“Civitas propter cives, non cives propter civitatem”
● Contro il comunitarismo (“il bene del tutto”) la sana filosofia insegna che la Società non è il Fine assoluto, al cui bene i cittadini sono ordinati, ma la Società è ordinata al bene comune dei cittadini (“civitas propter cives, et non cives propter civitatem”). Perciò occorre ben intendere il significato dell’assioma “il bene del tutto è superiore del bene della parte”, per non cadere nell’assolutismo comunitarista, ossia nel “culto della Comunità” o del suo “Capo assoluto”, che distrugge gli individui.
● La comunità (o il “bene del tutto”) non deve assorbire, ma deve proteggere i diritti dell’individuo e della famiglia (“il bene della parte”). Essa interviene solo ove la famiglia e il privato non riescono da soli (v. il principio di sussidiarietà)[1].
● Il cardinal Alfredo Ottaviani insegna: “individuus non est pro Statu, sed Status pro individuo”, lo Stato (o “il bene del tutto”) è per i cittadini, non viceversa, ossia la persona non è un ingranaggio della Società come una rotella di un orologio. Bisogna che lo Stato (“il tutto”) rispetti la persona (“la parte”) fornita di una natura razionale, creata ad immagine e somiglianza di Dio, dotata di un’anima spirituale e di intelletto e volontà, e quindi libera di fare il bene ed aperta a conoscere il vero, che la condurranno alla vita soprannaturale. Lo Stato (o “il bene del tutto”), perciò, non deve mai ostacolare o conculcare la conoscenza della verità e la pratica del bene della persona (“il bene della parte”), anzi la deve favorire. Quando si iniziarono gli scavi sotto l’altare della Basilica di San Pietro, per vedere se realmente vi fosse il corpo dell’Apostolo, a chi faceva notare a Pio XII il rischio di quell’operazione, il Papa rispondeva: “La Chiesa non deve aver paura della verità!”.
● Inoltre la Comunità o Società deve procurare anche e secondariamente il benessere comune temporale all’uomo, difendendo i suoi diritti e la sua dignità: la vita, l’integrità fisica, le comodità temporali, l’educazione intellettuale, morale e spirituale[2].
Persona e Società secondo la filosofia tomistica
● La Società umana vale più che il bene di una singola persona naturalmente o materialmente considerata; tuttavia l’uomo è composto di corpo e anima spirituale ed è stato creato per un fine soprannaturale, che sorpassa infinitamente il bene comune temporale o materiale della Comunità.
● “Il tutto è maggiore della parte” (p. es. un uomo è più grande della sua mano) è un principio per sé noto a tutti; perciò “il bene comune è maggiore e più nobile che il bene di uno solo” (cfr. Summa contra Gentes, libro III, capitoli 111-113). Attenzione! il tutto soprannaturale, perciò, è Dio, Cristo; non lo Stato, la Comunità, un’Associazione e persino una Congregazione religiosa (la quale fa parte della Chiesa militante, ma non è la Chiesa, la quale è il Mezzo per eccellenza o il Fine prossimo assistito da Dio “ogni giorno sino alla fine del mondo” per aiutare le anime a salvarsi ed entrare nella Chiesa trionfante o il Paradiso, che è il Fine ultimo). Per cui la tranquillità materiale-naturale dello Stato o della Congregazione non è superiore all’adesione alla verità e al bene della persona singola, ma deve esserne una garanzia ed un aiuto al loro conseguimento. San Pio X non esitò un istante, nel 1905 (enciclica Vehementer, 1906), a perdere conventi, scuole, Congregazioni religiose… nella Francia intera, per non dover accettare il compromesso col principio catto-liberale della separazione, per principio, tra Stato e Chiesa. Preferì la verità alla tranquillità o prudenzialità.
