giovedì 25 agosto 2011

LA CHIESA CATTOLICA NELLA DOTTRINA DI SANT’AGOSTINO



 
Prologo

● Monsignor Brunero Gherardini ha dato alle stampe la sua ultima fatica: La Cattolica. Lineamenti d’ecclesiologia agostiniana (Torino, Lindau, 2011)[1]. Essa riassume la sua attività sia di professore di ecclesiologia alla Lateranense dal 1968 e sia di Autore degli studi recenti[2] sul problema spinoso dei rapporti tra Tradizione e Concilio Vaticano II.
S. Agostino e S. Tommaso sono i maestri preferiti dell’Autore. Egli nel suo ultimo volume espone l’insegnamento eccesiologico di S. Agostino (+ 430), il quale di fronte al pericolo di frattura e frantumazione, che correva la Chiesa nel suo tempo (donatismo e pelagianesimo), riuscì a “trovare la quadra” tornando alla dottrina di sempre o alla Tradizione apostolica e mostrando come gli errori e le divisioni contemporanei non minano l’unità della Chiesa. Oggi ci si trova in una situazione analoga ove la “Una, Santa, Cattolica e Apostolica” si trova sbattuta dai flutti del mare in tempesta della modernità e post-modernità filosofica, che ha prodotto il modernismo e neo-modernismo teologici, i quali si sono infiltrati nelle menti di molti uomini di Chiesa tanto da far sembrare che Essa stia per soccombere e frantumarsi, si fieri potest.
● Mons. Gherardini risponde al problema dell’ora presente con lo stesso metodo di S. Agostino: il ritorno alla Tradizione apostolica, quale garanzia di unità, continuità, vita e giovinezza della Chiesa sempre Santa nella sua sostanza malgrado gli uomini (buoni e malvagi) che la compongono. Quindi il rimedio alla crisi che attraversano i cattolici oggi e gli uomini di Chiesa (non la Chiesa in sé, che è divina e non muta) va affrontata e risolta col ritorno alla Tradizione quale ce la fa conoscere S. Agostino.
● Quando (nel 1600 a. C. circa) i figli di Giacobbe erano nell’indigenza e per poter sopravvivere dovettero recarsi in Egitto, ove era vice re il loro fratello Giuseppe (che avevano tentato di uccidere), si diceva tra la gente affamata: “Ite ad Joseph” per ottenere cibo e sostentamento. Oggi si può dire, coll’Autore, “Ite ad Augustinum”, per sormontare la carestia che attanaglia le anime, ben più brutta di quella che attanagliava i corpi all’epoca di Giacobbe.
Cristo Capo principale della Chiesa e il Papa suo Vicario in terra 
 
