Mons. Bernard Fellay, Superiore Generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X, ha concesso un’intervista a Patrick Banken, Presidente di Una Voce Francia, che è stata pubblicata nel n° 277 (marzo-aprile) della rivista dell’Associazione che da 50 anni milita per la salvaguardia del canto gregoriano.
Mons. Fellay: Il Concilio Vaticano II e subito dopo le riforme postconciliari hanno causato una delle crisi più gravi che la Chiesa cattolica abbia mai attraversato. Cinquant’anni dopo constatiamo sfortunatamente che questa crisi non sta per finire. Oggi le conseguenze delle riforme conciliari si fanno sentire più duramente di ieri. Per esempio, nel vecchio e nel nuovo mondo si constata una gravissima diminuzione delle vocazioni sia religiose sia sacerdotali, la sparizione quasi totale di scuole cattoliche degne di questo nome, la pesante ignoranza della dottrina cattolica tra i giovani, una liturgia che non nutre più la fede e che invece permea come un lento veleno quei fedeli che ancora praticano con uno spirito più protestante che cattolico. Tuttavia, in mezzo a questo disastro si può distinguere un movimento, che in verità è ancora molto discreto, che desidera la restaurazione della Chiesa. È un movimento che muove dai giovani, un movimento che ha ricevuto una nuova spinta dall’arrivo al pontificato romano di Benedetto XVI. Questo movimento, che è un ritorno ad un atteggiamento più conservatore, dà una certa speranza per il futuro. Esso tuttavia soffre di alcuni difetti, per esempio l’ignoranza del passato o la delusione per la situazione della Chiesa. Si potrebbe dire che i giovani, vedendo la pietosa condizione attuale, sono come frustrati e cercano sia a livello liturgico che dottrinale qualcosa di diverso guardando al passato, senza però sapere bene cosa. L’ala progressista, ancora ben piazzata, si è resa conto di questa reazione e fa tutto quello che può per annullarla prima che divenga sufficientemente forte da potersi imporre da se stessa. Questo insieme crea una situazione in certo modo confusa, dove il timore si affianca alla speranza. Siamo come ad un crocevia e saranno gli atti che compirà o meno il Sommo Pontefice a determinare la durata più o meno lunga di questa crisi.
P. B.: Nel prossimo avvenire, quale potrebbe essere il ruolo del cattolicesimo tradizionale in generale e della Fraternità San Pio X in particolare per poter uscire da questa fin troppo lunga crisi che conosce la Chiesa universale?
Mons. Fellay: Nei confronti della situazione così come l’ho descritta, è certo che coloro che cercano di vivere secondo i principi tradizionali potranno facilmente diventare come un polo, un faro, avente un ruolo molto importante, ma difficile da svolgere. Io penso che negli anni a venire dobbiamo soprattutto coniugare fermezza, pazienza e misericordia per poter aiutare questo movimento sinceramente desideroso di una restaurazione nella Chiesa. Da parte nostra possiamo certamente offrirgli, per un verso l’amore per la liturgia tradizionale, per l’altro la sana dottrina che è stata, non solo approvata dalla Chiesa, ma da essa imposta nel corso dei secoli, penso soprattutto alla dottrina scolastica, alla dottrina di San Tommaso d’Aquino.
P. B.: La vostra Opera è presente sui cinque continenti. Quali sono i luoghi o i paesi più incoraggianti per il ministero dei vostri sacerdoti?
Mons. Fellay: Tutto dipende da ciò che si considera incoraggiante per il ministero del sacerdote. Se come criterio per l’incoraggiamento si assume il facile successo, un sviluppo relativamente importante, delle vocazioni, delle conversioni numerose, tra i primi paesi occorre porre gli Stati Uniti. Se invece il criterio consiste in un lavoro più in profondità, necessariamente meno spettacolare, allora possiamo dire che l’apostolato dei nostri sacerdoti è incoraggiante quasi dappertutto. Quando si guarda a tutte queste scuole, a tutti questi giovani, alle famiglie numerose ed anche al sostegno alle persone anziane, allora è certo che a meritare la palma sono diversi paesi dell’Europa. Nei paesi di missione vi è sempre un sapore da pionieri… il nostro apostolato in Africa è in pieno sviluppo. L’Asia offre un straordinario potenziale di conversioni. In tutte queste missioni, ciò che manca fortemente sono i sacerdoti. Solo per rispondere alle richieste dei fedeli dell’Africa e dell’Asia, ce ne servirebbero molti di più.