● L’anima razionale, la ragione e la libera volontà spirituali sono - nell’adesione e nel conseguimento del loro oggetto - superiori al bene comune materiale e temporale dello Stato e della Comunità temporale e persino religiosa, la quale ha come ragion d’essere il conseguimento della verità e del bene anche, ma non solo, di ordine soprannaturale. Infatti “la Grazia presuppone la natura, non la distrugge, ma la perfeziona” (cfr. S. Tommaso, S. Th., I, q. 1, a. 8 ad 2; ivi, I, q. 62, a. 5; ibid.; II-II, q. 26, a. 9, arg. 2; ib., III, q. 69, a. 8, arg. 3. “Gratia supponit naturam, non tollit sed perficit eam”).
● Il caso della crisi di Autorità nella Chiesa a partire dal Vaticano II (1965-2011) è un esempio lampante di come, se la Società anche religiosa impedisce l’adesione al vero e al bene, “si deve obbedire a Dio, piuttosto che agli uomini” (Atti degli Apostoli). Il caso analogo si era già - circa 1900 anni prima - presentato proprio agli Apostoli di Cristo, quando i Sommi Sacerdoti della Chiesa dell’Antica Alleanza (30-70 d. C.) impedivano il bene spirituale delle anime e ostacolavano la “salus animarum, suprema lex”.
● La Dottrina Cattolica, da un punto di vista di ordine naturale, rigetta il liberalismo individualistico, che, dando un valore assoluto alla persona umana, la rende superiore allo Stato, alla Chiesa ed “eguale” a Dio. Tuttavia rigetta anche il totalitarismo, il comunitarismo o la statolatria, che affermano la superiorità del bene politico o materiale sul bene ultimo soprannaturale dell’uomo, per cui la politica e lo Stato sarebbero il fine ultimo dell’uomo, privato, così, del Paradiso in cambio dello Stato assoluto di matrice liberal-hegeliana.
● La distinzione fondamentale per intendere bene l’assioma è questa: “il bene del tutto è maggiore del bene della parte”. Il tutto, inteso come la tranquillità naturale o materiale della Società, non è superiore al bene soprannaturale dell’uomo (il Sommo Vero e il Sommo Bene). Per cui mai una Comunità o Società debbono e possono conculcare la ricerca e la pratica della verità e del bene da parte di una persona sotto pretesto del bene materiale del tutto superiore a quello della parte.
● San Paolo ad Antiochia nel 49 d. C. “resistette in faccia a Pietro perché era reprensibile”. Lo stesso Apostolo delle Genti ha rivelato: “Se anche io o un Angelo del Cielo vi annunziassimo un Vangelo diverso da quello di Cristo, sia anatema!”. In questi casi il bene soprannaturale e spirituale dell’anima singola passa avanti alla tranquillità, alla sussistenza e al benessere temporale del tutto o Società, anche di quella suprema (la Chiesa militante) considerata nei suoi uomini e non in se stessa e vista in ordine alla Chiesa trionfante.
Priorità della Società o della persona?
● La persona è ordinata al bene comune della Società; inoltre la persona è subordinata alla Società come la parte al tutto (per es., la mano all’uomo); quindi vi è una certa superiorità o priorità materiale e naturale del bene comune sulla persona. Tuttavia, la persona non è la rotella di un orologio, completamente subordinata al funzionamento di esso. La persona non è solo un corpo materiale, un animale sociale (come una pecora in un gregge), non è solo un membro della Società o un pubblico cittadino; essa è anche e soprattutto un animale razionale, dotata di anima immortale, di intelletto e volontà per conoscere la Verità Somma e per amare il Sommo Bene.
