Ringrazio l'amico Piero Mainardi per aver riportato, in forma sintetica, importanti passaggi del libro di Romano Amerio, Iota Unum, e di avermi concesso di riportarli nel mio blog.
CAP. XVII IL MOBILISMO
1.1 Il mobilismo nella filosofia moderna –
Quello che nell’ordine logico è il pirronismo con la genitura del discussionismo, nell’ordine metafisico è il mobilismo. Questo è l’antecedente del primo, poiché un vizio nella primalità del conoscere implica un vizio della primalità dell’essere. Il mobilismo è un carattere della Chiesa postconciliare nella quale come , afferma il card. Alfrink, tutto è messo in movimento e non c’è nessuna parte del sistema cattolico che non sia in fase di mutazione.
Il mobilismo è l’assioma delle organizzazioni internazionali. Il rapporto dell’UNESCO del ’72 si intitola Apprendre à etre, ma etre è sinonimo di divenire o svilupparsi. Il fine della pedagogia è di fare in modo che ”lo spirito non si fermi in persuasioni definitive”, ma al contrario “divenga pronto a cambiare”.si afferma la necessità di “educare il pensiero in modo tale che esso sia atteggiato ad ipotizzare una molteplicità di soluzioni”, divergenti e non convergenti, e di impedire che lo spirito resti fermo in qualche persuasione definitiva. Qui la legge del pensiero non è la verità, la stabilità, ma la fluttuazione continua. A l’UNESCO non vede che qualcuno naturalmente governerà il moto dell’opinione e così apre la via al Levìatan.
Il mobilismo è uno dei caratteri della civiltà moderna anche in Gaudium et spes, 5 “Così il genere umano passa da una nozione piuttosto statica della realtà a una nozione più dinamica ed evolutiva” per poi affermare al cap. 42: “la chiesa dunque proclama i diritti degli uomini e riconosce e apprezza il dinamismo del nostro tempo che promuove in ogni modo questi diritti”. Questa seconda formula riguarda in specie il dinamismo sociale, ma la prima abbraccia la totalità della vita umana e investe la questione dell’ordine morale il quale sembra qui assoggettato dalla legge della mobilità, laddove la religione lo tiene per immobile e partecipe della immobilità divina. Anche se il vocabolo dinamismo, nel pensiero del Concilio, equivalesse a perfezionamento allora il tutto rientrerebbe nella concezione tradizionale secondo la quale tutto è perfezionabile entro un ordine che prescrive la perfezione sapendo che perfetto non può esserlo.
1.2 Critica del mobilismo. Foscolo. Kolbenheyer –
Il mobilismo è la mentalità che stima il divenire sopra l’essere, il moto sopra la quiete, l’azione sopra il fine. Eraclito insegnava che la realtà è scorrimento, ma scorrimento retto la una inviolabile legge che è il Logo. Tutta la filosofia cristiana concepì il divenire come un accidente delle sostanze finite mentre solo Dio è indivenibile.
Che il mutamento coincida con la vita e che quindi il valore dello spirito consista nel cercare la verità piuttosto che nel possederla fu sentenza del Romanticismo italiano.
Per il Foscolo la vita consisteva nell’agitazione delle passioni e nel continuo variare dei pensieri dell’animo aspirante a vedere tutto il vero. Ma tiene che il continuo aspirare abbia maggior valore del conseguire.
Il Faust di Goethe è il poema dell’uomo che sogna di appagarsi con una serie di esperienze infinità di esperienze successive.
Nel Paracelsus di Kolbenheyer il senso profondo del reale si trova nel divenire e il primato del divenire porta con sé il primato dell’azione e l’insignificanza del fine.
Ma la sistemazione teoretica più compita del mobilismo è la filosofia di Hegel: l’esistente è il diveniente infinitamente volubile nel tempo e il divenire si comunica a Dio, togliendogli gli attributi dell’immutabilità e dell’intemporalità assolute.
1.3 Il mobilismo nella Chiesa –
Anche nella Chiesa l’idea che la mutevolezza sia un valore positivo da accogliere è penetrata diffusamente sopravanzando l’idea della stabilità e dell’immutabile. Ma il precetto della religione è chiaro: “Stabilis estote et immobiles” (I Cor. 15,58).
Il Vescovo di Metz il 18 agosto 1976: “La teologia preconciliare, quella di Trento, è ormai terminata”. Anche Paolo VI contraddicendo le sue dichiarazioni sull’immutabilità della Chiesa, ammetteva che “la Chiesa è entrata nel moto della storia che si evolve e cambia” (OP, 29 settembre 1971).
Nella mentalità del secolo si è affermato il luogo comune che un’azione conti come tale e non per il valore che persegue o consegue. Senza dire che il mobilismo che ricerca l’azione per l’azione è l’anima delle grandi perversioni politiche moderne.
Mons. Illich di Cuernavaca ha dichiarato il 26 febbraio 1968:” io credo che la funzione della Chiesa sia di partecipare consapevolmente a tutte le forme di mutamento, a qualunque mutamento. E’ il compito che ci ha affidato Cristo. Noi vogliamo una Chiesa in cui principale funzione sia la celebrazione del mutamento”.
Il presidente dell’Associazione teologica italiana ha dichiarato che “il compito dell’evangelizzazione è di mettere in crisi ogni stabilizzazione e assolutizzazioni”.
1.4 Mobilismo e mondo della fuga. Sant’Agostino -
Il mobilismo involge la negazione dell’Infinito come pienezza dell’essere e pone la nozione di vita in antitesi con quella di Dio, Nel romanzo “Noi vivi” di Ayn Rand la vita in sé è il supremo valore e Dio l’antitesi.