P. B.: Qual è lo spazio occupato dal canto gregoriano nei luoghi di culto serviti dalla Fraternità San Pio X? Secondo Lei, da un punto di vista pastorale, si può estendere la sua influenza e cosa si può fare di meglio per far questo?
Mons. Fellay: Dal momento che lo scopo principale della Fraternità è il sacerdozio cattolico e questo è intimamente legato alla celebrazione del santo Sacrificio della Messa, la liturgia è al centro delle nostre preoccupazioni, ragion per cui è evidente che lo spazio che noi riserviamo al canto liturgico è importante. Questo canto liturgico, per più di mille anni, è stato essenzialmente il canto gregoriano. Esso è praticamente sparito nella liturgia moderna, anche se qua e là suscita ancora un po’ di interesse. Da noi il canto gregoriano è semplicemente la base della Messa cantata o della Messa solenne. In tutti i nostri seminari, i seminaristi sono obbligati ad apprendere gli elementi essenziali del canto e, nella misura del possibile, a trasmetterli ai fedeli. Come stendere l’influenza di questo canto che la Chiesa ha sempre considerato come un sacramentale? Questo dipende molto dalle circostanze. Innanzi tutto occorre trovare un maestro di coro competente, poi occorre formare una corale che a sua volta potrà poi aiutare l’insieme dei fedeli a rendere sempre più bella la santa liturgia cattolica romana. Io non penso che vi siano dei rimedi miracolosi. Vi è un adagio che dice che la grazia non nega la natura. Se vi è un aspetto soprannaturale, di grazia, nel canto gregoriano, questo nondimeno resta vincolato alle regole abituali della musica e quindi presuppone le competenze umane ed artistiche necessarie. Occorre lavorare per formare un certo numero dei nostri fedeli sia per l’accompagnamento all’organo, sia per il canto gregoriano, cosa che per esempio proviamo a fare nelle nostre scuole.
Estendere l’influenza del canto gregoriano significa anche fare amare questa bella musica, e siccome si ama solo ciò che si conosce, bisogna cominciare col farla conoscere, poi farla apprezzare e infine farla amare. Rispetto alla musica classica, il gregoriano è privo degli accordi armonici e si rivolge allo spirito e all’anima piuttosto che ai sensi. Di per sé esso non ha l’attrattiva che potrebbe avere una musica polifonica, ma ha il vantaggio di essere universale, come diceva San Pio X, e cioè di essere gradito a qualsivoglia civiltà. Si tratta di una musiva elevata, esigente, e non bisogna esitare a proporre la sfida, perché nell’intimo umano alberga l’amore per le difficoltà da superare e per le sfide da accettare.
P. B.: È possibile sapere se i colloqui dottrinali che intrattengono alcuni vostri rappresentanti con le autorità romane sono soddisfacenti?
Mons. Fellay: Cosa significa soddisfacenti? La cosa è molto soggettiva. Questi colloqui rispondono alle nostre attese o alle attese delle autorità romane? Viste le divergenze con le quali hanno avuto inizio, mi sembra prematuro voler dare una risposta mentre non sono neanche conclusi. Io penso che vi sono degli elementi che ci deludono e al tempo stesso altri che ci danno una certa speranza per il futuro. Non penso di poter rispondere chiaramente alla sua domanda con un sì o con un no. Mi sembra che non ci si possano attendere dei frutti immediati da questi colloqui, ma vi è stato uno scambio di idee, idee che devono ancora maturare. Noi nutriamo la speranza che questi contatti contribuiranno a portare certe correzioni, ma penso che questo non accadrà in un prossimo avvenire.
29 aprile 2011 Fonte: Una Voce n° 277 (mars –avril 2011) bimestrale, abbonamento: 39 € 49 rue de la Procession 75015 Paris
Posta elettronica: unavoce@orange.fr – Sito : http://www.unavoce.fr
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