● Allora bisogna distinguere:
a) in quanto cittadino o religioso la persona umana, è subordinata alla Comunità civile o religiosa. Poiché l’uomo - scrive S. Tommaso - “è parte della Società, in quanto parte appartiene al tutto. Infatti la natura sacrifica la parte per salvare il tutto (la mano si leva spontaneamente per salvare il corpo aggredito da un coltello o da un sasso)”[3];
b) in quanto animale razionale e spirituale, l’uomo, laico o religioso, è superiore alla Società terrena o civile e alla Comunità religiosa, ed è ordinato alla Città celeste o divina (la Chiesa militante ed universale in terra e la Chiesa trionfante in Cielo nell’eternità), che trascende la Società civile, la Comunità religiosa particolare e la stessa Chiesa militante. “L’uomo non è ordinato alla Società politica secondo tutto se stesso [...] ma tutto ciò che l’uomo è, può ed ha è ordinato a Dio”[4]. La Comunità civile e religiosa, perciò, deve aiutare il conseguimento di Dio da parte dell’uomo, non ostacolarlo. La Sinagoga o Chiesa dell’Antico Testamento ha cessato di essere assistita da Dio, perché impediva farisaicamente di “entrare nel Regno dei cieli” alle singole anime, pur “avendone la chiave”. Per unirsi a Dio, bisogna conoscerLo ed amarLo e la conoscenza del vero e la pratica del bene da parte dell’uomo non possono essere di ostacolo al bene temporale del tutto (Comunità) e il tutto non deve né può impedire il conseguimento di essi alla “parte”, altrimenti perde la sua finalità, non è più una Società ordinata al bene dei cittadini, ma una tirannia finalizzata al bene particolare di chi governa. Anche il prelato può trasformarsi in tiranno.
“Bonum commune melius est quam bonum unius”
● Lo Stato, che è un insieme di uomini (il tutto) è naturalmente più nobile della persona (la parte), ma il fine della persona umana e spirituale è più nobile del fine dello Stato (benessere temporale); perciò la persona in sé considerata è inferiore allo Stato in sé (insieme di più persone) ed è anche inferiore alla Chiesa in sé (Società perfetta di ordine soprannaturale) ed è altresì inferiore al fine della Chiesa (il Cielo, di ordine soprannaturale), anche se il fine della persona umana - soprannaturalmente considerata - coincide con quello della Chiesa (Dio Autore della Grazia). Per cui la Società civile e religiosa (gli uomini di Chiesa), non può ostacolare il fine soprannaturale della persona, che si ottiene tramite la conoscenza naturale della verità, la Fede soprannaturale nella Rivelazione e l’amore naturale del bene più quello soprannaturale di Dio (Summum Bonum).
Il rischio del “principio di Caifa”
● Se s’interpreta malamente l’assioma “il bene del tutto è superiore al bene della parte”, si giunge immancabilmente al “Principio di Caifa”, il quale, essendo Sommo Sacerdote d’Israele, decretò la morte di Gesù, perché ostacolava la tranquillità materiale e temporale del Popolo di Israele ‘allora eletto’, che era la “Chiesa” dell’Antica Alleanza[5]. Secondo questo Principio “è meglio che un solo innocente muoia per la salvezza di tutto il popolo” o Comunità religiosa. Non esiste il bene o il male in sé, ma solo per me /noi/Comunità.
● Il Principio fondamentale del liberalismo classico e del cattolicesimo-liberale è l’utilitarismo o pragmatismo. Infatti, se non esiste una verità speculativa immutabile e un valore assoluto morale oggettivo, l’atto umano non è buono o cattivo in sé, ma tutto dipende dall’utilità, prudenzialità (della carne) e dalle conseguenze pratiche di esso, ossia, se l’atto (p. es. una conferenza) produce conseguenze positive, vale a dire è utile a me o alla Comunità, allora è buono per me e per la Società; altrimenti è cattivo per me e per la Comunità[6], senza curarsi se sia vero o falso.
● L’utilitarismo comporta l’edonismo psicologico[7], ossia la ricerca del benessere o tranquillità materiale e la fuga dal dolore o persecuzione. Secondo il londinese Geremia Bentham (+1832) il piacere o la tranquillità materiale coincide con ciò che è utile. L’edonismo ricerca il “piacere” (non in senso immorale del termine), vale a dire il “benessere temporale” non nel futuro o nell’aldilà, ma nel presente. Antichi teorici dell’edonismo furono Aristippo, Epicuro e ai nostri giorni lo è il catto-liberalismo e l’Americanismo. La “massimizzazione” del benessere e la “minimizzazione” del dolore vanno fondate, per Bentham, non sulla religione, la morale o la metafisica, ma sull’Ego-ismo psicologico, onde l’uomo (e la Comunità, “Comun-ismo”) cerca sempre il suo vantaggio, interesse o utilità materiale o “psicologica”, ossia come si dice oggi l’epanuissement. Il bene o la felicità, per Bentham, non è l’Atto Puro, ma l’interesse proprio (o comune, per il liberalismo classico-hegeliano). Questo è l’errore “capitale” del liberalismo-classico e del cattolicesimo-liberale: far coincidere il Bene sommo o Fine ultimo con la creatura (libertà, utilità, piacere, tranquillità… del soggetto e della Comunità civile o religiosa nel caso del cattolicesimo-liberale).