Il mobilismo ha una parte vera e una falsa. La parte vera è la descrizione dell’esistenza del finito come divenire, caducità, trapasso, inappagamento proiezione. Questo mondo della fuga è ben conosciuto nella religione e nell’ascetica cristiana. La parte falsa è che la diveniente realtà del finito non sia destinata a un Infinito indivenibile e appagante, e che non ci sia per l’uomo che l’infinito del divenir da cui è negato l’uscire in un mondo infinito indivenibile e perfetto.
Il mondo della fuga è dipinto all’uomo da sant’Agostino ne Le Confessioni. Le cose del mondo fuggono e l’animo, “che vuole stare e dimorare con le cose che ama, viene travolto e lacerato dal moto delle cose in fuga, alle quali si attacca col glutine dell’amore”. L’animo lacerato da tale fuga non trova l’ubi di tale fermata: ”in illis enim non est ubi, quia non sunt”. Delle cose in moto infatti non si può dire in nessun momento del moto che esse sono, perché sono sempre in procinto di essere, in transito ad essere, mai adagiate nell’essere, sempre in fieri e mai in facto esse. Perciò mentre l’anima ha il sentimento fondamentale dell’essere agogna alla realtà totale, dovrebbe volere la fuga, cioè la devoluzione totale della realtà nel divenire e la serie interminata dei successivi momenti divenienti. L’animo al contrario non vuole l’infinità successiva delle cose che fuggono, ma l’infinità simultanea dell’attimo, cioè un momento in cui siano aggregati tutti momenti passati e futuri: “tota simul et perfecta possessio”.
1.5 Il mobilismo nella teologia neoterica –
Il mobilismo è penetrato negli atteggiamenti pratici del clero e dei laici, avvezzi a stimare l’azione per l’azione. ; ma è anche penetrato nella teologia.
Sula prima pagina del giornale vaticano, un articolo del 3 marzo 1976, contiene tutte le tesi del mobilismo esistenzialistico inconciliabile con la fede cattolica: ”L’essere creato a immagine di Dio non fissa l’uomo in un immobilismo essenziale ma lo consacra a un “farsi” immagine di Dio. Onde la liceità della manipolazione”. Prescindiamo dall’osservatore che qui si dichiara lecita la manipolazione dei naturali processi generativi che la Humanae vitae ha solennemente dichiarati illeciti. Ma qui si confonde il farsi morale dell’uomo, che è la sua responsabilità, col farsi ontologico, che è un assurdo. E si vede bene che il concetto della libertà umana tenuto dall’autore non è quello cattolico ma quello dell’esistenzialismo eterodosso. In fondo alla libertà c’è secondo la dottrina cattolica una natura immutabile in conformità della quale la libertà deve esercitarsi e che specifica l’atto della libertà qualificandolo: la libertà non è creazione né tanto meno autocreazione.
Ancora, si rovescia l’essere di Dio nel divenire:” la definizione di Dio come ens a se ,cioè come, cioè come essenza attiva e dinamica che si autopone in essere, offre la chiave per passare” ecc. “L’uomo, analogamente a Dio, crea se stesso, appare anch’egli un ens a se”. Qui viene abbattuto il concetto cattolico di Dio, che è ens a se non perché si autoponga, ma perché è. Il Dio tratteggiato dall’ OR è il dio dei trascendentali tedeschi, non il Dio cattolico, il dio che dice ego sum qui fio e non quello che dice ego sum qui sum.
L’uomo del mobilismo qui annunciato è eterodosso poiché crea la propria vita morale essendo egli, per la libertà, “in manu consilii sui” (Eccl. 15, 14), ma è un’enormità metafisica dire che egli crea sé stesso e che egli è un ens a se. Anche in senso analogico l’asserto non regge perché leva la diversità tar Creatore e creatura e cade nel panteismo.
L’autore dell’articolo sostiene che “questa natura è creata da Dio non come realtà statica e come realizzazione perfetta sin dall’inizio, di un’idea di Dio, ma come realtà dinamica destinata ad autorealizzarsi nella dinamica della storia”. Primo. Si confonde il divenire morale dell’uomo col divenire metafisico; Secondo. Si prende il divenire come autocreazione rifiutando tutta la filosofia dell’essere che ha sempre rifiutato alla creatura l’attributo della creatività; Terzo: si nega il Verbo, quello filosofico e quello teologico, cioè l’esistenza eterna di Dio delle forme delle cose create e creabili. Si toglie via quel firmamentum, quella base ferma, che è il pensiero divino, generatore del mondo, del tempo e del divenire, dal quale derivano l’immutabilità e l’assolutezza dei valori dell’uomo. Chi nega il Verbo e le idee eterne, dice Leopardi, nega Dio.
Concludendo sul mobilismo, occorre dire che il divenire non deve essere dignificato sopra l’essere né il dinamico sopra lo stabile, perché il divenire promana dal non-essere ed è il segno dell’imperfezione. La creatura diviene in quanto non è non ha il principio per sostenersi nell’essere. Le tocca incessantemente assumere le determinazioni dell’essere che le mancano. Dio invece, che è l’essere determinatissimo, possiede la totalità dell’essere con tutte le sue determinazioni in un’unità semplicissima.
Il mobilismo è estraneo alla religione. Il compito della Chiesa non sembra quello di secondarne e accelerarne il moto, bensì di fermare lo spirito dell’uomo nel firmamentum veritatis e di arrestare la fuga.
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