● La ‘prima Sede’ è un elemento costitutivo essenziale della Chiesa. Il Papa assicura la vita, l’unità, l’apostolicità e la cattolicità della Chiesa, che è stata voluta e fondata da Cristo su Pietro e i suoi successori sino alla fine del mondo. Su Pietro la Chiesa trova la roccia su cui si fonda e che non la fa crollare[3]. Quindi coloro che non riconoscono in Pietro e nei Papi la roccia inespugnabile non riconoscono la Chiesa[4].
● L’Ipponate prosegue: “Petrus petra, petra Ecclesia[5]; insomma la Chiesa ha per fondamento Pietro, che è il Vicario di Cristo su questa terra. Gesù è il capo principale e invisibile mentre Pietro è il Capo secondario, subordinato e visibile della Chiesa. Quindi, Pietro, anche se roccia subordinata a Cristo e suo prolungamento storico su questa terra, nella catena ininterrotta di suoi successori impersona e sintetizza la Chiesa. Perciò “ubi Petrus, ibi Ecclesia” e “sine Petro, nulla Ecclesia”. Sempre S. Agostino scrive: “Ergo in Petri nomine figurata est Ecclesia[6] e ancora: “Sic Petrus ab hac petra appellatus, personam Ecclesiae figuraret[7]. Ma, come spiega S. PaoloPetra autem erat Christus” (1 Cor., X, 4). Quindi la Pietra, che secondariamente è Pietro, principalmente è Cristo. S. Agostino, con uno dei suoi giochi di parole, spiega: «Non dictum est illi “Tu es petra”, sed “Tu es Petrus”. Petra autem erat Christus; quem confessus Simon, dictus est Petrus».
● La Cattedra da cui insegna, governa e santifica Pietro è stata istituita da Cristo per confermare la Fede dei credenti e per garantire l’unità, la santità, la cattolicità e l’apostolicità della Chiesa. Pietro e Roma hanno una preminenza su ogni Apostolo e Vescovo, in quanto sono secondariamente “la pietra [principale] che è Cristo”. L’unità, con le altre tre note, e la visibilità della Chiesa si personificano in Pietro. Pietro è la sintesi della Chiesa stessa. Quindi senza Pietro o Papa non sussiste la Chiesa, che è in comunione con Cristo tramite il Primo e il Principe degli Apostoli[8]. Per cui tutto ciò che avviene fuori della catena di Pietro e dei suoi successori è fuori dell’apostolicità formale della Chiesa[9] ed evidenzia lo staccarsi dei rami secchi dal tronco vitale della Chiesa di Cristo. I rami secchi non hanno la vita che è Cristo “Ego sum Vita…” e sono gli eretici e gli scismatici formali, ai quali manca la linfa vitale della pianta che è la Chiesa, ossia Pietro e Cristo[10]. I Vescovi sono ‘pastori’ dei fedeli o ‘agnelli’, ma ‘pecorelle’ sotto Pietro, il ‘Principe dei pastori’, alla scuola dell’unico Maestro, “Via, Verità e Vita”, che è Cristo[11].
● L’apostolicità è, nella crisi che l’ambiente ecclesiale sta vivendo, la nota più utile e importante per capire cosa succede e porre rimedio a tanto male. Senza Apostoli non sussiste la Chiesa di Cristo, poiché Gesù stesso l’ha fondata su di loro. Ma senza il Principe degli Apostoli, senza Pietro, che è la ‘pietra’ secondaria e subordinata a Cristo, gli Apostoli sono slegati da Cristo. È allora assolutamente necessaria la presenza del Papa e dei Vescovi in atto o in essere e non solo in potenza o in fieri. Infatti, se la Chiesa fosse in potenza o in divenire, non sarebbe con Cristo tutti i giorni dal calvario sino alla fine del mondo, ma lo sarebbe ad intervalli, certe volte in atto o in essere e certe altre solo in potenza o in fieri. Ma il fieri non è l’essere. Quindi il Papa e i Vescovi in fieri non sono la Chiesa esistente in atto, ma la “Chiesa cosmica” che diviene, come il “Cristo cosmico” di Teilhard. Il Papato o la Chiesa materialiter sono la “Chiesa cosmica”, che si evolve continuamente e passa  dalla potenza all’atto. Invece Cristo ha fondato una Chiesa sul Papato in atto d’essere e non in divenire perpetuo o a intermittenza: Pietro e gli Apostoli erano Papa e Vescovi in atto e formalmente, non in potenza, in fieri o materialmente. La Chiesa poggia sull’essere, sull’atto e la forma, non sul divenire, la potenza e la materialità. Come la sana filosofia si fonda sull’essere e non sul divenire. La filosofia dell’essere è la filosofia perenne e sana, mentre la filosofia del divenire è la filosofia falsa o sofistica della modernità. Così la Chiesa o il Papato materiale o in divenire è un Papato concepito dalla mente di un uomo, fosse anche un grandissimo teologo (che non è Cristo in terra né il Magistero ecclesiastico), ma non è la Chiesa voluta da Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.
● Se i “gerarchi” ecclesiali e spirituali sono i successori formali di Cristo, di Pietro e degli Apostoli, sono la Chiesa di Cristo come Cristo l’ha voluta; altrimenti sono una “emergenza”, un’“escrescenza”, una “protuberanza” o un prodotto dell’intelletto (cometa dialettica hegeliana) in uno stato di “emergenza”, il quale potrebbe giustificare una soluzione “emergente” o “protuberante” in divenire, ma non stabile e non fondata sull’immutabilità dell’essere. Tale prodotto dell’intelletto umano è essenzialmente diverso dalla Chiesa di Cristo. Il reale stato di emergenza o necessità in cui ci troviamo non ci autorizza a cambiare l’essenza della Chiesa, quale Cristo l’ha voluta e fondata, idealizzandone una in fieri o in potenza o materiale, che non è (est, da esse) ma diviene (fit da fieri). La Chiesa è stata, è e sarà in atto; non in divenire, proprio come Cristo è hodie, heri et in saecula, “semper idem” e non “semper in fieri”. La successione apostolica vera è quella formale, alimentata dalla sua radice, che è la ‘Pietra’, Cristo, e il suo Vicario in terra, ‘Pietro’. S. Agostino insegna che una semplice successione materiale, non unita formalmente con la sua radice, sarebbe sterile[12]. Come un tralcio che parte da rami recisi e secchi non è vivo e fruttuoso, così una successione apostolica solamente materiale è morta e mortifera. È una “successione” o “protuberanza” storica, cronologica, materiale, fisica, ma non apostolica, viva e vivificante[13].