● Secondo questo principio mal compreso o mal applicato, se in una famiglia il nonno diventa troppo anziano, lo si manda all’ospizio, poiché “il bene di tutta la famiglia è superire al bene del nonno”. Se un parroco è inviso ai potenti perché predica “pane al pane e vino al vino”, lo si manda in esilio, come successe a don Camillo. Se una suora si ammala la si rispedisce a casa (il perché è sempre lo stesso)[8]. L’importante è mantenere la tranquillità, la proprietà, evitare le persecuzioni nella “Diocesi”, nel Convento, nella Comunità. Ma la pace assoluta non è di questo mondo.
● Invece Gesù ci ha detto “se siete veri miei discepoli, quel che hanno fatto a Me lo faranno anche a voi”. “Non temete chi può uccidere il vostro corpo [la persecuzione fisica], temete piuttosto chi può uccidere la vostra anima [il peccato] e gettarla nella geenna”. Non ha predicato il “Principio di Caifa”, lo ha subito, dicendogli in faccia la verità. Non ha raccomandato di tacere la verità per prudenzialità, anzi ha detto di “gridarla dai tetti” e ci ha ammonito che se non lo faremo noi “la grideranno le pietre”. Non ha detto di non parlare di storia o politica, ma ha insegnato di “dare a Cesare [Stato] quel che è di Cesare [Virtù civica o politica] e a Dio [Verità] quel che è di Dio [spirito e verità]”. Infine a Pilato, che avrebbe potuto risparmiargli la vita, ha detto: “Io son venuto per rendere testimonianza alla Verità”.
● Appare evidente che l’etica naturale e cristiana (v. Aristotele[9] e S. Tommaso[10]) è assolutamente inconciliabile con l’etica soggettivistica e relativista dell’edonismo e dell’utilitarismo (Ego-istico o Comun-istico) e perciò il liberalismo e il cattolicesimo liberale sono stati ripetutamente e costantemente condannati dai Romani Pontefici dal 1832 sino al 1953 (Gregorio XVI, Pio IX, Leone XIII, Pio X, Pio XI, Pio XII).
Conclusione
“Individuus non est pro Statu, sed Status pro individuo”
● Come uscire da questa mentalità? Dando una retta interpretazione dell’assioma “il bene del tutto è superiore al bene della parte”. Ritornando alla Verità e al Bene, insomma a Dio, ad una Società (civile e religiosa) più umana, o meno disumana perché fondata sui princìpi della filosofia perenne o del buon senso, e rimettendo le cose al loro giusto posto, ridando il primato alla scienza speculativa (conoscere per sapere) o metafisica, subordinando ad essa la filosofia pratica (conoscere per fare o per agire) ed infine rimettere la tecnica (conoscenza sperimentale o empirica) al suo giusto posto, che è il più basso, mentre oggi occupa abusivamente quello più alto, rendendo l’uomo (ed anche il sacerdote) una macchina di produzione, che corre affannato, “sazio e disperato” verso un termine che neanche lui sa bene cosa sia, verso un arricchimento e una tranquillità materiale sempre maggiore, che lascia insoddisfatto il cuore umano, poiché è pur sempre un bene finito e creato (anzi “stampato” o “coniato”) mentre “il nostro animo è inquieto sino a che non riposa nel Signore” (S. Agostino), che solo, essendo il Summum Bonum, può lenire le ansie e i problemi dell’uomo, il quale è aperto all’infinito (vera Carità soprannaturale) e non è limitato al problema economico/temporale/prudenziale, visto da “destra” o da “sinistra”.
