessa. Cosa questa che viene affermata come se si trattasse di una sopraggiunta illuminazione, come la conseguenza ammirevole della “coscientizzazione” di prima. Ora, che cosa mai potrebbe esprimere una donna, nei rapporti interpersonali tra i due sessi, se non sé stessa? E l’uomo? S'è mai sentito che un uomo, nei rapporti interpersonali con una donna, abbia espresso anche solo qualche volta… un fenicottero? E la donna… una lattuga? Il ruolo femminile non è solo complementare a quello maschile, ma anche singolare e originale, unico e insostituibile. Ci chiediamo: su cosa potrebbe basarsi la complementarità se non sulla unicità e sulla insostituibilità dei suoi termini? Nel caso in specie, sia la natura e il ruolo maschile sia la natura e il ruolo femminile godono necessariamente di queste prerogative: è sulla base della loro unicità relativa che concorrono alla formazione di una unicità assoluta, che li fonda e li trascende. Se il maschio e la femmina, se l’uomo e la donna, e i loro rispettivi ruoli, non godessero delle prerogative della singolarità, della originalità, della unicità e della insostituibilità, ne deriverebbe l’interscambiabilità dei ruoli basata necessariamente sull’interscambiabilità delle nature: il che è assurdo. C’era bisogno della “coscientizzazione” e degli sforzi e delle testimonianze di laiche e missionarie, per giungere alla spettacolare scoperta di questa ovvietà? Potremmo fare un lungo discorso sulle conseguenze dell’apertura al mondo voluto dagli uomini di Chiesa col Vaticano II, ma essendoci espressi in tante altre occasioni sull’argomento, ci limitiamo a rimandare alle riflessioni contenute nell’articolo che tratta del rapporto tra uomo e donna: Femminilità e femminismo. Qui ricordiamo solo che siamo avviati lungo una china pericolosa, in fondo alla quale si trovano già le antesignane del femminismo in chiave religiosa riprese nelle foto seguenti.
Tramite Non Possumus
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