Rapporti tra Stato e Chiesa

● Al capitolo VII del suo libro mons. Gherardini tratta dell’origine divina del potere civile[14]. Secondo S. Agostino[15] il governante o Principe deve amministrare la res publica con un’attività volta al bene comune, ossia per far conseguire ai cittadini il bene morale e far loro evitare il male. L’origine remota – come rivela S. Paolo (Rom., XIII, 1) – del potere è divina. Il governo, quindi, è buono se rispetta la sua natura, ossia la Causa efficiente da cui trae l’Autorità, che è Dio, e la sua Causa finale, che è il bene comune temporale subordinato a quello morale o spirituale. Altrimenti, se non riconosce Dio come sua Causa efficiente e non ha di mira il vivere virtuosamente (naturale e soprannaturale) il governo è cattivo, anzi è paragonabile ad “una banda di ladroni”[16].
● Il buon governante deve, secondo S. Agostino e tutti i Padri greci e latini, mettersi al servizio del bene e deve promuovere socialmente o assieme alla Società civile o Stato la Religione divina[17]. L’obbedienza all’Autorità civile, tuttavia, è condizionata al di lei mantenersi nella finalità morale (vivere virtuoso) e nella dipendenza da Dio (causalità efficiente). Altrimenti, l’Autorità diventa tirannia ed è lecito resisterle a certe determinate condizioni (specialmente quella di non rendere la situazione posteriore peggiore di quella anteriore)[18].
● Secondo l’Ipponate il governante cristiano non solo deve provvedere alla pace interna ed esterna della Società civile, ma anche a quella spirituale, cioè lo Stato deve favorire la Chiesa nella sua missione di espandere il Regno di Dio in tutto il mondo[19]. Certamente la Chiesa e lo Stato non possono costringere a fare il bene, che non sarebbe più libero e meritorio, ma debbono proibire di fare il male[20]. Anzi, per difendere la Fede, è lecito chiedere anche l’intervento di chi porta la spada. Infatti se il Principe deve punire i crimini civili, perché mai gli si dovrebbe impedire di reprimere anche i crimini spirituali (l’eresia e lo scisma)? Siccome l’eresia e lo scisma sono un male, anzi il massimo dei mali, chi porta la spada non può non servirsene per reprimerli[21].
● S. Agostino confuta con 1000 anni di anticipo l’obiezione dei catto-liberali secondo i quali l’uomo, come singolo individuo, è religioso, ma, come cittadino facente parte di uno Stato, deve essere neutrale in materia religiosa (cfr. Concilio Vaticano II, Dichiarazione Dignitatis humanae, sulla “Libertà religiosa”, 7 dicembre 1965). L’Ipponate infatti afferma che il Principe serve Dio in due modi: come uomo vivendo la Fede informata dalla Carità e come Governante facendo leggi conformi a quella divino-naturale, facendole rispettare e punendo i loro trasgressori[22].