● I pericoli da evitare sono: un’umanità senza Dio (empietà e ateismo) e una Religiosità senza “umanità” (rigorismo farisaico), che sacrifica la parte (Giona[11]/Cristo) al benessere del tutto (Israele/Comunità). Getta a mare Giona e mette in croce Cristo, ma poi finisce per rovinare anche la pace della Comunità (Salmanassar IV e V[12]/Tito).
A prudentia carnis, libera nos Domine!
d. CURZIO NITOGLIA
8 agosto 2011
[1] J. Gredt, Elementa philosophiae aristotelico-thomisthcae, Herder, Friburgo, 3ª ed., 1921, Ethica specialis, cap. III, tesi 25-28. Cfr. Tommaso Zigliara, Summa philosophica, vol. III, Ethica, Roma, De Propaganda Fide, 1876, pag. 183.
[2] A. Ottaviani, Compendium Juris Publici Ecclesiastici, Typis Polyglottis Vaticanis, Roma, 1944, IV ed., pagg. 284-285.
[3] S. Th., I-II, q.96, a.4.
[4] S. Th., I-II, q. 21, a.4, ad 3um.
[5] G. Samek Lodovici, op. cit., p. 109.
[6] G. Samek Lodovici, L’utilità del bene, Jeremy Bentham, L’utilitarismo e il conseguenzialismo, Milano, Vita e Pensiero, 2006 p. 21. Cfr. anche: G. Abbà, Felicità, vita buona e virtù. Saggio di filosofia morale, Roma, Libreria ateneo salesiano, 1995. Id., Quale impostazione per la filosofia morale, Roma, Libreria ateneo salesiano, 1996.
[7] Ivi, p. 6 e 9 e 204. Cfr. J. Bentham, Introduction to the Principles of Morals and Legislation, Londra, 1789, pp. 89-90.
[8] Conoscevo un anziano, cattolicissimo e tradizionalistissimo, che aveva una moglie un po’ pesante, alla quale era stata applicata una pila stimolante al suo cuore ammalato. Ora, il cattolicisimo, applicando inconsciamente il «Principio di Caifa», aveva stabilito di dis-applicare o non far ricaricare la pila cardiologica alla moglie, che turbava la sua tranquillità e quella della famiglia, con la scusa dell’assioma: «il bene del tutto è superiore al bene della parte». Come si vede da tale assioma (male interpretato) possono derivare le massime ingiustizie ed i peggiori crimini. Caveamus!
[9] Aristotele, Etica Nicomachea, 1106b 36; /EN. 1099a 6; /EN, II, 1107a 22-23; /EN, X, 1174a2-8.
[10] S. Tommaso, S. Th., I-II, q. 58, a. 5; /q. 64. a. 1; /q. 2, a. 6, q. 19, a. 7; /q. 107, a. 1; /q. 4, a. 4 /q. 19, a. 10; /q. 59, a. 4; /q. 56, a. 2; /q. 62, a. 2; C. G., IV, c. 19; /IV, c. 95; In II Ethic., lib. 4, c. 4; /l. 6; /1. 6, c. 6; /9, c. 9.
[11] Giona è vissuto nell’800 a. C. circa, sotto il corrotto Geroboamo II (783-743) Re di Israele. Cfr. I. Schuster- G.B. Holzammer, Manuale di storia biblica. Il Vecchio Testamento, (1925), tr. it., Torino, SEI, II ed., 1951, pp. 756-771.
[12] Salanassar (IV e V) Re dell’Assiria, nel 720 ha invaso il Regno d’Israele, ha distrutto Samaria e ha portato Israeliti e Samaritani prigionieri in Assiria. Cfr. G. Ricciotti, Storia d’Israele. Torino, SEI, II vol., Dalle origini all’esilio, V ed., 1964, pp. 18-20; F. Spadafora, Dizionario biblico (diretto da), Roma, Studium, IIIed., 1963, voci “Giona”, “Salmanassar”.
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