Conclusione

1°) Se - in matematica - si toglie il ‘numero 1°’, cadono tutti gli altri numeri. Così - in teologia - se si toglie la ‘prima Sede’ la Chiesa non ha più fondamento. Ma questo è un assurdo, reso impossibile dalle promesse di Gesù alla sua Chiesa.
2°) ‘Pietro’ o Cefa significa ‘Pietra’: “Petra autem erat Christus” (1 Cor., X, 4). La Chiesa coincide con e si fonda su Cristo, suo Capo invisibile, e con/su Pietro, suo Capo visibile: Ubi Petrus ibi Ecclesia.
3°) Pietro e Cristo sono Persone in atto, non in divenire. Altrimenti avremmo, oltre il “Cristo cosmico” di Teilhard de Chardin, il “Papa cosmico” e la “Chiesa cosmica”.
4°) La Chiesa ha fatto sua la filosofia e teologia dell’essere stabilmente immutabile ed ha ripudiato quella del divenire in continuo cambiamento o in “moto perpetuo”. La Tesi del Papato in divenire è contraria allo spirito della sana ragione, della retta teologia e al “sentire cum Ecclesia”: “Stat Beata Trinitas dum volvitur orbis”.
5°) Lo Stato deve essere subordinato alla Chiesa come il corpo all’anima, la materia alla forma, la potenza all’atto, il divenire all’essere. S. Agostino - assieme a tutti i Padri ecclesiastici - ha insegnato la dottrina della cooperazione gerarchica tra Stato e Chiesa. Mons. Gherardini ha compendiato nel suo ultimo volume questi princìpi sulla Chiesa in sé ed in rapporto alla Societas o Polis. La Chiesa “non può non fare politica” (San Pio X), che non è partitica ma è la virtù di Prudenza applicata alla Società civile, essendo l’uomo un “animale sociale per natura” (Aristotele e S. Tommaso).

d. CURZIO NITOGLIA

3 agosto 2011

 


[1] Corso Re Umberto, n. 37, 10128-Torino; www.lindau.it, pagine 200, 18 euro.
[2] Gli altri suoi libri più recenti sul problema ecclesiologico in relazione alla tematica del Concilio Vaticano II in “continuità” o in rottura con la Tradizione apostolica sono: Brunero Gherardini, Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2009; Id., Tradidi quod et accepi. La Tradizione, vita e giovinezza della Chiesa, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2010; Id.,Concilio Vaticano II. Il discorso mancato, Torino, Lindau, 2011; Id., Quaecumque dixero vobis. Parola di Dio e Tradizione a confronto con la storia e la teologia, Torino, Lindau, 2011.
[3] S. Augustinus, De baptismo contra Donatistas, II, 1.
[4] S. Aug., De agone christiano, 31, 33.
[5] Enarr. In Ps. 103, 3, 2.
[6] Retractationes, I, 21.
[7] In epist. Johann. ad Parthos, 10, 1.
[8] Cfr. B. Gherardini, La Cattolica. Lineamenti d’ecclesiologia agostiniana, Torino, Lindau, 2011, pp. 77-78.
[9] S. Aug., Ep., 53, 1, 2.
[10] Ep., 232, 3.
[11] S. Aug., Contra Cresconium, II, 11, 13.
[12] Psalmus contra partem Donati, PL 43, 30.
[13] S. Aug., Ep. 223, 3. Cfr. B. Gheradini, La Cattolica, cit., pp. 121-124.
[14] B. Gheradini, La Cattolica, cit., p. 147.
[15] S. Aug., Contra Faustum manichaeum, XXII, 75; Id., De civitate Dei, IV, 4 e V, 1; Id., Serm., 358, 6.
[16] S. Aug., De civitate Dei, IV, 4: “Remota iustitia, regna sunt magna latrocinia”.
[17] S. Aug., Contra Cresconium, III, 51, 56; Id., De civitate Dei, V, 24.
[18] S. Aug., De catechizandis rudibus, 21, 37. I “rudi” non sono i “rozzi”, ma coloro che ancora non conoscono la dottrina cristiana.
[19] S. Aug, Contra Cresconium, II, 19; III, 51-56.
[20] S. Aug., Contra litteras Petiliani, II, 38, 183-184.
[21] S. Aug., Contra epistulam Parmeniani, I, 10, 16.
[22] S. Aug., Epist., 185, 5, 19. 

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